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Convegno “False ESG: Narrazioni aziendali (in)autentiche?” Milano, IULM, 6 marzo 2024

“False ESG”: narrazioni aziendali (in)autentiche?

Si è svolto il 6 marzo all’Università IULM il convegno “False ESG: Narrazioni aziendali (in)autentiche?”, che ha anche ricevuto un ampio eco sulla stampa lombarda e di settore.

Il convegno (qui riproponiamo il razionale), è stato integralmente registrato, qui di seguito potete vedere il video completo:

Durante il convegno, numerose le domande pervenute tramite whatsapp al moderatore da parte del pubblico in sala e connesso in srteaming. Non è stato possibile rispondere a tutti in diretta, pertanto il Prof. Luca Poma e la Dott.ssa Giorgia Grandoni hanno registrato un ulteriore video in cui hanno risposto a tutti, eccolo:

A seguire, una breve galleria di scatti di alcuni momenti salienti dell’incontro.




Riparte la Scuola di formazione politica dei Riformatori sardi

Riparte la Scuola di formazione politica dei Riformatori sardi

Tre mattinate di approfondimento sul buon governo dei Comuni: è il nuovo evento formativo promosso dai Riformatori sardi intitolato “Alla guida della città: progetto e comunicazione”, inserito nella programmazione della Scuola di formazione politica.

Gli eventi, presentati questa mattina a Sa Manifattura a Cagliari, dal responsabile formazione del partito Umberto Ticca, si terranno al Poetto di Cagliari, stabilimento Il Lido, il 6, 13 e 20 aprile dalle 9.30 alle 13.
    È la seconda parte del corso dedicato agli amministratori locali, rivolta “a chi intende conoscere meglio il buon governo dei Comuni e i meccanismi della politica”, spiega Ticca.

Un focus sulle prossime amministrative con l’obiettivo di formare la futura classe politica e dirigente. “La formula è aperta a tutti a prescindere dall’appartenenza politica, quindi bipartisan – sottolinea – e anche in questa versione è interamente incentrato su argomenti legati alle elezioni, quindi la campagna elettorale e le sfide dei futuri candidati”.
    Si parte sabato 6 con il primo focus sulla comunicazione: con Luca Poma, docente universitario, esperto in comunicazione specializzato in reputation management, saranno approfonditi i temi legati ai pilastri della buona comunicazione, poi approfondimenti a cura di Fabrizio Leoni, docente di progettazione architettonica e urbana al Politecnico di Milano e Sergio Zuncheddu, imprenditore ed editore del Gruppo L’Unione Sarda.
    Il sabato successivo (13 aprile) è dedicato sempre alla comunicazione, con Andrea Camaiora, comunicatore politico, Giulio Steri, avvocato del Foro di Cagliari e Paolo Sanjust, docente di architettura. L’ultimo appuntamento (20 aprile) vedrà la partecipazione di Daniele Chieffi, saggista e docente universitario, già direttore della comunicazione del Dipartimento per l’innovazione e la digitalizzazione della Presidenza del Consiglio e infine Giorgio Angius, che dialogherà con i docenti di Ingegneria e architettura di UniCa, Ivan Blecic e Carlo Atzeni.
   




Kevin vittima di cyber-bullismo: dibattito sull’esposizione social dei bambini

Kevin vittima di cyber-bullismo: dibattito sull’esposizione social dei bambini

La famiglia di influencer conosciuta come “Space Family” – composta da Sara e Bise – si è trovata al centro di una controversia dopo che il loro figlio di 7 mesi, Kevin, è stato vittima di cyber-bullismo e insulti sui social media. Questo episodio ha scosso l’opinione pubblica e sollevato interrogativi cruciali riguardo alla pratica sempre più comune di esporre i bambini piccoli sui social media.

