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20 piccole cose che possiamo imparare dal Catalogo IKEA 2019

20 piccole cose che possiamo imparare dal Catalogo IKEA 2019

Aspettando il catalogo IKEA 2020, ho recuperato un pezzo scritto qualche tempo fa.

Ho iniziato a leggere il catalogo IKEA negli ultimi anni, e mai ne ho letto uno così bello come quello del 2019. Una scrittura agile, godibile, così reale e concreta. Racconta la nostra vita quotidiana, e lo fa con grande naturalezza. Non c’è una sbavatura, non una forzatura: una lettura che vale più di qualsiasi manuale di copywriting, una guida etnografica su come sono cambiati i nostri spazi casalinghi.

1. Addio suddivisioni per cucina, zona giorno, camera da letto, bambini, bagni e ufficio. Il nuovo format è molto semplice: hanno pensato a sette case, dal monolocale minuscolo all’appartamento ecosostenibile. E ci fanno entrare a scoprirle come se fossimo graditi ospiti.

2. I testi ci parlano non dei mobili o degli oggetti, ma di cosa possiamo fare con loro intorno. L’isola in cucina è il punto di incontro per chiacchierare mentre si è ai fornelli, ed è così piacevole questo ambiente che è impossibile rimanere a corto di argomenti. Le parole ci proiettano nelle situazioni più comuni e quotidiane, ci ricordano quanto sia importante apprezzare i piccoli momenti.

3. E ancora, l’accogliente divano al centro regala a mamma e figlia irrinunciabili momenti tutti per loro. I mobili IKEA sono complici delle nostre relazioni famigliari, sono compagni del giorno e della notte, ci affezioniamo a loro perché diventano custodi della nostra tranquillità. È la nostra personalità che li trasforma, non il contrario: non sono più gli oggetti che ci definiscono, ma noi che definiamo loro.

4. Ci racconta qualcosa che non vediamo. Il testo non è didascalico, ma va oltre. Ci parla di qualcosa che è nascosto e non ce lo mostra, giustamente. Ce lo fa immaginare con una descrizione esatta, precisa e allo stesso tempo ammiccante.

5. Accettare che la casa non sia “deliberatamente finita” ci porta a vivere meglio e più serenamente la vita quotidiana. Così in casa, come nella vita. Dobbiamo accettare che è tutto in trasformazione, in cambiamento, in miglioramento. È un divenire che deve divertirci, non metterci ansia. Sono testi che ci aiutano a capire che la flessibilità aiuta a vivere meglio. La casa è viva, e cresce con noi.

6. I bambini! Nel catalogo ci sono tantissimi bambini, anche di poche settimane. Sono loro le persone più preziose al mondo, dalla nascita al momento in cui metteranno tutto in discussione.

7. Un unico spazio, una soluzione per tutti. Ogni componente della famiglia ha una propria esigenza, di spazio e di tempo, e questo IKEA lo sa bene. Convivere significa lasciare la libertà a ciascuno di essere se stessi, senza compromessi o malumori, il ché a volte passa da spazi condividi, altre volte da spazi personali. Non ci sono scuse per non andare d’amore e d’accordo.

8. Spesso associamo IKEA al minimalismo: linee simmetriche, pochi pezzi giusti, funzionalità. Qualcosa, in questo catalogo, cambia. Lo noterete subito, sfogliandolo. Sono tutte case vissute, a volte disordinate, sicuramente non da museo. Sono rappresentate così come potremmo trovarle andando a trovare un amico senza tanto preavviso e cerimonie. Tra i mobili in vendita, ci sono oggetti, ricordi, sogni.

9. Una postilla sul sonno. Mica si parla di quanto sia figo il nuovo materasso a molle, no no. Si parla di quanto sia diventato un lusso raro e prezioso dormire bene. Sedici ore dopo il consueto risveglio è il momento giusto per andare a dormire. Inizia a rallentare un paio d’ore prima, evitando di lavorare e di stare davanti agli schermi. Il testo è un inno al sonno e al benessere. Chapeau.

10. Questo catalogo è anche un buon testo di educazione civica. Perché anche i bambini possano contribuire alla racconta differenziata.

11. Mettersi comodi ad ascoltare i racconti dei tuoi bambini. Come, in una breve passaggio, sia possibile racchiudere tanta poesia e dolcezza. Ve lo state immaginando, quel momento? E non è forse un’immagine stupenda quella che si crea nella mente di noi lettori?

