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La reputazione del pharma ai tempi del Coronavirus

La reputazione del pharma ai tempi del Coronavirus

La percezione dell’industria farmaceutica sta cambiando, grazie agli sforzi che sta mettendo in atto contro il COVID-19.

I dati di una ricerca di APCO Worldwide sulle opinioni degli americani fanno emergere alcuni aspetti positivi per il settore farmaceutico. Tra questi, la speranza e l’ottimismo per nuovi trattamenti e vaccini.

L’opinione pubblica è sostanzialmente divisa in due schieramenti. Il 48% degli intervistati
non ha ancora cambiato la propria opinione sulle aziende farmaceutiche e formula critiche sulla reazione alla pandemia. L’altra metà, invece, mostra un atteggiamento molto positivo verso il comparto.

Entrando nello specifico delle tematiche, il 58% degli intervistati si è detto fiducioso sulla capacità delle pharma statunitensi di mettere a punto terapie innovative, mentre il 68% è ottimista circa la possibilità che venga sviluppato un trattamento contro COVID-19.

“Questi risultati mostrano un atteggiamento fiducioso, quasi entusiastico, su ciò che le aziende possono fare per risolvere questo problema. Un cambiamento che coinvolge anche persone generalmente critiche verso le aziende farmaceutiche”, osserva Jack Kalavritinossenior director di APCO Worldwide.




Pandemia come guerra, ossia la banalizzazione della complessità. I dieci errori di un paradigma sbagliato

Pandemia come guerra, ossia la banalizzazione della complessità. I dieci errori di un paradigma sbagliato

Chiarire le nozioni, screditare le parole intrinsecamente vuote,
definire l’uso delle altre attraverso analisi precise,
ecco un lavoro che, per quanto strano possa sembrare
potrebbe preservare delle vite umane

Simone Weil

Non ricominciamo la guerra di Troia

Come insegnano i filosofi del linguaggio, noi abitiamo la lingua che parliamo, perché il linguaggio costruisce e definisce gli elementi concettuali e simbolici del mondo in cui viviamo. La narrazione dell’impegno contro la pandemia in corso come una guerra – come fanno abitualmente i media e i governi di ogni Paese coinvolto – non è dunque solo un’espediente metaforico ma, per le notevoli implicazioni culturali e politiche che questo racconto porta con sé, per il mondo di significati che costruisce, si configura come un vero e proprio paradigma interpretativo. Ma è il paradigma sbagliato, un errore epistemologico, per almeno dieci ragioni che provo qui ad elencare

1.semplifica ciò che è complesso

La pandemia che il pianeta stra attraversando è la dimostrazione che viviamo nel più complesso dei mondi possibili, nell’orizzonte dell’incertezza globale, in un sistema di sistemi nel quale davvero “il battito d’ali di una farfalla in Brasile provoca un tornado in Texas”, secondo la celeberrima formula del meteorologo Edward Lorenz. Il paradigma della guerra, invece, è il più banale degli schemi, la semplificazione estrema, la certezza assoluta: la riduzione del fenomeno a mera dicotomia di potenza – tra noi e il nemico – che perde di vista l’interconnessione tra le persone e tra le persone e la natura, ossia l’eco-sistema e le sue interazioni. Usare la narrazione sbagliata significa dunque costruire immaginari e narrazioni fallaci, che portano fuori strada e non aiutano a identificare e costruire soluzioni efficaci e durature.

2.impersonifica in un nemico ciò che è elemento naturale

La guerra è sempre guerra contro qualcuno, necessita di un nemico contro il quale scatenare la violenza. Induce a tagliare i nodi gordiani invece che dipanare le matasse. Il linguaggio bellico “umanizza” il virus trasformandolo – da elemento naturale indifferente al genere umano, da studiare e rendere innocuo mettendo in sicurezza le persone dal contagio reciproco – in un antagonista da combattere usando qualunque mezzo, perché in guerra il fine giustifica sempre i mezzi. Fino alla militarizzazione delle città, delle relazioni, della vita civile e politica.

3.considera il nemico un alieno, quando è il sistema ad essere malato

Il nemico, per definizione, è alieno, è altro da noi, viene da fuori e ci colpisce alle spalle. E così è stato per questo virus, non a caso bollato da Donald Trump come “il virus cinese”. Ma in una logica di globalizzazione di merci e servizi, dove ogni angolo del pianeta è inter-connesso con tutti gli altri, nessun virus è alieno. Soprattutto quando tra le cause scatenanti della pandemia c’è il tremendo vulnus all’eco-sistema generato dalle deforestazioni e dagli allevamenti intensivi diffusi su tutto il pianeta e quando tra le cause che ne agevolano la diffusione globale c’è l’inquinamento ambientale, come non si stancano di ripetere i ricercatori. Nessuno può illudersi di rimanere sano in un sistema malato, per cui è necessario prendersi cura dell’ambiente anziché incolpare gli alieni.