Kevin, che appare regolarmente nei contenuti condivisi dai suoi genitori, è stato oggetto di commenti negativi e insulti da parte di utenti malintenzionati. Questo caso ha messo in luce una realtà inquietante: nonostante sia un neonato, la sua esposizione sui social media lo ha reso vulnerabile a forme di bullismo e attacchi online. La situazione ha spinto molti creator e genitori a riflettere sulla sicurezza e sull’etica dell’esporre i propri figli, soprattutto quando sono molto piccoli.
L’esposizione dei bambini sui social media è un fenomeno in crescita, con molte famiglie di influencer che condividono aspetti della loro vita familiare con i loro follower. Tuttavia, l’incidente che ha coinvolto Kevin dimostra i rischi associati a questa pratica. Anche se i genitori possono avere buone intenzioni e desiderano condividere momenti significativi della loro vita familiare, la visibilità pubblica può comportare pericoli inaspettati.
Le preoccupazioni principali riguardano i seguenti aspetti:
Sicurezza e Privacy: I bambini esposti sui social media sono vulnerabili a molestie e commenti negativi. La mancanza di privacy può renderli target di attacchi da parte di utenti malintenzionati, che possono approfittare della loro visibilità per scopi dannosi.
Impatto Psicologico: Anche se i bambini piccoli non comprendono immediatamente i contenuti che vengono pubblicati su di loro, l’esposizione continua a lungo termine può avere effetti negativi sul loro sviluppo emotivo e psicologico. È essenziale considerare le potenziali conseguenze future e il diritto alla privacy del bambino.
Etica e Responsabilità: I genitori che scelgono di condividere la vita dei loro figli sui social media devono affrontare la questione dell’etica. È fondamentale chiedersi se la visibilità e i benefici derivati dal contenuto giustifichino i rischi associati.

Come Proteggere i Bambini sui Social Media:
Limitare l’Esposizione: È consigliabile limitare la quantità di contenuti che riguardano i bambini piccoli e garantire che le informazioni personali siano protette. Considerare di condividere solo contenuti che non compromettano la sicurezza e la privacy del bambino.
Monitorare i Commenti: Utilizzare strumenti di moderazione per gestire e filtrare commenti sui post che riguardano i bambini. Bloccare o segnalare utenti che fanno commenti inappropriati o offensivi.
Educare e Sensibilizzare: I genitori e i creator devono essere consapevoli dei rischi associati all’esposizione dei bambini sui social media. Educare se stessi e gli altri sui pericoli e sulle best practice per proteggere la privacy dei bambini è fondamentale.
Consultare Esperti: Parlare con esperti di sicurezza online e psicologi infantili può aiutare a comprendere meglio i rischi e a sviluppare strategie per garantire un ambiente online sicuro per i bambini.

In conclusione, l’incidente che ha coinvolto Kevin della Space Family sottolinea l’importanza di riflettere attentamente prima di esporre i bambini sui social media. Mentre la condivisione di momenti familiari può sembrare innocente, è essenziale considerare la sicurezza, la privacy e l’impatto psicologico sui più giovani.
La protezione dei bambini online deve essere una priorità per tutti i genitori e i creator, per garantire un ambiente digitale sicuro e rispettoso.




Un sintetico è per sempre… un effetto serra

Un sintetico è per sempre… un effetto serra

Naturale o sintetico? Solo il 20% per cento dei clienti sceglie quello creato in laboratorio. Parliamo di diamanti e il dilemma è antico, ma dallo studio di Format Research per l’Osservatorio Federpreziosi Confcommercio emerge che l’85% dei clienti ha appreso di quelli sintetici da gioiellieri ed esperti (42,2%) oppure on line (38,5%), ma alla fine la scelta si orienta per l’80% su quello naturali. «Il consumatore non è in grado di distinguere tra diamante sintetico e naturale», sottolinea Pierluigi Ascani di Format Research: «A fare la differenza possono essere solo la professionalità, l’etica e la capacità di racconto del gioielliere».

«Leggendo i dati», puntualizza Stefano Andreis, presidente nazionale Federpreziosi, «risulta che solo il “professionista gioielliere” possa essere punto di riferimento per il cliente, non solo perché in grado di raccontare il gioiello trasmettendo emozione, ma soprattutto perché è l’unica figura che può assicurare una corretta informazione e comunicazione sul valore aggiunto delle creazioni». «Il cliente oggi è piuttosto informato», aggiunge Steven Tranquilli, direttore generale di Federprezosi ConfCommercio «ma con dei limiti. Questo è evidente anche quando si parla di sostenibilità, dal momento che il tema è complesso e raffinate operazioni di marketing spesso non aiutano a fare chiarezza. Chi è pronto ad acquistare un diamante, tuttavia, ha in genere fatto la sua scelta etica».

