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Il fenomeno TikTok spiegato ai meno giovani

Cosa fa di TikTok un autentico fenomeno fra gli adolescenti capace di diventare in breve tempo l’app più scaricata del mondo? La domanda sorge spontanea, soprattutto fra chi – per ragioni di anagrafe o scarsa dimestichezza con il Web – fa ancora fatica a comprendere certe dinamiche del mondo social.
In linea di massima si potrebbe dire che TikTok abbia intuito prima degli altri che ci sono molti utenti che hanno bisogno di un mezzo più veloce e leggero per creare e condividere contenuti video online. “TikTok è nata per questo”, ci spiegano i responsabili di ByteDance, l’azienda cinese che ha creato TikTok dopo l’acquisizione di Musical.ly. “I video sono da sempre uno strumento potente per raccontare le storie, ma non sono così facili da realizzare: serve una fotocamera, un computer, delle competenze nel montaggio e soprattutto tempo. Da qui l’idea di provare ad abbassare le barriere di accesso attraverso un servizio fruibile tramite un comune telefono cellulare col quale fare tutto: creazione, produzione e distribuzione dei contenuti”.

LADDOVE GLI ALTRI SOCIAL NON ARRIVANO

Il risultato è un’app scaricabile da qualsiasi dispositivo mobile che permette di girare video, editarli, condirlo con filtri, transizioni ed effetti speciali, il tutto nel giro di una manciata di secondi.

Il fine, insomma, giustifica un mezzo che a quanto pare è riuscito a infilarsi in un corridoio poco presidiato da Facebook e dagli altri social. Quello dei video rapidi (la maggior parte non supera i 15 secondi) e senza troppe pretese a livello tecnico (i più vengono girati in casa). “La gente è stanca di quel genere di social che ti obbliga ad avere comportamenti e look patinati, essere perfetti non è più divertente”, ci spiega ByteDance. “Vogliamo dare alle persone la possibilità di essere loro stessi ed essere ricompensate per questo. Sono soprattutto le giovani generazioni a chiedercelo: vogliono usare la propria voce per celebrare i momenti normali della propria quotidianità, senza seguire le celebrità”.

DALLA CAMERETTA ALLA POPOLARITÀ GLOBAL

Di celebrità però si deve necessariamente parlare se si considerano i numeri raggranellati dagli iscritti più seguiti: la 17enne Loren Gray, per dire, ha in questo momento più di 33 milioni di followers, Ariel Rebecca Martin, in arte BabyAriel, sfiora i 30 milioni, Faisal Shaikh, in arte Mr. Faisu, spopola in India (e non solo) con i suoi 22,8 milioni di seguaci.

In Italia il re delle visite si chiama Luciano Spinelli, performer da 7.1 milioni di followers, l’esperta di fashion Jessica Brugali arriva a 3.8 milioni di follower, Gabriele Vagnato a 1 milione e mezzo.
Molti delle celebrities di TikTok hanno iniziato su Musical.ly giocando con il lip sync, il sistema che permette di di cantare e recitare utilizzando la sincronia labiale su brani di artisti famosi, altri si sono accodati al fenomeno. Col tempo sono arrivati anche i VIP – come Fiorello, Michelle Hunziker e Bruno Barbieri – attratti dalle potenzialità di un mezzo che come pochi sa parlare ai giovanissimi.

LA VIRALITÀ PASSA DALLE CHALLENGE

Le interazioni sono il sale dell’esperienza di TikTok. Che vive i suoi picchi nelle cosiddette #challenge, le sfide tematiche a suon di video-performance che si scatenano quotidianamente sulla piattaforma. “Ci sono challenge che nascono per caso e che diventano virali nel giro di poche ore, altre proposte dal nostro team di curator su argomenti di tendenza, poi ci sono quelle promosse dai brand. Sono competizioni che premiano l’originalità e che, proprio per questo, rivelano un livello altissimo di engagement: con la challenge #footballisback abbiamo avuto oltre 120 milioni di views, un numero persino più elevato di quello di tutti i follower delle principali squadre di calcio”, racconta ByteDance.
A soffiare sulle dinamiche della viralità ci pensano anche gli algoritmi della piattaforma, calibrati a puntino per suggerire i contenuti più affini alle preferenze del singolo. “L’intelligenza artificiale non spinge solo i video delle persone più seguite ma lavora sulle tipologie di contenuti”, chiarisce la società. “È un sistema di suggerimenti basato su un content graph che rompe gli schemi instaurati nel mondo social tradizionali. Chi ama il calcio vedrà più contenuti correlati all’interno del tab personale, stessa cosa per gli appassionati di danza o qualsiasi altra categoria”.

