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Incendi in Australia: il supporto delle grandi imprese

Incendi in Australia: il supporto delle grandi imprese

Gli incendi sono un problema che affliggono la maggior parte
del globo durante i periodi estivi. Quest’anno la sorte peggiore è toccata all’Australia
la quale, a seguito di incendi appiccati spesso con dolo, ha bruciato per mesi.
A farne maggiormente le spese, oltre alla flora locale, sono stati gli animali.
Si stima che circa 500 milioni di animali siano morti a causa delle fiamme.
Visto che la fauna australiana è composta da creature uniche al mondo, in
quanto si sono evolute separatamente nell’isola, si teme che gli incendi
abbiano comportato l’estinzione di almeno una specie. La specie in questione è
un marsupiale endemico, simile ad un topo che abita solo in un’area
all’estremità occidentale dell’isola, completamente distrutta dalle fiamme. A
rischio sarebbero anche i koala, si stima infatti che ne siano morti almeno
25.000 esemplari e i koala australiani sono gli unici al mondo non effetti da
clamidia, un’infezione batterica simile all’hiv. 31 le morti tra le persone e i
danni dal punto di vista economico sono incalcolabili.

Nonostante in Europa queste notizie siano passate un po’ in
sordina, sono molte le aziende che hanno lanciato iniziative per cercare di
sensibilizzare la popolazione e aiutare l’Australia. Tra le varie azioni
promosse, alcune aziende hanno lanciato prodotti in edizione limitata, il cui
ricavato è stato devoluto a favore dell’Australia. Lush, ad esempio, ha
lanciato un sapone a forma di koala il cui ricavato verrà devoluto al Bush
Animal Fund per aiutare i gruppi di salvataggio degli animali mentre Balenciaga
ha lanciato delle felpe e delle t-shirt con disegnato un cucciolo di koala e i
ricavi delle vendite saranno devoluti per la lotta agli incendi.

Il gruppo Kering ha donato oltre un milione di dollari
australiani ad organizzazioni locali di soccorso e Kfc Australia ha devoluto
700 mila dollari alla croce rossa per far fronte al disastro. Unilever Australia
invece elargirà beni primari ma anche prodotti per la pulizia a coloro che sono
rimasti senza casa e si è impegnata ad aiutare i propri partner commerciali in
loco che hanno subito danni.