12. I romanzi gialli in alto. Non libri. Romanzi in giallo. Il testo è specifico, autentico. Disinvolto. Genuino.

13. IKEA prende posizione. E la prende in uno dei passaggio più belli del catalogo. A pagina 63 ci parla di questa generazione nata da pochi anni: “una generazione che non crede nei muri, comunque”. Trump, ci sei? Più sotto, continua: “un giorno ricorderà con tenerezza i momenti in cui aveva paura dei mostri sotto il letto. Ma nel frattempo, i suoi amici peluche e una rassicurante lampada possono aiutare a vincere la paura di dormire da soli“.

14. Siamo noi, eccoci. Davanti alla televisione. Stravaccati sul divano. Davanti alla televisione e stravaccati sul divano con il cellulare in mano.

15. I dettagli, i dettagli prima di tutto. Uno spazio lo racconto dal micro al macro, dal cappello a cilindro comprato al mercatino delle pulci all’appendiabito IKEA. E sono proprio i dettagli che ci parlano di chi abita la casa; ci facciamo una chiara idea di chi sono, cosa amano, come vivono.

16. Nella botte piccola c’è il buon vino. Qualsiasi sia la superficie della vostra casa, chissenefrega, perché da IKEA l’unica misura che conta è il metro cubo. Si ribalta la percezione, un po’ come Esselunga con i suoi prezzi corti, anziché bassi.

17. Non ci sono solo famiglie bellissime, creativi con i capelli lunghi e cani (tanti cani). Ci sono anche le signore più anziane (ed estrose). Ed è davvero divertente notare questa trasversalità, che abbraccia tutti, senza alcuna distinzione, come è giusto che sia. Ah, il buon senso.

18. Nostalgia canaglia. Ci sono grandi ritorni quest’anno, perché non tutto ciò che è del passato è da buttare. Alcuni pezzi tornano dopo decine e decine di anni, come la poltrona qui sotto testata e approvata per la vita moderna.

19. Il mondo nascosto degli adolescenti. Che rivendicano la loro identità, proteggono la loro privacy, e non rinunciano ad aprire le porte agli amici del cuore.

20. La Settimana Enigmistica. Venti orizzontale, cinque lettere: BRAVI.




Sostenibilità. Aeroporti europei: accordo per zero emissioni entro il 2050

Sostenibilità. Aeroporti europei: accordo per zero emissioni entro il 2050

Zero Co2 entro il 2050. È il programma ambientalista messo in atto da Aci Europe, l’Associazione dei gestori aeroportuali europei, nel corso del 29° Congresso Annuale e Assemblea Generale tenutisi a Cipro, annunciando ufficialmente la Risoluzione NetZero2050, con cui appunto l’industria aeroportuale europea si impegna a raggiungere un livello di emissioni nette di CO2 pari a zero, al più tardi entro il 2050. La risoluzione è stata sottoscritta, ad oggi, da 194 aeroporti di 24 Paesi europei, con il supporto anche di diverse Associazioni nazionali dei gestori aeroportuali europei. Sulla base degli attuali volumi di traffico negli aeroporti europei, si stima che questo impegno porterà ad eliminare, nel 2050, 3.46 milioni di tonnellate di emissioni annue di Co2.

Per l’Italia, la risoluzione, supportata direttamente anche da Assaeroporti – l’Associazione italiana dei gestori aeroportuali – ha già
visto l’adesione di: Adb (Aeroporto di Bologna), Adr (Aeroporti di Roma Fiumicino e Ciampino), Gesac (Aeroporto di Napoli), Gesap (Aeroporto di Palermo), Sacbo (Aeroporto di Milano Bergamo), Sagat (Aeroporto di Torino), Save (Aeroporto di Venezia) e Sea (Aeroporti di Milano Linate e Malpensa).

«Sono diversi infatti gli interventi già realizzati dai nostri aeroporti in tema di sostenibilità ambientale: è aumentato l’utilizzo di energia derivante da fonti rinnovabili – Valentina Lener di Assaeroporti – sono stati realizzati all’interno dei sedimi impianti fotovoltaici e centrali di cogenerazione o trigenerazione». Diversi aeroporti italiani, infatti, hanno già ottenuto la certificazione internazionale “Airport Carbon Accreditation” ed ora, con la sottoscrizione della risoluzione NetZero2050 «l’intero sistema aeroportuale – aggiunge -si pone un obiettivo ancor più sfidante come quello di raggiungere un livello di emissioni nette di Co2 pari a zero, al più tardi entro il 2050».