IL PROBLEMA DEGLI UNDER 13

Gli algoritmi sono deputati anche a un’altra mansione: quella che riguarda l’individuazione dei contenuti inappropriati. ByteDance ammette: “A livello di moderazione e sicurezza ci sono molte lezioni che abbiamo imparato dalle altre piattaforme basate sui contenuti generati dagli utenti (UCG), come Facebook e YouTube. Per questo motivo ai computer abbiamo affiancato il lavoro di migliaia di supervisori in carne ed ossa. Sono loro ad avere l’ultima parola su ciò che viene pubblicato. Che non significa solo eliminare i video segnalati dall’intelligenza artificiale o da altri utenti ma anche valutare la criticità di certi contenuti che possono essere fraintesi da persona a persona. È un aspetto particolarmente complesso, crediamo che solo l’uomo abbia la capacità di discernere cos’è giusto e cosa no”.
Più difficile, senz’altro, gestire il rapporto con i bambini, da sempre presenti sulla piattaforma in maniera più o meno esplicita. Lo scorso febbraio la società ha ricevuto una multa da oltre 5 milioni di dollari dalla FTC americana per uso improprio dei dati personali degli under 13, qualche mese dopo è scattata l’indagine nel Regno Unito per possibile violazione del GDPR con particolare riferimento alla mancanza di presidi di sicurezza sul sistema di messaggistica.
Su questo punto l’orientamento della società pare chiaro: “Per registrarsi su TikTok bisogna avere 13 anni, chiarisce ByteDance, sottolineando come il target della piattaforma sia quello dei 18-25 anni. Ciò ovviamente non esclude possibili usi impropri della piattaforma. Da qui l’invito – rivolto ai genitori – a una conversazione aperta e diretta con i propri figli. Come dire, i limiti ci sono, ma andrebbero fatti rispettare, soprattutto dagli adulti. Sempre che siano consapevoli dei rischi che possono derivare da un’eccessiva esposizione in rete.




Piccole Star Il fenomeno dei baby influencer sta contagiando anche l’Italia, ma ci sono implicazioni per la privacy dei minori

Le social star sono sempre più piccole e qualcuno addirittura ha un profilo su Instagram già dalla nascita


Si può diventare re e regine del mondo digitale ancora prima di nascere o dopo pochi anni di vita, ma il concetto non cambia: i migliori influencer di oggi sono i bambini.
Non importa essere figli di persone famose o piccoli colti nella spontaneità della vita quotidiana, quello che conta è avere una community fedele e ampia da ispirare.
 

I baby influencer più amati su Instagram

Le gemelle Clements, Ava Marie e Leah Rose, vanno per i 9 anni e contano già 1,2 milioni di follower su Instagram. La madre le ha trasformate in piccole dive all’età di 7 anni.

Coco Pink Princess ha solo 9 anni e 687 mila follower al suo seguito. I genitori hanno un negozio vintage nel centro di Harajuko a Tokyo e lei si è innamorata della moda a 2 anni. Per gioco la madre ha iniziato a postare sul suo account le foto della figlia e, vedendone la popolarità, ha deciso di aprire un profilo tutto per lei. Coco posa per le migliori case di moda, compresa Gucci, la sua preferita.

Stella e Blaise sono i due fratellini di Huntington Beach (CA), che amano la vita da spiaggia, lo sport e disegnare. Il loro profilo IG registra 67 mila follower.

Mini Style Hacker (302 mila follower) nasce da un’idea di Colette Wixom che fotografa il figlio Riker mentre interpreta le ultime tendenze della moda maschile in modo spiritoso.