HUMAN

HUMAN

L’ospite di questa settimana del mio blog è Danilo Piton di HUMAN

Ciao Danilo e benvenuto sul mio blog. La tua società Human è nata pochi mesi fa: da chi è partita l’idea?
Ciao Rossella e grazie per la visibilità che ci offri. L’idea di Human nasce nell’estate del 2017. Discutendo tra amici, ci siamo sentiti soli nella nostra volontà di partecipare alla sfida lanciata dai Sustainability Developements Goals delle Nazioni Unite. Sembrava essere una questione riservata a Stati, Organizzazioni e Aziende, mentre noi crediamo che siano prima di tutto le persone a poter fare la differenza nel contrastare i cambiamenti climatici.
E allora ci siamo chiesti: se le aziende pianificano le loro attività per la sostenibilità, perché non dare anche alle persone la possibilità di realizzare il proprio percorso verso la sostenibilità?
Per questo abbiamo realizzato una web app che permette alle persone di conoscere l’impatto ambientale del proprio stile di vita e di stabilire le azioni per diventare più sostenibili.
Dopodiché possono condividere questo impegno con tutti propri profili social, perché quando facciamo qualcosa di buono è bene che tutti lo sappiano affinché si uniscano a noi.
L’obiettivo di HUMAN è comunicare la bellezza di essere sostenibili per coinvolgere gli altri nel piacere della sostenibilità. Ed ecco che una semplice idea si è trasformata in innovazione e in uno strumento semplice e quotidiano diventa la base per creare una community.
Il problema dei cambiamenti climatici è sempre più attuale. Con la vostra proposta vi rivolgete alle imprese per coinvolgere le persone: ci spieghi meglio?
La HUMAN Web app è lo strumento. Si tratta di un contenitore di “Awareness campaign” con cui vengono affrontati argomenti specifici a tema ambientale e che vengono messe a disposizione delle aziende, affinché possano divenire seminatrici di sostenibilità presso i loro stakeholder.
L’utente, sottoscrivendo una “Campagna di Awareness”, aderisce alla comunità di valori ed esperienze realizzata dalla specifica azienda.
Le Nazioni Unite, con i Sustainability Developements Goals, hanno stabilito i target che devono essere raggiunti dagli stati membri; gli stati membri da parte loro hanno chiesto alle aziende di impegnarsi verso il traguardo comune; le aziende saranno agevolate nel raggiungimento dei loro obiettivi incentivando la diffusione della HUMAN WebApp presso i loro dipendenti e clienti.
Vogliamo raggiungere le aziende che condividono con noi la fiducia nelle persone e la volontà di incentivare la coscienza sostenibile. Crediamo che grazie al coinvolgimento delle aziende potremo ottenere più facilmente la visibilità necessaria a coinvolgere un numero di utenti rilevanti per un cambiamento significativo.
La tecnologia è fondamentale per trovare soluzioni finalizzate alla riduzione dell’impatto ambientale: quanto è stata importante per voi?
Per HUMAN tecnologia significa comprendere l’impatto associato a consumi e comportamenti e disporre della capacità di rappresentazione delle campagne nel contesto digitale identificato.
La certificazione dei processi di misura necessari alla quantificazione degli impatti collegati ai comportamenti degli utenti è stata ottenuta grazie a una collaborazione con il Dipartimento Ingegneria Ambientale del Politecnico di Torino, sotto la direzione scientifica del professor Blengini. I processi di Life Cycle Assessment assegneranno i valori da associare alle singole risposte oggetto di valutazione nelle campagne di Awareness.
La tecnologia ci permette anche di essere flessibili e assecondare i bisogni delle aziende e delle persone. Per esempio: HUMAN non è una app, bensì una web app, e quindi non richiede all’utente di dover scaricare nulla. Offre anche la possibilità di raccogliere e raccontare informazioni rilevanti sull’impegno per la sostenibilità, con una suite completa di strumenti di analisi dei dati, progettata dal team di Human e dai nostri partner tecnologici.
Infine è proprio il nostro team e le sue competenze tecnologiche e trasversali a dare energia a questo progetto, adattandosi velocemente agli obiettivi che le company possono dichiarare, con dinamicità ed entusiasmo.
Quali sono gli obiettivi che vi siete dati per il 2020?
Il 2020 per noi è un anno cruciale, dal 30 gennaio andremo in produzione. I contatti avviati con alcune aziende early adopter ci hanno permesso di mettere a punto la HUMAN App e i Seeding Sustainability, i servizi pensati a supporto delle aziende, in modo da presentare la nostra soluzione al mercato CSR.
Inoltre parteciperemo al Giro d’Italia della CSR per aggiungere la proposta di HUMAN ai vari volti della sostenibilità. Sarà un anno nel quale andremo a mettere a punto il nostro modello di vendita, anche grazie ad alcuni accordi commerciali di distribuzione, con lo scopo di procedere all’internazionalizzazione a partire dal 2021.
Il rafforzamento del Team e l’arricchimento di competenze ci permetterà di dare vita alla nostra vision: realizzare la piattaforma digitale più usata per diffondere le campagne di sostenibilità, e così unire aziende, persone e istituzioni nel miglioramento concreto dell’ambiente.




Ecco come Facebook scopre cosa compri nei negozi fisici per mostrarti pubblicità pertinenti. E come negare il consenso

Ecco come Facebook scopre cosa compri nei negozi fisici per mostrarti pubblicità pertinenti. E come negare il consenso
  • Facebook raccoglie informazioni su quello che compri — tanto online quanto nei negozi fisici — per poterti proporre pubblicità che corrispondono a quegli acquisti.
  • La pratica è uno dei molti modi con cui Facebook sfrutta la sua ricchezza di dati degli utenti per offrire agli inserzionisti strumenti per individuare un pubblico specifico.
  • Analizziamo come Facebook impara a conoscere la tua attività offline, e come negare il consenso.

