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Una sneaker saltata, una superstar ferita e una notte da dimenticare per la Nike

(titolo originale: A Blown-Out Sneaker, An Injured Superstar And A Night To Forget For Nike, di Uri Berliner, per National Public Radio, traduzione a cura di Luca Yuri Toselli)

Era la partita di basket universitaria più attesa della stagione: Duke contro gli acerrimi avversari di Carolina del Nord, con lo spettacolare talento dei Duke: Zion Williamson.


Presente l’ex presidente Barack Obama. Biglietti bagarinati a oltre $ 3.000 – prezzi da Super Bowl. L’esuberante sezione studentesca di Duke, conosciuta come Cameron Crazies, era in fibrillazione.
E poi a soli 33 secondi dall’inizio della partita, durante una giocata di routine, Williamson prova un dribbling vicino alla linea di fallo quando la sua gamba sinistra ha ceduto, le cuciture della sua scarpa sinistra, una Nike bianca e blu a si strappano e lui si accascia sul pavimento, afferrando il suo ginocchio destro in uno spontaneo gesto di dolore.
Williamson zoppica fuori dal campo. Tutto lo stadio in apprensione. Nelle riprese si legge chiaramente il labiale di Obama: gli si è rotta la scarpa”. E in pochi secondi, Nike si trova ad affrontare un vero incubo di marketing. Le scarpe “incriminate” vengono nascoste da un allenatore, ma le immagini della giovane star del basket caduta, tradito dalle sue calzature, non potevano essere cancellate.
Sui social media, messaggi di preoccupazione e simpatia per Williamson sono stati mescolati con commenti spiacevoli sulle scarpe. Una rivale di Nike ha twittato : “Non sarebbe successo con delle Puma”. Il tweet è stato successivamente cancellato.
In una dichiarazione, Nike si è detta “ovviamente preoccupata” e ha augurato a Williamson una pronta guarigione. “La qualità e le prestazioni dei nostri prodotti sono della massima importanza, anche se questo è un evento isolato, stiamo lavorando per identificare il problema.”
Per fortuna l’infortunio di Williamson non sembra essere serio. Anche se la matricola non è tornata in campo, l’allenatore del Duke Mike Krzyzewski l’ha descritta come una leggera distorsione al ginocchio destro.
Ma l’implosione della scarpa di Williamson è imbarazzante per la Nike, che aveva già avuto un problema nel 2017 con le maglie NBA che si laceravano troppo facilmente. Ma se avrà un impatto a lungo termine sul più grande marchio di abbigliamento sportivo del mondo è un’altra questione. Le azioni di Nike apriranno in calo di circa l’1,7% la mattinata successiva – non una buona notizia, ma neanche un crollo.
I mercati Nike sono così globali e i suoi prodotti sono così diversificati che è improbabile che il triste destino di una scarpa abbia un impatto significativo sulle vendite a livello globale.
Ma poi c’è il giovane che indossava quelle scarpe – Zion Williamson. Possedendo una combinazione unica di abilità saltellanti, potenza, velocità e QI del basket, è universalmente considerato una prima scelta nel draft NBA di giugno.
A soli 18 anni, le sue capacità, abilità atletiche e comportamento giudizioso sono già state paragonate a LeBron James. Le aziende si sfideranno ferocemente per firmare un contratto multimilionario di sponsorizzazione delle sue scarpe. E quando scenderà in campo per la sua prima partita nell’NBA, probabilmente entro la fine dell’anno, milioni di persone guarderanno; molti guarderanno il marchio di scarpe da ginnastica che indossa.
Nike dovrà sperare che il ricordo di ciò che accadde al 33° secondo di gioco del North Carolina non rimanga nella mente di Williamson.
 




L’impresa italiana scommette sulla responsabilità sociale: nel 2017 investiti 1,4 miliardi