4.favorisce il depotenziamento della procedure democratiche: la guerra è “stato di eccezione” per definizione

Il filosofo Giorgio Agamben ed altri hanno messo in guardia contro lo “stato di eccezione” permanente nel quale rischiano di precipitare le procedure democratiche investite dalla pandemia. Ebbene, quanto più l’impegno per debellare la malattia è assimilato ad una guerra, tanto più è “legittimo” sospendere i vincoli democratici per contrastare l’emergenza: la guerra è lo stato di eccezione per definizione. Di fronte allo sforzo bellico ogni scrupolo democratico è considerato cedimento, ogni critica è considerata complicità con il nemico, ogni provvedimento liberticida è dotato di “necessità e urgenza”, come insegna l’Ungheria di Viktor Orbàn. E quanto più profonde e durature saranno queste sospensioni della democrazia, tanto più rischiano di diventare ovunque permanenti.

5.legittima la limitazione delle informazioni

Come corollario del punto precedente, la stato di guerra “legittima” la limitazione delle informazioni, perché prima vittima della guerra è sempre la verità. Seppur “a fin di bene” la tentazione dei governi di proteggere i cittadini nascondendo loro notizie scomode o allarmanti è favorita dal ricorso alla logica bellica. Il diritto all’informazione e la trasparenza diventano beni secondari rispetto al bene primario di sconfiggere il nemico. “Tacete il nemico vi ascolta”, slogan diffuso dal fascismo durante la guerra, rimane valido sempre, in ogni… guerra.

6.divide le persone tra amici e traditori

Ed in una guerra vi sono sempre i disertori o, peggio, i traditori. Contro i quali non si può avere nessuna pietà. Nella guerra al virus i traditori sono gli untori, veri o immaginari, come raccontato magistralmente da Alessandro Manzoni ne La storia della colonna infame. E poiché nell’educazione bellica scovare e consegnare disertori e traditori è un dovere civico, abbiamo migliaia di cittadini pronti a segnalare alle forze dell’ordine la mamma che porta il bambino a sgranchirsi le gambe, l’anziano che fa due passi perché ha la pressione alta, il ragazzo che tira due calci al pallone di fronte a casa… Mentre – al contrario – nessuno si scandalizza che le fabbriche di armi non abbiano mai chiuso (ma quanto ne parla l’informazione? Vedi punto precedente) e la produzione bellica – quella vera – non si sia mai fermata, indifferente ai rischi di contagio.

7.crea il mito degli eroi, invece di rispondere dei tagli alla sanità

Insieme ai traditori, in ogni narrazione bellica che si rispetti ci sono sempre gli eroi. In questa guerra senza quartiere contro il virus, eroi sono i medici, gli infermieri ed il personale ospedaliero. Si moltiplicano, giustamente, i segni di riconoscenza nei confronti di chi è impegnato senza tregua a curare e salvare le persone, ma ben pochi chiedono ragione dei tremendi tagli subiti dalla sanità – 37 miliardi in meno in 10 anni, arrivando ad 8,5 posti in terapia intensiva ogni 100mila abitanti contro i 29,2 della Germania – realizzati dai diversi governi che si sono succeduti, che hanno messo in ginocchio il Sistema sanitario nazionale. Ed in croce i suoi operatori, che avrebbero fatto volentieri a meno di diventare eroi.

8.rilancia il mito della guerra come energia e mobilitazione positiva

Il continuo far ricorso al paradigma della guerra, allo sforzo bellico di chi è in “trincea” contro il virus, rimanda – consapevolmente o meno – alla ri/costruzione di un immaginario positivo della guerra come sforzo collettivo, come mobilitazione patriottica, come esaltazione della potenza militare. In un Paese nel quale il pudore della guerra, insito nel “ripudio” costituzionale, faceva che sì che veri interventi militari in giro per il pianeta fossero ossimoricamente definiti “missioni di pace”, la guerra – associata ossessivamente all’impegno di chi salva vite umane, invece di ucciderle – è tornata ad essere rivalutata come metafora di valore. Anziché di disonore

9. rilegittima le spese militari, che invece sono causa di debolezza del sistema di difesa e protezione

Come un gatto che si morde la coda, sdoganato il linguaggio bellico, anche le spese militari – cresciute di 25 miliardi di euro in Italia nello stesso periodo in cui venivano tagliati drasticamente gli investimenti alla sanità ed alla ricerca – ricevono di riflesso, nell’immaginario collettivo, ri/legittimazione e rilancio. Quando sarebbe necessaria una riconversione civile dell’industria bellica nel Paese in cui si contano 231 aziende che producono armi ed una sola che produce ventilatori artificiali. Quando sarebbe necessaria la rivalutazione della difesa civile e sociale interrompendo, per esempio, immediatamente il programma di acquisto del 90 cacciabombardieri F35, con il costo di uno dei quali si potrebbero realizzare 1350 letti in terapia intensiva. Ossia, quanto più si spende in armamenti, tanto meno si può investire in difesa e protezione. Anche dalle pandemie

10. nasconde il tema centrale: prendersi cura l’uno dell’altro, ovvero il contrario della guerra

Lo ha scritto bene anche Guido Dotti, monaco della Comunità di Bose: “Non solo i malati, ma il nostro pianeta, tutti noi non siamo in guerra ma siamo in cura.(…) La guerra necessita di nemici, frontiere e trincee, di armi e munizioni, di spie, inganni e menzogne, di spietatezza e denaro. La cura invece si nutre d’altro: prossimità, solidarietà, compassione, umiltà, dignità, delicatezza, tatto, ascolto, autenticità, pazienza, perseveranza”. Non sono i dis/valori e le “virtù” militari da esaltare in questo impegno collettivo contro la pandemia, ma i valori e le virtù civili della solidarietà e dell’empatia. Il prendersi cura l’uno dell’altro significa, come scriveva Aldo Capitini, richiamare se stessi “ad un punto interno così profondo da sentirsi madre di quello, come fosse stato generato dal proprio intimo” appassionandosi alla sua stessa esistenza. E questo atteggiamento Capitini – attento come nessun altro alle parole – non lo chiamava “guerriero”, ma più propriamente “nonviolento”