In Italia abbiamo Gaia De Leonardis (@gaiaburuburu). Nel suo profilo Instagram la mamma pubblica foto che colgono la baby endorser in piccoli ritratti della vita quotidiana. Ad oggi conta 5.500 follower. Segni particolari? Spontanea e divertente.

Protagonisti da milioni di visualizzazioni

Oggi il canale YouTube “Ryan ToysReview” vanta quasi 19 milioni di iscritti (alcuni dei suoi video raggiungono 800 milioni di visualizzazioni).
Ryan recensisce giocattoli, un bambino davvero simpatico e con una grandissima qualità: saper intrattenere davanti allo schermo bambini di tutto il mondo. È entrato nel Guinness World Records “Kids” come “canale più visto per i millennials”.

Anche Tiana di “ToysandMe” (10,5 milioni di iscritti al suo canale) si occupa di fornire opinioni sui giocattoli e, una volta svolto il lavoro, li dona in beneficenza. La baby creator ha iniziato la sua carriera a 7 anni.

Emily Tube (9,6 milioni di iscritti) realizza video divertenti e di apprendimento per i bambini, come imparare a colorare e a fare shopping. È stata selezionata dalla Disney per sponsorizzare un viaggio ispirato alle principesse.

Piccole star ancora prima di nascere

Non possiamo che iniziare con il baby shower organizzato da Mindy Weiss e Jeff leatham per Khloé Kardashian.
L’evento sponsorizzato Amazon accoglieva gli ospiti con un arco di rose e un tappeto di palloncini. Giraffe, elefanti e il colore rosa adornavano la sala.

Anche il bebè di casa Ferragnez era già famoso ancora prima di venire al mondo, grazie alle foto della mamma Chiara in dolce attesa, al momento del parto, al primo allattamento, al cambio del pannolino, fino ai primi mesi di vita di Leone Lucia, con tanto di torta e candeline ogni mese.
Siamo pronti a scommettere che presto anche lui avrà un profilo tutto suo.

Tiny fashionist figli di famosi

Alexis Olympia (557 mila follower) è la primogenita della tennista Serena Williams e Alexis Ohanian.

Nathan Leone Di Vaio (236 mila follower), figlio del più famoso fashion blogger italiano, possiede il suo profilo personale da quando è nato (4 anni fa).

Ioni James Conran è la figlia della top model Coco Rocha, con la quale ha sfilato a Parigi indossando abiti firmati Paul Gautier (74,5 mila follower).

Potere ai più piccoli

Instagram rappresenta la vetrina perfetta per scoprire ultime tendenze e prodotti più cool del momento. Oggi sono i bambini i migliori marketing influencer, grazie alla loro tenerezza e spontaneità.
Nonostante i limiti d’età previsti dalle piattaforme, è presente un gran numero di bambini nell’ambiente digitale.
I dati non mentono: il Kids Digital Avertising Report 2017 affermava già che il mercato pubblicitario rivolto ad un target infantile aumenta ogni anno del 25%. PwC ha stimato che “il mercato della pubblicità digitale per bambini potrebbe raggiungere circa 1,2 miliardi entro il 2019”.

Studi e ricerche su Generazione Alpha e tecnologia affermano che un 12% di bambini si fida maggiormente di influencer conosciuti in rete. Questo significa che il target delle piattaforme più famose (soprattutto di YouTube) è sempre più un pubblico di giovanissimi che vogliono essere guidati dalla loro generazione, sia nel campo della moda che in altri settori quali il mondo dei giocattoli, videogame e food.
I brand che utilizzano strategie di marketing con baby e kids influencer si sono adattati alla nuova audience dei più piccoli.
Da qualche anno anche Heinz e altre aziende importanti hanno scoperto la potenzialità di questa strategia in relazione al settore alimentare. Da sempre i bambini influenzano i genitori nella scelta dei prodotti alimentari, un fenomeno che prima si verificava attraverso la TV e che oggi, invece, avviene sempre di più tramite i social.

