Mondadori Duomo – Milano PIAZZA DUOMO ANGOLO VIA MAZZINI MILANO LOMBARDIA 20121 IT
Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria tramite eventbrite
Falsa beneficienza, scandali matrimoniali, dossieraggio, gravi incidenti, competizione sleale tra aziende, furti di proprietà intellettuale, e altre crisi reputazionali – amplificate dai mass-media e dagli ecosistemi digitali – con il coinvolgimento di multinazionali, politici, sportivi e influencer.
Nel talk, noti specialisti racconteranno punti di forza e di debolezza nella gestione della reputazione, e appassionanti “dietro le quinte” su eventi saliti agli onori delle cronache, nazionali e oltre.
Partecipano al talk:
– Matteo Aiolfi, Founder Espresso Communication
– Marco Astorri, Founder BioOn
– Giorgia Grandoni, ricercatrice del Centro Studi Reputation Management
– Nicola Menardo, Avvocato, partner Studio Grande Stevens
– Luca Poma, Professore in Reputation management alla LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino
– Mario Resca, Presidente Confimprese, Presidente Mondadori Retail
– Carmine Rotondaro, DG Philipp Plein
– Andrea Soliani, Avvocato, partner Studio Losengo Soliani
Modera l’incontro Luca Yuri Toselli, giornalista, direttore editoriale di ‘Creatoridifuturo.it’
Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria tramite eventbrite
50 case-history: cosa è accaduto, cosa non è andato bene, cosa si poteva fare meglio
Il manuale pratico per imparare dagli errori (degli altri) a gestire la propria reputazione
Che la reputazione sia il primo asset intangibile per qualunque organizzazione – azienda, Ministero, ONG, istituzione pubblica – come per qualunque personaggio – politico, artista, sportivo, influencer – è ormai fuori discussione, e confortato da una solidissima letteratura scientifica, nonché da migliaia di case-study; e non parliamo qui dell’immagine – concetto “effimero”, legato al mondo della pubblicità e del marketing – bensì della reputazione costruita nel medio e lungo periodo, centrata sulla propria identità, su ciò che si fa concretamente, non su ciò che, troppo spesso agiograficamente, si racconta agli altri di se stessi.
Una crisi, inoltre, può colpire un’azienda, un professionista o un personaggio pubblico, del tutto a prescindere dalla dimensione del business e dalla sua “esposizione” sui mass-media: anzi, spesso realtà industriali pressochè sconosciute al grande pubblico diventano (tristemente) conosciute proprio a causa di una crisi di reputazione indotta da fattori esogeni alla propria attività.
E – quando si parla di reputazione – poche cose affascinano il pubblico come tutto ciò che concerne gli aspetti della gestione delle crisi: scandali, incidenti, emergenze, competizione sleale tra concorrenti … mix di ingredienti irresistibili per il percepito del cittadino comune e dei clienti delle aziende: non a caso, sono gli stessi argomenti che fanno vendere i giornali, anche grazie alla naturale curiosità generalizzata tipica dell’essere umano: in poche parole, vogliamo sapere cosa succede quando le cose si mettono male.
Tuttavia, non sono sempre chiari e ben definiti al grande pubblico i contorni di cos’è una crisi, così come non sembra essere sufficiente il grado di consapevolezza di imprenditori, figure pubbliche o leader di organizzazioni complesse e corpi intermedi su cosa fare quando una crisi reputazionale si verifica. Scopo di questo volume è quindi quello di fornire una panoramica variegata – seppur sintetica, rispetto all’enorme quantità di casi di crisi di reputazione, che ormai popolano le cronache una settimana sì e l’altra pure – al
fine di far comprendere, in modo semplice anche per non addetti ai lavori, i principali errori e, per contro, le buone prassi relative alla gestione della crisi.
