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Contrordine, l’albero di Natale vero è meglio di quello di plastica

Contrordine, l'albero di Natale vero è meglio di quello di plastica

Per quelli artificiali, pesano molto il trasporto e lo smaltimento come rifiuti. A meno che non vengano riusati da un anno all’altro. In molte case e piazze d’Italia si scelgono abeti naturali, ma certificati e provenienti da boschi vicini. Consigli su cosa fare dopo le feste

Scegliere un albero vero per le feste di Natale è un comportamento più sostenibile rispetto all’acquisto di uno in plastica. Ad affermarlo è il Pefc Italia, l’ente normatore della certificazione della buona gestione del patrimonio forestale. Le emissioni di produzione e smaltimento di un albero in plastica sono infatti pari a 4 volte quelle di un albero vero e ad incidere maggiormente è il trasporto. E’ importante dunque acquistare alberi che provengano da una filiera corta e locale.

Senza contare che gli alberi finti derivano dal petrolio e devono essere smaltiti come rifiuti speciali. Secondo uno studio di Coldiretti, i cinque milioni di abeti in plastica che vengono in media acquistati ogni anno emettono gli stessi gas di sei milioni di chilometri percorsi in macchina. “Scegliere un abete vero per il periodo natalizio significa mettere in casa una creatura vivente che respira, assorbe anidride carbonica e rilascia ossigeno e olii essenziali che purificano l’abitazione”, dichiara Maria Cristina d’Orlando, presidente del Pefc Italia. “E soprattutto, significa sostenere le comunità locali, le aree interne del nostro paese, creando una relazione positiva fra città e montagna e prendendo le distanze da sistemi produttivi lontani da noi e incompatibili con l’ambiente”. La provenienza dell’albero di Natale è importante: infatti più è vicino il luogo di coltivazione o il bosco dal quale è stato prelevato, minore sarà l’impatto sull’ambiente per il trasporto.

L’ORIGINE DEGLI ALBERI

Gli abeti italiani disponibili sul mercato natalizio derivano per il 90% da coltivazioni specializzate gestite da oltre mille piccole aziende agricole italiane. Il restante 10% (i cosiddetti cimali o punte d’abete), può derivare da normali pratiche di gestione forestale che prevedono interventi di diradamento indispensabili per far sviluppare meglio le foreste o di pulizia dopo eventi meteorici estremi (come accadde un anno fa, con la tempesta di vento Vaia). Altro elemento decisivo nella scelta dell’albero di Natale è la certificazione che garantisce la massima trasparenza in termini di tracciabilità, legalità, e rispetto dell’ambiente. Garanzia di queste caratteristiche è il logo Pefc che è lo schema più diffuso in Italia e nel mondo per la certificazione della gestione forestale sostenibile.

NELLE PIAZZE ITALIANE

Quest’anno, dal Vaticano a Finale Emilia, sono tanti gli alberi di Natale certificati che abbelliscono le città. A dare l’esempio, tra gli altri, Piazza San Pietro, il Quirinale, la Camera dei deputati e il ministero delle Politiche Agricole e Forestali che festeggeranno il Natale in maniera sostenibile e certificata: hanno infatti scelto di abbellirsi con alberi di Natale provenienti da boschi e foreste certificati Pefc. In particolare, l’albero del Vaticano arriva quest’anno dall’Altopiano di Asiago: alto 26 metri e pesante 52 quintali, con diametro di 70 centimetri alla base è stato donato insieme a una ventina di alberi più piccoli dal Consorzio di usi civici di Rotzo-Pedescala e San Pietro in provincia di Vicenza. “L’albero proviene da un bosco certificato Pefc, scelto in modo da diradare e garantire la continuità e l’equilibrio del bosco. Proviene dalle operazioni di sistemazione di una zona colpita lo scorso anno dalla Tempesta Vaia”, spiega Antonio Brunori, segretario generale Pefc Italia. Due abeti rossi della zona del Pian del Cansiglio (Bl-Tv) certificata Pefc saranno invece protagonisti del Natale della cittadina emiliana di Finale Emilia (Mo).