Privacy online

I baby influencer non godono della stessa tutela dei coetanei del mondo della TV e del cinema. La privacy online sui bambini in alcune occasioni necessita di un avvocato per essere rispettata. Molte volte sono gli stessi influencer a mostrare i propri figli in post sponsorizzati per un target adulto e non per un pubblico giovane, con tutti i rischi che ne conseguono.
Anche loro si batteranno per far rispettare la privacy dei loro pargoli in futuro? Staremo a vedere.




GratzUp

Gli ospiti di questa settimana sono Mauro Gazzelli e Shairin Sihabdeen di GratzUp, una start up nata per contribuire a risolvere il problema globale dell’accesso all’acqua sicura.
Ciao Mauro, Ciao Shairin, benvenuti sul mio blog. Ci spiegate come è nata l’idea alla base di GratzUp?
L’idea nasce nel 2014 con l’intento di risolvere, almeno in parte, una delle prime cause di mortalità infantile al mondo: l’acqua contaminata. Era sera, stavamo guardando un documentario in televisione sulle condizioni igienico-sanitarie in cui molte popolazioni si trovano costrette a vivere in diverse regioni nel mondo e ci siamo fermati a riflettere su come potevamo contribuire, nel nostro piccolo, alla soluzione del problema.  Ci sono infatti oltre 2 miliardi di persone, soprattutto bambini, che non hanno accesso a fonti di acqua pulita e rischiano di ammalarsi e morire di infezioni intestinali. Dall’invenzione di una speciale bottiglia che sterilizzava l’acqua e il suo contenitore, grazie ad un percorso di ricerca e sviluppo, GratzUp ha realizzato “G Plant”, l’innovativo e sostenibile impianto autonomo ad energia solare per la sterilizzazione dell’acqua su larga scala senza bisogno di filtri o sostanze chimiche, che sta per essere implementato in Rwanda. La tecnologia di GratzUp è in grado di sterilizzare così, in modo sicuro e semplice, grandi quantità di acqua basandosi sul principio scientifico che sta alla base del normale funzionamento di un’autoclave da laboratorio.
Con quali soggetti avete collaborato per avviare il progetto di ricerca?
Dal 2015, anno in cui abbiamo fondato GratzUp, la ricerca non si è mai fermata grazie al contributo di Università e centri di Ricerca e negli anni il progetto ha trovato il sostegno di investitori internazionali. L’incontro con Padre Patrice Nitrushwa nel 2017, un sacerdote rwandese che aveva vissuto per un periodo della sua vita in Italia, segna l’inizio dell’avventura in Rwanda, un Paese in cui il problema dell’accesso all’acqua potabile è particolarmente sentito.
A che punto è lo sviluppo del progetto in Rwanda?
Dopo aver avviato le prime relazioni con il governo rwandese, abbiamo firmato nel 2018 un memorandum col governo e la diocesi di Byumba con il supporto di Monsignor Servilien Nzakamwita, al fine di installare un sistema di sterilizzazione d’acqua su larga scala partendo da un progetto pilota che coinvolgesse un ospedale e una scuola, con un migliaio di utenti in tutto.
Un team di biologi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore monitorerà i risultati del test pilota che si svilupperà nelle prossime settimane.
Programmi per il futuro?
Al termine dell’implementazione del progetto in Rwanda è già pronto un piano di installazione su larga scala sul territorio rwandese ed in altri Paesi del continente africano e non solo. Stiamo infatti lavorando al fine di implementare nuovi impianti in Tanzania, Etiopia, Egitto e Indonesia.




Espolòn: con il murales di OZMO inizia la «Revoluciòn Creativa»

Con il nuovo murales in Corso Ticinese a Milano, che sarà esposto dal 1° ottobre al 15 novembre, l’artista di fama internazionale inaugura la «Revoluciòn Creativa» promossa da Espolòn Tequila: riscrivere le regole con il nostro tratto per lasciare un segno di ciò che siamo