Macron ha indicato una direzione ai francesi (e a noi che cos’è la leadership)

Macron ha indicato una direzione ai francesi (e a noi che cos’è la leadership)

Il presidente non è un politico empatico e ha commesso molti errori di sottovalutazione del virus, ma ieri sera con parole magnifiche ha ammesso le sue mancanze, si è identificato con i sacrifici dei suoi connazionali e ha mostrato a tutti una visione per il futuro

Emmanuel Macron non è un leader dotato di grande empatia. Quella poca che è sino ad oggi riuscito a trasmettere è stata spesso abilmente costruita. Eppure nel discorso rivolto ai francesi ieri sera (il terzo dall’inizio della crisi del coronavirus) è parso diverso. O la situazione ha fatto maturare qualcosa in lui, o le sue doti di attore sono davvero mirabili. Forse entrambe le cose.

Come insegna il metodo Stanislavskij, la comunicazione degli stati d’animo passa attraverso l’attivazione di esperienze emotive riposte nella propria memoria esistenziale. Quindi, anche se abile attore – con una gestualità particolarmente marcata rispetto al consueto e una espressività del volto, dello sguardo, anch’essa più capace di muovere reazioni in chi lo segue – è parso in grado di mettere in gioco un coinvolgimento di particolare profondità. Comunque sia, si è avvicinato a quella dimensione del tragico che sta attraversando le nostre società e che le classi dirigenti occidentali sembrano non essere più in grado di cogliere e quindi di rappresentare. 

Poi vi sono i contenuti. Gli studiosi della gestione della crisi ci hanno spiegato che nella comunicazione di crisi, anzi, ancor di più, nel processo di meaning-making, ovvero il tentativo di «ridurre l’incertezza pubblica e politica e ispirare fiducia nei leader che devono gestire la crisi attraverso l’elaborazione e l’imposizione di una narrativa convincente», i leader sono impegnati nello sforzo di «formulare un messaggio che offra una definizione autorevole della situazione, fornisca speranza, mostri empatia per le vittime e assicuri che le autorità stanno facendo del loro meglio per minimizzare le conseguenze della minaccia» (Boin, t’Hart, Stein, Sundelius, The Politics of Crisis Management, 2017).

Tutto questo ha informato il messaggio di Macron ai suoi concittadini. Partiamo dalla notizia. Le restrizioni proseguiranno sino a lunedì 11 maggio, ovvero ancora per un mese. La riapertura sarà però condizionata al proseguire del rallentamento della propagazione del virus. All’ulteriore sforzo chiesto ai francesi («mi rendo pienamente conto, nel momento stesso in cui ve lo chiedo, dello sforzo che vi chiedo») corrispondono però nuovo impegno per alleggerire il peso economico della crisi e ogni settore, ogni problema, è accuratamente citato.

Al tempo stesso, per la progressiva ripartenza prevista dall’11 maggio, che contempla la riapertura di diversi settori produttivi e commerciali, il governo francese si impegna con una tabella di marcia, sempre restando fondamentale il corrispettivo miglioramento della situazione sanitaria. Le scuole riapriranno, ma non l’insegnamento universitario, secondo rigide regole di sicurezza, i luoghi come bar, ristoranti e teatri in questa fase rimarranno ancora chiusi, i grandi eventi non potranno tenersi almeno sino a metà luglio. La situazione sarà monitorata ogni settimana per adattare le misure e tenere informati i francesi.

Agli anziani e a persone con problemi di salute sarà chiesto di rimanere, almeno in un primo tempo, ancora confinati nelle loro abitazioni. Accanto a tutto questo dal momento della progressiva riapertura l’impegno del governo è quello di procedere a un uso intensivo di test (coinvolgendo tutti i laboratori pubblici e privati e con l’obiettivo di essere in grado di testare dall’11 maggio tutti coloro che presentano anche un solo sintomo) e al tracciamento, così come alla distribuzione di mascherine per i cittadini, differenziate a seconda dei ruoli e il cui uso in talune situazioni, come sui trasporti pubblici, diverrà ‘sistematico’ (immaginiamo obbligatorio). Il piano, nei dettagli e basato su questi principi, sarà presentato dal governo tra quindici giorni. 

Ammettendo che non è possibile dare risposta al quesito su quando si potrà tornare alla vita di prima, Macron ha comunque finalmente indicato una direzione e le tappe sulle quali per ora è sensato ragionare, insistendo sulla necessità di monitoraggio e adattamento continui. Un leader che non traccia una direzione, d’altro canto, non è un leader e nel tempo una tale mancanza rischia di sottrargli credibilità e conseguentemente i mezzi per mobilitare il Paese. 