E NELLE CASE

L’albero naturale di Natale trova spazio quest’anno nelle case di 3,5 milioni di famiglie per una spesa media di 42 euro, come conseguenza della tendenza dei consumatori ad acquistare degli abeti di varietà particolari, ma anche più costose rispetto al tradizionale abete rosso. È quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè. “L’albero di Natale è irrinunciabile per l’88% delle famiglie italiane anche se – sottolinea Coldiretti – la maggioranza degli italiani (55%) sceglie ancora l’albero sintetico recuperato dalla cantina” (in questo caso i problemi di smaltimento e inquinamento ovviamente non esistono). “L’albero vero tende a rimpicciolirsi non solo per questioni economiche ma anche – continua la Coldiretti – per la facilità di trasporto e del minor numero di metri quadrati disponibili per abitazione. Il risultato – precisa la Coldiretti – è che negli ultimi quindici anni la dimensione l’albero di Natale si è accorciato in media di quasi mezzo metro ed oggi la maggioranza degli abeti acquistati dagli italiani hanno una altezza inferiore al metro e mezzo. In molti casi non superano neanche il metro”. Oltre che per l’altezza, prosegue Coldiretti, “i prezzi variano a seconda delle varietà. Gli abeti più piccoli che non superano il metro e mezzo saranno venduti anche quest’anno a prezzi variabili tra i 10 e i 60 euro a seconda della misura, della presenza delle radici ed eventualmente del vaso, mentre per le piante di taglia oltre i due metri il prezzo sale anche a 200 euro per varietà particolari”.

COSA FARE DOPO LE FESTE

Passate le feste, gli alberi recisi e quelli in vaso che non si vogliono mantenere per gli anni successivi, dovranno poi essere smaltiti in modo corretto, portandoli nelle isole ecologiche: in questo modo saranno trasformati in compost utile alla crescita di nuove piante. Ripiantare gli alberi dei vasi in bosco potrebbe non essere, invece, la scelta migliore. Collocarli in boschi significa creare potenziali problemi ecologici (l’abete non fa parte dei boschi naturali di pianura/collina) e di inquinamento genetico (non possiamo conoscere il patrimonio o le malattie dell’albero). Meglio quindi scegliere, ove possibile, il proprio giardino di casa; ma attenzione, le piante sempreverdi hanno radici molto superficiali e quindi potrebbero diventare un pericolo se crescessero troppo in alto.




Xilitolo, un’alternativa ecosostenibile allo zucchero

Mater artium necessitatis, letteralmente ‘’la necessità è la madre delle abilità’’ dicevano i latini. E se il detto è stato tramandato fino a noi è perché vi è un fondo di verità. è il caso di Javier Larragoiti, giovane chimico che ha dedicato la sua vita a trovare un’alternativa allo zucchero per aiutare il padre diabetico

Nonostante le motivazioni personali del giovane, che a 18 anni si è dedicato alla chimica, questa innovazione appare molto promettente per l’ambiente in quanto il Messico è uno dei paesi più inquinati e la maggior parte dell’inquinamento deriva dalla combustione dei rifiuti agricoli. Il diabete – inoltre – colpisce il 40% della popolazione messicana.

Javier, visitando una fattoria, si accorse di quanti scarti di mais venivano prodotti. Decise quindi di studiare una tecnica che permettesse di estrarre lo xilitolo, un dolcificante adatto ai diabetici e che contiene meno calorie dello zucchero, dal mais. Nel mais infatti è presente in abbondanza lo xilosio, dal quale si produce lo xilitolo.

Lo xilitolo è usato come dolcificante alimentare già dagli anni ’50 ma l’approccio di Larragoiti è nuovo. Finora infatti lo xilitolo veniva estratto dagli alberi di betulla, con un processo molto costoso mentre ora, per la prima volta, la sostanza viene estratta dagli scarti del mais, una materia prima economica che non richiede alcuna lavorazione aggiuntiva

Larragoiti ha ingegnerizzato un processo chimico innovativo per produrre xilitolo. Questo processo, che permette di sostenere costi inferiori del 50% rispetto l’estrazione di xilitolo dalla betulla, consiste nella fermentazione di una varietà locale di lievito ad alte prestazioni a soli 30° e in normali condizioni di pressione atmosferica. Questo processo non solo produce xilitolo, ma anche sottoprodotti riutilizzabili, come cellulosa e lignina, che possono essere utilizzati per rigenerare il 50% dell’energia consumata dal processo stesso.

