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Presentazione del libro Crash Reputation + talk con autori e ospiti

Presentazione del libro Crash Reputation + talk con autori e ospiti

Giovedì 6 marzo 2025, alle ore 18.00, presso la libreria Mondadori Duomo di Milano, in piazza Duomo angolo via Mazzini, si tiene la presentazione del libro Crash Reputation, seguita da un talk con autori e ospiti.

Falsa beneficienza, scandali matrimoniali, dossieraggio, gravi incidenti, competizione sleale tra aziende, furti di proprietà intellettuale, e altre crisi reputazionali – amplificate dai mass-media e dagli ecosistemi digitali – con il coinvolgimento di multinazionali, politici, sportivi e influencer. Noti specialisti raccontano punti di forza e di debolezza nella gestione della reputazione e appassionanti dietro le quinte su eventi saliti agli onori delle cronache, nazionali e oltre.

Insieme agli autori di Crash Reputation Luca Poma (professore in Reputation management alla Lumsa di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino) e Giorgia Grandoni (ricercatrice del Centro Studi Reputation Management), intervengono Matteo Aiolfi (founder di Espresso Communication), Marco Astorri (founder di BioOn), Nicola Menardo (avvocato, partner Studio Grande Stevens), Mario Resca (presidente di Confimprese e di Mondadori Retail), Carmine Rotondaro (dg di Philipp Plein) e Andrea Soliani (avvocato, partner Studio Losengo Soliani); modera Luca Yuri Toselli (giornalista, direttore editoriale di Creatoridifuturo.it).

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti, previa iscrizione on line. Ulteriori informazioni via email.




Quando la #reputazione va in crisi

Quando la #reputazione va in crisi

La reputazione è un “poligolo”, esordisce Alberto Pirni che cura la prefazione del libro, rimanda cioè a molti significati. Il suo senso, pertanto, necessita di altre parole per essere ben definito. In ultima analisi, la reputazione può essere quindi intesa anche come un “poligono”, con molti lati e molti angoli. L’autenticità, il timore, il rispetto, il riconoscimento, la responsabilità, l’onore, l’affidabilità, infine – quello a me più caro – la dialogicità. Saper parlare a molti.

Pirni, con la parola “dialogicità, dà un nome alla competenza più importante e al tempo stesso più difficile da coltivare e praticare nella crisi profonda che l’umanità sta vivendo: saper dialogare. Che poi è la sfida del nostro mestiere di Relatori Pubblici, o almeno dovrebbe. 

Esiste poi anche l’esercizio archeologico – come lo definisce Alberto Pirni, ovvero il rimando alla etimologia, che è sempre un buon modo per andare all’origine delle parole e alla loro essenza. 

La parola “reputazione” nella lingua greca ha due lemmi: “timé”, tradotto come “onore”, e “eudoxìa”, buona opinione o buona fama. È un passaggio centrale. L’opinione è qualcosa che non prescinde dal giudizio che gli altri hanno di noi e in qualche modo la determina. Accertiamo un dato, lo accettiamo e poi lo approviamo, o meno. Ora, potremmo aprire una lunga digressione su quanto sia importante nella definizione di noi come persone, il giudizio degli altri. Ma quando diventiamo personaggi pubblici – influencer o aziende – il giudizio che gli altri hanno di noi, giusto o sbagliato che sia, ha un peso determinante perché prima o poi si riflette anche nei risultati di business. E quindi “Crash”, il titolo ci sta davvero tutto.

Poma, Grandoni e Garzina analizzano quindi 50 casi di comunicazione di crisi, in cui aziende e personaggi pubblici hanno davvero rischiato di rimetterci la reputazione, quando non lo hanno proprio fatto. Il libro, per ogni caso, mette a fuoco cosa è stato gestito e cosa poteva essere gestito meglio. Un vademecum di cosa fare, fare meglio, o magari evitare di fare. Comune denominatore un grande monito: saper comunicare, anzi, vogliamo dirlo, comunicare.

Crash, reputation è un libro che – insieme ad altri in questa fase- affronta dunque il tema della crisi e della sua gestione, e viene da chiedersi come potrebbe altrimenti in questo tempo dominato dal concetto di “policrisi”, una delle parole ormai entrate nel vocabolario comune e perfino discussa nel World Economic Forum di Davos nel 2023? Un intreccio di crisi che si amplificano l’una con l’altra (economica, climatica, politica) e di fronte alla quale sia gli individui sia le aziende non sono immuni. Sicuramente è anche per questo che i libri sul crisis management e sulla crisis communication fioccano e stanno diventano una fonte preziosa che dovrebbe essere sempre a portata di mano e sulla scrivania di un buon manager. Perché la crisi, ci ribadiscono gli autori nella loro introduzione, quasi sempre si può prevedere e prevenire, o quantomeno si può essere pronti a gestirla. 

