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Le vacanze? Quest'azienda te le paga

Le vacanze? Quest'azienda te le paga

Un bonus regalato con un’unica regola: nessuna distrazione digitale lavorativa. Perché un lavoratore soddisfatto è il vero investimento per l’azienda


Le ferie sono sacrosante, eppure ci sono aziende che tendono a rendere la vita alquanto complicata ai dipendenti che desiderano andare in vacanza. Ma ce ne sono altre che incentivano i propri lavoratori a lasciare l’ufficio e godersi il meritato riposo. E l’incentivo è concreto e sostanzioso: con un bonus di ben 7.500 dollari. Bastano per una vacanza intercontinentale in posti esotici. Tutto questo bendidìo viene concesso a tutti i lavoratori a un patto: durante la vacanza occorre dimenticarsi di mail e messaggi dei clienti.
Succede negli Stati Uniti è l’illuminata azienda è una multinazionale, la FullContact, azienda che si occupa di customer care e servizi alle aziende, che da qualche tempo ha deciso di finanziare i propri collaboratori desiderosi di prendersi una vacanza. Secondo Bart Lorang, Ceo e fondatore di FullContact, questa policy aziendale aiuterebbe di fatto a rendere i dipendenti molto più produttivi.
Talmente tanto da compensare il costo annuale di circa 1 milione di dollari richiesto dall’iniziativa con ricavi stimati ben superiori. Un investimento che ripaga nel tempo, sia per le grandi soddisfazioni a livello umano sia anche a livello di risultati aziendali. Un approccio al lavoro che ha portato l’azienda a crescere costantemente, ottenendo numerosi riconoscimenti per le iniziative di «Work Life Balance».
Le condizioni per usufruire del bonus sono poche e chiare: il contributo viene versato solamente a chi accetta di non controllare mail e messaggi lavorativi vari ed eventuali durante il periodo di stop. In vacanza, si sta in vacanza. No mail di lavoro e distrazioni varie. Al contempo, l’azienda dei sogni non interferisce in alcun modo sul dove, sul come o sul quando il dipendente decida di andare in vacanza.
Dopo la vacanza al ritorno in ufficio la prassi vuole che le fotografie della vacanza vengono condivise con i propri colleghi. Il tutto per promuovere uno stile di vita sano e propositivo in cui le esperienza sono condivise con i colleghi. Una filosofia non nuova, quella di concepire il lavoro come una cosa positiva, dove chi lavora è felice di farlo perché il tempo trascorso dentro e fuori l’azienda è piacevole.




Il Brand Activism secondo Philip Kotler e Christian Sarkar

Il Brand Activism secondo Philip Kotler e Christian Sarkar

In passato la promozione di un brand avveniva sulla base delle caratteristiche del proprio prodotto:

“Il nostro dentifricio è quello che può darti l’alito più fresco” oppure “Siamo i più bravi a sbiancare i denti”, ecc. Il positioning era il nome del gioco nel brand marketing. Ma il positioning oggi non è più sufficiente nei nostri mercati altamente competitivi.Prendiamo in considerazione il marketing per i millennial, uno dei più grandi gruppi demografici di oggi. I millennial hanno grandi aspettative nei confronti dei brand rispetto ai problemi e alle emergenze sociali e ambientali, molti vorrebbero che i brand mostrassero preoccupazione non solo per i profitti, ma anche per le comunità in cui lavorano e per il mondo in cui viviamo.
The Body Shop è stata una delle prime aziende a trasmettere i suoi valori e le sue credenze etiche.
La sua fondatrice e CEO, Anita Roddick, non voleva produrre soltanto raffinate lozioni per la cura della pelle, ma desiderava anche occuparsi dei diritti degli animali, dell’ambiente e del commercio equo e solidale. Molti clienti del Body Shop affermavano di essere interessati ai prodotti ma molti altri sceglievano il brand per il suo attivismo.

Brand Activism: progressive o regressive?