La responsabilità sociale d’impresa all’interno delle aziende è in crescita: nel 2017 l’85% delle aziende italiane ha investito 1 miliardo e 420 milioni di euro nel settore e nello sviluppo sostenibile, e di queste l’83% ne ha valutato costi e benefici, il 15% in più rispetto alla rilevazione precedente.
E’ quanto emerge dai dati sulla Csr (Corporate social responsibility) presentati oggi dall’Osservatorio Socialis all’Università di Napoli Parthenope nel corso dell’incontro “La Csr: sfide imprenditoriali e management aziendale”. Le imprese per coniugare impegno sociale con profitto hanno avviato una misurazione dell’impatto e del valore prodotto e hanno coinvolto dipendenti, prestato attenzione all’ambiente, lottando contro gli sprechi, ottimizzando consumi energetici e ciclo dei rifiuti. “Il consumatore di oggi – ha spiegato Roberto Orsi, Direttore dell’Osservatorio Socialis – premia le aziende che sanno farsi riconoscere come attente e responsabili. La Csr da strumento accessorio e poco considerato è diventata un valore essenziale e necessario per le imprese. Un cambio di passo significativo, che premierà sul mercato chi sarà in grado di seguire un percorso definito per integrare i comportamenti socialmente responsabili con l’organizzazione aziendale e la filiera produttiva”. Oltre il 50% delle imprese che ha investito in Csr ha rilevato un miglioramento del posizionamento, della reputazione ed anche un aumento della notorietà; in quasi 4 casi su 10 si e’ riscontrato un aumento della fidelizzazione dei clienti. Il 49% delle imprese riconosce l’efficacia della Csr nell’agevolare i rapporti con le comunità locali e, in seconda battuta, con le pubbliche amministrazioni. Aumentano, pure solo in linea tendenziale, anche le ricadute positive sul clima interno all’azienda: il 44% registra un miglioramento del clima ed un maggior coinvolgimento del personale.




Marketing, attenti alla rivoluzione se ora il brand ha anche un suono

Entro il 2020, secondo Gartner, parleremo quotidianamente con un’intelligenza artificiale e il 30% della navigazione Internet sarà vocale, ossia avverrà senza l’ausilio di uno schermo, ma solo grazie al supporto di un assistente vocale. Si può quindi parlare di “voice first revolution”?
Tra le macchine intelligenti, oggi si stanno diffondendo gli assistenti vocali o voice assistant, dei veri e propri “personaggi conversazionali” in grado di dialogare con l’utente, ad esempio tramite smart speaker o smartphone.
Attualmente, il mercato degli assistenti vocali è dominato da grandi player internazionali, come Amazon (Alexa), Apple (Siri), Google (Google Assistant), Microsoft (Cortana) e Samsung (Bixby), e secondo le previsioni di Market Research Future nel 2023 dovrebbe arrivare a valere quasi 8 miliardi di dollari.
Dal lato della domanda, secondo uno studio di Voicebot, nel 2018 negli Stati Uniti circa 200 milioni di utenti hanno utilizzato gli assistenti vocali, mentre secondo una ricerca condotta da Accenture coloro che possiedono uno smart speaker stanno iniziando a ridurre le attività svolte su smartphone. Gli utenti che ricorrono ai voice assistant stanno gradualmente modificando il comportamento nella ricerca di informazioni, nella fruizione di servizi, come pure nell’acquisto di prodotti.
A fronte di tali cambiamenti, per i marketer è importante chiedersi: quali sono le principali innovazioni e opportunità che si vanno prefigurando per il marketing delle imprese che utilizzano o intendono utilizzare le tecnologie di assistenza vocale? Quali le criticità da affrontare in merito?
Per rispondere a questi interrogativi, a maggio 2018 abbiamo condotto una ricerca presso il Dipartimento di Management della Facoltà di Economia della Sapienza Università di Roma, intervistando esperti internazionali “di frontiera”, che lavorano nella R&S di grandi società di consulenza e imprese IT in ambito IA/Marketing.