Di tutto questo si parlerà il 4 marzo presso l’Università LUMSA di Roma, dalle 16 alle 18, nell’evento “Quanto la #reputazione va in crisi – nuove sfide per la protezione della reputazione nella dimensione della infosfera”.

Dopo i saluti introduttivi di Giulio Maria Terzi di Sant’Agata, Presidente della Commissione UE al Senato, e di FERPI, interverranno: Paolo Barletta, Founder Gruppo Arsenale, Alessandro Giosi, Ordinario di Economia Aziendale Università LUMSA, Giorgia Grandoni, Ricercatrice Centro Studi Reputation Management, Nicola Menardo, Avvocato, Partner Studio Legale Grande Stevens, Alberto Pirni, Associato di Filosofia morale, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Luca Poma, Professore in Reputation Management Università LUMSA e Francesco Rotolo, Founder Storyfly, con la moderazione del giornalista Yuri Toselli.

Un evento da non perdere, di questi tempi.




IA: era una bolla quella che è scoppiata

IA: era una bolla quella che è scoppiata

Il Re è nudo e l’Intelligenza Artificiale è solo una tecnologia informatica fatta di software, dati e datacenter. Cassandra oggi ne scrive brevemente e, come spesso accade, in retroguardia.

Se non ve ne foste ancora accorti, è perché quello che si è letto e visto in giro non è causato da questioni tecnologiche, ma da qualcos’altro. E quindi della parte tecnologica parleremo semmai un’altra volta.

Dobbiamo infatti passare su un piano diverso e non informatico e considerare il fatto che l’IA odierna sia principalmente un fenomeno finanziario e speculativo. Con il collasso innescato dai cinesi, la cosa è diventata piuttosto evidente.

Fin dall’inizio gli LLM sono stati un prodotto dotato di grande fascino e apparenza, ben funzionanti per risolvere un insieme ristretto di problemi: per esempio elaborare testi e costruire chatbot.

Essendo un prodotto affascinante, potevano essere venduti anche per quello che non erano: venduti per risolvere problemi che non erano in grado di risolvere, nascondendo la loro incapacità drogando i problemi con immense quantità di denaro.

E’ pur vero che – grazie ai miliardi di dollari e ai chilowattora di cui sono stati nutriti – gli LLM sono migliorati al punto che forniscono prestazioni eccezionali… almeno finché si tratta di chiacchierare.

Ma la somministrazione di droga finanziaria è continuata. Si millantava di renderli degli oracoli, dei risolutori di problemi di qualsiasi tipo, a cui si possono porre domande per ottenere risposte vere, non semplicemente affidabili o probabili.

Ripetiamo giusto un’altra volta che gli LLM non sono oracoli e che, per esempio, non sono minimamente in grado di risolvere problemi matematici, anche elementari.

Malgrado questo, legioni di strani individui continuavano (e continuano incessantemente) a propagandarli come tali, anche di fronte a prove e dimostrazioni del contrario. Perché?

Lo scoppio della bolla finanziaria legata all’IA aveva partorito mostri, come la crescita di una piccola azienda informatica come Nvidia ad azienda più capitalizzata del pianeta. Questo accadeva per il solo fatto di non essere in grado di produrre un numero sufficiente di chip per soddisfare una fortissima richiesta (notata la contraddizione?). Ma non poteva essere stabile, non poteva durare.

In maniera andreottiana è molto facile capire perché si è manovrato per creare una bolla speculativa paragonabile a quella delle DotCom, scoppiata nel 2000: per fare soldi. Semplicemente. Da parte di chi? Dei soliti noti del mondo della finanza. In che modo? Fregandosene completamente delle conseguenze.

La fascinazione di una tecnologia nuova, come gli LLM che “parlano”, è stata artatamente usata per creare e ingigantire aziende che erano in realtà entità quasi esclusivamente finanziarie, del tutto simili a quelle che scomparvero il 10 marzo del 2000, quando la bolla di allora scoppiò. E questo sapendo benissimo che si stava creando una bolla che era destinata a scoppiare.

Non è rilevante che siano stati proprio i cinesi a farla scoppiare in anticipo, con la loro startup meravigliosa che ha partorito Deepseek. Lo hanno fatto probabilmente anche per ottenere un vantaggio politico, sfruttando l’effetto Sputnik.