Partiamo dalla definizione di Wikipedia:
L’attivismo è un’attività finalizzata a produrre un cambiamento sociale o politico ed è spesso intesa anche come sinonimo di protesta o dissenso. Le forme di attivismo vanno dalla scrittura di lettere ai giornali o ai politici, alla campagna politica, all’attivismo economico che si esprime con boicottaggi, manifestazioni, manifestazioni di piazza, scioperi, sit-in e scioperi della fame“.
Usando questa definizione come punto di partenza, possiamo immaginare un quadro che consenta alle aziende di sviluppare una strategia di attivismo: progressivo o regressivo.
 
brand-activism
 
L’attivismo regressivo è quello che abbiamo visto nelle pubblicità delle compagnie di tabacco che per anni, decenni, hanno negato che il tabacco fosse dannoso per la salute, anche quando le loro stesse ricerche dimostravano il contrario.
E hanno, anzi, promosso le “virtù” del fumo in modo tale da danneggiare i consumatori.  Anche le aziende che fanno pressioni sui nostri politici per politiche regressive sono attivisti del brand.
Il Brand Activism è regressivo quando le aziende perseguono attivamente politiche che danneggiano il Bene Comune:
 
Big Tobacco Brand Activism Prof.Kotler
Come abbiamo detto in precedenza, il Brand Activism è un nuovo imperativo per il business, perché, ora, più che mai, i consumatori chiedono alle aziende di fare la cosa giusta.
Ecco un’immagine che illustra bene gli effetti del Brand Activism di tipo regressivo a confronto con quello di tipo progressivo.
Brand-Activism-shaming-evangelist
Un Brand Activism di tipo progressivo, è quello delle aziende che compiono scelte che tengono in considerazione il Bene Comune. Queste aziende hanno uno scopo più ampio della semplice ricerca del profitto e sono viste sempre più come leader nei loro settori.
In una classifica stilata nel 2015 dalla Harvard Business Review sui CEO con le migliori prestazioni al mondo spicca, in cima un nome che non è familiare ai più: Lars Rebien Sørensen, CEO di Novo Nordisk, la società farmaceutica danese al primo posto. Intervistato, Sørensen ha affermato:

“La responsabilità sociale delle imprese è tutt’altro che massimizzare il valore della vostra azienda per un lungo periodo. A lungo termine, le questioni sociali e ambientali diventano questioni finanziarie”.

Le classifiche valutano i risultati finanziari a lungo termine all’80% e le prestazioni ESG (ambientali, sociali e di governance) al 20%. Sulla base di parametri puramente finanziari, Jeff Bezos di Amazon guiderebbe tutti gli altri CEO, ma il punteggio ESG relativamente debole di Amazon lo colloca al numero 87 nella classifica.

Quando il Brand Activism è diventato un aspetto così rilevante?

Come affermano Philip Kotler e Christian Sarkar nel loro libro Brand Activism: from purpose to action l’attivismo dei brand è la naturale evoluzione dei programmi di Corporate Social Responsibility (CSR) e Environmental, Social and Governance (ESG) che sta investendo le aziende in tutto il mondo. Se prima l’impegno delle aziende si identificava come marketing-driven o corporate-driven, oggi si parla di society-driven o values-driven:
 

 
Il Brand Activism è guidato dalla preoccupazione fondamentale per i problemi più grandi e più urgenti che la società deve affrontare.
Ma significa in primis che non si può affermare di essere un’azienda values-driven e poi ignorare la società: i dipendenti, i clienti, la comunità in cui si lavora, e il mondo.
La prova del proprio attivismo sta nelle scelte che si compiono, non nelle affermazioni che si fanno. E la forza che guida il progresso oggi è un senso di giustizia ed equità per tutti.

Le categorie di Brand Activism

Philip Kotler e Christian Sarkar identificano sei aree di Brand Activism:
 
Brand Activism Categories
 

  • L’attivismo sociale comprende aree come l’uguaglianza – di genere, LGBT, etnia, età, ecc. – Include anche questioni sociali e comunitarie come ad esempio l’istruzione.
  • L’attivismo legale si occupa delle leggi e delle politiche che incidono sulle aziende, come le tasse, il posto di lavoro e le leggi sull’occupazione.
  • L’attivismo aziendale riguarda la governance: organizzazione aziendale, retribuzione degli amministratori delegati, retribuzione dei lavoratori, relazioni sindacali ecc.
  • L’attivismo economico può includere politiche salariali minime e fiscali che incidono sulla disparità di reddito e sulla ridistribuzione della ricchezza.
  • L’attivismo politico riguarda lobbismo, voto, diritto di voto e politica.
  • L’attivismo ambientale si occupa di leggi e politiche in materia di tutela dell’ambiente, uso del suolo, inquinamento dell’aria e dell’acqua.

 
pagelle-brand-activism
 
Sarebbe un esercizio interessante e significativo misurare e classificare tutte le imprese settore per settore con chiari indicatori della loro posizione. Potrebbe essere ancora più interessante misurare anche il loro successo a lungo termine sul mercato.