Questa scoperta ha subito attirato l’attenzione di studiosi e investitori. Il direttore del programma di studi post-laurea presso la Biotechnology and Food Products School del Monterrey Institute of Technology and Higher Education (Messico), Jorge Welti, ha dichiarato che “il metodo di produzione e le materie prime impiegate sono innovative, attraverso l’applicazione di un processo biotecnologico che ha reso più ecologico, sostenibile e rispettoso dell’ambiente”.  Insieme ad altri quattro investitori Larragoiti ha fondato la società XiliNat e creato un impianto pilota iniziale per il debug e il perfezionamento del processo. Parallelamente all’assunzione di nuovi investitori, il giovane sta creando impianti di estrazione di xilitolo vicino a importanti centri agricoli, dove i produttori possono offrire il massimo beneficio. Mentre gli sforzi di Larragoiti si concentrano sullo sviluppo commerciale dello xilitolo, altri gruppi di ricerca stanno anche studiando nuovi usi per il resto dei prodotti di scarto generati dal processo.




Real estate americano sempre più accessibile grazie ad aziende innovative

A seguito della crisi del 2008 il valore degli immobili americani è drasticamente crollato. Oggi invece negli USA, il real estate si è riconfermato essere un ottimo investimento, tanto che gli investimenti immobiliari in alcune zone degli Stati Uniti hanno un rendimento a doppia cifra. Se da una parte la prospettiva di un guadagno simile può rilevarsi appetitosa d’altro canto è richiesto un investimento iniziale rilevante, che non tutti possono permettersi, e per gli operatori europei si aggiungono tutti quei costi informativi e tecnici necessari per chiudere i contratti. Infatti, la complessità e la burocrazia dietro il trasferimento internazionale di capitali nel sistema bancario ostacolano l’investitore estero nell’acquisto di proprietà americane.

A semplificare questo contesto è intervenuto RealToken. L’azienda facilita l’investimento negli immobili situati negli Stati Uniti utilizzando una proprietà tokenizzata e frazionata. Con il semplice acquisto di un token online quindi si può acquistare una parte dell’immobile che ci interessa e ricevere un rendimento annuo fisso prestabilito in fase contrattuale che si aggira tra il 9% e il 14%.

Modello di business di realtoken

In quanto è impossibile, ad oggi, tokenizzare gli immobili, il modello di business di realtoken prevede che si crei una società di gestione per ogni immobile la quale si occupa di riscuotere gli affitti e gestire le riparazioni. A essere tokenizzate saranno quindi queste società, che possiamo chiamare figlie, il cui unico asset è la proprietà di riferimento. Ciascuna società avrà un numero finito di token che rappresentano una parte della proprietà dell’immobile. Sulla base della quota di token, i proprietari possono raccogliere entrate dell’affitto. Non è realistico immaginare che diverse persone in tutto il mondo possano coordinare le decisioni sulla gestione della proprietà, esse rimangono quindi in capo società di gestione, la quale richiede un coinvolgimento minimo necessario ai proprietari di RealToken. Idealmente ai proprietari di RealToken non verrà mai chiesto nulla di significativo nella gestione dell’immobile

Un caso
pratico

Ad esempio un immobile residenziale a Detroit sulla Fllerton Avenue, di 1337 metri quadri, con inquilini che pagano 99.600 dollari l’anno di affitto, rende il 12,5% annuo netto e il prezzo minimo, cioè il prezzo unitario di un token che rappresenta una frazione della proprietà è di 161,84 dollari. Questo modello può anche andare a favore degli stessi affittuari. Se un inquilino si trova ad affittare una proprietà RealT, ha la possibilità di acquistare i RealTokens per la proprietà. Mentre l’acquisto di tutti i RealTokens potrebbe essere al di fuori dei mezzi dell’inquilino, il frazionamento della proprietà gli consente di acquistarne un numero più ragionevole. Da quando acquista i RealTokens, l’inquilino sta effettivamente pagando l’affitto a se stesso. Se l’inquilino riesce a permettersi ⅓ di una casa, può acquistare i diritti di ⅓ dell’affitto che sta pagando. Attraverso l’acquisto di ⅓ RealTokens, sta effettivamente riducendo il loro affitto di ⅓. La riduzione del loro costo della vita può aiutare a consentire l’acquisto di RealTokens futuri.




Ancora sul Greenwashing: il caso Coca-Cola Life

https://www.techeconomy2030.it/2019/11/04/coca-cola-life-greenwashing/

Quanti modi ci sono per fare Greenwashing? Come tutte le strategie di marketing, anche questa può essere applicata e declinata in diversi modi in base all’obiettivo che si vuole raggiungere.