Tra scienza e storia, il gioielliere deve riuscire anche a spiegare la differenza che c’è anche tra il diamante “artificiale” e quello “sintetico”. «I primi cristalli di diamante sintetico», spiega la  gemmologa Loredana Prosperi, «furono prodotti nel 1953 dall’azienda elettrica Asea, ma la notizia venne riportata solo nel bollettino interno aziendale. Nel 1954 la General Electric produsse un cristallo di diamante sintetico di dimensioni millimetriche. Ne venne data comunicazione nel febbraio 1955 dal New York Times. E nel 1970 sempre la General Electric produsse il primo diamante sintetico di qualità gemma». I due prodotti hanno caratteristiche fisiche principali identiche. Ma da una parte c’è una gemma unica, irripetibile, preziosa, che può esaurirsi. Dall’altra, un prodotto di fabbrica, ripetibile e in disponibilità illimitata. Da una parte prezzi in aumento, dall’altra prezzi in diminuzione grazie alla crescente ottimizzazione dei processi di produzione.

Nel caso del diamante sintetico si punta sulla sua sostenibilità, ma quanto sono sostenibili i diamanti sintetici? «Se i diamanti naturali si formano in milioni di anni, talvolta miliardi, ad una profondità di almeno 120 km e fino a 780 km, per creare i sintetitici» fa sapere Federopreziosi «è necessario mantenere i macchinari a una temperatura costante di circa 1600 gradi per vari giorni, con una pressione che varia da un minimo di 45 a un massimo di 70 Kbar e un dispendio enorme di energia. Inoltre, gran parte dei diamanti sintetici viene prodotta in Asia, in Paesi come Cina e India, dove si impiegano ancora energie fossili. L’emissione nell’atmosfera di CO2 è consistente». Secondo una recente ricerca effettuata dall’agenzia indipendente TruCost per conto della Diamond Producers Association è superiore a quella necessaria per l’estrazione di diamanti naturali: per ogni carato di diamante naturale corrispondono a 160 kg di CO2, ma per produrre un carato di diamante sintetico se ne emettono 511 kg di CO2. Quindi attenzione al “sintetico uguale sostenibile”. «Resta, e non è poco, lo storytelling di una gemma che può indietreggiare solo se si fa un discorso di prezzi», sottolinea Federpreziosi: «il diamante sintetico può arrivare a costare l’80 per cento in meno».




Crisi Esg, negli Stati Uniti c’è chi vuol fare diventare reato l’investimento green

Crisi Esg, negli Stati Uniti c’è chi vuol fare diventare reato l’investimento green

Investire con criteri Esg diventerà un reato penale? Se ne discute da inizio gennaio nello Stato Usa del New Hampshire. Ad avanzare la proposta di legge sono stati i Repubblicani locali guidati da Mike Belcher. La nuova normativa vieterà ai fondi pensione dello Stato di investire con i criteri della sostenibilità. Motivo? I fondi pensione non devono tradire il mandato fiduciario e dunque hanno l’obbligo di perseguire il più alto ritorno sugli investimenti per i proprio aderenti. E chi violerà questa legge rischierà una pena non inferiore a un anno e non superiore ai 20.

Crisi delle alleanze per il clima

La proposta non è stata ancora messa ai voti dall’assemblea del piccolo Stato della costa nordorientale Usa; New Hampshire che sembra voler superare in durezza il Texas, altro Stato che per primo ha vietato ai suoi fondi pensione e al proprio ministero del Tesoro di investire in maniera Esg.

«Se Donald Trump vincerà la corsa alla presidenza degli Stati Uniti penso che potrebbe fare un passo deciso nel divieto a investire in modalità Esg – afferma Gianfranco Gianfrate, docente di finanza all’Edhec Business School in Francia –. Alcune grandi società di asset management hanno annusato l’aria e hanno deciso di riposizionarsi». Si spiega così la fuga dalle alleanze contro il climate change di alcuni grandi gruppi finanziari. Decisioni che hanno mandato in frantumi, in particolare, la Net Zero Insurance Alliance, passata da 30 a 11 componenti. La stessa ClimateAction100+ sta perdendo pezzi. Non sembra, per ora, mostrare segni di crisi la Nzba, l’alleanza per il Net-Zero creata dagli istituti bancari.