Eidoo sponsor di Diversity Media Awards 2019

Eidoo sponsor di Diversity Media Awards 2019

Eidoo è tra gli sponsor di Diversity Media Awards 2019, l’iniziativa ideata e promossa dalla no-profit Diversity fondata da Francesca Vecchioni.

Natale Ferrara, founder di Eidoo, ha spiegato così questa decisione:

“Le crypto sono nate per eliminare le diversità tra i popoli e le barriere territoriali e linguistiche, così abbiamo voluto sostenere questo evento perché in linea con gli obiettivi del settore delle criptovalute che, inoltre, grazie anche a Diversity potrebbe così diventare sempre più mainstream”.


Giunto alla quarta edizione, l’evento valorizza i temi della diversità nell’informazione e nell’intrattenimento anche grazie ad una collaborazione di Diversity con l’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca indipendente specializzato nell’analisi dei media.
Ha spiegato Vecchioni:

“Chi fa comunicazione ha una grandissima responsabilità perché contribuisce a costruire il nostro immaginario collettivo. Saper rappresentare e dar voce a tutte le persone serve a ridurre la distanza tra noi e gli altri ed è il presupposto essenziale per la crescita e il benessere di tutta la società. Una rappresentazione inclusiva, non solo rispetta la reale composizione sociale, ma fa emergere le differenze promuovendo la conoscenza e contribuendo così a ridurre i pregiudizi”. 

Insieme a Eidoo sono partner e sponsor di questa edizione di Diversity Media Awards anche Google, Carrefour, Jack Daniel’s, Lierac, YAM 112003, Esther Burton e Carpeneta.
I Diversity Media Awards 2019 saranno consegnati nel corso di uno show che si terrà il prossimo 28 maggio a Milano presso l’Alcatraz. L’evento sarà condotto dallo showman RAI Fabio Canino, anche direttore artistico, e Melissa Greta Marchetto.
Come ha spiegato Thomas Bertani, CEO di Eidoo,

“Abbiamo deciso di aderire immediatamente alla richiesta di sostegno di Diversity: la diversità è un valore assoluto e prezioso sia in natura che nel mondo della tecnologia, un settore fortemente competitivo dove i fattori di differenziazione diventano elementi sostanziali per vincere queste sfide: i Diversity Media Awards sono a nostro avviso un contesto straordinario per ribadire con forza questi concetti”.




Le iniziative dei brand per i Gay Pride 2019 hanno avuto un solo leit motiv: celebrare l'inclusione

Le iniziative dei brand per i Gay Pride 2019 hanno avuto un solo leit motiv: celebrare l'inclusione

Quali sono state e qual è stato lo spirito delle iniziative dei brand per i Gay Pride 2019? Da H&M a Instagram, le trovate più creative.

Quasi il 75% degli acquisti della comunità LGTBQ+ sarebbe influenzato da quanto e in che modo le aziende si dimostrano sensibili al tema e ne supportano concretamente i membri. Un dato come questo spiega perché, nel tempo, si sia sviluppata una sorta di gay economy la cui manifestazione più evidente sono, forse, collezioni ed edizioni speciali pensate per occasioni come il giugno dei Pride (manifestazioni che ogni anno mettono sotto i riflettori i diritti di gay, lesbiche, trans, queer). Bastano, però, versioni arcobaleno dei propri prodotti cult perché le aziende possano dirsi davvero gay-friendly? Le iniziative dei brand per i Gay Pride 2019 sembrano suggerire qualcosa a proposito.

COSÌ IL MONDO DELLA MODA OMAGGIA DIRITTI E RIVENDICAZIONI DELLA COMMUNITY LGTBQ+

Sono stati soprattutto i brand di moda che hanno deciso di celebrare, quest’anno, i cinquant’anni dalle prime rivendicazioni della community LGTBQ+ al Green Village di New York. Non è certo casuale: se abiti e accessori sono sempre acquisti simbolici, la comunità omosessuale ha spesso fatto proprio della moda e dei suoi prodotti una chiara dichiarazione d’intenti, trovando in capi e nuance veri e propri elementi di riconoscimento. Da fast fashion e apparel ai brand di lusso, così, le iniziative dei brand per i Gay Pride 2019 hanno giocato proprio su questo piano. H&M, per esempio, ha reso disponibile online e in store per tutto il mese di giugno una capsule collection ispirata alla bandiera arcobaleno simbolo delle rivendicazioni LGTBQ: “Love for all” è il nome della collezione che comprende felpe, t-shirt e accessori unisex.