Ma c’è stato anche dell’altro. Un altro non scontato. Innanzitutto, accanto alle rivendicazioni per ciò che è stato fatto, l’ammissione di ritardi ed errori. Forse non all’altezza di clamorosi errori come l’aver tenuto il primo turno delle municipali (errore del quale porta una responsabilità in realtà ancora non ammessa), ma non banale: «Eravamo preparati a questa crisi? L’evidenza mostra che non lo eravamo abbastanza», «Il momento ha rivelato delle lacune, delle insufficienze… come voi ho visto delle carenze, delle lentezze, delle procedure inutili, anche delle debolezze nella nostra logistica».

Macron ha raccontato dei passi per adattarsi a una crisi alla quale si era giunti impreparati: prendere decisioni difficili a partire da informazioni parziali, spesso mutevoli, adeguandosi di continuo a una realtà che ancora presenta molti lati sconosciuti. In sintesi, ha voluto coinvolgere i francesi in un processo in fieri dalle tante incognite, senza negarle. E ha evitato di colpevolizzarli, come en passant, ma non troppo implicitamente, aveva invece fatto nel suo secondo discorso del 16 marzo, quando si era riferito a comportamenti non responsabili che lo avrebbero costretto a rafforzare le misure restrittive.

Questa volta ha parlato di «nostri sforzi» che stanno dando i primi risultati positivi, ma quel «nostri» non è riferito alla Presidenza o al Governo, bensì alla Francia e ai francesi. Quelli in prima linea, medici, infermieri, pompieri, funzionari, soccorritori, chi lavora negli ospedali; in seconda linea, agricoltori, insegnanti, giornalisti, assistenti sociali, eletti locali, ovvero tutti coloro che continuano a lavorare per permettere al Paese di andare avanti; in terza linea, ogni cittadino col proprio senso civico. Con un ringraziamento a quelle autorità locali – più volte chiamate in causa – e a quei corpi della società civile che stanno rendendo la vita meno difficile ai più deboli.

Come la capacità di indicare una direzione, anche quella di far sentire ognuno parte essenziale di una impresa complessiva, di uno sforzo collettivo per salvaguardare una comunità e i suoi membri, costituisce una premessa fondamentale per mobilitare e farsi seguire. Anche mostrando di comprendere le sofferenze che il male che incombe e le risposte necessarie a combatterlo producono: «La paura per i nostri congiunti, per noi stessi … la fatica e la stanchezza per alcuni, il lutto e il dolore per altri».

In particolare per chi vive con maggiori difficoltà: «Un periodo ancora più difficile per coloro che vivono in tanti in un piccolo appartamento, quando non si posseggono i mezzi di comunicazione necessari per imparare, distrarsi, avere degli scambi», per coloro che nel proprio contesto domestico vivono tensioni, e subiscono il rischio quotidiano di violenze; la solitudine e la tristezza dei nostri anziani. La parola speranza è più volte ripetuta, come è ripetuto il riferimento alla capacità di reagire, combattere e riuscire della Francia. Ma senza sfuggire alla gravitas del momento. 

Emmanuel Macron ha agito tardi, ha assunto tardi la piena responsabilità della situazione, preceduta da marchiani errori e comportamenti a dir poco stupidi (come la serata a teatro alla fine di febbraio). Vedremo se e come saranno mantenuti gli impegni. Ma ieri ha parlato come un leader deve parlare in una situazione di crisi. Ha cercato di infondere fiducia fornendo alcune indicazioni certe nell’incertezza inevitabile del momento, tracciando una strada e mostrandosi aperto alla costruzione di soluzioni complesse. Con un coinvolgimento che non gli è consueto, ha mostrato di crederci. Della sua presidenza certamente il discorso più bello. 




Come gestire la comunicazione social di brand e imprese in questa crisi? Undici strategie suggerite da We Are Social

Come gestire la comunicazione social di brand e imprese in questa crisi? Undici strategie suggerite da We Are Social

I social sono tornati il ‘luogo di aggregazione’,  lo strumento di connessione che hanno sempre, fin dal principio, promesso di essere. We Are Social ha pubblicato il report ‘Fa’ la cosa giusta. Il ruolo dei canali social al tempo del COVID-19‘ che offre ai brand una serie di linee guida su come muoversi in questo periodo di emergenza globale.

Il report è frutto del lavoro coordinato dei diversi uffici del network internazionale che, in queste settimane, si sono confrontati per delineare uno scenario puntuale dei differenti mercati e definire le buone pratiche da seguire per comunicare in maniera rilevante, durante tutte le fasi della pandemia.

Il report di We Are Social si è chiesto come in questo contesto i brand che raccontano loro stessi tramite i social hanno e come affrontano la responsabilità di essere rilevanti e di alimentare conversazioni attuali e non tossiche.

“Nelle ultime settimane, il ruolo dei social media nella vita delle persone è cambiato: sono infatti tornati il luogo di aggregazione e lo strumento di connessione che hanno sempre, fin dal principio, promesso di essere. Con questo report, vogliamo non solo esaminare uno scenario in continua evoluzione, ma anche suggerire dei comportamenti concreti che i brand possono attuare per gestire la crisi, interagendo con le proprie community e supportando le loro necessità”, commentano Gabriele Cucinella, Stefano Maggi e Ottavio Nava, CEO We Are Social Italia e Spagna.