GLI ADERENTI ITALIANI AL GRUPPO CLIMATE ACTION 100+
BancoPosta Fondi Sgr*
Enpap (Cassa di previdenza psicologi) 
Eurizon Capital Sgr Spa*
Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking Am Sgr Spa*
Fondo di Previdenza Cr Firenze
Fondo Pensione a contribuzione definita gruppo Intesa Sanpaolo
Fondo Pensione a prestazione definita Gruppo Intesa Sanpaolo
Fondo pensione Cometa (metalmeccanici)*
Generali Insurance Asset Management*
Gruppo Generali*
Inarcassa (Cassa di previdenza ingegneri)
Pegaso Fondo Pensione
Poste Vita Spa
Quaestio Capital Sgr Spa*
UnipolSai
Tabella con 1 colonne e 15 righe. Ordine crescente per colonna “X.1”

Nota: l’asterisco indica i firmatari che partecipano direttamente agli impegni con le aziende target. Gli altri sono investitori sostenitori, firmatari dell’iniziativa ma non partecipano direttamente agli impegni con le aziende target.
Fonte: database ClimateAction100+Creato con Datawrapper

BlackRock abbandona l’Esg

Il pressing dei Repubblicani pare dunque aver avuto effetto negli Usa. Sui criteri Esg sta facendo marcia indietro perfino Larry Fink, il numero uno di BlackRock, la più grande società di gestione del risparmio al mondo (10mila miliardi di dollari in gestione), tra i primi a spingere sulla sostenibilità. «L’Esg è una categoria misteriosa per molti clienti. Il transition investing è concreto»: a rilasciare questa dichiarazione al Wall Street Journal è stato Mark Wiedman, responsabile della divisione Global Client Business di BlackRock. Dichiarazione che ha sancito l’abbandono della categoria Esg da parte di BlackRock per la più concreta (?) “transition investing”. A conferma, forse, che i grandi asset manager degli Stati Uniti si stanno preparando a un possibile cambio della guardia alla Casa Bianca.

Una sigla creata a tavolino?

«A mio avviso c’è un peccato originale nei criteri Esg – aggiunge Gianfrate – . I tre elementi E, S e G sono stati messi insieme forzatamente a tavolino da Unpri (la rete internazionale di istituzioni finanziarie, supportata dall’Onu, per gli investimento responsabile, ndr). Risultato? Analisti impreparati e fondi di investimento che fanno box-ticking. Non si può essere esperti allo stesso tempo, per esempio, dei codici di corporate governance, di misurazioni dei diversi gas serra e delle problematiche del lavoro minorile nei Paesi emergenti. Un errore fatto sicuramente in buona fede ma che ha avuto effetti importanti nel settore finanziario».

È proprio così? Sulla crisi dei criteri Esg abbiamo chiesto un commento proprio alla struttura di Unpri. A risponderci è stato un portavoce di ClimateAction100+, il network creato da sei associazioni di investitori tra cui appunto Unpri: «Il rischio climatico è un rischio finanziario. Gli investitori prudenti lo capiscono e hanno investito molto nello sviluppo delle proprie capacità interne per garantire di avere accesso alle competenze necessarie per identificare al meglio dove si trovano questi rischi e come affrontarli». E ha aggiunto: «Questa competenza si trova spesso all’intersezione tra governance, questioni climatiche e altri campi tecnici. Ruoli di questo tipo si sono moltiplicati in tutto il settore e sono sempre più comuni».

Nessun commento invece da Unpri sulla crisi delle alleanze per il Net-Zero e per le posizioni estreme di Donald Trump sugli investimenti green. Intanto nel New Hampshire, l’assemblea dei rappresentanti voterà sulle sanzioni penali per chi investe rispettando i criteri Esg. Il verde nell’orizzonte americano sembra più stinto che mai.