Se recentemente hai comprato qualcosa in un negozio fisico, potresti avere notato un incremento nella quantità di pubblicità di Facebook collegata a quel negozio o all’articolo acquistato. Il fenomeno — documentato dagli utenti di Reddit e di Twitter — non è una coincidenza.
Tramite le sue partnership con i rivenditori, Facebook sa quello che gli utenti stanno acquistando, tanto online quanto nei negozi reali. I dati vengono quindi impiegati per proporre pubblicità, in base a ciò per cui le persone spendono probabilmente soldi.
Qualsiasi impresa può inviare a Facebook informazioni sui clienti, comprese informazioni identificative convertite in codice, o hashed, come e-mail, nome o numero di telefono, oltre a una traccia dei loro acquisti. Facebook usa quelle informazioni per abbinare gli acquisti ai profili degli utenti, consentendo alle imprese di proporre pubblicità a quelle persone direttamente sulle app di Facebook.
Il servizio di pubblicità è già stato usato da vari clienti pubblicitari di Facebook, tra cui Macy’s e Dick’s Sporting Goods.
Ad agosto Facebook ha implementato uno strumento di “off-Facebook activity” che consente agli utenti di vedere il modo in cui il social network misura le loro attività esterne al sito.
I ricavi pubblicitari rappresentano la gran parte del fatturato di Facebook: dei 17,6 miliardi di dollari guadagnati dalla compagnia nel terzo trimestre del 2019, 17,3 provenivano dalla pubblicità. Gli inserzionisti ricorrono a Facecebook in parte anche per le precise informazioni demografiche offerte a proposito degli utenti, avvalorate dai suoi strumenti che permettono di realizzare pubblicità perfettamente mirate.
Business Insider ha chiesto a Facebook di spiegare in che modo viene a conoscenza degli acquisti offline delle persone. Ecco come funziona il procedimento, e come negare il consenso.
Tutto inizia quando acquisti qualcosa, online o in un negozio. Il distributore può conservare informazioni su di te grazie all’acquisto.

Hunter Martin/Getty Images

Se il distributore vuole proporre a quei clienti pubblicità su Facebook, può inviare a Facebook dettagli di quanto acquistato, insieme a informazioni che potrebbero abbinare quell’acquisto a un profilo Facebook.

Getty Images

Le informazioni di identificazione personale inviate dalle imprese possono includere nome, e-mail, telefono o data di nascita.
A Facebook bastano solo pochi data point da parte dei rivenditori per creare una “custom audience”, ovvero un gruppo di utenti che essa ha rilevato aver fatto acquisti presso quel rivenditore.
Secondo uno studio pubblicato all’inizio dell’anno, gli algoritmi riescono a identificare con certezza le persone in base ad appena pochi data point anonimi — e poche compagnie hanno così tanti dati di utenti quanto Facebook.
Tutte le informazioni identificatrici vengono convertite in codice prima di essere inviate dei rivenditori a Facebook e vengono successivamente cancellate una volta impiegate per abbinare un utente a un acquisto, secondo un portavoce di Facebook.

Associated Press

L’hashing è una pratica comune riguardante la privacy dei dati che converte dati in puro testo in un codice che può essere letto solo da un algoritmo.
Una volta che il dato convertito viene eliminato, resta solo l’abbinamento, Facebook ha cioè usato le informazioni fornite dai rivenditori per abbinare profili di utenti specifici a quell’azienda.

NOAH BERGER/AFP via Getty Images

A questo punto, i rivenditori possono comprare spazi pubblicitari su Facebook che verranno mostrati direttamente alla “custom audience” di utenti a loro abbinati.
 

Getty

Sono molti i rivenditori che usano questi strumenti pubblicitari, compresi Macy’s e Dick’s Sporting Goods.

Business Insider/Jessica Tyler

“Con le custom audience dedotte dalle visite ai negozi  abbiamo coinvolto nuovamente i clienti passati in uno dei nostri negozi con una pubblicità mirata su Facebook”, è quanto detto in una dichiarazione da parte di un portavoce di Dick’s Sporting Goods. “E, usando un pubblico molto simile formato da persone corrispondenti a quelle che hanno visitato il nostro negozio, abbiamo dischiuso un pubblico più ampio di nuovi clienti da raggiungere, incrementando il passaggio in negozio e le vendite”.
Un portavoce di Macy’s ha detto che il rivenditore ha usato le pubblicità Facebook per aumentare le vendite nei negozi. “Siamo incoraggiati dai risultati positivi osservati nei negozi ed entusiasti di continuare a provare il pacchetto offline di Facebook per alimentare la nostra crescita”, ha detto il portavoce.
Gli utenti possono negare il consenso alle inserzioni basate su eventi offline selezionando “Inserzioni” nelle impostazioni di Facebook e disabilitando “Inserzioni basate sui dati raccolti dai partner”.