Progressive Brand Activism: Patagonia

Un brand che viene citato come modello è Patagonia, che sta portando il brand activism a nuovi livelli.
Patagonia è orgogliosa dell’impegno e dell’etica nella tutela dell’ambiente come afferma nel Patagonia’s Mission Statement: We’re in business to save our home planet.
Ma l’impegno del brand per la giustizia sociale e ambientale va molto oltre:

  • The Refuge: Patagonia promuove un cortometraggio sul suo sito web su “uno degli ultimi luoghi selvaggi d’America e sulle persone che lo chiamano casa”. Per centinaia di generazioni, i Gwich’in popolazione dell’Alaska e del Canada settentrionale sono dipesi dal caribù che emigra attraverso il Rifugio Artico. Con la loro cultura tradizionale ora minacciata dall’estrazione di petrolio e dai cambiamenti climatici, le donne di Gwich’in stanno portando avanti una lotta per proteggere la loro terra e il loro futuro con un video e una petizione.
  • $ 10 milioni per il pianeta: Per il Black Friday nel 2016, Patagonia ha donato il 100% delle vendite alle organizzazioni sociali che lavorano per creare un cambiamento positivo per il pianeta. Dichiarando: “In questi tempi di divisione, proteggere ciò che tutti abbiamo in comune è più importante che mai.”
  • radically///resourceful: Patagonia introduce una nuova linea chiamata re/collection – stili realizzati con tutti i tipi di materiali riciclati, tra cui il 100% di lana riciclata e il 100% di poliestere riciclato con l’85% di etichette in poliestere riciclato, l’80% di cerniere riciclate e 50% di bottoni riciclati.
  • Commercio equo e solidale: Patagonia paga un premio per ogni articolo certificato del commercio equo e solidale che porta la sua etichetta. Quel denaro extra va direttamente ai lavoratori della fabbrica e loro decidono come spenderli. Il programma promuove anche la salute, la sicurezza, la conformità sociale e ambientale dei lavoratori e incoraggia il dialogo tra lavoratori e dirigenti.
  • Agricoltura biologica: Patagonia sta lavorando per integrare le pratiche organiche rigenerative nella sua catena di approvvigionamento e collaborare con altre società e organizzazioni per promuovere questo importante lavoro. Per capire come funziona l’agricoltura biologica rigenerativa, date un’occhiata al corto Dirt Cheap. Per un’immersione più profonda, c’è Unbroken Ground, un film di 25 minuti pubblicato di recente da Chris Malloy che racconta la storia di quattro gruppi pionieri nel campo dell’agricoltura rigenerativa, del pascolo rigenerativo, dello sviluppo diversificato delle colture e della pesca rigenerativa.

Come diventare Brand Activist

Oggi non c’è alcuna giustificazione per cui 62 persone nel mondo possiedano la stessa ricchezza di metà del mondo.
C’è un mito persistente nel mondo degli affari contemporaneo secondo cui lo scopo finale di un’azienda è massimizzare il profitto per gli investitori dell’azienda. Tuttavia, la massimizzazione del profitto non è uno scopo; invece, è un risultato. Sosteniamo che il modo migliore per massimizzare i profitti a lungo termine sia quello di non renderli l’obiettivo principale.

È invece necessario che i brand prendano posizione sui temi sociali e sulle emergenze che affliggono il pianeta. Questo è quello che i consumatori oggi cercano: comprendere da che parte sta un’azienda per scegliere se supportarla o boicottarla, per scegliere se essere evangelisti del brand o oppositori.

Kotler e Sarkar si interrogano anche sulla necessità di trovare un modo per riconoscere e premiare quelle aziende che praticano una gestione aziendale sostenibile e orientata agli stakeholder. Forse dobbiamo istituire un Brand Activist Award for Business e ogni anno premiare le aziende che si distinguono come modelli di brand activism, in modo che i consumatori possano scegliere di supportare quei brand che si stanno prendendo cura del bene comune e degli interessi della popolazione, attraverso pratiche commerciali illuminate.
 