Anche Converse ha fatto un’operazione simile con “Show Your Pride”. Chiunque voglia comprare online o in negozio le iconiche Chuck Taylor ne troverà per tutto il mese versioni speciali, anche in questo caso ispirate alla bandiera arcobaleno della comunità LGTBQ+ che è finita dritta anche su magliette, cappellini, underwear del brand. Per la prima volta quest’anno, però, Converse ha reso omaggio soprattutto alla comunità trans scegliendo il rosa, l’azzurro e il bianco della sua bandiera per customizzare alcuni modelli della collezione ispirata ai Pride.

show your pride converse gay pride 2019

Parte della collezione che Converse ha dedicato ai Gay Pride 2019.

Tra gli altri brand sportivi, anche Adidas e Nike hanno rilasciato versioni speciali, con dettagli arcobaleno, dei propri prodotti di punta per celebrare quest’anniversario importante per la comunità gay: sono prodotti come le classiche Adilette, in vendita ora con una fascia arcobaleno, o le Air Max 720 che si colorano con sfumature dal rosso al rosa.

iniziative dei brand per i pride 2019 adidas

Le Adilette in versione arcobaleno fanno parte della collezione speciale dedicata da Adidas ai Pride 2019.

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Per celebrare i cinquant’anni delle rivendicazioni LGTBQ+, Nike ha lavorato con la Gilbert Baker Estate. Il risultato è la collezione 2019 BETRUE, di cui fanno parte anche una versione speciale delle Air Max 720 con tomaia dai colori della Pride Flag.

Sempre dal mondo della moda viene una collezione come quella di Diesel fatta di t-shirt, pantaloncini, giubbotti che non solo hanno dettagli in arcobaleno ma, soprattutto, rileggono in chiave Pride anche una delle tagline classiche del brand (per questa edizione limitata, infatti, la tradizionale scritta “Denim Division” è stata sostituita su alcuni capi proprio da “Pride“).

Anche Levi’s ha voluto omaggiare il giugno dei Pride con una collezione speciale che strizza l’occhio a una certa estetica degli anni Settanta.

Gap, invece, sembra aver puntato più su una campagna di comunicazione e su commercial dal forte impatto emotivo per celebrare il mese dei Pride che non su collezioni speciali o edizioni limitate dei propri prodotti: “Chosen Family” è il titolo della serie di spot che ha per protagoniste vere famiglie non convenzionali e le loro vite.

INIZIATIVE DEI BRAND PER I GAY PRIDE 2019: IL MONDO DEL BEAUTY

Anche se si guarda al mondo di bellezza e benessere non sono mancate le iniziative dei brand per i Gay Pride 2019. Mac, per esempio, ha supportato e non solo economicamente oltre venti manifestazioni in città diverse.

Sephora invece ha messo in commercio una edizione speciale di uno dei suoi lipstick di punta, donato parte del ricavato della vendite ad associazioni che si occupano di supporto alla comunità LGTBQ+, coinvolto il proprio team in workshop dedicati ai temi dell’inclusione e, soprattutto, organizzato in alcuni punti vendita delle lezioni di “Bold Beauty” dedicate a transgender e non-binary people che possano trovare nel trucco e nella cosmetica un modo per esprimere pienamente se stessi.
iniziative dei brand per i pride 2019 sephora
Niente di molto diverso dal messaggio che Gillette prova a dare, ormai da tempo, con la campagna “It takes a real man” che, ultima in ordine di tempo, ha visto anche la partecipazione della drag queen Rubén Errebeene.
Dal lipgloss di Marc Jacob dedicato ai Pride 2019 alle proposte ecologiche e amiche dell’ambiente di un brand giovane come YTTP, non è secondario che anche da un settore fortemente gendered come la cosmetica venga un segnale di supporto a forme diverse di sessualità, che è, poi, anche un segnale di apertura verso bisogni di mercato nuovi.