Lasciare il segno, incoraggiare chiunque a dare il via a una rivoluzione personale, artistica, senza schemi. È questo il messaggio che Espolòn Tequila lancia attraverso Revoluciòn Creativa, il tequila premium prodotto artigianalmente con il 100% di Agave Blu che celebra la storia e la cultura del Messico a trecentosessanta gradi, in maniera immersiva e totalizzante. Espressione di questo spirito innovatore, precursore dei tempi e impermeabile alle mode, è il muralas che dal 1° ottobre al 15 novembre campeggerà in Corso Ticinese 66 a Milano e che porta la firma di uno degli artisti contemporanei più apprezzati a livello internazionale: OZMO. «La collaborazione nasce dalla volontà di celebrare la tradizione creativa milanese, la capacità di questa città di influenzare il resto d’Italia per quanto riguarda la moda, il design, la Street Art, il rap», racconta l’artista con entusiasmo contagioso, gli occhialetti scuri poggiati sulla fronte e il Paloma, il cocktail messicano per eccellenza con Espolòn Bianco, sciroppo d’agave, succo di lime e soda al pompelmo, che sorseggia a intervalli regolari.

Sono passati sedici anni da quando OZMO ha dato per la prima volta il via alla sua arte proprio sui muri del quartiere Ticinese dove ritorna trionfale con il suo nuovo lavoro ma, da allora, niente è cambiato: «Torno qui con lo stesso spirito. Sono la stessa persona di prima, solo che adesso ho degli strumenti in più per poter lavorare ed esprimere al meglio quello che ho sempre fatto», insiste l’artista ricordando la potenza espressiva degli inizi, il gruppo di amici arrivati dai graffiti e dalla pubblicità che per primi ebbero l’idea di «meticciare» l’arte alta dei musei con forme più trasgressive, quotidiane, addirittura illegali di Writing. Un bisogno di libertà e di espressione del proprio io che è proprio l’epicentro dal quale partono la Revoluciòn di Espolòn e il nuovo murales in Ticinese: un disegno grafico in bianco e nero di 100 mq in cui il gallo Ramon, personaggio simbolo di Espolòn Tequila, emerge al centro dell’artwork aprendosi un varco in mezzo a un muro di mattoni, metafora della comfort-zone e del conformismo. «Al centro dell’opera c’è l’idea della rivoluzione, dell’innovatore e dell’influencer che, con la sua personalità e la sua creatività, porta l’innovazione nel nostro tempo attraverso il talento», spiega OZMO che, insieme al gallo Ramon, ha scelto di inserire molte figure creative legate alla città di Milano: dal rapper al graffitaro, dal deejay allo skater, dal designer al bartender. Gli artisti diventano, così, consapevoli del proprio ruolo, danno l’esempio e incoraggiano chiunque ad avere il coraggio di sfondare e lanciarsi in una nuova avventura.

ESPOLÒN Tequila

@EspolonTequila

Pink carpet, meet blue agave.

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Attraverso la piattaforma Snapchat, il pubblico avrà anche la possibilità di fruire l’opera vivendo innovative esperienze di realtà aumentata: una lente in modalità selfie consentirà, infatti, di diventare uno dei character raffigurati da OZMO, mentre una lente in modalità camera esterna animerà il murales direttamente in loco. Insieme all’artista, che apre le porte di «Espolòn Ticinese – El Barrio Creativo» e che sente un profondo legame con l’iconografia messicana – «Il Messico è la mia seconda patria, l’iconografia del simbolo, il tratto in bianco e nero fanno parte di me» -, sono altri i talent coinvolti che proseguiranno la Revoluciòn Crerativa. Dai COMA_COSE, il duo rivelazione dell’anno che si esibirà il 16 ottobre presso la nuova taqueria Chihuaua Tacos, al collettivo di fotografi PERIMETRO che il 24 ottobre, presso Special, presenterà in anteprima un progetto legato ai quartieri simbolo della creatività milanese. Il collettivo registico milanese BENDO, poi, realizzerà un video conclusivo a completamento del progetto di Espolòn  Revoluciòn Creativa che, per tutto il mese di ottobre, offrirà al pubblico la possibilità di assaggiare il cocktail Paloma, servito nei migliori locali della zona (Waldenbar, Verso, Panino Lab, San Lorenzo cocktail bar, 20, Tasca, Just Love cocktail bar, Foresta Wood, De Amicis), e lancerà “Paloma, Tacos Y Mariachi”, un tour di eventi di musica messicana che sarà ospitato, a rotazione, da Ralph’s, Todos A Cuba e Tom. Il culmine della Revoluciòn Creativa è in programma, infine, il 2 novembre presso il locale Apollo, in occasione del Dia De Los Muertos: tutti i creativi protagonisti del progetto si riuniranno, infatti, per riscrivere con il proprio tratto un persone concetto di «revolution» secondo le regole della passione e dell’ispirazione messicana.