Ma questo non deve distrarre dal valore del gesto della Cina come atto di guerra finanziaria. Nel caso che siate stati su un albero negli ultimi 80 anni, gli imperi si combattono tra loro anche in tempo di pace, anche guerreggiando sul piano finanziario. Per fare questo, non esistono solo i dazi e gli embarghi; è un atto di guerra anche far esplodere le bolle finanziarie quando nessuno se l’aspetta. Vedetelo come un atto di guerra asimmetrica: tecnologia eretica contro finanza. Vedetelo come un evento in cui, per una volta, i cinesi sono i buoni.

Non ci sono dubbi che i 24 indefettibili lettori di Cassandra l’avranno ben seguita in questa esternazione, annuendo vigorosamente. Restano da dire due cose, che sono così certe da rendere quasi disonorevole enunciarle, per una profetessa.

La prima è che la speculazione finanziaria attorno agli LLM e alle magnifiche sorti e progressi dell’IA continuerà nella massima misura possibile, anche dopo essere stata smascherata ancora una volta in maniera clamorosa.

La seconda è che in questo atto di guerra finanziaria i soldi generati dalla speculazione sono andati ai pochi soliti noti; e i capitali persi finiranno certamente, in un modo o nell’altro, a carico dei molti soliti poveracci.




Talk e presentazione del volume “CRASH REPUTATION” – Engage

Talk e presentazione del volume "CRASH REPUTATION" - Engage

Mondadori Duomo – Milano PIAZZA DUOMO ANGOLO VIA MAZZINI MILANO LOMBARDIA 20121 IT

Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria tramite eventbrite

Falsa beneficienza, scandali matrimoniali, dossieraggio, gravi incidenti, competizione sleale tra aziende, furti di proprietà intellettuale, e altre crisi reputazionali – amplificate dai mass-media e dagli ecosistemi digitali – con il coinvolgimento di multinazionali, politici, sportivi e influencer.

Nel talk, noti specialisti racconteranno punti di forza e di debolezza nella gestione della reputazione, e appassionanti “dietro le quinte” su eventi saliti agli onori delle cronache, nazionali e oltre.

Partecipano al talk:

– Matteo Aiolfi, Founder Espresso Communication
– Marco Astorri, Founder BioOn
– Giorgia Grandoni, ricercatrice del Centro Studi Reputation Management
– Nicola Menardo, Avvocato, partner Studio Grande Stevens
– Luca Poma, Professore in Reputation management alla LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino
– Mario Resca, Presidente Confimprese, Presidente Mondadori Retail
– Carmine Rotondaro, DG Philipp Plein
– Andrea Soliani, Avvocato, partner Studio Losengo Soliani

Modera l’incontro Luca Yuri Toselligiornalista, direttore editoriale di ‘Creatoridifuturo.it’
Ingresso gratuito. Prenotazione obbligatoria tramite eventbrite 

50 case-history: cosa è accaduto, cosa non è andato bene, cosa si poteva fare meglio
Il manuale pratico per imparare dagli errori (degli altri) a gestire la propria reputazione

