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Internet deve essere al servizio del "bene pubblico": il manifesto di Tim Berners-Lee

Il papà del world wide web immagina il futuro della rete: libera e aperta, che rispetti i dati degli utenti e li tuteli dai pericoli online. La lettera a 30 anni dall’invenzione


È il momento di celebrare quanto lontano siamo arrivati, ma anche un’opportunità per riflettere su quanto lontano dobbiamo ancora andare”. Inizia così la lettera (qui il testo integrale) che Tim Berners-Leeha scritto per celebrare il trentesimo compleanno della sua creatura, il world wide web. Un invito a ragionare sulla nostra relazione con internet e ad attivarci per migliorarla, adattarla al progresso civile e tecnologico, intraprendere insomma il viaggio – che lui stesso definisce né semplice né immediato – “dall’adolescenza digitale verso un futuro più maturo, responsabile e inclusivo”. 
Il 12 marzo 1989 l’allora trentaquattrenne informatico del Cern di Ginevra presentava al suo capo, Mark Sendall, la bozza di un nuovo progetto che potesse soddisfare le esigenze di condivisione automatica di informazionitra scienziati di università e istituti di tutto il mondo. 
Progressi e passi indietro
Vague, but exciting…”, il commento scarabocchiato da Sendall sul margine della prima facciata del documento originale. Così exciting, che l’idea prese ben presto forma. Inizialmente come strumento interno per i ricercatori, nel 1991 con la nascita del primo sito. Poi, dal 1993, con la diffusione sempre più ad ampio raggio di quell’infrastruttura software che rende possibile per un computer comunicare con un altro. Negli anni il web è diventato, sottolinea lo stesso Berners Lee, una pubblica piazza dove le persone si incontrano, una biblioteca dove accedere a un numero sconfinato di volumi, ma anche un negozio, una scuola, uno studio medico, un ufficio, un cinema, uno studio di progettazione, una banca e molto altro ancora: uno spazio e un insieme di servizi che hanno cambiato radicalmente la nostra vita.  
In meglio, certo, col sopraggiungere continuo di nuove funzionalità. Ma, allo stesso tempo, rappresentando sempre più una fonte di sofferenza per la fetta di mondo che ancora resta tagliata fuori“Con ogni nuovo sito, il divario tra chi è online e chi non lo fa aumenta” scrive: Oggi la metà del mondo è online. È più che mai urgente assicurare che l’altra metà non sia lasciata indietro e che ognuno di noi contribuisca a una rete che promuova uguaglianza, opportunità e creatività”. Un appello a promuovere l’accessibilità prima di tutto. Ma non solo. Il messaggio è anche (e soprattutto) un dito puntato contro i problemi più allarmanti all’interno del web, come le truffe e l’odio online. 
Acqua inquinata
Sono tre, secondo Berners Lee, i fonti che concorrono a rendere questo ecosistema disfunzionale. Da un lato, gli atti volutamente malevoli, come attacchi hacking sponsorizzati dallo stato, i comportamenti criminali e le molestie online. Dall’altro, l’ideazione di modelli che generano “incentivi perversi”, in cui viene sacrificato il valore dell’utente, come i modelli di reddito basati su annunci che ricompensano il clickbaiting e la diffusione virale di disinformazione. Dall’altro ancora, tutto quello che è frutto di atti non intenzionalmente malevoli, ma che finisce per abbassare la qualità delle relazioni online, per esempio polarizzando il dibattito, o fomentando atteggiamenti di indignazione. Sulle responsabilità, Berners Lee chiama tutti in causa e invita a unire le forze: “Non si può dare semplicemente la colpa a un governo, a un social network o allo spirito umano”. 
Via d’uscita
Sarebbe assurdo o quanto meno miope, secondo l’informatico, assumere che il web non possa essere cambiato in meglio. “Se sogniamo un po’ e lavoriamo molto, possiamo ottenere il web che vogliamo”, scrive. Per esempio, creare normative per minimizzare i comportamenti nocivi, intervenire ridisegnando i modelli e i sistemi per gli incentivi. 
“I governi, scrive, “hanno il dovere di far evolvere le leggi per l’era digitale”. Devono, in poche parole, garantire il rispetto dei diritti e delle libertà delle persone online, così come che i mercati rimangano competitivi, innovativi e aperti. “Abbiamo bisogno di promotori dell’open web all’interno dei governi”, aggiunge, funzionari che prendano in mano la situazione quando gli interessi del settore privato minacciano il bene pubblico. “Le aziende, dal canto loro, devono anch’esse fare di più per garantire che la ricerca di profitto a breve termine non vada a scapito dei diritti umani, della democrazia, dei fatti scientifici o della sicurezza pubblica”, continua, e questo richiede una riprogettazione di piattaforme e prodotti in termini di privacy e sicurezza.
Il ruolo determinante però, sottolinea, resta quello dei cittadini, che devono pretendere di rimanere al centro, sotto forma di community, e valutareaziende e governi negli impegni che assumono. “Se non eleggiamo politici che difendono un web libero e aperto, se non facciamo la nostra parte per promuovere conversazioni sane costruttive online, se continuiamo a fare clic sul consenso senza chiedere il rispetto dei nostri dati, ci allontaniamo dalla nostra responsabilità di far mettere questi problemi tra le priorità dell’agenda dei nostri governi”, ci tiene a sottolineare. 
“In momenti cruciali come questo, le generazioni prima di noi hanno intensificato il lavoro insieme per un futuro migliore”, spiega, richiamando alla memoria momenti rivoluzionari della storia come la pubblicazione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la Convenzione sul diritto del mare e il Trattato sullo spazio extra-atmosferico. Berners-Lee insiste con la proposta, avanzata qualche mese fa, di un vero e proprio Contratto per il web. Perché, scrive,“dal momento che il web plasma il nostro mondo, abbiamo il dovere di assicurarci che sia riconosciuto come un diritto umano, e finalizzato al bene pubblico”, chiude.