DA IKEA A STARBUCKS: GRANDI AZIENDE, GRANDI INIZIATIVE CONTRO L’OMO-TRANSFOBIA

Se Ikea ha distribuito a degli influencer una versione speciale, in arcobaleno ovviamente, dell’iconica busta blu e celebrato il Pride 2019 con la campagna #FateloACasaVostra, anche il brand Starbucks sembra essersi dato al merchandising con una versione speciale e riutilizzabile del suo bicchiere, ovviamente in arcobaleno e con le scritte “orgoglio”, “amore” e “diversità”, disponibile prima nei punti vendita americani e canadesi e poi nel resto del mondo al prezzo di circa 17 dollari.

iniziative dei brand per i pride 2019 Starbuck's

Neanche Starburcks ha rinunciato al merchandising arcobaleno per celebrare il Gay Pride 2019, ma non è l’unica iniziativa del brand.

Il brand ha voluto offrire, comunque, un #ExtraShotofPride (questo l’hashtag scelto da Starbucks per la campagna), alla propria community Instagram raccontando le storie normali di dipendenti coinvolti in storie d’amore con persone dello stesso sesso o membri attivi della comunità LGTBQ+.

La catena, del resto, è tra quelle che più investono in programmi di CSR proprio a favore della questione gay: da tempo sostiene, infatti, associazioni che danno supporto anche legale a vittime di omo-transfobia e, più recentemente, avrebbe destinato dei fondi a copertura dell’assistenza sanitaria per gli interventi di riassegnazione del sesso.

PERCHÉ UN BRAND HA BISOGNO DI PIANI DI INCLUSIONE CHE TENGANO CONTO ANCHE DELL’ORIENTAMENTO SESSUALE DEI DIPENDENTI

Ad accomunare la maggior parte delle iniziative dei brand per i Gay Pride del 2019, del resto, è proprio un certo (auspicabile) impatto sociale. Che sia stato nella forma di donazioni dirette, di partnership finalizzate a obiettivi specifici – come quello di una migliore inclusione degli atleti LGTBQ+ nel mondo dello sport a cui punta, per esempio, la collaborazione di Puma con associazioni e realtà internazionali che operano in questa direzione – o di campagne di crowdfunding, aziende e brand hanno provato a sostenere nel concreto e nel quotidiano le realtà omo-transessuali. Tra l’altro lo hanno fatto spesso per ovviare alle critiche che negli scorsi anni erano piovute su versioni speciali, collezioni arcobaleno e altre forme di merchandising ispirate al Pride, considerate dalla stessa community LGTBQ+ come un mero tentativo di sfruttare economicamente e per il proprio tornaconto un proprio simbolo identitario.
La maggiore sensibilità al tema, comunque, ha portato le aziende ad avere all’attivo non solo iniziative di corporate social responsibility ma, anche e soprattutto, programmi interni che mirano all’inclusione e alla valorizzazione di sessualità altre: bagni e spogliatoi senza separazioni per genere, la possibilità di utilizzare anche per la firma e nelle email il pronome che si preferisce, registri familiari che non tengono conto solo dei matrimoni tradizionali ma anche di altre forme di unioni di coppia sono tra le misure che i brand hanno intrapreso per migliorare la soddisfazione dei propri dipendenti, quando non si sono dotate di un vero e proprio diversity team con l’obiettivo di migliorare l’ambiente di lavoro e il benessere delle persone al suo interno.

COSÌ I BIG DEL DIGITALE SI DIMOSTRANO SENSIBILI ALLA CAUSA LGTBQ+

Per tornare comunque a come brand e aziende hanno deciso di celebrare i cinquant’anni di rivendicazioni LGTBQ+, non può certo sfuggire il commitment dei big del digitale. Google, per esempio, ha disegnato un Doodle che ripercorreva la storia delle rivendicazioni della comunità gay, lesbica, trans e queer a partire proprio dalle prime rivolte al Green Village. In collaborazione con LGTB Community Center, poi, a Mountain View hanno partecipato alla costruzione di Stonewall Forever, un monumento «vivente al Pride» (così lo hanno chiamato direttamente da Google) alla cui costruzione hanno contribuito le voci dei primi attivisti gay, materiali e documenti storici digitalizzati, un documentario di Ro Haber e che è visitabile sia online, attraverso un’esperienza immersiva, sia fisicamente e con l’aiuto della realtà aumentata nel caso ci si trovi a New York. Parola d’ordine: non dimenticare.