E se Volkswagen ha pubblicizzato in lungo e in largo il proprio interesse per i desideri del proprio pubblico, mentre Ben & Jerry’s si è schierata in difesa della barriera corallina australiana guadagnandosi una bella vetrina di visibilità positiva, c’è anche chi decide di dare letteralmente una mano di verde al proprio brand.

Ne è un caso celebre una delle ultime nate in casa Coca-Cola: Coca-Cola Life.

Foto via: coca-colaitalia.it

Il caso Coca-Cola Life non è certo recente, ma è un ottimo esempio di Greenwashing, nel senso più letterale del termine: lanciata principalmente in alcuni Paesi europei e dell’America Latina tra il 2013 e il 2016 – Coca-Cola Life si proponeva come una bibita a basso contenuto calorico grazie alla presenza della stevia utilizzata come dolcificante al posto dello zucchero. Una bevanda che veniva presentata come un prodotto “sano” e che voleva legare l’inconfondibile brand Coca-Cola ai concetti di benessere e salutismo.

A rimarcare il concetto c’era poi l’etichetta color verde – invece del classico rosso – a voler suggerire e rafforzare le idee di “naturale ” e “sostenibile”. Insomma, una bella “mano di verde” su uno dei brand universalmente più controversi del mondo dell’industria alimentare, nonché uno dei prodotti più “sotto accusa” quando si parla di cattiva alimentazione e di uno stile di vita poco sano.

Ma, come sappiamo, Coca-Cola Life ha avuto vita breve: entro la fine del 2017 il prodotto ha subito un profondo re-branding adottando un lungo e complesso Coca-Cola Zero Calorie anche con estratto di stevia, eliminando la dicitura “Life” e modificando anche l’etichetta che, tuttavia, ha mantenuto in parte il colore verde.

L’operazione GreenWashing di Coca-Cola ha funzionato fino a un certo punto: da una parte, infatti, i consumatori in cerca di un prodotto con un minor apporto calorico erano già stati “soddisfatti” dalle esistenti versioni di Coca-Cola Zero e Light. Dall’altra, invece, un’etichetta verde e l’utilizzo dolcificante di origine naturale non sono stati sufficienti a cambiare la percezione del brand agli occhi dei suoi detrattori che, invece, hanno colto l’occasione per sottolineare come il nuovo prodotto non fosse in realtà così salutare come promesso.

Lesson Learned: Cercare di cambiare la reputazione di un brand storicamente considerato “poco green” dal pubblico è un percorso lungo e complesso che non può essere affidato a una semplice operazione di marketing. Anzi: pensare di “cavarsela” con il lancio di un nuovo prodotto potrebbe rivelarsi un buco nell’acqua per l’intero brand. 




IGPDecaux presenta la campagna Segnali d’Italia Milano

IGPDecaux presenta la campagna Segnali d’Italia Milano

Dare risalto alle persone, ai mestieri, ai luoghi che meritano di essere conosciuti, valorizzati e presi ad esempio, a quelle storie che hanno fatto del bene comune il loro impegno quotidiano. Questo l’obiettivo di Segnali d’Italia Milano, la Campagna ideata e promossa da IGPDecaux che arriva ora a Milano, dopo il successo dell’edizione 2018 che ha visto come protagoniste le città di Parma e Napoli.
Realizzata da IGPDecaux, in media partnership con Corriere della Sera, in main partnership con Edison e Viacom International Media Networks Italia con il suo brand MTV, in collaborazione con Fondazione Italiana Accenture e Fondazione Sodalitas, Segnali d’Italia Milano sarà presente sui circuiti Out of Home di IGPDecaux in tutta la città, dal 20 dicembre 2019 e fino ai primi giorni di febbraio 2020.

La Campagna, presentata durante l’incontro di mercoledì 27 novembre, alle ore 12.30, presso la Sala Azionisti Edison (Foro Bonaparte 31), si è svolta alla presenza di Roberta Guaineri, Assessora a Turismo, Sport e Qualità della vita, Claudio Bertona, Project Leader di Segnali d’Italia, Cristina Parenti, Senior Vice President Communications and External Relations di Edison, Chiara Giacoletto Papas, Senior Director Pr & Communication di Viacom International Media Networks Italia, Valentina Pellegrini, CdA di Fondazione Ernesto Pellegrini ONLUS, Camilla Archi e Luca Bolognesi della startup Bella Dentro e Giangiacomo Schiavi, giornalista di Corriere della Sera e moderatore dell’incontro.