Il report delinea 11 strategie di gestione della crisi partendo da tre premesse: Non possiamo ignorare quello che sta succedendo. Non è una situazione in cui gestire le cose come fosse “business as usual”. Non è il momento di fare marketing opportunistico, perché questa non è un’ opportunità di marketing.

In un momento di incertezza ci muoviamo con una coordinata certa: non vogliamo suggerire in alcuna misura che abbia senso fare leva sulla paura o sulla situazione di disagio in cui le persone stanno vivendo.

We Are Social | Do The Right Thing: The role of social in COVID-19 from We Are Social

1. ASCOLTARE LE COMMUNITY

Attiviamo degli alert per le menzioni del brand e diamo lo specifico task ai community manager di monitorare le conversazioni sui canali.

2. RIESAMINARE LE VERITÀ DI BRAND

Senza coordinate certe, i valori di marca devono essere una bussola per ridefinire cosa abbia senso fare in un contesto di cambiamento rapido e imprevedibile.

3. CREARE UNA NEWSROOM

Un piccolo passo, ogni mattina: un incontro di 10′ per capire cos’è successo il giorno precedente e se e come impatta il brand, se e come integrarlo nella comunicazione.

4. PRATICARE L’UMILTÀ

Non è il momento di vendere esplicitamente e non è il momento di illuminare la rilevanza di prodotti e servizi rispetto agli inediti e specifici problemi che stiamo affrontando. Se servono, se sono utili, le persone lo sanno.

5. CONNETTERE LE PERSONE

Le persone vogliono sentirsi vicine digitalmente ora che fisicamente non possono esserlo. Cerchiamo di attivare il network dei brand per mettere in collegamento le persone tra loro, in funzione degli interessi che hanno.

6. RINFORZARE IL CUSTOMER SERVICE

Va messo in conto di dover gestire più richieste e in tempi più brevi, quindi consideriamo di allocare più tempo o più persone al customer service.

7. RIVEDERE IL TONO DI VOCE

Dobbiamo rimanere calmi, essere chiari e concisi, ma questo non significa necessariamente essere seri o eccessivamente tragici. Bisogna tenere sempre il polso della community per capire qual è il tono di voce giusto al momento giusto.

8. ESSERE UTILI

Se il prodotto o il servizio che il brand commercializza è essenziale, ha senso valutare se e come regalarlo, ma anche fare di tutto per aiutare le persone, tecnicamente, ad adoperarlo.

9. AVERE UNA STRATEGIA DI CONTENUTO

Il contenuto organico è tornato. Bisogna prepararsi ad aggiornare sempre e costantemente il proprio palinsesto, così come la scelta dei touchpoint digitali da attivare.

10. NON AVERE PAURA DI FARE UN PASSO INDIETRO

Stanno succedendo un sacco di cose. Se il brand non ha molto da aggiungere, ha senso anche che non dica niente.

11. ADATTARSI VELOCEMENTE

Un messaggio che sembra giusto oggi, potrebbe essere inutile o controproducente domani. Programmare, ma sapersi adattare è vitale.




Conseguenze del Coronavirus: come comunicare in tempi turbolenti.

Conseguenze del Coronavirus: come comunicare in tempi turbolenti.

Il COVID-19, o meglio conosciuto come “Corona Virus”, ha causato una serie di disagi in tutto il nostro pianeta. Milioni di persone sono ristrette nelle proprie abitazioni, i trasporti sono stati estremamente ridotti e i mercati non danno al momento risposte positive fin quando il virus continua a espandersi. Senz’altro è un periodo di sfida per le aziende, ciò significa che è una prova anche per gli uomini di mercato e per chi fa comunicazione. Di fronte a una problematica e soprattutto in materia di Crisis Management (gestione della crisi), si dice “Non puoi controllare ciò che ti arriva, quello che succede verso di te, ma puoi controllare cosa fare e come reagire tu stesso a proposito”. Come uomini di Marketing e Comunicatori, beh, noi possiamo infatti controllare come comunicare sia internamente che esternamente durante il periodo critico.

Primo, è fondamentale che chi comunica sia sicuro di trattare con informazioni chiare e veritiere. I momenti di critici, infatti, portano confusione e spavento, finendo per diffondere un clima malsano di speculazione, teorie di cospirazione, azioni per offuscare notizie fino alla stessa censura. I comunicatori devono essere certi e sicuri di avere tra le mani la verità, informazioni vere, e non di certo quella finzione trainata da un clima ostile fatto di rumor.

In secondo piano, è importante capire quali erano gli obiettivi di comunicazione, prima dell’emergere della crisi. Non è il momento più di negoziare, vendere o comprare, obiettivi di breve periodo con il fine ultimo di generare profitti, ora è il momento di rinforzare i “valori chiave”, (l’anima), che definisce la nostra azienda. A questo punto, definiti gli obiettivi attuali, cosa possiamo fare? Comunicare efficacemente. I comunicatori, infine, devono riflettere la crisi in un contesto più ampio. Cosa è la globalizzazione, la crescita economica e ancora – cosa c’entra ciò con come il mondo funziona e lo sviluppo delle crisi?

Tratta con i fatti, non con la finzione.

