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Shake Ferpi Shake!

Si avvicina l’assemblea elettorale e a parte tante chiacchiere non vedo forum in cui si discuta di contenuti e priorità per il nuovo mandato ma soprattutto per i prossimi anni di Ferpi.

A me interesserebbe conoscere i CONTENUTI prima di parlare dei CANDIDATI e lo faccio con il mio blog e i social, sperando di avere qualche reazione. Sinceramente per me i soci candidabili  – più o meno – uguali sono, ma vorrei invece avere un’idea di dove hanno intenzione di posizionare l’associazione.

  1. Anzitutto vorrei capire dai colleghi [e dai potenziali candidati] perché stiamo insieme in Ferpi e come interpretiamo le Relazioni Pubbliche.

Stiamo insieme per essere un sindacato, per fare l’associazione di tutti coloro che hanno che fare con la comunicazione, per aumentare numericamente, per visibilità personale, per avere un codice etico di riferimento, per accreditarci, ….?
Io credo che Ferpi sia l’organizzazione che ha nel suo mandato (in particolare dopo aver sottoscritto e in parte scritto il Melbourne Mandate, 2012) la promozione di una cultura delle relazioni pubbliche e della comunicazione nella società che possa portare beneficio a:

  • noi professionisti del settore (facendo advocacy & formazione) liberi professionisti, consulenti, comunicatori di azienda e uomini e donne di agenzia;
  • futuri professionisti di RP (facendo orientamento & formazione agli studenti di oggi);
  • le organizzazioni per cui lavoriamo (migliorando il nostro contributo professionale);
  • gli stakeholder con cui interagiamo (giornalisti, decision maker, gruppi di interesse, ecc.);
  • le comunità in cui stiamo e la società in senso più ampio ( prendendo seriamente la nostra responsabilità sociale).

Ricordo che lo Statuto Ferpi recita:
L’attività professionale di Relazioni Pubbliche, unica o preminente, è definita dalla finalità di creare, di sviluppare e di gestire sistemi di relazione con i pubblici influenti sul raggiungimento degli obiettivi perseguiti da singoli, da imprese, da enti, da associazioni, da amministrazioni pubbliche e da altre organizzazioni.
Le Relazioni Pubbliche comportano attività di analisi, di ricerca e di ascolto, di progettazione e pianificazione di programmi specifici di relazione e comunicazione con i pubblici influenti nonché attività di valutazione dei risultaticonseguiti.
DOMANDA: Ci identifichiamo in questa idea di RP? O riteniamo che l’associazione debba essere un conglomerato di tutte le professioni legate alla comunicazione?

2. Vorrei inoltre avere un’idea di quali priorità abbiamo per creare valore ai soci

Separarerei le priorità associativo-organizzative (accorpamento territoriale in primis) da quelle di produzione di contenuti e valore per i soci.
A me adesso non interessa tantissimo trovare metodi per reclutare decine di nuovi iscritti in tutte le nuove categorie della comunicazione, se prima non riesco a soddisfare gli attuali soci.
Agli attuali soci, che pagano la quota ogni anno, vorrei fosse offerta la possibilità di:

  • formarsi gratuitamente su programi di valore, eventualmente sviluppando un sistema di accreditamento a più livelli (ad esempio con un accreditamento simile al programma APR della PRSA o quelli della CPRA o di CIPR e seguendo il prezioso lavoro fatto da GA suGlobal Body of Knowledge project);
  • vivere la comunità internazionale delle Relazioni Pubbliche, riprendendo gli scambi con Global ALliance, con le altre associazioni nazionali, con il mondo delle RP che sta fuori dai nostri confini;
  • partecipare a programmi di ricerca e/o gruppi di lavoro/praticacome accadde con gli Stockholm Accords o il Melbourne Mandate;
  • capire in cosa consiste la legge 4/2013 e la legge 150 e come stanno cambiando;
  • pagare meno la quota [vorrei che in tre anni dimezzassimo gli importi].