C’era una volta la CSR. Perché oggi le aziende sono chiamate all’attivismo

C’era una volta la CSR. Perché oggi le aziende sono chiamate all’attivismo
Come costruire la brand influence attraverso l’azione e la narrazione del brand purpose.


Torna l’appuntamento, divenuto ormai consuetudine, The Most Influential Brands (MIB 2019) di Ipsos, lo studio che attraverso le opinioni di 4550 italiani offre un affresco su quali siano i brand in grado di influenzare maggiormente la nostra vita quotidiana. Il MIB 2019 si avvale inoltre della preziosa esperienza ecompetenza di Paolo Iabichino, una delle figure più autorevoli nel panorama della comunicazione e della brand strategy a livello internazionale con cui Ipsos ha intrapreso una collaborazione continuativa al fine di offrire ai brand una consulenza strategica a 360°.
Trustworthy (fiducia, affidabilità), Engagement (coinvolgimento), Leading Edge (innovazione, capacità di far tendenza), Corporate Citizenship (impegno e ruolo sociale), Presence (presenza): sono questi i cinque fattori presi in esame da Ipsos per determinare l’influenza di una marca.
Anche nel ranking MIB 2019 i fattori che più pesano nel far sì che un brand venga considerato influente dai consumatori sono la capacità dell’azienda di saper coinvolgere (30%), la sua propensione all’innovazione (27%) e la fiducia e il senso di affidabilità delle persone rispetto al brand (26%). Non stupisce quindi che nella top ten siano presenti ancora una volta tutti i big della digital economy e del tech.
Ecco la classifica:
classifica the most influential brands 2019 _italia
Rispetto al 2018, se il podio rimane ad appannaggio sempre degli stessi tre colossi, è interessante notare come Facebook abbia perso tre posizioni, passando dal quinto all’ottavo posto. Un piccolo passo indietro probabilmente dipeso dall’eco mediatico dello scandalo del caso Cambridge Analytica.
Esce inoltre Ikea, che nel 2018 era decima, fermandosi ora alla tredicesima posizione e lasciando spazio a Mulino Bianco, unica azienda italiana del settore food presente nella top ten, che fa un notevole balzo in avanti raggiungendo il nono posto (nel 2018 era solo diciannovesimo).
Osservando gli spaccati generazionali, emerge con forza l’importanza di Instagram per la Generazione Z (15- 21 anni), che arriva alla quarta posizione. Tale realtà permea la vita dei più giovani ma non compare in nessun’altra Top Ten per fasce di età. Fa poi la sua comparsa Netflix, rispettivamente al decimo posto per la Gen Z e alla sesta posizione per i Millennial (22-35).
Una nota a parte, infine, per Nutella che pur non comparendo nel ranking generale, si presenta tra i primi dieci: 6° per la GenZ, 9° per i Millennial e 10° per i Boomers, cioè color di età compresa tra i 53 e i 71 anni.
Se i risultati non sorprendono, perché specchio fedele della società contemporanea in cui viviamo, dove l’innovazione e la tecnologia dominano, non si può non cogliere dall’opinione pubblica e dalla società in generale un forte vento di cambiamento. Si inizia a chiedere alla politica, alle istituzioni, ai decison makers e, quindi, in primis, anche alle aziende, un’assunzione di responsabilità rispetto a tematiche universali, quali ad esempio l’ambiente, i diritti umani e la gender equality.
Leader mondiale nel settore delle ricerche di mercato, Ipsos, per l’edizione 2019, ha deciso di concentrare la sua analisi e di alimentare il dibattito proprio sul tema, sempre più centrale, della Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR). Se dallo studio emerge come il fattore Corporate Citizenship pesi ancora solo mediamente il 12% nel determinare l’influenza sulla marca, interessante è notare come il 68% degli intervistati ritenga che in futuro le marche più di successo saranno quelle che contribuiranno in modo positivo alla società.