Come anticipato, in ogni crisi è essenziale trattare con veri fatti e con vere informazioni. Brand e aziende non possono essere visti come ingenui oppure reazionari. Costruire ogni progetto di comunicazione sotto la speculazione o sotto voci non verificate è senz’altro un danno. E’ importante essere cauti, con un’approfondita conoscenza di quelle fonti di informazione per capire quali sono attendibili e quali no.

In base all’evento o alla problematicità che si presenta, può essere logico avere già una base di attendibilità, di quali fonti siano più veritiere rispetto a altre. E’ consigliabile comunque, di solito, consultare dalle tre alle cinque fonti per avere un quadro già più chiaro e raccomandabile, ad esempio, nel caso del Covid-19, predisponiamo “alerts” e ricerca di informazioni presso Centri per Controllo, World Health Organization, New York Times tanto per iniziare.

Al fine di ottenere un punto di vista più ampio in merito alla crisi, occorrere valutare anche i punti di vista di ogni singolo governo.

Comunicare Efficacemente in tempi critici

Se c’è anche solo un messaggio positivo, un evento, un risultato generato dalla sfida emersa dalla diffusione del Coronavirus, è assolutamente rilevante che noi come comunicatori sviluppiamo il messaggio, e lo diffondiamo velocemente.

Come si dice… “una bugia arriva dall’altra parte del mondo prima che la verità si metta le scarpe”.

A questo punto, abbiamo creato cinque step da considerare per gestire la comunicazione durante una crisi.

Questi step, chiamati D.R.I.V.E., rappresentano le azioni necessarie in ogni fase del processo di comunicazione: Determinare (audience), Rifinire (il messaggio), Informa (i pubblici – stakeholders), Valori (focalizzati su), Esamina (valuta le conseguenze). In qualità di “gruppo di comunicatori” (community) , guidiamo (drive) i messaggi invece di lasciare alla criticità di prendere il controllo e definire una nostra risposta. Qui di seguito troverete una spiegazione su come procedere per ogni step del processo. Questo approccio, inoltre, riflette molto ciò che noi di Ogilvy stiamo facendo adesso per i nostri clienti.

DRIVE:
D etermina l’audience
Rifinisci il messaggio
Informa il pubblico
Valori focalizzati su
Esamina le conseguenze

Step uno: determina chi ha bisogno di sapere cosa

Quando si presenta una crisi o una problematica, le persone si agitano (quasi ad arrampicarsi sugli specchi) pur di dare un senso al mondo intorno a loro e determinare chi ha bisogno di sapere cosa spesso si dimentica, come se fosse dato per scontato.

In verità il primo pubblico che ogni organizzazione dovrebbe raggiungere e coinvolgere sono i suoi stessi dipendenti. (Noi troviamo ciò particolarmente riferito alle sfide presentate dal Coronavirus).

Comunicare, infatti, regolarmente con il proprio staff può mettere i propri dipendenti a proprio agio e allo stesso tempo sottolineare che i processi aziendali più critici che devono essere indirizzati verso un’azione immediata.

Un Business Continuity Plan (BCP) è fondamentale in questo processo. Anche se le aziende pensano che non dovranno mai usare questi piani oppure, idealmente, di usare loro di rado. Piani di Continuità efficaci sono come attivare una buona copertura assicurativa, e in particolare possono:

  • Affidarsi a tecnologie — Utilizzano piattaforme tecnologiche per gestire la comunicazione giorno per giorno. Queste possono essere esterne o interne, l’importante è che permettano allo staff di comunicare costantemente e continuamente in modo chiaro, attraverso sistemi di log in semplici (specie per grandi entità).
  • Mostrare la tua “Value Proposition” (proposta di valore) al tuo Staf — in effetti non ci sono tempi migliori di una crisi per dimostrare, non solo affermare, quanto il tuo staff è importante per la tua organizzazione. Lo stasi valuterà l’azienda e la sua gestione sulle azioni che questa stessa apporterà per assicurare la loro salvezza. Ci sono state aziende che sono andate oltre, attivando coperture assicurative maggiori, offrendo un call center specifico di supporto emotivo, o persino attraverso un consulto medico telefonico. Esternamente, molte aziende vedono le crisi come un momento per “pompare”, per espandersi o introdurre iniziative di Responsabilità Sociale di Impresa (CSR). Si può valutare. Ciò nonostante, è sempre consigliabile dimostrare al tuo staff che quello che stai facendo al di fuori delle tue quattro mura, lo faresti anche per loro all’interno: non è stata una grande mossa, ad esempio, quella di un’azienda la quale ha donato un ampio numero di mascherine, quando in verità, non erano state ancora fornite allo staff interno.
  • Includere tutta l’organizzazione e ottimizzarsi anche “in movimento” — durante queste ultime settimane, molte compagnie hanno ottimizzato i loro Piani di Continuità aziendali (BCPs), assicurandosi che tutti i Team fossero ben allineati.