Undici le storie individuate da IGPDecaux, Corriere Milano e Buone Notizie – l’impresa del bene per raccontare l’impegno della città e dei suoi cittadini nel contribuire a migliorare la vita sociale e culturale della metropoli. Storie esemplificative di realtà spesso poco conosciute, di persone, artigiani, associazioni e imprese che sono riuscite a creare qualcosa di nuovo e socialmente utile, puntando sulla creatività e sul recupero di spazi inutilizzati, valorizzando il patrimonio esistente, dando così vita ad un circolo virtuoso di nuovo sviluppo, occupazione e interazione. Come quella dell’azienda agricola Cascina Campazzo, nel Parco Ticinello, un’oasi verde che ha combattuto oltre 40 anni per realizzare un progetto di integrazione territoriale tra agricoltura e città, riuscendo a far comprendere alle istituzioni quanto le aree agricole abbiano tutt’oggi una funzione e un valore sociale. Ma anche del Gruppo L’Impronta, non profit presente nel quartiere Gratosoglio a sud di Milano, che grazie al suo team di 150 persone, offre luoghi di accoglienza, attività educative e di formazione ad oltre 500 persone fragili e con disabilità; il Gallab, nato da un’ex falegnameria nel quartiere Gallaratese che ha dato vita ad un luogo dove coltivare una passione, imparare un mestiere, valorizzare il dialogo intergenerazionale creando nuove forme di aggregazione e propulsione sociale.

A partire dal 20 dicembre e per tutta la durata della Campagna, le pagine di Buone Notizie e Corriere Milano del Corriere della Sera daranno spazio, di settimana in settimana, a ciascuna delle storie raccontate.
Ma Segnali d’Italia Milano, quest’anno si arricchisce di un ulteriore elemento: il progetto sarà anche il mezzo per invitare il mondo del terzo settore milanese – associazioni non profit, imprese sociali e comitati cittadini – a presentare progetti di interesse collettivo e partecipare al Bando SEGNALI D’ITALIA CHIAMA MILANO: una Giuria composta da esperti e dai partner della Campagna, selezionerà i due progetti più meritevoli, per idea, efficacia, fattibilità e realizzazione, assegnando a ciascuno un premio in denaro, da utilizzare per l’implementazione dell’attività o per la sua comunicazione.

Quindicimila euro a ciascuno dei due progetti selezionati verranno assegnati da Edison partner della Campagna e da Viacom International Media Networks Italia con il suo brand MTV che focalizzerà l’attenzione sul progetto che si è distinto per aver saputo coniugare al meglio i temi di rigenerazione urbana e street art.  IGPDecaux invece destinerà quindicimila euro in spazi pubblicitari a ciascuno dei due progetti vincitori.

Dal 20 dicembre sarà possibile accedere alla piattaforma digitale ideatre60 di Fondazione Italiana Accenture e compilare il form del bando, oppure accedere ad essa tramite il sito www.segnaliditalia.it per iscrivere il proprio progetto e partecipare a SEGNALI D’ITALIA CHIAMA MILANO: c’è tempo fino al 28 febbraio 2020.
Inoltre, l’iniziativa sarà supportata da un’attività social e web incentrata sull’hashtag #segnaliditalia declinata sui canali IGPDecaux dal 20 dicembre al 29 febbraio 2020.

“La nostra radicata presenza nelle città e di conseguenza la profonda conoscenza delle stesse ci hanno portato a credere che l’Italia sia ricca di peculiarità ed eccellenze locali da scoprire e valorizzare e di cui essere orgogliosi. Per questo abbiamo promosso la Campagna Segnali d’Italia – afferma Fabrizio du Chène de Vère, Amministratore Delegato di IGPDecaux. Crediamo che l’Out of Home sia il mezzo più efficace per valorizzare lo spazio urbano come luogo di comunicazione, in grado di parlare alla gente proprio perché presente tra la gente, accompagnandola ogni giorno nei suoi spostamenti cittadini. Proprio per questo abbiamo scelto di proporre il progetto qui a Milano per invitare il mondo del terzo settore milanese a dare voce al proprio impegno”.

La Campagna Segnali d’Italia Milano è realizzata in media partnership con Corriere della Sera. Main partner sono Edison e Viacom International Media Networks Italia con il suo brand MTV. Collaborano al progetto Fondazione Italiana Accenture e Fondazione Sodalitas.

Advisor della comunicazione è The Round Table, la creatività è di Cookies & Partners, i fotografi sono Stefano Guindani e Giacomo Maestri.