3. In più vorrei… che Ferpi fosse Protagonista del nostro tempo

3.a Mi piacerebbe inioltre che ogni anno Ferpi potesse approfondire un ambito della nostra professione, producendo un Position Paper e/o un Libro Bianco che coinvolgendo i soci interessati, definisse le idee di Ferpi su specifiche materie per offrire linee guida ai giovani professionisti, per aiutare le istituzioni a definire policy sensate, per discutere insieme agli altri stakeholder di come aiutare la nostra società a migliorarsi. E ce ne sono tanti di ambiti in cui dovremmo intervenire: CSR, comunicazione politica, comunicazione ambientale, comunicazione in sanità, FakeNews, Intelligenza Artificale, Etica & Comunicazione, lobby, ecc. ecc.   
3.b Vorrei che partecipassimo ai forum globali dando il nostro punto di vista, raccontando le relazioni pubbliche italiane e mediterranee, contribuendo ad una migliore comprensione, del nostro Paese e degli altri, dando l’opprtunità di scambi e innovazione con Paesi emergenti e mercati maturi.
3.c Vorrei che quando sui media (TV e stampa) si dibatte pubblicamente di comunicazione, fake news, manipolazione, disinformazione, Ferpi fosse legittimata ad intervenire con un contributo in grado di ribadire i principi generali a cui ci ispiriamo, riportando al centro l’etica e la deontologia che i nostri codici (nazionali e internazionali) definiscono: è una responsabilità oltre che un’opportunità.
3.d Vorrei che gli asset che abbiamo possano essere valorizzati anche esternamente: Oscar di Bilancio, Inspiring PR, i lavori di Toni, il lavoro sulla CSR di Rossella, le riflessioni su disastri naturali e comunicazione responsabile, la formazione di CASP, i gruppi di lavoro su professioni e comunicazione.

e tutto ciò, senza paura di altri presunti competitor…

Ho ricevuto una marea di feedback, telefonici, email, commenti, post social, ecc. Grazie a tutti, speriamo il prima (non poi) possibile di poterne parlare apertamente con tutti coloro che [senza paure e timori, di cosa poi…] vogliono contribuire con IDEE alla nostra professione, alla nostra associazione e alle comunità in cui siamo inseriti. [Ribadisco che non ho intenzione di candidarmi quindi chiunque può tranquillamente contestare, arricchire, condividere ciò che dico, senza inimicarsi alcuna cordata]
Oltre a ciò che ho già scritto nel primo post tra gli stimoli e le ulteriori riflessioni mi sento di chiedere:

4. Incontriamoci e parliamoci SU-BI-TO: online e live.

Anzitutto, una serie di incontri (4/5) sul territorio, prima che escano i candidati, per raccogliere gli stimoli e sintetizzare in un percorso di ASCOLTO STRUTTURATO le esigenze dei soci da parte delle Delegazioni Territoriali: ai colleghi delle delegazioni mi rivolgo perché sono certo abbiano tanto da dire.
Si apra una sezione/pagina del sito Ferpi (interna o esterna, moderata o non moderata – vedete voi) per dare uno spazioche non sia Facebook/Twitter/LinkedIn in cui argomentare contenuti, prima che di candidati o di persone. Lo ripeto: contenuti prima di candidati o persone. Ma ripeto anche un forum che non soffra l’effimera essenza dei social, dove più di tanto non si può scrivere e si obbedisce all’emotività del momento.
Se non viene fatto il rischio è che ci troveremo tra un paio di settimane con i candidati e i famigerati “programmi“. Dato che un po’ di anni in questa associazione li abbiamo passati, dato che un po’ di elezioni le abbiamo già vissute, dato che qualche consiglio nazionale ormai li abbiamo frequentati, posso tranquillamente affermare che i PROGRAMMI ELETTORALI in questo tipo di associazione non servono a nulla. Non esistono posizioni antitetiche, esiste il NULLA o i CONTENUTI. Quindi muoviamoci!Per essere pragmatici ed efficaci occorre identificare una serie di temi su cui concentrarsi, le priorità e su queste lavorare.

5. Volontarismo e risorse

Le risorse. Il tema del volontarismo e delle risorse economiche che solleva Daniele Chieffi (grazie Daniele) è un tema chiave dell’associazione. Proprio per questo dobbiamo concentrarci su alcuni focus e non seguire il trend degli ultimi anni di numero soci calante (siamo meno di 900 ad oggi) e morosità. Calare l’importo della quota e individuare altri modelli di business per fare ricavi sui nostri clienti attuali e sui potenziali clienti si può seriamente fare.
Ho portato qualche esempio che sarebbe utile copiare da altre associazioni simili alla nostra di altri Paesi:
Influence, il magazine di CIPR distribuito ai soci in cartaceo e in digitale a tutti, dato in outsourcing a una casa editrice specializzata in house organ associativi, proprio per trovarne una sostenibilità;
Le conferenze a pagamento delle nostre consorelle internazionali PRIA, CPRS, PRSA. Ho proposto diverse volte di candidarci per il World Public Relations Forum, avendo già trovato anche i partner per la parte congressuale e di hospitality (!!!!!!!!)
L’iniziativa Vocalias di DirCom
Le membership differenziate per livelli, individuali e aziendali presenti (CIPR, PRIA, tutte praticamente…)
L’investimento sulle risorse umane interne: quasi tutti hanno un segretario generale o un CEO (pagato) che si occupa di sviluppare l’associazione. Noi dovremmo investire sull risorse umane attualmente presenti in associazione.
L’eventuale condivisione o merge con altre associazioni per realizzare inizaitive comuni e ottimizzare gli investimenti (in Austria l’associazione delle agenzie si è fusa con l’associazione dei professionisti; in Croazia condividono la struttura organizzativa, pagando il segretario a metà).