Facebook

La sezione  “Inserzioni” di un utente Facebook è raggiungibile da qui.
Facebook offre anche uno strumento che permette alle persone di controllare se una pubblicità è rivolta specificatamente a loro. Per usarlo, seleziona “Perché visualizzo questa inserzione?” dal menu a tendina nella pubblicità in alto a destra.
 

Facebook



Il servizio pubblico dei robot

Il servizio pubblico dei robot

Il più grande test di giornalismo generato da una macchina realizzato dalla BBC fino a oggi”. Alle ultime elezioni in Gran Bretagna i 700 articoli sui risultati nei vari collegi elettorali li ha scritte un robot.Uno sforzo produttivo “che non sarebbe mai stato possibile con i giornalisti”, spiega Robert McKenzie, il direttore dei BBC News Labs. La macchina ha inserito in un template nomi e numeri di vincitori e sconfitti, legandoli tra loro con una struttura narrativa e un linguaggio programmati secondo lo “stile BBC”.
Un esperimento utile a capire come potrebbe cambiare il giornalismo e quale spazio avrà quello di servizio pubblico.
Il giornalismo dei robot sta già rivoluzionando il lavoro delle agenzie di stampa a carattere finanziario. Un terzo dei lanci di Bloomberg utilizza già una qualche forma di automatismo tecnologico. Grazie ad Automated Insights l’Associated Press produce ogni trimestre 4400 news su report finanziari. A proposito dell’applicazione dell’Intelligenza artificiale nelle redazioni il New York Times ha parlato di ascesa del robot reporter. E in Cina si sta già immaginando di sostituire gli anchorman, i conduttori dei telegiornali, con una figura creata dagli algoritmi. Una tecnologia che ricorda quella utilizzata per produrre i video deepfake, contro i quali il Wall Street Journal ha creato una vera e propria task force anche di giornalisti.
Un mese fa mi è capitato di mostrare in un’aula universitaria il celebre video fake su Barack Obama realizzato dal regista Jordan Peele: nessuno lo aveva mai visto e, soprattutto, nessuno ha intuito si trattasse di un falso. Il che conferma che essere un millennial o un post-millennial non significa essere digitalmente esperto e che nell’era del deepfake il giornalismo forse può avere ancora un senso.
Già, ma quale giornalismo?
L’esperimento della BBC conferma che le news sono ormai diventate una commodity. Notizie legate ai risultati elettorali, agli eventi sportivi, alle informazioni di Borsa, alle previsioni del meteo presto potranno essere fornite solo dalle macchine, che lo faranno con più precisione, più rapidamente e a costo zero. Perché la BBC dovrebbe pagare dei giornalisti per un compito che un bot può svolgere meglio e più in fretta?
Se per giornalismo di servizio pubblico si intende quello generalista, il minimo comune denominatore dell’informazione, allora quello lo serviranno gli algoritmi, gratuitamente, come già stanno facendo le piattaforme di Facebook e Google.
Per sopravvivere il giornalismo dovrà cambiare, reinventarsi e non siamo nemmeno sicuri sarà sufficiente. Come ha scritto benissimo Mario Tedeschini Lalli, “il giornalismo professionale è e sarà sempre di più una nicchia, una nicchia che potrà distinguersi solo per autorevolezza e perché fornisce contenuti di qualità diversa, cioè contenuti prodotti secondo un metodo diverso”. Un giornalismo umile, che controlla, verifica, spiega, anche utilizzando la tecnologia, come nel debunking dei deepfake che diventeranno presto molto semplici da produrre, tanto che non crederemo più a niente. Il WSJ parla di “democratizzazione dei deepfake”: già oggi alcuni software open source consentono a chiunque con una qualche conoscenza tecnica e una scheda grafica sufficientemente potente di creare un deepfake. Le aziende editoriali del futuro dovranno diventare anche aziende tech.
Ora, facciamo anche noi un esperimento. Proviamo a immaginare le reazioni in Italia se la notizia della BBC avesse riguardato la RAI. Molti avrebbero gridato allo scandalo (“l’informazione di servizio pubblico lasciata ai robot”), altri avrebbero brindato alla tecnologia che rimpiazza la lottizzazione, altri avrebbero chiesto l’abolizione del canone, visto che l’azienda pubblica ha più di 1700 giornalisti, una decina di testate giornalistiche e, con la TgR, “la redazione più grande d’Europa”. Numeri dai quali partì il tentativo abortito di riorganizzazione dell’informazione RAI progettato da Carlo Verdelli, l’attuale direttore della Repubblica, che al tema ha dedicato anche un libro (“Roma non perdona). In quel libro Verdelli ricordava che la BBC è il primo sito di news in Gran Bretagna, mentre quello di Rainews nell’ultima classifica Audiweb è al 32esimo posto. Oggi della riforma dell’informazione RAI non parla più nessuno. Speriamo nei robot.