Fonte: The Marketing Journal




Novartis, “corrotti decine di migliaia di medici per prescrivere farmaci inutili”. Alla tv svizzera la testimonianza di tre ex manager

NOvartis corruzione medici Grecia FBI
Nel documentario di Falò in onda giovedì 18 ottobre parlano per la prima volta i whistleblower che collaborano all’inchiesta dell’Fbi contro la multinazionale elvetica. Secondo l’accusa, medicinali dai prezzi proibitivi sono stati omologati in Grecia, e pazienti sani sarebbero stati sottoposti a cure inutili



TESI DI LAUREA: LE CRISI D’AZIENDA: IL CASO DEL PONTE MORANDI

Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano – Facoltà di Economia
Corso di Laurea in Economia Aziendale e Management, Anno Accademico 2018 – 2019

LE CRISI D’AZIENDA: IL CASO DEL PONTE MORANDI

Tesi di Laurea di Federica Damonte Prioli – Relatore Prof. Andrea RURALE

A questo link, il testo integrale della Tesi (41 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Secondo Paul A. Argenti una crisi è “una rilevante calamità che può verificarsi sia in modo naturale sia come risultato di un errore o di un intervento umano, anche maligno. Ciò può includere danni materiali come ad esempio la perdita di vite umane o di beni, o danni immateriali, come ad esempio la perdita di credibilità dell’organizzazione o di altri danni alla reputazione”.

Al giorno d’oggi gestire una crisi aziendale è diventata una priorità per ogni realtà aziendale; ancora più importante è il saperla prevenire. Questo è dovuto al fatto che le notizie vengono divulgate molto velocemente tramite i media sia tradizionali che digitali. Saper comunicare alla propria audience in modo efficace e tempestivo è una necessità per le aziende che si trovano all’interno di una crisi, anche per il fenomeno che va sempre più sviluppandosi delle fake news.

Una crisi è come una tempesta per un’azienda, da cui può uscirne più forte o nettamente indebolita. Per creare una forte immagine aziendale possono essere necessari molti anni e in pochi minuti la stessa può essere rovinata.

Questo è quello che è successo ad Autostrade per l’Italia, nell’agosto 2018, dopo il crollo del ponte Morandi. Una cattiva gestione della comunicazione immediatamente dopo i fatti ha impattato negativamente sull’immagine aziendale con forti conseguenze.

Secondo un’attenta analisi, nel primo capitolo verrà presentata l’azienda Autostrade per l’Italia, e l’importante azionista di riferimento, la famiglia Benetton.

Nel secondo capitolo seguirà una presentazione del ponte e i tragici fatti accaduti il 14 agosto 2018.

Nel terzo capitolo verranno illustrate le principali conseguenze per tutti gli enti coinvolti, sia dal punto di vista economico che commerciale e turistico.

La parte fondamentale sarà illustrata nel capitolo 4, in cui, secondo l’analisi svolta da Luca Poma e Giampietro Vecchiato nella loro guida al Crisis Management, verrà analizzato il comportamento dell’azienda secondo le tre fasi di research, response e recovery.

Infine, si cercherà di capire nel quinto capitolo quali sono stati gli errori commessi dall’azienda e dunque la situazione attuale per la città e per l’azienda coinvolta.




L’estate del cambiamento.

L’estate del cambiamento.

Niente a che fare con la crisi dell’ormai famigerato “Governo del Cambiamento”. Quella che sta per concludersi potrebbbe essere ricordata come un’estate memorabile per la quantità di campagne e iniziative che sembrano segnare una svolta definitiva negli approcci al marketing e alla comunicazione.

Da tempo nel nostro lavoro si fa un gran parlare della necessità di comunicare in maniera nuova ai nostri interlocutori. Spesso, nella rincorsa al consenso dei Millennial, si rende pressoché obbligatorio uno sguardo nuovo sulle tematiche a cui sembrano essere più affezionati. Ecco quindi che i temi ambientali, quelli della diversità di genere e dell’inclusione diventano requisiti fondamentali per guadagnare i loro favori. C’è chi è riuscito a farlo in maniera magistrale e gli ultimi mesi sono stati particolarmente interessanti da questo punto di vista.

Ho attraversato i miei feed e ho provato mettere in fila le iniziative che mi sono piaciute di più, partendo dalla bellissima operazione con cui Diesel ha salutato su Instragram i 14.000 follower persi dopo la sua adesione al Pride e alla comunità LGBT.