6. Stare insieme per PIACERE PROFESSIONALE

Pensiamo a quanto è bello poter condividere esperienze professionali con i colleghi e al PIACERE dello stare insieme in associazione e investirci un po’ con coraggio:
Quando alla Giornata delle Malattie Rare, ho visto irrompere in quella che è la mia community professionale (malattie rare/sanità) la truppa di Ferpini del Lazio, con Peppe De Lucia, Giulia Pigliucci, Luigi Irioni e Vincenzo Manfredi, ho provato un’istintiva gioia nel condividere con loro l’appuntamento dell’anno.
Quando i colleghi raccontano di essere stati a Inspiring PR, descrivono un’esperienza che, oltre ai contenuti, ha coinvolto e ha restituito il piacere di stare insieme.
Quando parlo con Sergio Vazzoler, Massimo Alesii, Letizia Di Tommaso, Rossella SobrerO, Marta Bonatti, Pierluigi De Rosa, Toni Muzi Falconi e così via… di progetti di ricerca e di pratica delle relazioni pubbliche, sento di vivere la professione al di là del quotidiano. Non è quello che tutti cerchiamo in Ferpi?
Quando stai in un gruppo di lavoro per realizzare un evento, scrivere un libro, intervenire su un tema, hai la sincera voglia di condividere le tue esperienze. Facciamo leva su questo, per cambiare e affrontare i prossimi 10/15 anni per incidere con approfondimenti, conferenze e dibattiti che valorizzino il nostro PURPOSE.

7. Riformare la Governance

Il tema sollevato da Toni della durata del Presidente è molto sensato: io sarei dell’idea di indicare ogni due anni (come si fa in tante società scientifiche, ma anche in Global Alliance) un board con alcuni delegati più un chair elect, un chair in carica, e un past chair, che insieme portano avanti con continuità le attività dell’associazione, aiutano il consiglio eletto e il chair elect a capire come funziona l’associazione e ad inserirsi in un solco preciso. Chiaro è una riforma interna che va condivisa, ma riflettiamoci. Perché sta manfrina dei programmi e dei candidati contrapposti è (a mio avviso) inutile e disfunzionale.
Spero possiate contribuire e condividere le vostre idee. Abbiamo un’associazione piena di risorse intellettuali e professionisti di altissimo livello. Valorizziamoli.




Cosmetica sempre più sostenibile

Si è da poco concluso a Bologna Cosmoprof, il più importante salone internazionale dedicato alla filiera produttiva della cosmetica.
La 52° edizione della manifestazione ha dato ampio spazio alla sostenibilità.

L’industria cosmetica sta cercando infatti nuove soluzioni produttive per ridurre l’impatto ambientale e migliorare l’attenzione al sociale: sempre più marchi hanno sposato l’idea che la sostenibilità è una scelta “obbligata” e che è importante adottare metodi di produzione rispettosi e ingredienti di provenienza sicura. Oltre l’attenzione alle materie prime, in crescita anche l’impegno per migliorare il packaging e il ciclo produttivo in un’ottica sempre più “circolare”.
Mi fa piacere ricordare alcuni “pionieri” della sostenibilità in questo settore: in Italia I Provenzali che da anni hanno sposato questo approccio.
Sul loro sito si legge infatti una dichiarazione importante: L’ambiente non è solo uno spazio. È la relazione che unisce gli uomini nel passato, nel presente e nel domani. Uno spirito ecologista, responsabile e consapevole: per salvaguardare il patrimonio delle generazioni future. I Provenzali da sempre si impegnano a salvaguardare l’ambiente, la natura e l’immenso patrimonio circostante.
A livello internazionale un brand importante è Weleda la cui storia ha inizio nel 1921 dall’incontro tra un medico olandese, un filosofo austriaco e un chimico e farmacista tedesco. Ancora oggi Weleda rappresenta un punto di riferimento a livello mondiale per la produzione di cosmetici e farmaci biologici, naturali e olistici, il cui motto è «in armonia con la natura e con l’essere umano».
Sul loro sito si legge questa dichiarazione: Per Weleda la tradizione e l’innovazione hanno uguale importanza. Esse costituiscono la base per il nostro impegno a lungo termine nei confronti dei tre pilastri della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
La sostenibilità sta diventando quindi un impegno per molte imprese cosmetiche, dalle multinazionali alle aziende più piccole. Un impegno diffuso nel misurare gli impatti e nell’avviare progetti mirati a ridurli: dalla ricerca per migliorare i prodotti alla scelta di tecnologie che consentono di ottimizzare risorse come l’acqua, le materie prime e l’energia.