Secondo gli esperti, nel prossimo futuro le conseguenze per il Marketing delle imprese saranno rilevanti e riguarderanno principalmente la gestione della marca, la gestione delle relazioni con i clienti (Customer Relationship Management – CRM) e la pubblicità digitale.
Sul primo punto, fino ad oggi, le marche hanno basato la comunicazione della loro identità su un mix di elementi sonori e visivi. L’elemento sonoro imprescindibile è naturalmente il suono del nome della marca nel momento in cui viene pronunciato (pensiamo al suono inconfondibile delle parole Apple, Google, Coca-Cola), che, unito al logo, ai colori e al design, rende unico ogni brand.
Con le tecnologie di assistenza vocale, le imprese che investiranno in questa direzione potranno comunicare l’identità distintiva della marca anche attraverso la voce, con una particolare tonalità, uno specifico accento, una data velocità, nonché un genere riconoscibile. Ad esempio, Mercedes o BMW, con i loro voice assistant posizionati nell’abitacolo di guida, non saranno solo identificate e quindi  ricordate grazie ai rispettivi nomi e loghi, ma anche per via della loro particolare voce. Basterà dire “Hey, Mercedes!” o “Hey, BMW!” e la marca diventerà per l’utente un’interlocutrice inconfondibile, quasi umana! Naturalmente, il logo non perderà il suo ruolo primario per l’identificazione della marca, ma la componente visiva potrà essere affiancata in modo coerente dalla componente vocale: le due dimensioni – visiva e sonora – diventeranno complementari.
L’impatto innovativo riguarda anche il CRM, il sistema di gestione delle relazioni con i clienti. Grandi realtà imprenditoriali, come American Express, Salesesforce e Adobe, hanno già realizzato ingenti investimenti per incorporare nei propri strumenti di CRM la componente vocale.
Sempre di più, le attività di customer care saranno gestite ricorrendo ai voicebot (interfacce comunicazionali vocali), che consentono di facilitare la user experience e di incrementare i livelli di produttività, ad esempio, riducendo i tempi di assistenza rispetto alle interazioni via chat testuale. Nel tempo, questi dispositivi diventeranno sempre più sofisticati sotto un profilo tecnologico e conseguentemente non potranno che aumentare la loro validità, diventando più precisi nel riconoscimento del linguaggio naturale e più efficaci nei processi di autoapprendimento.
Restano delle criticità, legate alla riservatezza dei dati vocali degli utenti e all’assenza di uno schermo, che potrebbe rappresentare un ostacolo in caso di interlocuzioni particolarmente complesse. In definitiva, si ritiene che, nel prossimo futuro, la voce non sarà in grado di sostituire il supporto visivo ma che si andrà ad affiancare in modo crescente allo stesso.
La terza area del marketing che conoscerà un’evoluzione in senso “vocale” è quella della pubblicità digitale. Secondo gli esperti, infatti, si osserverà una crescente diffusione dei cosiddetti “Voice Ads” (annunci pubblicitari vocali), che andranno progressivamente ad integrare il ventaglio delle forme di pubblicità digitale già note, senza effetti di vera e propria sostituzione. Ai marketers, dunque, si prospettano nuove sfide e nuove opportunità.
Tra le questioni più rilevanti si colloca senz’altro la necessità di progettare l’esperienza di interazione e di dialogo con l’assistente vocale in un’ottica customer centric. Mentre un altro tema critico è quello di conoscere, interpretare e utilizzare a fini decisionali le nuove “voice web analytics”, ossia i nuovi dati destrutturati prodotti dalle piattaforme di interazione vocale.
In conclusione, la centralità di testi e immagini nei processi di comunicazione e di relazione con i clienti progressivamente verrà meno, lasciando uno spazio crescente alla voce. E questo cambiamento determinerà la necessità di innovare i processi di marketing, facendo leva anche su nuove competenze.