Che è lo stesso spirito, tra l’altro, con cui Instagram ha realizzato diverse installazioni in giro per New York dedicate ad attivisti e veterani LGTBQ+ non molto conosciuti e lanciato un hashtag#UntoldPride, da utilizzare per rendere virali le loro storie anche sui social.
iniziative dei brand per i pride 2019 instagram
Per tutto il mese di giugno, tra l’altro, utilizzando gli hashtag più popolari legati alla causa – come #loveislove#pride2019 o semplicemente #lgtbq – si colora di arcobaleno il cerchio che nel profilo dell’utente indica la presenza di nuove storie, non ancora viste. La piattaforma starebbe rinnovando, tra l’altro, le sue policy per quanto riguarda le informazioni personali da indicare all’iscrizione, prevedendo opzioni personalizzate per quanto riguarda il sesso e che sfuggono alla logica binaria del maschio o femmina.

iniziative dei brand per i pride 2019 instagram stories

Anche il “cerchio” delle Storie di Instagram si tinge di arcobaleno se si utilizzano hashtag come #loveislove o #pride2019, a supporto della causa LGTBQ+.

Anche Netflix ha voluto celebrare il mese dei Pride con quel pizzico di ironia e quei toni giocosi che, da qualche tempo, caratterizzano il suo stile di comunicazione, online soprattutto. Voce narrante del video per il Gay Pride 2019 è infatti Spadino, uno dei protagonisti di “Suburra”, che gioca di doppi sensi e ambiguità con il termine “lobby”: mentre si susseguono immagini di altri protagonisti di serie e prodotti Netflix famosi e molto amati proprio in virtù della loro sessualità diversa, infatti, si delineano i contorni di una lobby che, se ha qualche elemento distintivo, è quello di essere «la più colorata» e l’unica «lobby esclusiva in cui c’è posto per tutti».

AZIENDE E GAY PRIDE IN ITALIA

Solo piccoli gesti simbolici? Non si direbbe, soprattutto in un tempo in cui prendere posizione è diventato un imperativo a cui nessuno può sottrarsi. Lo evidenziano bene due iniziative dei brand per i Gay Pride 2019 come quelle di Barilla e Protect & Gamble. Che c’entrano una storica azienda di pasta e una multinazionale di beni di largo consumo con i diritti LGTBQ+? Il dubbio è legittimo ma, se la prima ha deciso di sostenere la manifestazione milanese e la seconda di sfilare al Roma Pride 2019 una ragione c’è e ha a che vedere, appunto, con messaggi valoriali e simbolici che l’azienda è desiderosa di veicolare. Nel caso di Barilla si tratta di continuare a svecchiare la propria immagine, di affrancarla dall’idea di famiglia tradizionale e di renderla più d’appeal per consumatori giovani e che vivono in maniera decisamente più fluida affetti e relazioni personali, come ha già provato a fare del resto la collezione co-disegnata con il brand di urban wear GCDS.
P&G Italia ha sfilato, invece, a Roma al grido di “We see equal” in omaggio a valori come l’inclusione e la valorizzazione delle differenze che da sempre fanno parte non solo di storia, mission e cultura aziendale ma anche dei programmi di employment e di welfare aziendale.
Non erano, comunque, gli unici brand presenti e protagonisti dei Pride italiani: da Skipper con il suo succo «senza pregiudizi aggiunti», a Deliveroo che ha cambiato temporaneamente logo e lettering in «Deloveroo» lasciando che la parola amorefosse colorata di arcobaleno, passando per Jack Daniel’s che, oltre a un cocktail speciale dedicato ai Pride, ha customizzato la fermata della metropolitana di Lima a Milano con una piccola operazione di ambient marketing che ricordava l’importanza di vivere la propria vita in maniera «più libera», molte aziende hanno voluto dare il proprio sostegno alla comunità LGTBQ+ italiana.