La crisi scatena paure tanto fra i pubblici dell’organizzazione coinvolta che all’interno dell’organizzazione stessa. Queste paure sono differenti fra di loro, e talvolta contrastanti. Se consideriamo – per esempio – la presenza in un prodotto alimentare di residui dannosi, le paure dei cittadini e dei clienti sono completamente diverse da quelle dei dirigenti e da quelle delle autorità di controllo: il dirigente teme la perdita di quota di mercato; le banche e i fornitori temono gli insoluti; il consumatore teme di essere danneggiato; il funzionario pubblico teme di essere accusato di scarsa vigilanza; il commerciante teme che il prodotto resti sullo scaffale invenduto; il dipendente teme la perdita del posto di lavoro; il giornalista teme di essere battuto dalla concorrenza nel raccontare con completezza di particolari e tempestività la storia.
Chi si trova di fronte a queste situazioni corre il rischio di essere “paralizzato” nell'azione dalla sua stessa paura di non riuscire a confrontarsi efficacemente con questa pluralità di timori, e con le difficoltà proprie della situazione stessa; spesso la paura del procedimento legale che avrebbe inesorabilmente seguito il fatto pregiudiziale, ha indotto l’azienda a comunicare in modo inadeguato e a chiudersi in se stessa, con il risultato di venire condannata dal tribunale dell'opinione pubblica anni prima di essere assolta in quello
giudiziario, quando ormai i danni – sotto il profilo commerciale, e non solo – erano ormai irreversibili.
Con l’avvento delle tecnologie 2.0 e l’affermarsi della portata globale di Internet, l’impatto locale si fa globale: ad esempio, ciò che viene considerato localmente come un comportamento pregiudiziale per la reputazione, può danneggiare un brand su scala assai più ampia, eventi di per se poco significativi possono essere ingigantiti ad arte da concorrenti e mass-media, e situazioni che poco hanno a che fare con il core-business dell’azienda (si pensi ad esempio alle violenze fisiche o anche loro psicologiche ai danni di collaboratrici e
collaboratori sul posto di lavoro) possono avere riflessi molto negativi sul posizionamento dei brand e sulle vendite. Una corretta gestione delle crisi reputazionali, diventa quindi uno strumento fondamentale per evitare che la professionalità e la dedizione che un manager o un imprenditore hanno profuso per molti anni nella crescita dell’azienda stessa, possano essere vanificate o messe in discussione.
Il volume racconta appunto 50 storie di crisi reputazionali realmente accadute, che vanno dal pubblico al privato, dalla moda al mondo informatico, dall’azienda meccanica al giovane influencer digitale, dal professionista al politico, che fanno chiarezza sul tema del crisis management (come gestire le crisi di reputazione) e della crisis communication, (come comunicarle). Crisi reputazionali come quelle illustrate nel libro possono mettere a dura prova un’azienda e il suo management: da una simile situazione un’organizzazione può venire fuori con le ossa rotte, i conti in rosso e la reputazione sotto i tacchi; ma può anche uscirne rafforzata, scoprire nuovi punti di forza, nuovi alleati, conoscere potenzialità nascoste, dando
prova a sé stessa e al mondo esterno della sua forza e del suo valore. La copertura mediatica tipica di queste situazioni – nei primi momenti di sicuro non positiva – può essere infatti intelligentemente sfruttata dall’organizzazione per comunicare al mondo i propri valori etici e aumentare quindi la propria reputazione.
Paradossalmente, una crisi reputazionale, benché nasca da un evento negativo, se ben gestita può quindi diventare un’occasione per crescere, e per farsi conoscere ed apprezzare come un soggetto responsabile e affidabile.
Occorre infine sottolineare come molte siano le situazioni di crisi aziendale che possono essere efficacemente prevenute, mediante la corretta applicazione dei principi fondamentali del crisis management e della crisis communication, materie tecniche patrimonio di specialisti: ciò che l’imprenditore e il manager saggi dovrebbero comprendere, è che – se è vero come è vero che la buona reputazione aumenta il valore per gli azionisti, e orienta positivamente i comportamenti di acquisto dei cittadini – la reputazione è un bene
da tutelare, ed è meglio agire prudentemente in anticipo, dotandosi di tutti gli strumenti necessari, piuttosto che – per citare l’antico adagio popolare – dover “chiudere la stalla dopo che i buoi son scappati”.