Aumenta il desiderio delle persone di ritrovare nelle scelte e nelle strategie dell’azienda i valori universali con i quali immedesimarsi. Un cambiamento radicale di prospettiva, questo, che vede al centro i brand ai quali viene chiesto un impegno sociale crescente. Ben il 60% degli italiani afferma infatti di sentire il bisogno di aziende che svolgano un ruolo attivo in ambito sociale, culturale e politico. Ai brand si chiede di prendere posizione senza temere le conseguenze: lo pensa il 62% degli intervistati d’accordo nell’affermare che se un’azienda sceglie di prendere una posizione forte su un tema sociale o politico non deve temere di perdere consenso o parte della clientela. Anzi, il 79% crede che sia possibile per una marca sostenere una buona causa e guadagnare allo stesso tempo.
“Per le marche è arrivato il tempo di agire. È il momento che si assumano la responsabilità di essere a tutti gli effetti attori e interlocutori sociali, culturali e politici. Emerge l’opportunità, la legittimazione e in un certo senso il dovere, di esporsi, di prendere posizione, di raccontare il proprio credo e i loro valori e di agire concretamente per lo sviluppo culturale e sociale della comunità”, spiega Andrea Fagnoni Chief Client Officer Ipsos.
Oggi c’è la necessità e l’occasione di raccontare al grande pubblico in cosa si manifesta l’impegno di una azienda o una marca, dato che il perimetro della responsabilità sociale si è allargato, integrandosi nel Contesto, sviluppando Cultura, prendendosi cura della Comunità e diventando dunque oggetto di Comunicazione.
Per capire se le aziende in Italia siano pronte ad adeguare o cambiare il proprio modello di business con l’intento di avere un impatto concreto sulla società, nell’edizione 2019 di MIB, Ipsos ha deciso di rivolgersi anche direttamente ai brand per avere il loro punto di vista.
In generale la quasi totalità delle aziende dichiara di aver già sviluppato o sta pensando di sviluppare iniziative di responsabilità sociale e brand purpose (91%). Gli scopi a cui prevalentemente le aziende si dedicano riguardano molto spesso temi universali come la sostenibilità dei processi produttivi ed ecologia (75%), il sostegno ad associazioni no profit ed istituzioni (51%) o la salute e ricerca scientifica (38%). Meno affrontati sono invece gli argomenti su cui la società rischia di dividersi come le pari opportunità e i diritti umani (34%).
“Dalla nostra ricerca ci siamo resi conto che a fronte di un ricchissimo patrimonio di iniziative in cui le aziende italiane sono protagoniste, ancora poche sono state tradotte in effettive campagne di comunicazione, circa il 10%. Si tratta quindi di un patrimonio inespresso. Ci sono sicuramente diverse motivazioni alla base di questa evidenza, ma ci siamo domandati se non ci sia anche una certa timidezza legata all’inesperienza, o per lo meno un po’ di confusione su cosa significhi il Brand Purpose” commenta Francesca Nardin responsabile del team Creative Excellence Ipsos.
Paolo Iabichino, partner dell’evento, commenta: “Quello che stiamo attraversando è un momento epocale per la comunicazione di marca. Possiamo finalmente fare in modo che le nostre idee generino cambiamento e che le strategie di brand si occupino anche della vita delle persone. È un modo per rendere più virtuoso il nostro mestiere, rivolgendoci alla collettività e non a singoli cluster di target.”
Tra le 100 aziende coinvolte nello studio Ipsos sull’influenza di marca, spiccano alcuni importanti esempi che hanno registrato un fattore di Corporate Citizenship con un’incidenza maggiore rispetto alla media italiana (12%). Ed è così che se ci si sofferma sull’impegno sociale Mulino Bianco raggiunge il 31%, mentre Coop il 28%. Guardando invece alle tematiche ambientali spiccano Ikea (31%) ed Enel (27%). Uno sguardo attento verso la propria comunità premia infine Parmigiano Reggiano (18%) e Conad (16%).