Quali sono i rischi di download di film, giochi e software da Torrent

Gli esperti di sicurezza del gruppo Yoroi/Cybaze ZLab hanno analizzato i rischi relativi al download di giochi, film e software pirata attraverso Torrent


Durante gli anni ’80 e ’90, con l’avvento di Internet, persone in tutto il mondo iniziarono a condividere contenuti digitali protetto da copyright, attraverso particolari applicazioni e protocolli di comunicazione come FTP, IRC, etc.
In quel periodo storico solo poche persone avevano le competenze tecniche per accedere a questi reti dove erano condivisi contenuti illegali, tuttavia negli anni seguenti la situazione è cambiata radicalmente.
Il fenomeno della pirateria del software è letteralmente esploso imponendo alle aziende produttrici di contenuti digitali la definizione di metodiche per la protezione del copyright online.
Le reti peer-to-peer, in particolare Napster, Gnutella e poco dopo BitTorrent, hanno decentralizzano l’accesso ai contenuti illegali in modo che gli utenti possano condividere file con milioni di altri utenti in tutto il mondo.
Gli esperti di sicurezza del gruppo Yoroi/Cybaze ZLab hanno analizzato i rischi relativi al download di giochi, film e software pirata attraverso Torrent.

L’esperimento

I ricercatori hanno condotto uno studio sull’uso del protocollo BitTorrent per scaricare i contentuti illegali sopra citati.
Allo scopo sono stati scaricati dai principali siti per la ricerca dei Torrent 30 Torrent appartenenti alle seguenti categorie:

  • 10 for Film: 33%
  • 10 for Games: 33%
  • 10 for Software: 33%

Per la categoria “Films” sono stati cercati 2 tra i film più attesi dell’anno: The Avengers 4” e “Joker, per la categoria “Games” e’ stato cercato il gioco Fortnite, uno dei videogiochi più giocati del momento in questo momento, ed infine, per la Categoria “Software” sono stati cercati alcuni dei software più utilizzati e diffusi: “Nero Burning Rom“, “Adobe Photoshop Lightroom” e “Malwarebytes Premium“.
 

I risultati sono davvero preoccupanti:

 

  • Il 20% dei torrent totali si è rivelato contenere Malware o Adware.
  • Alcuni dei torrent che distribuivano contenuto malevolo provengono da fonti con una buona reputazione, cosiddetti seeders:
    • La soluzione antimalware MalwareBytes Premium aveva 735 seed
    • Il software Photoshop Lightroom aveva 519 seed

Il rapporto dimostra che è estremamente semplice trovare un film, un gioco, o un software pirata attraverso i principali motori di ricerca BitTorrent, peccato che molti di essi siano distribuiti insieme a codici malevoli che mettono a rischio l’utente medio.
L’utente che intende scaricare contenuti digitali dalla rete BitTorrent può cercare il contenuto desiderato mediante un determinato motore di ricerca, a tal proposito sono stati presi in considerazione 4 dei più popolari motori di ricerca BitTorrent:

  • The Pirate Bay
  • 1337x
  • Rarbg
  • LimesTorrent

The Pirate Bay

 
Con 2,7 milioni di visitatori unici, è storicamente il più famoso ed importante motore di ricerca di torrent, a causa della sua storia e di tutti i problemi legali in cui è incappato nell’ultimo decennio. La piattaforma è stata fondata nel 2003 da un gruppo di hacker e attivisti, The Pirate Bay mirava a portare la condivisione di file alle masse. Il gruppo era formato da attivisti politici e hackers, molti dei quali avevano già lanciato altri progetti web che si opponevano alle istituzioni politiche considerate immorali ed accentratrici di potere.

1337x

Uno tra i più famosi motori di ricerca per torrent del mondo. La sua particolarità è nome “1337” che significa “elite”. Il motore di ricerca Torrent 1337x ha uno score superiore a TPB, anche per il fatto che The Pirate Bay è stato spesso oscurato dalle autorità cambiando frequentemente domini e indirizzi web, pertanto, 1337x ha acquisito una sufficiente popolarità tra i downloader.

Rarbg

Si tratta di un altro motore di ricerca che ha iniziato a raccogliere consensi tra le comunità dedite alla pirateria informatica. In numero di visite giornaliere al motore di ricerca Rarbg è in contiuo aumento sin da aprile 2018, la piattaforma conta circa 2.2 milioni di visitatori giornalieri con un rank (Alexa Rank) di 322.

LimeTorrents

Un altro motore di ricerca per torrent la cui reputazione è in rapido aumento. LimeTorrents è uno dei siti torrent con il più grande database in circolazione, offre torrent per diverse categorie di contenuti come film, programmi TV, giochi e applicazioni. Tuttavia la piattaforma non ha ancora un numero di visite come quello dei motori di ricerca descritti in precedenza.
 
Il rapporto conferma che la maggior parte dei torrent viene distribuito insieme a malware già noti e riconosciuti dalla maggior parte degli anti-virus, come si evince dall’immagine sottostante:
Torrent
Questo fenomeno è sicuramente diffuso anche grazie alla semplicità con cui le persone possono creare e distribuire un contenuto con torrent.
Un altro elemento interessante è che la maggior parte dei torrent melevoli, ha una buona reputazione in termini di seeders. Nella terminologia di BitTorrent, i seeder sono dei peer e quindi degli utenti che possiedono una copia completa del file. I seed sono un indicatore della diffusione di quel torrent nella rete BitTorrent.
Torrent
Gli esperti hanno anche dimostrato quanto sia semplice distribuire software malevolo attraverso Torrent, illustranto il processo di creazione di un Torrent.
Ulteriori informazioni sono presenti nel rapporto scaricabile al link seguente:
 
 
 
Scaricail White Paper qui:
Torrem
Buona lettura




Bassa “reputazione social”, 23 milioni di cinesi non possono più viaggiare

L’anno scorso, in Cina, 23 milioni di persone  non hanno potuto comprare biglietti aerei e del treno  perché avevano  un basso “punteggio social” a causa del loro comportamento, giudicato inopportuno.

Sono le prime vittime del  nuovo meccanismo di maxi-sorveglianza  introdotto in Cina, come   anticipato esattamente un anno fa , che valuta l’affidabilità dei cittadini nei loro comportamenti quotidiani, premiando i virtuosi e punendo i trasgressori: secondo i dati 2018 del  National Public Credit Information Center,  ripubblicati dall’Associated Press   , 17,5 milioni di cinesi non hanno potuto acquistare biglietti aerei e ad altri 5,5 milioni sono stati vietati biglietti per i treni ad alta velocità perché “screditati”.

Secondo quanto si legge nel rapporto, diffuso alla fine di febbraio, «una volta “screditato”, sei limitato ovunque»: il controverso “Social Credit system” per premiare o punire la condotta di tutti i residenti, che dopo la sperimentazione entrerà  in vigore per tutti i cinesi nel 2020, ha attratto molte perplessità a livello internazionale. Lo schema del “Punteggio di credito individuale”, nome ufficiale del progetto, si basa su una lista di dati, azioni e misure per valutare il comportamento dei cittadini, ed è stato definito da un funzionario della Municipalità di Pechino come «un importante approccio innovativo per  valutare la reputazione degli individui», che «avrà un impatto diretto sulla loro vita».