Marketing emozionale in sanità: scopriamo come utilizzarlo

Marketing emozionale in sanità: scopriamo come utilizzarlo

L’assistenza sanitaria è radicata nella scienza e il Marketing emozionale ne è la riprova. Dati e statistiche sono vitali per lo sviluppo di farmaci, per il trattamento di pazienti e persino per il marketing di successo.

Detto questo, per il consumatore sanitario, i fatti razionali basati sull’evidenza sono spesso secondari. La salute è un argomento pieno di emozioni. Spesso, questa emozione è ad un livello estremo, come per le persone che hanno a che fare con una diagnosi difficile o che stanno lottando per prendere decisioni terapeutiche o per sentirsi sopraffatte dagli oneri finanziari legati alla malattia. Il Marketing emozionale nell’assistenza sanitaria è un modo efficace di impegnarsi perché attinge all’emozione che è già così presente per il consumatore sanitario.

Perché il marketing emozionale è efficace

La ricerca dimostra che la pubblicità che combina fatti ed emozioni tende ad avere più successo perché le campagne emozionali possono aiutare a creare un senso di differenziazione duratura per il marchio. Gli sforzi di marketing che combinano il razionale e l’emotivo sono coinvolgenti e promuovono una sensazione di connessione tra il consumatore sanitario e il marchio.
Ma perché esattamente le campagne emotive sono così efficaci? Una connessione emotiva porta all’impegno affettivo, secondo la ricerca di Elyria Kemp dell’Università di New Orleans. Quando c’è un impegno affettivo, “i consumatori possono venire a identificarsi con il marchio del fornitore di assistenza sanitaria e viene creata una connessione auto-brand”.
Il Marketing emozionale nel settore sanitario funziona perché è autentico ed empatico. La spiegazione si trova con il neurotrasmettitore dopamina. La dopamina è scatenata da entrambe le emozioni positive e negative, secondo una recente ricerca dell’Università del Michigan. La ricercatrice Ann Graybiel del MIT McGovern Institute (Massachusetts Institute of Technology ) ha condotto a tal proposito uno studio sul processo decisionale emotivo che è stato in grado di identificare i circuiti neurali coinvolti nell’elaborazione delle emozioni e nel prendere decisioni.

Nello specifico, un sistema alimentato con la dopamina chiamato bouquet striosome-dendron gioca un ruolo chiave nel processo decisionale. Quando il marketer vuole influenzare il processo decisionale, vale la pena considerare questo ciclo di feedback sull’ormone in oggetto.

Il Marketing emozionale è vantaggioso per il paziente sanitario?

Mentre il marketing emozionale ha chiari vantaggi per le aziende sanitarie, che dire dei pazienti? C’è un valore per il consumatore sanitario? Il dottor Yael Schenker, un medico dell’Università di Pittsburgh, non è così sicuro. Nella sua ricerca, ha analizzato oltre 500 annunci pubblicitari e televisivi legati al cancro e ha scoperto che la maggior parte faceva affidamento su appelli emotivi, principalmente evocando speranza e/o paura.
L’85% delle pubblicità mostrava appelli emotivi, con il 61% che evoca speranza e il 30% che evoca paura. Schenker ha dichiarato al New York Times che la sua ricerca “smentisce l’idea che la pubblicità consente ai pazienti di fare scelte migliori”. Il NYT si basa sull’argomento di Schenker e fa una forte argomentazione sui pericoli del Marketing emozionale. Mentre la spesa per gli annunci sanitari continua ad aumentare, questa preoccupazione continua ad acquisire rilevanza.
Quando l’emozione viene utilizzata per nascondere o distrarre da fatti rilevanti, compresi il prezzo e i rischi, il paziente può essere danneggiato. Non solo la paura e le emozioni simili sono potenzialmente dannose per il paziente, ma si scopre che possono essere demotivanti e non produrre comunque l’effetto desiderato per il Marketing Sanitario.
Al contrario una ricerca pubblicata sulla rivista American Marketing Association ha scoperto che l’attivazione di un’emozione positiva favorisce l’elaborazione di informazioni sulla salute, mentre l’attivazione di un’emozione negativa ne ostacola il trattamento. Emozioni positive come speranza, pace, umorismo, ispirazione, interesse, gioia e gratitudine possono essere efficacemente utilizzate nelle campagne di Marketing Sanitario.
In Texas la Solis Women’s Health ha scoperto che l’utilizzo della paura nelle campagne di prevenzione mammografica ha scatenato prima ansia nelle donne coinvolte, fino a procrastinare gli appuntamenti e i controlli di routine. Passando invece ad una campagna di marketing legata ad emozioni positive, hanno però visto una crescita di oltre il +10% in un solo anno.