Cosa c’è di nuovo

C’è chi parla di “trend verde” e pensa che l’impegno di queste imprese sia solo la risposta a una moda del momento. Sono convinta invece che non sia un fenomeno passeggero: adottare un approccio rispettoso che favorisce ingredienti naturali e biologici è un cambiamento che sta coinvolgendo trasversalmente questa filiera. Un segnale positivo per tutti.




Diversity e inclusione, Gucci investe 6,5 mln sull’America

Marco Bizzarri, CEO di Gucci

Gucci fa un ulteriore passo in avanti nel campo della corporate social responsibility.
La maison ha annunciato, postando la comunicazione anche su Instagram, l’avvio del progetto Gucci Changemakers, un programma globale a supporto del cambiamento, nell’ambito del suo sforzo già avviato in termini di diversity e inclusione. Lanciato internamente nel 2018, il programma prevede un investimento di 5 milioni di dollari nel Changemakers Fund (che supporterà i cambiamenti sociali nelle città del Nord America, con un focus sulle comunità afroamericane) e di 1,5 milioni per un programma di borse di studio sempre nell’area, oltre a una serie di iniziative globali che puntano a incoraggiare l’impegno di tutte le persone che lavorano per Gucci in progetti di volontariato.
“Il programma Changemakers – ha commentato Marco Bizzarri, CEO e presidente del brand – è proprio il frutto del nostro impegno in ambito di inclusione e diversità, un impegno che ci consentirà di investire risorse critiche per creare fertili spazi di crescita comune, stimolando e sostenendo in modo sempre più efficace il confronto interculturale con le comunità con cui ci interfacciamo, specialmente quella afroamericana».
Gucci permetterà inoltre a diversi studenti di talento in Nord America di entrare nel settore della moda. Nel corso di quattro anni, Gucci e il Changemakers Council assegneranno borse da 20 mila dollari utili a completare il loro percorso di studi. Il programma Gucci Changemakers prevede inoltre di coinvolgere tutti i 18 mila dipendenti sparsi per il mondo in attività di volontariato all’interno delle rispettive comunità, invitandoli a dedicare a questo scopo fino a quattro giorni retribuiti.
Entro giugno verrà inoltre annunciato un fondo parallelo, sempre del valore di 5 milioni di dollari, nella regione Asia-Pacifico, in concomitanza con il lancio del progetto di lavoro volontario nell’area.




L’Università di Urbino divulga il primo bilancio sociale: impeccabile, come l’Università stessa.

L’Università di Urbino divulga il primo bilancio sociale: impeccabile, come l’Università stessa.

Nella splendida cornice di Palazzo Passionei, l’Università di Urbino ha presentato il suo primo bilancio sociale (relativo al 2017).

“Si tratta di uno strumento di rendicontazione, non obbligatorio ma vivamente raccomandato, per dimostrare come l’Ateneo utilizzi le risorse pubbliche,” ha spiegato la professoressa Mara Del Baldo, curatrice del volume assieme ad altri docenti e funzionari.
Uno strumento di trasparenza e comunicazione verso l’esterno,” ha aggiunto il rettore Vilberto Stocchi “per rafforzare il coinvolgimento di studenti, famiglie, aziende, comunità scientifica internazionale.”
Un lavoro complesso di raccolta dati e informazioni, eseguito senza ricorrere ad enti esterni e che verrà aggiornato negli anni e che comprende il bilancio finanziario vero e proprio. Anche su questo fronte, solo buone notizie. Stocchi spiega infatti che, su 70 Università italiane, Urbino è la terza con in conti in ordine. Un dato su tutti: l’indebitamento è sceso allo 0,82% nel 2017. Praticamente niente. Un risultato raggiunto grazie ad una rigorosa politica di contenimento delle spese di gestione, alla razionalizzazione organizzativa ed alla condivisione di obiettivi realistici da parte della governanceaccademica e dell’Amministrazione.