Quali sono i comportamenti puniti
Per fare qualche esempio, vengono puniti i cittadini che  non rispettano le scadenze delle tasse, che pagano in ritardo l’assicurazione, che occupano il posto sbagliato in treno oppure vi salgono senza biglietto, ma anche coloro che portano a passeggio i cani senza guinzaglio.

Svelato per la prima volta nel 2014, il “Social Credit system” ha fatto storcere il naso a molti a livello internazionale per la possibilità di un’ulteriore “stretta” sul controllo in Cina, innescando il paragone con lo scenario tratteggiato dal romanzo “1984” di George Orwell e con  alcuni episodi della serie tv “Black Mirror”  . Nel mirino del “grande fratello” ci sono possessori di animali domestici,  medici sospettati di non rispettare il codice etico, sino a chi diffonde (anche preseunte) fake news su Internet. Alibaba, colosso del commercio elettronico, ha annunciato un’alleanza con altre piattaforme di vendita online per dare vita a un sistema di “credito sociale” per punire i venditori disonesti.




La Coca-Cola utilizza plastica pari al peso di 115 Titanic all’anno

Per la prima volta è stato reso noto la quantità di Pet impiegata dalla società di Atlanta: 3 milioni di tonnellate nel 2017, come 441 mila T-Rex

Mezza piramide di Cheope, 115 navi come il Titanic, oppure 441 mila dinosauri come il T-Rex. Equivalgono a 3 milioni di tonnellate, cioè il peso di Pet (il tipo di plastica impiegato nelle bottiglie, diverso dal Pe con il quale sono fatti i tappi) utilizzato nel 2017 dalla Coca-Cola. Per la prima volta la compagnia di Atlanta rivela la quantità di plastica che utilizza per imbottigliare parte dei suoi prodotti (il restante viene messo in gran parte in bottiglie di vetro e in lattine di alluminio). Il dato, insieme a tanti altri, è contenuto nel rapporto New Plastic Economy Global Commitment, compilato dalla Ellen MacArthur Foundation, organizzazione che ha deciso un’azione in profondità contro l’inquinamento da plastica.

L’impegno

Lanciato nell’ottobre dello scorso anno, l’impegno della Fondazione e di altre associazioni in collaborazione con l’Agenzia Ambiente delle Nazioni Unite, ha visto la partecipazione di oltre 150 società interessate alla plastica (produttori, imbottigliatori, venditori) che rappresentano più del 20% di tutti gli imballaggi in plastica a livello globale, 16 governi, 26 istituzioni finanziarie, 50 università e centri di ricerca che sostengono una visione comune di economia circolare in merito alla plastica e l’impegno a eliminarne gradualmente l’uso e promuoverne la raccolta e il riciclo.

3 milioni di tonnellate

Non tutti però hanno svelato i numeri della plastica che producono o utilizzano. Tra le 31 società su 150 interessate c’è la Coca-Coca, che per la prima volta ha ammesso di aver utilizzato 3 milioni di tonnellate di Pet (polietilene tereftalato) nel 2017. Il motivo per non aver diffuso la notizia in precedenza è semplice: dalla quantità di plastica è facile risalire al numero di bottiglie prodotte. Facendo un rapido calcolo, equivale a 108 milioni di bottiglie da mezzo litro, pari a oltre il 25% di tutte le bottigliette di pari capacità in Pet prodotte nel mondo.

307 Titanic

Se alla Coca-Cola si aggiungono le altre principali compagnie che hanno svelato i loro numeri, come Mars, Nestlé e Danone, si arriva a un utilizzo di 8 milioni di tonnellate di Pet all’anno. A quanto equivale? Al peso di 62 miliardi di iPhone 6, 44.750 Jumbo jet, 78 portaerei come la Nimitz. Oppure al peso di 195 mila capodogli, che inghiottono le bottiglie di plastica finite in mare scambiandole per calamari.




Una guida agli algoritmi: come funziona Facebook

Gli algoritmi dei social media/network sono diventati sempre più centrali su consumo di notizie e informazioni da parte delle persone, e dunque hanno altrettanto assunto centralità per i brand, le aziende, glie enti, e le organizzazioni che utilizzano le piattaforme social per la loro comunicazione d’impresa.