Che la reputazione sia il primo asset intangibile per qualunque organizzazione – azienda, Ministero, ONG, istituzione pubblica – come per qualunque personaggio – politico, artista, sportivo, influencer – è ormai fuori discussione, e confortato da una solidissima letteratura scientifica, nonché da migliaia di case-study; e non parliamo qui dell’immagine – concetto “effimero”, legato al mondo della pubblicità e del marketing – bensì della reputazione costruita nel medio e lungo periodo, centrata sulla propria identità, su ciò che si fa concretamente, non su ciò che, troppo spesso agiograficamente, si racconta agli altri di se stessi.
Una crisi, inoltre, può colpire un’azienda, un professionista o un personaggio pubblico, del tutto a prescindere dalla dimensione del business e dalla sua “esposizione” sui mass-media: anzi, spesso realtà industriali pressochè sconosciute al grande pubblico diventano (tristemente) conosciute proprio a causa di una crisi di reputazione indotta da fattori esogeni alla propria attività.
E – quando si parla di reputazione – poche cose affascinano il pubblico come tutto ciò che concerne gli aspetti della gestione delle crisi: scandali, incidenti, emergenze, competizione sleale tra concorrenti … mix di ingredienti irresistibili per il percepito del cittadino comune e dei clienti delle aziende: non a caso, sono gli stessi argomenti che fanno vendere i giornali, anche grazie alla naturale curiosità generalizzata tipica dell’essere umano: in poche parole, vogliamo sapere cosa succede quando le cose si mettono male.
Tuttavia, non sono sempre chiari e ben definiti al grande pubblico i contorni di cos’è una crisi, così come non sembra essere sufficiente il grado di consapevolezza di imprenditori, figure pubbliche o leader di organizzazioni complesse e corpi intermedi su cosa fare quando una crisi reputazionale si verifica. Scopo di questo volume è quindi quello di fornire una panoramica variegata – seppur sintetica, rispetto all’enorme quantità di casi di crisi di reputazione, che ormai popolano le cronache una settimana sì e l’altra pure – al
fine di far comprendere, in modo semplice anche per non addetti ai lavori, i principali errori e, per contro, le buone prassi relative alla gestione della crisi.
La crisi scatena paure tanto fra i pubblici dell’organizzazione coinvolta che all’interno dell’organizzazione stessa. Queste paure sono differenti fra di loro, e talvolta contrastanti. Se consideriamo – per esempio – la presenza in un prodotto alimentare di residui dannosi, le paure dei cittadini e dei clienti sono completamente diverse da quelle dei dirigenti e da quelle delle autorità di controllo: il dirigente teme la perdita di quota di mercato; le banche e i fornitori temono gli insoluti; il consumatore teme di essere danneggiato; il funzionario pubblico teme di essere accusato di scarsa vigilanza; il commerciante teme che il prodotto resti sullo scaffale invenduto; il dipendente teme la perdita del posto di lavoro; il giornalista teme di essere battuto dalla concorrenza nel raccontare con completezza di particolari e tempestività la storia.
Chi si trova di fronte a queste situazioni corre il rischio di essere “paralizzato” nell'azione dalla sua stessa paura di non riuscire a confrontarsi efficacemente con questa pluralità di timori, e con le difficoltà proprie della situazione stessa; spesso la paura del procedimento legale che avrebbe inesorabilmente seguito il fatto pregiudiziale, ha indotto l’azienda a comunicare in modo inadeguato e a chiudersi in se stessa, con il risultato di venire condannata dal tribunale dell'opinione pubblica anni prima di essere assolta in quello
giudiziario, quando ormai i danni – sotto il profilo commerciale, e non solo – erano ormai irreversibili.

Con l’avvento delle tecnologie 2.0 e l’affermarsi della portata globale di Internet, l’impatto locale si fa globale: ad esempio, ciò che viene considerato localmente come un comportamento pregiudiziale per la reputazione, può danneggiare un brand su scala assai più ampia, eventi di per se poco significativi possono essere ingigantiti ad arte da concorrenti e mass-media, e situazioni che poco hanno a che fare con il core-business dell’azienda (si pensi ad esempio alle violenze fisiche o anche loro psicologiche ai danni di collaboratrici e
collaboratori sul posto di lavoro) possono avere riflessi molto negativi sul posizionamento dei brand e sulle vendite. Una corretta gestione delle crisi reputazionali, diventa quindi uno strumento fondamentale per evitare che la professionalità e la dedizione che un manager o un imprenditore hanno profuso per molti anni nella crescita dell’azienda stessa, possano essere vanificate o messe in discussione.
Il volume racconta appunto 50 storie di crisi reputazionali realmente accadute, che vanno dal pubblico al privato, dalla moda al mondo informatico, dall’azienda meccanica al giovane influencer digitale, dal professionista al politico, che fanno chiarezza sul tema del crisis management (come gestire le crisi di reputazione) e della crisis communication, (come comunicarle). Crisi reputazionali come quelle illustrate nel libro possono mettere a dura prova un’azienda e il suo management: da una simile situazione un’organizzazione può venire fuori con le ossa rotte, i conti in rosso e la reputazione sotto i tacchi; ma può anche uscirne rafforzata, scoprire nuovi punti di forza, nuovi alleati, conoscere potenzialità nascoste, dando
prova a sé stessa e al mondo esterno della sua forza e del suo valore. La copertura mediatica tipica di queste situazioni – nei primi momenti di sicuro non positiva – può essere infatti intelligentemente sfruttata dall’organizzazione per comunicare al mondo i propri valori etici e aumentare quindi la propria reputazione.
Paradossalmente, una crisi reputazionale, benché nasca da un evento negativo, se ben gestita può quindi diventare un’occasione per crescere, e per farsi conoscere ed apprezzare come un soggetto responsabile e affidabile.
Occorre infine sottolineare come molte siano le situazioni di crisi aziendale che possono essere efficacemente prevenute, mediante la corretta applicazione dei principi fondamentali del crisis management e della crisis communication, materie tecniche patrimonio di specialisti: ciò che l’imprenditore e il manager saggi dovrebbero comprendere, è che – se è vero come è vero che la buona reputazione aumenta il valore per gli azionisti, e orienta positivamente i comportamenti di acquisto dei cittadini – la reputazione è un bene
da tutelare, ed è meglio agire prudentemente in anticipo, dotandosi di tutti gli strumenti necessari, piuttosto che – per citare l’antico adagio popolare – dover “chiudere la stalla dopo che i buoi son scappati”.