Gli italiani non sono mai stati così intolleranti online

Gli italiani non sono mai stati così intolleranti online

La mappa pubblicata dall’Osservatorio Vox descrive un paese incattivito, leggermente meno omofobo ma più razzista e antisemita. E la responsabilità, nel bene o nel male, è della politica


L’Italia sul web odia di più e con un linguaggio più estremo, esasperato dalla politica per fini elettorali, ma le leggi influiscono positivamente sulle pratiche dell’intolleranza online. Questo, in sintesi, il quadro offerto dalla quarta edizione della Mappa dell’Intolleranza, il rapporto annuale elaborato da Voxl’Osservatorio italiano dei diritti, in collaborazione con l’università Statale di Milano, la Sapienza di Roma, l’università di Bari e il dipartimento di sociologia dell’università Cattolica di Milano.
Il progetto, modellato sull’esempio della Hate Map della Humboldt State University of California, è andato avanti per 4 mesi e ha riguardato una produzione di oltre 200mila tweet, con l’obiettivo di isolare le principali categorie oggetto di discorsi d’odio e mappare le città maggiormente sensibili all’esasperazione del dibattito sui social network, così da creare uno strumento potenzialmente utile alle amministrazioni locali. Ci sono delle buone e delle cattive notizie, ma il punto di partenza è quello comune a molte analisi di questo tipo: l’Italia del 2019 è un paese più spaventato e incattivito.

Il peso della politica

Le (poche) buone notizie, innanzitutto: delle sei categorie di hate speech prese in considerazione dai curatori, una mostra i segnali di un leggero miglioramento. Si tratta dell’omotransfobia, un fenomeno che nell’ultimo anno ha riguardato 187 casi denunciati – e dunque un numero ben lontano dalla stima reale – in Italia e che i ricercatori hanno riscontrato in circa 7800 messaggi dei quasi 12mila riferiti alla comunità Lgbt+.
Secondo gli autori della mappa, le ragioni della flessione sarebbero riconducibili alla legge Cirinnà e all’influenza che la sua approvazione ha generato nel dibattito pubblico, una conseguenza diretta della buona politica che però fa il paio con gli effetti negativi di discorsi contrari alle unioni civili. “Le persone omosessuali sono le meno colpite dall’intolleranza via Twitter”, spiega l’Osservatorio Vox, “ma l’odio cresce quando scoppiano polemiche sulle famiglie arcobaleno e in occasione di appuntamenti controversi come il Congresso sulla Famiglia di Verona”. Il picco dei messaggi d’odio sul tema si registra infatti nella giornata del 23 marzo, nei giorni caldi delle polemiche sulla partecipazione del leader della Lega Matteo Salvini al Congresso di Verona.

La politica ha dunque il potere di agire sulla percezione di un tema – e indirettamente sulla vita delle minoranze – non solo con l’attività legislativa, ma anche e soprattutto con l’impostazione dell’agenda e con dichiarazioni pubbliche. Non a caso in cima alla classifica dell’odio online si piazza la xenofobia, con quasi un terzo dei messaggi d’odio complessivi e un’impennata del 15% rispetto al 2018, cui va a sommarsi l’ulteriore 15%dei tweet islamofobici (+7% rispetto al 2018). In entrambi i casi, tra le città più intolleranti spicca Milano, ma i messaggi che associano l’Islam al terrorismo sono particolarmente concentrati anche a Bologna, Torino e Venezia.

Le altre categorie sensibili

Anche quest’anno la lista delle categorie più odiate contiene le donne. Rispetto al 2018, la misoginia è in aumento dell’1,8% e si rileva tanto al nord quanto al sud, con Milano e Napoli capitali dell’intolleranza di genere. Nell’anno che ha prodotto un caso di femminicidio ogni 72 ore, la violenza verbale sui social network si è scatenata prevalentemente in concomitanza con i principali fatti di cronaca, ma tra i picchi ritroviamo anche le giornate tra il 20 e il 25 marzo, che gli autori della mappa riconducono al dibattito provocato dalle dichiarazioni di Matteo Salvini sull’utero in affitto.
Cresce anche l’odio nei confronti delle persone affette da disabilità – 17mila tweet, l’11% del totale – ma a preoccupare maggiormente è l’esplosione dell’antisemitismo, pressoché assente nelle scorse rilevazioni e che oggi si concentra soprattutto a Roma. Dei 20mila tweet estratti, il 76% ha un contenuto negativo che di nutre spesso e volentieri di stereotipi e fake newsTra i picchi l’osservatorio Vox registra quello del 27 marzo 2019, il giorno del tweet in cui Giorgia Meloni definì George Soros “un usuraio