Abbiamo riscontrato che il migliore piano BCPs risponde a un leader specifico che guida e coordina le attività aziendali nelle decisioni da prendere e include HR, Comunicazione, Marketing, Finanza, Legale, e Tecnologia. Il Leader non è per forza raffigurato dal CEO, ma è una figura a suo stretto contatto, che tiene il consiglio di amministrazione al corrente sulle risposte della compagnia e sulle necessità attuali a livello amministrativo. Di certo, i clienti rappresentano un altro punto critico con cui comunicare, infatti, come le aziende utilizzano piattaforme tecnologiche durante una crisi per comunicare con i propri dipendenti, dovrebbero, devono far lo stesso nei confronti dei loro clienti. Potrebbe essere organizzare incontri “senza alcun contatto” con i clienti o piuttosto risolvere le perplessità della clientela da lontano e non da vicino, altri esempi per aiutare a comprendere in che direzione muoversi in questa circostanza per salvaguardare le relazioni con la clientela. Durante i periodi critici è senz’altro difficile restare presenti con la propria clientela, ma è proprio questo un momento ideale in cui dimostrare che comunque tu ci sei e ti stai occupando di loro in modo profondo, anche se più distanti, vivete comunque nella medesima realtà. Non ti sei affatto confinato in un altro luogo a pensare solo ai profitti e alle tue perdite, mentre i clienti e gli altri si preoccupano per la loro salvezza e per il mondo stesso.

Il Governo è un altro fondamentale portatore di interesse. Abbiamo molti clienti — locali e internazionali — che dimostrano quanto si adattino alle diverse culture e paesi attraverso offerte specifiche e personale di supporto dedicato. Ciò dimostra che i brand e le aziende stesse giocano il loro ruolo su una propria cultura flessibile adattandosi alle diverse società con cui si relazionano.

Step due: rifinire il messaggio

Una volta che sai a chi bisogna comunicare e quali sono i risultati che si vogliono ottenere, la tua attenzione può passare al messaggio.

Idealmente, vorresti comunicare le tue azioni mentre vorresti evitare ogni tipo di controversia o dibattito politico. In una situazione come il COVID-19, non vuoi alimentare il panico, ma vorresti adottare per azioni necessarie per essere prudente.

La British Airways fu molto attenta su come comunicare l’interruzione temporanea di voli dalla Cina:

“Folowing Foreign Office advice against al but essential travel to mainland China, we have canceled our flights to and fom Beijing and Shanghai with immediate effect, until 29 February, while we assess the situation. Flights to and fom Hong Kong remain unaffected. This situation wil remain under review, and we wil continue to provide regular updates. If you have a booking with us, please make sure we have your contact details. We’ll do everything we can to help customers affected.”

“Al fine di seguire le direttive del Ministero degli Esteri nei confronti di tutte le tratte non essenziali dirette in Cina, abbiamo cancellato i nostri voli di andata e ritorno da Beijing e Shanghai con effetto immediato, fino al prossimo 29 Febbraio, nel frattempo che la situazione si riassesti. I voli diretti e di ritorno, invece, a/da Hong Kong rimangono invariati. La situazione resterà tale fino a ulteriore avviso, e siamo qui a provvedere regolari aggiornamenti. Se possiedi una prenotazione con noi, cortesemente, accertati che abbiamo a disposizione i tuoi dettaglio. Faremo tutto il possibile per aiutare i passeggeri interessati dalle ultime disposizioni.”

Il comitato olimpico di Beijing è stato rapido e responsabile nel posporre il suo evento post Capodanno Cinese come sede per l’Alpine Ski World Cup.

“After paying close attention to the growing health and safety concerns surrounding the coronavirus outbreak in China, we have made the difficult decision to cancel the upcoming FIS Alpine Ski World Cup in Yanqing. The health and safety of our athletes, staff, and fans is our top priority. Therefore, afer careful consideration of recommendations provided by Chinese public health authorities and the World Health Organisation (WHO), we have determined that cancelation of the event is the best course of action to minimise any health and safety risks to participants. We wil continue to monitor the situation and folow the advice of the relevant authorities as the situation evolves and provide updates regarding the event if and when possible.”

“Dopo aver posto attenzione ai crescenti disagi di salute e sicurezza dovuti all’epidemia del Coronavirus in Cina, abbiamo preso la difficile decisione di cancellare gli imminenti FIS Alpine Ski World Cup a Yanqing. La salute e la sicurezza dei nostri atleti, il nostro staff, i nostri stessi fan hanno la priorità assoluta. Inoltre, dopo attente considerazione esposte dalle autorità cinesi per la salute pubblica e la World Health Organization (WHO ), abbiamo stabilito che la cancellazione dell’evento è la soluzione ideale per minimizzare i rischi per i partecipanti. Continueremo comunque a monitorare costantemente la situazione e seguiamo le disposizione delle autorità rilevanti, forniremo aggiornamenti sull’evento non appena sarà possibile.”

In nessuna di queste dichiarazioni vi sono esposizioni politiche, e sono responsabili date le circostanze. Il ruolo del comunicatore è captare gli aspetti più sensibili da comunicare: ciò che necessario, responsabile, richiesto per controllare tutti i rischi generati da comunicazioni esterne.

Step tre: informa i tuoi pubblici

Niente costruisce fiducia durante una turbolenza o una crisi meglio di un flusso stabile di informazioni responsabili che coinvolge il pubblico, la società. Le aziende, infatti, cercano di cogliere ogni risposta esterna che la crisi produce e allo stesso tempo cercano di diffonderla in modo chiaro, semplice e coinciso a tutti i loro stakeholders. E’ opportuno, di conseguenza, per rispondere alle loro domande e perplessità, aprire un canale per comunicare indirettamente e fornire aggiornamenti costanti.