Sosteniamo con orgoglio i nostri valori da oltre 40 anni e crediamo nel Pride. Per coloro che non lo fanno, inclusi i 14.000 followers che ci hanno lasciati nell’ultima settimana… addio! Per coloro che condividono le nostre opinioni e i nostri valori, celebriamo il fatto che l’amore è amore. Sempre

Bella anche l’iniziativa della compagnia aerea KLM che all’inizio di luglio, alla vigilia dei suoi picchi stagionali, ha avuto il coraggio di lanciare l’iniziativa Fly Responsibly, per invitare i suoi passeggeri a considerare altre forme di trasporto su alcune destinazioni o a compensare l’emissione di C02 con uno speciale biglietto di viaggio che permette di partecipare a un importante progetto di riforestazione

E ancora, spostandoci su altri temi, bellissima l’iniziativa della multinazionale Pampers che si è attivata per installare in USA e Canada, oltre cinquemila fasciatoi nei bagni degli uomini. #lovethechange è il tema che hanno dato a questa iniziativa e che stabilisce pari opportunità tra uomini e donne, anche nel cambio dei pannolini.

Di tutt’altro genere la geniale provocazione di PornHub, il celebre sito di video pornografici. I creativi dell’agenzia Officer & Gentleman hanno preso a prestito l’istanza ambientale per lanciare il film pornografico più “sporco” di tutti i tempi. Hanno coinvolto una celebre pornostar in un film girato su un’isola letteralmente coperta di spazzatura. La visione è possibile solamente sulla loro piattaforma e ad ogni clic corrisponde un incentivo importante a tutela dell’ambiente.

YouTube ha rimosso il trailer, ma potete divertirvi su PornHub e fare qualcosa di utile per il pianeta.

https://it.pornhub.com/cares/dirtiest-porn

E a proposito di ambiente, sempre quest’estate, c’è da registrare la notizia di Lego che ha reso nota l’intenzione di utilizzare bioplastiche ecologiche e di origine naturale per fabbricare i suoi mattoncini da costruzione. Mentre fa discutere la scelta di IKEA che ha recentemente comunicato di non distribuire più il proprio catalogo nelle case dei consumatori. In realtà alcuni lo stanno ricevendo, ma la gran parte dei clienti IKEA dovrà recarsi presso un punto vendita per poter sfogliare il catalogo cartaceo.

Un oggetto cult non sarà più disponibile presso le nostre case e gli addetti ai lavori si sono divisi tra chi plaude la scelta ambientale della multinazionale svedese e chi reclama la propria dose di carta e colla nella propria casella di posta, accusando IKEA di guardare solo al risparmio dei costi di produzione.

Sul filo di lana arriva Cadbury, la celebre tavoletta di cioccolato, che in India ha voluto celebrare il giorno dell’indipendenza con un’edizione davvero speciale fatta di 4 gusti in una sola barretta che prende i colori delle diverse etnie locali.

Infine, questa è stata l’estate in cui su questi temi ci sono state importanti prese di posizione da parte delle aziende.

Negli Stati Uniti i 200 CEO appartenenti alla Business Roundtable presieduta da Jamie Dimon di JpMorgan Chase che vanta al suo interno aziende come Apple, Accenture e AT&T, per oltre 15 milioni di dipendenti hanno dichiarato che “accanto alla massimizzazione dei profitti ogni compagnia deve avere come scopo l’arricchire la vita dei propri dipendenti, dei consumatori, dei fornitori e delle comunità, servendo gli azionisti in modo etico e rispettando l’ambiente”.

L’affermazione è coraggiosa, pensando ai nomi che fanno parte di quest’associazione e infatti non si è fatta attendere una severa risposta delle BCorporation che in ultima istanza invita a lavorare insieme per il benessere di tutti.

Lo so è stata anche l’estate delle critiche a Greta Thunberg per la sua traversata principesca, ma c’è stato anche un momento a margine del G7 in cui le più importanti maison della moda si sono impegnate nel #fashionpact. L’accordo siglato davanti al Presidente Macron vuole che l’intero comparto della moda si adoperi per promuovere, migliorare e rafforzare la cooperazione tra società private e stati nazionali, al fine di arrestare il riscaldamento globale; ripristinare la biodiversità e proteggere gli oceani.

Staremo a vedere.

Per chiudere, e a proposito di inclusione, una notizia di pochissimi giorni fa a dirci quanto in futuro i temi più sensibili debbano riguardare qualsiasi ambito di lavoro. E per ovviare all’annosa questione di genere sulla sessualità delle intelligenze artificiali, ecco arrivare in nostro soccorso la prima genderless voice.