L’intelligenza artificiale fa del viaggio un’esperienza

Turismo. Machine learning, chat bot e data science spingono la personalizzazione dell’offerta. E stimolano nuovi business

“Viaggiare non è raggiungere un posto e tornare indietro…. Perché viaggiare non è muoversi nello spazio ma evolversi nella vita”. Il claim ispirazionale di Meaningful Journeys vola un po’ alto. Sino a che non si scopre cosa c’è dietro. eDreams Odigeo, compagnia europea di viaggi online, ha identificato gli impulsi emotivi che stanno dietro ai comportamenti e alle decisioni degli europei quando viaggiano. Non solo. Per soddisfare queste esigenze sta mettendo in gioco la ricerca più avanzata. Attraverso l’analisi algoritmica di dati aggregati e anonimi, eDreams elabora più di 16 miliardi di previsioni giornaliere. Oltre un terzo dei clienti effettua più di una ricerca di viaggio e nella maggior parte dei casi si tratta di test eseguiti su date diverse per trovare prezzi migliori. Col machine learning eDreams comprende questo tipo di modelli di ricerca in tempo reale e con una precisione superiore all’80% può anticipare e offrire risultati alternativi anche prima che un cliente abbia fatto la richiesta. L’azienda ha inoltre introdotto algoritmi di apprendimento rinforzati, simili a quelli che potenziano le automobili a guida autonoma, che consentono alla macchina di apprendere autonomamente e adattarsi agli ambienti in evoluzione. Ciò permette a eDreams di accelerare i test e il lancio di prodotti e servizi. L’obiettivo è sempre uno: offrire ai 18,5 milioni di clienti che prenotano attraverso i suoi marchi – eDreams, Opodo, Go Voyages, Travellink o Liligo – un’esperienza più personalizzata, rispondente ai loro bisogni e facendo risparmiare tempo e denaro.
Con il machine learning eDreams segna i confini di quella che per il turismo resta la frontiera: l’ecommerce vale in Italia circa 14,5 miliardi di euro l’anno, appena un quarto del valore complessivo (incoming e outgoing), secondo le stime dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano che saranno illustrate oggi nel capoluogo lombardo. Ma mentre il mercato non digitale è sostanzialmente fermo, l’ecommerce cresce dell’8%, con la fetta maggiore presidiata dai trasporti (61%), seguiti da alloggi (29%) e pacchetti (10%). «Ma il digitale non è solo ecommerce. Ci sono due dimensioni potenziali molto interessanti: la prima è la relazione con il cliente in un’ottica di vista unica da parte dell’operatore – aggiunge Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio – La seconda l’abbiamo chiamata la prateria vergine delle esperienze, cioè quell’ambito che va dall’offerta delle terme all’organizzazione dello shopping integrate all’interno dell’offerta».
Su quella che viene chiamata omnichannel customer experience (Ocx) management, da un paio di anni Best Western utilizza dati provenienti da diverse interfacce di relazione (sito, app mobile, chatbot ecc.) che vengono integrati in un software di Crm e analizzati per ottenere una single customer view sui clienti. «In precedenza il nostro focus era concentrato sull’acquisizione dei clienti e quindi sulla proposizione dei nostri hotel nei diversi canali – spiega Sara Digiesi, chief marketing officer di Best Western Italia (160 alberghi in cento destinazioni) – Ora gestiamo il cliente anche dopo la prenotazione affinché non disdica e si prepari al soggiorno. Lo raggiungiamo con mail e chatbot via Messenger e poi con comunicazioni con un operatore per informazioni di utilità (meteo, eventi in città) e proposizione di vendita dei servizi dell’albergo come il ristorante o la comunicazione degli orari di apertura dell’area fitness. E con servizi personalizzati: se sappiamo che un cliente arriverà con un animale lo informiamo su ciò che troverà a disposizione nella struttura». Una cura del rapporto con il cliente che prosegue poi durante il soggiorno con un sito in cui il cliente trova tutti i servizi digitali dell’albergo compresi i giornali.
Nel business travel l’intelligenza artificiale promette di dissolvere l’incubo delle spese di viaggio da rendicontare. «Quest’anno arriverà in Italia un nostro prodotto che consente, on trip e post trip, di fare l’audit delle spese automaticamente . In questo modo si sgravano i collaboratori e si recupera efficienza con tagli dei tempi del 90% e degli errori del 66%» spiega Massimo Tripodi, country manager Sap Concur Italia, che a livello globale utilizza tecnologie che permettono giornalmente di prenotare più di 245mila viaggi, elaborare più di un milione di ricevute tramite applicazione e processare più di 572mila richieste di rimborso di spese aziendali. «Già ora offriamo degli strumenti che consentono proposte di viaggio sulla base della profilazione storica dell’utente e dei suoi viaggi- aggiunge Tripodi -. Da metà dell’anno erossimo saranno attivati filtri automatizzati che consentiranno durante il viaggio di ricevere proposte personalizzate: per esempio se durante il business travel ci sono modifiche di percorso, lo strumento ti propone soluzioni alternative tenendo conto del budget ma anche dei tuoi gusti personali».




Una scuola total green a Copenhagen

Una scuola total green a Copenhagen

Nei giorni scorsi è stata inaugurata a Copenhagen la Scuola Internazionale, un edificio ricoperto da 12.000 pannelli solari che raccoglie l’acqua piovana e ricicla i rifiuti.
Il progetto rappresenta un’innovazione a livello mondiale e si caratterizza per pannelli fotovoltaici colorati che coprono una superficie complessiva di oltre 6.000 metri quadrati producendo 300 Megawattora di elettricità all’anno, quantità capace di soddisfare il 50% del fabbisogno dell’intero edificio.
La nuova scuola, che si sviluppa su 25.000 metri quadrati nel quartiere di Nordhavn in un’area completamente circondata dal mare, prevede impianti di illuminazione led di cui gli insegnanti possono gestire l’intensità del colore. Inoltre, i sensori di movimento controllano ovunque l’illuminazione per risparmiare energia.
Una particolare attenzione anche agli interni che sono realizzati in materiali naturali: i pavimenti sono di rovere oliato, i divani sono rivestiti in lana, gli scaffali sono di bambù.
La Scuola Internazionale è unica nel suo genere: ospita 930 studenti tra i 3 e il 19 anni che provengono da 80 diversi paesi. La struttura è stata progettata per soddisfare i livelli di età e grado dei ragazzi.

Cosa c’è di nuovo

n esempio di come anche la scuola può (deve) contribuire alla sostenibilità. Non solo per diffondere valori e principi ma anche dimostrando di essere lei stessa un’organizzazione attenta all’ambiente. Un percorso a cui tutti siamo chiamati a contribuire se vogliamo andare verso un futuro più sostenibile.