I social network si sono evoluti da un luogo in cui le persone si connettono a una piattaforma di distribuzione delle informazioni. Si tratta di costruire una comunità, non un pubblico. Si tratta di rendere il contenuto colloquiale invece di catturare l’attenzione. In definitiva, si tratta di adottare un approccio più onesto quando si interagisce con le persone sui social. Ma in questo percorso, una mancanza di comprensione di come funzionano gli algoritmi dei social media è come guidare al buio senza luci accese.

Ecco perché abbiamo pensato di riprendere la decodifica degli algoritmi dei social prodotta da Ste Davies, social media strategist anglosassone. Naturalmente l’infinita combinazione di variabili degli algoritmi è conosciuta con precisione solamente da chi li ha creati, e ne è proprietario, ma una combinazione di informazioni divulgate pubblicamente dai social network, ricerche di terze parti, alcune ipotesi di base e un po’ di buon senso, che naturalmente non guasta mai, consentono comunque di utilizzarli come un processo e una lista di controllo che è possibile seguire per assicurarsi che i propri contenuti e messaggi abbiano la migliore opportunità di ricevere il massimo impatto.
Partiamo naturalmente dalla piattaforma social più popolosa del pianeta: Facebook che ha, forse, l’algoritmo dei social media più famoso [o famigerato] al mondo. Ma esattamente, cosa sappiamo dell’algoritmo di Facebook nel 2019? Questi i fattori principali:
– Nonostante quello che inizialmente pensavamo, Facebook ha confermato di recente che non condivide il tuo contenuto inizialmente solamente con 26 persone;
– Un post viene offerto a una piccola percentuale di utenti per misurare il coinvolgimento iniziale;
– L’algoritmo di Facebook darà la priorità ai contenuti che stimolano una conversazione tra amici e familiari;
– Darà la priorità ai collegamenti condivisi su Messenger;
– La credibilità di un utente [completezza della sua pagina, cronologia della condivisione ecc.] è un fattore di ranking;
– Il contenuto del brand o del publisher condiviso da un utente e genera ulteriori discussioni avrà la priorità;
– Darà la priorità al video live perché riceve più interazioni;
– I post dei video nativi ricevono un coinvolgimento molto maggiore rispetto a un post di collegamento;
– L’impegno è basato su un sistema di punteggi;
– I post con commenti di lunga durata nel tempo riceveranno una ponderazione più alta;
– I contenuti nativi hanno la precedenza sui collegamenti ad altri siti;
– Postare cinque volte al giorno sembra essere la quantità ottimale, secondo uno studio di Buffer;
– Clickbait e le richieste alle persone di “piacciare”, commentare o condividere i propri contenuti riceveranno un markdown;
– Il contenuto sensazionalistico sarà contrassegnato negativamente dall’algoritmo;
– L’algoritmo di Facebook ridurrà la portata degli articoli con titoli falsi, o comunque fuorvianti.
L’infografica sottostante riepiloga i principali fattori che premiano e penalizzano la diffusione dei contenuti su Facebook, senza dimenticare che vi sono altri aspetti, altri elementi, quali la lunghezza dei post e il giorno in cui si postano i contenuti che altrettanto hanno un impatto sul livello di engagement da parte delle persone nei confronti dei contenuti stessi.
Elementi che generano delle linee guida di massima con le quali lavorare con l’algoritmo di Facebook per migliorare la propria presenza e ottenere, a parità di condizione, risultati migliori.
In primis, è dunque opportuno, anzi necessario, creare contenuti con lo scopo di alimentare la discussione tra gli utenti di Facebook, tra le persone. Chiunque cerchi di lavorare con l’algoritmo dovrà tenerne conto quando sviluppa contenuti che vuole abbiano buone performance sulla piattaforma social.
Stando a Facebook, l’ideale sarebbe adottare un approccio 80/20 tra contenuti nativi e non. Naturalmente, se, come spesso avviene, il proprio obiettivo è quello di indirizzare il traffico verso il sito aziendale diviene necessario devi giocare bene all’interno di questo equilibrio.
Soprattutto, contrariamente a quello che avviene per molti newsbrand, è necessario mirare ad essere stimabile agli occhi dell’algoritmo, e perciò essere esigente con ciò che si condivide. Non usare Facebook come mezzo per condividere ogni contenuto che si possiede, e/o si produce. Se non genera engagement, il proprio punteggio di credibilità diminuirà. Condividiamo dunque contenuti che riteniamo adatti per la piattaforma e il pubblico che stiamo cercando di coinvolgere.

[fine prima parte]