Il progetto della Biblioteca San Girolamo 

Durante la conferenza stampa sono stati inoltre presentati due volumi con splendidi apparati iconografici: “Uniamo prospettive” e“Biblioteca universitaria” che raccontano la storia dell’ateneo urbinate e quella delle sue biblioteche, che custodiscono un patrimonio di oltre 800.000 volumi – 450.000 dei quali verranno ospitati nella nuova biblioteca universitaria che sorgerà nell’antico Convento di San Girolamo.
Nel nuovo polo verranno riunite tutte le biblioteche dell’Area umanistica, ora sparse nelle varie sedi. Grazie agli orari estesi (si prevede l’apertura serale e nei festivi), agli oltre 3.000 mq di sale di lettura, ai due cortili interni e alla caffetteria, la Biblioteca San Girolamo intende aprirsi anche alla città di Urbino e non solo agli studenti, divenendo centro di aggregazione e cultura nel senso più ampio. La biblioteca ideale dell’ateneo ideale, nella città ideale.




Cos'è Apple News+, il servizio che mira a rimpiazzare le edicole

Dovrebbe ospitare oltre 300 riviste e costerà poco meno di 9 euro al mese. Ma per i “giornaloni” ci vorrà tempo.


Questa volta l’ultima novità in casa Apple non arriva dal fronte dell’hardware: per quello, bastano già le nuove versioni dell’iPad, dell’iMace degli AirPod, annunciate la settimana scorsa. Durante un evento specialeche si è tenuto allo Steve Jobs Theatre di Cupertino, il colosso della Silicon Valley ha annunciato un servizio di abbonamento che mira a rimpiazzare le edicole.
Si chiama Apple News+ e segnala l’intenzione della società statunitense di orientare il suo modello di business verso i servizi a pagamenti.
La strategia in parte è dovuta al calo delle vendite di iPhone e MacBook registrato negli ultimi anni. Un recente sondaggio di Boston Consulting Group ha confermato poi quello che alcuni utenti dicono da tempo: Apple non innova più come una volta, ed è passata in terza posizione dietro a Google e Amazon nella classifica apposita compilata dalla società di consulenza.
L’ultima idea, allora, è quella di vendere abbonamenti per prodotti giornalistici e d’intrattenimento, sfruttando così il già vasto parco utenti dei prodotti Apple. Secondo Business Insider, soltanto Apple Music ha oltre 50 milioni di utenti a pagamento; 85 milioni di persone usano invece la versione base, e gratuita, di Apple News (l’app di notizie più diffusa al mondo). La società fondata nel 1976 da Steve Jobs inoltre incassa dei soldi ogni volta che un utente decide di sottoscrivere un servizio a pagamento attraverso le sue app.
Il servizio di Apple News+, per il momento disponibile soltanto negli Stati Uniti, costerà 9.99 dollari (circa 8,83 euro) e sarà estendibile anche a gruppi di amici o a famiglie, come del resto già avviene con altri servizi di musica o video on-demand. Parte oggi e sarà gratis per il primo mese.

Chi pagherà avrà accesso a oltre 300 riviste, tra cui alcune già affermate come Wired e NatGeo, oppure Texture, un magazine digitale comprato da Apple lo scorso anno: tutti i prodotti saranno disponibili in una schermata apposita di Apple News, con un design che sarà rinnovato con la prossima versione del sistema operativo iOS.

Difficilmente però su Apple News+ troveremo i quotidiani più importanti, almeno nel breve periodo. Come spiegato dall’ad del New York Times, gli operatori nel settore delle notizie sono piuttosto titubanti rispetto alla possibilità di cedere i diritti di diffusione dei propri giornali a terze parti così potenti come Apple.

La paura ha un precedente importante, di nome Netflix: quando i giganti di Hollywood, circa 10 anni fa, hanno ceduto alle lusinghiere offerte del distributore di video on-demand, hanno contribuito alla creazione di un database filmico così importante che adesso Netflix può spendere più soldi di loro nella creazione dei propri contenuti, mettendoli in crisi e di fatto tagliandoli fuori dal mercato.

Ora che Apple vorrebbe fare lo stesso gioco, il Nyt e altri probabilmente ci penseranno due volte.