A tal proposito aiutiamo i nostri clienti a concentrarsi sulle risposte che si generano in Cina, così da altre parti del mondo, non solo a livello politico, ma anche a livello economico, concentrando l’attenzione anche sulle varie mosse aziendali. Punto che può fornire un supporto all’interno della Leadership a prendere decisioni su quanto necessario fare per la propria azienda.

I nostri clienti stanno davanti i loro Stakeholders. I nostri clienti aprono canali per stabilire una comunicazione indiretta. I nostri clienti mantengono un aggiornamento costante.

Step quattro: concentrati sui valori

Nessuno di noi vorrebbe che le crisi accadano, ma quando emergono, beh, sono proprio questi tempi duri che ti impegnano a dimostrare cosa e chi rappresenta la tua azienda. Quali sono i valori che ti identificano? E se quei valori non brillano in questi tempi, veramente caratterizzano l’identità della tua azienda e quale è il suo scopo nel mondo?

Le crisi possono rappresentare, all’interno del processo di costruzione della Reputazione aziendale, un momento “mostrato non affermato”. Abbiamo visto aziende come Intel, NBA, Shiseido e Carlyle andare oltre aiuti monetari e fornire veri e propri aiuti medici e altre forniture durante questa crisi.

UPS, leader mondiale nel settore delle consegne, è un ottimo esempio di come usare il tuo “Core”, ovvero la tua principale attività (core business) per fornire un vero e proprio aiuto e supporto durante la crisi del Covid-19.

Il 31 Gennaio 2020, UPS Foundation annunciò, a tal proposito, di aver disposto un network mondiale per via aerea gratuito, per fornire più di 2 milioni di mascherine respiratorie, 280.000 paia di guanti in nitrile e 11.000 tute alla Cina, allo scopo di combattere il COVID-19. Il carico arrivato alla base internazionale di Shanghai lo scorso 2 Febbraio ha raggiunto immediatamente le strutture mediche che necessitavano di queste forniture.

Possiamo accennare di quelle aziende di tecnologia che hanno aiutato attraverso i loro core business a garantire una comunicazione rapida e chiara verso l’esterno per combattere il virus e diffondere informazioni di tipo sanitario e medico ecc.

Dell Technologies ha contribuito con impegno a rendere operative ed efficienti le infrastrutture e l’operatività IT di strutture mediche e istituti governativi e finanziari nella provincia di Hubei, fornendo un supporto tecnico 24/7.

All’interno di questi esempi, ciò che è centrale è: usare le tue competenze o il capitale brand, il cosiddetto valore del brand, per fornire un aiuto valido durante una crisi non è assolutamente crearsi un vantaggio commerciale per generare profitti. Si tratta di svolgere la cosa giusta per la società e (di)mostrare i veri valori della nostra azienda e il suo senso civico.

Step cinque: esamina le conseguenze

L’interno processo di comunicazione è fluido anche durante una problematica o una crisi. Il passo finale è quello di valutare ed esaminare le tue attività, ciò che stai facendo, attraverso sondaggi, engagement reviews, effettive approvazioni, risposte date dai principali elettori di riferimento.

Provate a rispondere a questa domanda: “Le attività che avete avviato hanno in qualche modo dimostrato l’impegno e l’identità della vostra azienda ai vostri Stakeholders?” Se la risposta è “no”, ciò non significa che ogni tua attività o azione è stata vana o quasi. E’ necessario comunque essere precisi e guardare come abbiamo realizzato gli step precedenti, attraverso un’iterazione o semplicemente andando indietro passo dopo passo, analizzando se abbiamo sviluppato la giusta comunicazione, aperto i giusti canali per comunicare i nostri messaggi, assicurarci di averli permeati dei nostri valori.

Seguendo questi step non solo aiuterai la tua azienda a controllare e gestire la crisi, aiuterai anche la tua azienda ad essere un’organizzazione produttiva che “guida” (DRIVER) il mondo.

Comprendere il contesto generale

Mentre i governi, i mercati, i popoli stessi lavorano per contenere il Virus, questo in un certo senso ci ricorda che viviamo in un mondo globale in continua espansione. Certamente, l’economia ne risulterà colpita in un modo o nell’altro, questo sì. Basandoci comunque sull’impatto a lungo termine del Virus, consultano le ricerche della Oxford Economics, queste sottolineano un perdita su GPD cinesi (Gross Domestic Product), il valore della moneta dello stato, di o.5 punti, con una crescita del 5.6% quest’anno, il cui effetto sulla crescita a livello mondiale rappresenta un perdita di 0.2 punti al 2.3% nel 2020.

Sebbene molte aziende produttrici e forniture sono state temporaneamente chiuse e molte aziende sono state colpite, abbiamo visto persone e organizzazioni a livello mondiale competere per dare un sostegno a chi è stato più danneggiato.

Speriamo che guadagneremo più controllo su questo virus e comprenderemo al meglio il suo impatto, la guerra commerciale che schierava la Cina contro il mondo si placherà, e vedremo nuove riforme mettere le radici nei confronti della medicina, dei servizi sociali, della comunicazione ecc.

In questo momento, cosa possiamo fare come comunicatori in tempi di crisi, è supportare la nostra azienda a guidare messaggi e diventare un membro di valore nella società per aiutare la vita di ognuno di noi, oltre i profitti che ne possono derivare.