Le emozioni come motore del Marketing Sanitario

Un ottimo modo per incorporare emozioni autentiche nel marketing è usare contenuti generati da pazienti reali. La ricerca ha dimostrato che i pazienti si fidano delle esperienze di pazienti con patologie o storie cliniche simili più di altre forme di media. Il contenuto emotivo intrinsecamente autentico potrebbe spiegare perché è così.
Vediamo insieme alcuni esempi di campagne di successo che utilizzano il Marketing emozionale in ambito sanitario:
Philips: Choth Breathless
Philips ha creato un video che racconta come ha utilizzato la narrazione emotiva per promuovere il suo mini concentratore di ossigeno portatile. Il video del Breathless Choir ha raccontato una serie di storie di pazienti reali, persone con varie difficoltà respiratorie, come la fibrosi cistica e la BPCO.
Questi pazienti si sono riuniti per imparare a cantare e l’esibizione finale evoca sentimenti positivi come speranza e gioia. Più di 15 milioni di persone hanno guardato il video online, commentando e ricondividendolo su altre piattaforme. Il video ha addirittura vinto il Gran Premio Pharma Lions al Festival Internazionale della Creatività 2016 di Cannes.
Vale la pena aggiungere che il video non ha nulla a che vedere con i classici annunci di vendita, in realtà il prodotto non è nemmeno menzionato, anche se è visibile. Secondo Philips, le entrate per i dispositivi sono aumentate del +14% nel trimestre successivo il lancio della campagna.

GlaxoSmithKline’s Theraflu: “What Powers You?”

Nella serie di annunci per il loro trattamento Theraflu popolare per raffreddore e influenza, GlaxoSmithKline mostra il potere di andare oltre il marchio. Raccontando le storie ispiratrici di persone reali nella campagna “What Powers You?”, GlaxoSmithKline attinge a una serie di emozioni positive. Il prodotto reale è secondario alla campagna.
Il filo ispiratore di tutte i video è sempre lo stesso: alcune persone hanno bisogno di aiutare gli altri. Non importa cosa li guidi ma non lasceranno nemmeno l’influenza e la malattia ad ostacolarli. Ecco perché Theraflu celebra con orgoglio il fuoco interiore  – potere personale – che spinge le persone ad andare oltre ciò che ci si aspetta.

Conclusioni

Uno dei modi migliori per incorporare le emozioni nella tua Strategia di Marketing è usare la narrazione. Questa è la differenza tra una testimonianza diretta, coinvolgente, e una semplice vendita di prodotto: la prima ha molte più probabilità di creare una risposta emotiva e una sensazione di connessione.

Lo storytelling nel marketing consiste nel dipingere un’immagine vivida, piuttosto che elencare semplicemente un flusso di fatti. I fatti dovrebbero essere inclusi per essere etici e più efficaci, ma non devono essere l’obiettivo principale.

Il Marketing emozionale nel settore sanitario può essere di grande beneficio sia per il consumatore sanitario che per l’azienda sanitaria, ma esiste un modo giusto e un modo sbagliato per affrontarlo. Quando si tocca l’emozione nel marketing, dovrebbe sempre essere fatto in un modo incentrato sul paziente piuttosto che con l’obiettivo di fuorviare o di distrarlo.
Per ottenere i migliori risultati, assicurati di bilanciare l’emotivo e il razionale e cerca di concentrarti sulle emozioni positive. Come stai usando le emozioni nelle tue campagne di marketing?