Luca Poma, Giorgia Grandoni e Alessio Garzina Crash Reputation

Reputazione, media e come gestire le crisi

Luca Poma, Giorgia Grandoni e Alessio Garzina
Crash Reputation
50 + 1 casi di crisi reputazionali
con contributi di Nicola Menardo e Alberto Pirni, pp. 236, € 18,
Engage, Bologna 2024

Lo dimostrano i molti studi recenti sulla reputazione, fiorenti anche a livello accademico a partire da quelli della filosofa Gloria Origgi: in un mondo iperconnesso in cui i confini tra pubblico e privato sembrano sempre più sfumarsi, la salvaguardia della propria reputazione individuale e d’impresa è un fatto di sempre maggiore attualità. Il volume curato da Luca Poma, Giorgia Grandoni e Alessio Garzina non ignora nessun aspetto della questione, aprendosi con tre testi dal carattere teorico ma presentando poi, come da sottotitolo, un corposo schedario di casi reali.

La Prefazione firmata dall’avvocato Nicola Menardo, partner di Grande Stevens Studio Legale e docente di diritto penale, inquadra anzitutto i rischi derivanti da qualsivoglia “processo mediatico” per chi non sia attrezzato a difendere la propria corporate reputation o brand reputation. Il saggio introduttivo di Alberto Pirni, che insegna etica ed economia presso la Scuola superiore Sant’Anna di studi universitari e di perfezionamento di Pisa, ripercorre la storia del concetto e mette in luce – sviscerandoli con acume – i significati molteplici che concorrono a definirlo e le implicanze che ne derivano.

Infatti, per tutte le organizzazioni, personalità o istituzioni pubbliche proteggere il valore intangibile della propria reputazione è qualcosa di ben più importante che curare la propria “immagine” perché tale valore è tanto immateriale quanto concreto in termini patrimoniali: i tre curatori definiscono infatti la reputazione come “il corretto allineamento tra identità e immagine”, proprio quello che va in crisi rischiando di compromettere l’avvenire di un marchio aziendale nel suo complesso, o la credibilità di un singolo professionista o influencer, quando si palesa lo sforzo di essere percepiti in modo diverso (migliore) da come si è realmente.

Chiarite tali dinamiche, il volume si propone come una guida pratica, con schede di agile consultazione (una delle quali sarebbe stata composta da ChatGPT e chi legge viene sfidato a riconoscerla!) a illustrare altrettante case history autentiche. Ogni scheda è composta da brevi paragrafi intitolati Sintesi dell’accadutoGestione della crisiCosa non è andato beneCosa si sarebbe potuto fare meglio: si va dalla Costa Crociere alle prese con il naufragio della Concordia al “dieselgate” della Volkswagen, dalle performance imperfette della piattaforma di streaming DAZN al “pandorogate” di Chiara Ferragni, alle défaillance di marchi quali Nike o Ryanair; ma anche dalla gestione della pandemia da covid19 del governo italiano alle critiche suscitate dalla campagna del Ministero del Turismo “Open to Meraviglia”. Ognuna di queste crisi di comunicazione, talvolta deflagrate in scandali veri e propri, può essere istruttiva al fine di riconoscere un campanello d’allarme e quindi riuscire a prevenire le crisi reputazionali o almeno gestirle nel modo migliore possibile. Inoltre, diversi casi mostrano come una reazione pronta e una strategia di comunicazione efficace possano consentire di trasformare un momento di difficoltà in una opportunità, persino in una crescita reputazionale. Tra gli esempi di quest’ultimo genere si segnala l’episodio di una possibile contaminazione del prodotto Nesquik, che Nestlé nel 2012 seppe gestire in modo ben coordinato a livello internazionale.

Crash reputation è dunque una lettura particolarmente indicata per addetti ai lavori ma fruibile da chiunque e arricchita da tre ore di contenuti video extra, a cura della società di formazione imprenditoriale Open Source Management, che si raggiungono grazie ai qr code stampati tra le pagine del libro.