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Emissioni, dopo il Dieselgate il paradosso: “I produttori aumentano i dati sulle emissioni di CO2 per ridurre il target”

produttori aumentano i dati sulle emissioni di CO2 per ridurre il target
Dopo lo scandalo che tre anni fa fece tremare Volkswagen e gli altri big del mercato delle auto, la nuova denuncia arriva dalla Commissione europea: le case falsificherebbero le statistiche sulle emissioni per allontanare i target percentuali di riduzione: meno 15% per il 2025 e meno 30% al 2030


I dati delle emissioni auto gonfiati di proposito “non sono un problema nell’industria nel suo complesso” e rappresentano una pratica controproducente per le stesse aziende: “Un produttore che volesse dichiarare valori diCo2 superiori potrebbe perdere significativamente in competitività e quote di mercato, cosa che non è interesse di nessuno”. Dopo l’allarme su nuovi test truccatilanciato dalla Commissione europea a Europarlamento e Consiglio Ue, reso noto nei giorni scorso dalla ong Transport&Environment, le case automobilistiche passano al contrattacco. Tramite l’associazione Acea, che rappresenta i 15 principali marchi di autovetture, l’industria rispedisce al mittente le accuse rivendica il suo contributo “per supportare la Commissione europea nello sviluppo del nuovo test di laboratorio Wltp”.

Sotto attacco il test post-Dieselgate

Proprio il Wltp, infatti, è stato messo a punto per superare le criticità del vecchio sistema di omologazione Nedc, che ha fatto da sfondo tre anni fa al Dieselgate. Ora, dopo lo scandalo sulle emissioni truccate dei motori diesel che ha travolto Volkswagen e toccato anche altri marchi automobilistici, l’allarme di Bruxelles ha sollevato sospetti anche questo nuovo sistema. Portando i commissari europei al Mercato interno Elżbieta Bieńkowska e al Clima ed energia Miguel Arias Cañete, così come gli ambientalisti, a temere per la reale efficacia delle politiche di riduzione delle emissioni auto. Falsificando sia le emissioni in fase di misurazione nei test, sia quelle dichiarate, i produttori potrebbero infatti arrivare, secondo T&E, a depotenziare in maniera significativa gli obiettivi comunitari di taglio dell’inquinamento prodotto dai mezzi a motore: i target al 2025potrebbero risultare indeboliti del 57%, quelli al 2030 del 23%. Una pratica ben lontana dall’onestà e trasparenza promessa dai grandi marchi dopo gli scandali degli anni passati e che fa sospettare gli ambientalisti di una collusione diffusa.

Bruxelles: “Dati truccati”, ma Acea: “Contro le manipolazioni”

Acea si dice “completamente d’accordo che i valori di Co2 non dovrebbero essere artificialmente aumentati di proposito in qualunque modo che potrebbe indebolire i target di Co2 post 2020”. La replica arriva dopo che la rete europea di associazioni Transport&Environment ha pubblicato la lettera inviata il 18 luglio dalla Commissione Ue a Parlamento europeo e Consiglio per allertarli e invitarli a mettere in atto una controffensiva di fronte ai presunti tentativi dei produttori di veicoli di depotenziare il nuovo sistema di omologazione Wltp. Manovre osservate dagli scienziati del centro di ricerca europeo Jrc, preoccupanti perché potrebbero ridurre la portata delle politiche europee di abbattimento delle emissioni. Il precedente test Nedc veniva svolto in condizioni troppo lontane da quelle di guida reale e prevedeva per le case automobilistiche spazi di manipolazione tali da non restituire dati rispondenti al vero. Da qui il cambio di test, passando al Wltp in vigore da settembre 2017 e l’introduzione di nuovi obiettivi di riduzione proposti dalla Commissione e adesso al vaglio di Parlamento e Consiglio Ue. In base alle evidenze ad oggi disponibili, però, non è cambiato l’approccio dei produttori di veicoli, ma solo la direzione dell’alterazione dei dati: in passato lo scopo era ottenere valori più bassi della realtà, adesso più alti. L’obiettivo, infatti, è sarebbe gonfiare i valori delle emissioni al 2020, per depotenziare gli obiettivi di riduzione della CO2 imposti dall’Europa: meno 15%per il 2025 e meno 30% al 2030. La logica è elementare: un valore di partenza maggiore fa sì che si debbano abbattere di meno le emissioni. “Ci sono evidenze di produttori che configurano i propri mezzi per il test in modo che le emissioni Wltp siano gonfiate, mentre una configurazione diversa è usata per gli Nedc per raggiungere emissioni di CO2 più basse possibile”, scrive la Commissione nella relazione allegata alla lettera.

T&E: “A tre anni dal Dieselgate, niente è cambiato”

Secondo T&E, nei vecchi test Nedc attraverso una serie di accorgimenti le case automobilistiche riuscivano a ottenere valori di emissioni inferiori rispetto a quelli reali. Adesso che l’obiettivo è invece ottenere nelle prove risultati più alti, si usano tecniche opposte che secondo la relazione del Jrc fanno aumentare i consumi di carburante del 5%. Oltre alla misurazione delle emissioni, il test Wltp prevede anche una dichiarazione della Co2emessa: anche su questo fronte, però, i ricercatori hanno individuato manipolazioni, con i valori dichiarati maggiori in media del 4% rispetto a quelli misurati, e punte del 13%. Se infatti, considerando le falle dello Nedc, il nuovo test prevede meccanismi per evitare valori dichiarati più bassi di quelli misurati, non si era previsto che le criticità sarebbero state esattamente opposte. “Appena tre anni dopo il Dieselgate, sembra che niente sia cambiato. Le case automobilistiche europee continuano a concentrarsi su come barare sui risultati dei test piuttosto che impegnarsi a produrre motori più efficienti. In questo modo, rimandano ulteriormente il passaggio alla mobilità elettrica con conseguenze negative per l’ambiente, la società e l’economia. I governi nazionali e il Parlamento europeo devono rispondere a questo abuso con target di riduzione della Co2 più ambiziosi”, dice a ilfattoquotidiano.it la rappresentante di T&E in Italia Veronica Aneris

Allarme collusione

“Considerando che solo alcuni produttori potrebbero gonfiare il dato di partenza, questo potrebbe anche portare una distorsione delle condizioni tra le aziende”, scrivono i commissari al Mercato interno Elżbieta Bieńkowska e al Clima ed energia Miguel Arias Cañete nella missiva. Tesi sostenuta anche da Acea nella sua risposta, spiegando che il problema non riguarda l’industria nel suo complesso: “Accrescere le emissioni di Co2 di proposito per gonfiare i dati di partenza Wltp non sarebbe solo controproducente nell’attuale discussione sulla Co2 ma potrebbe anche ostacolare la competitività del produttore”. Secondo il direttore esecutivo di T&E William Todts, invece, proprio il fatto che livelli di emissioni più alti porteranno probabilmente a maggiori tasse imposte sui veicoli e dunque a situazioni di svantaggio sul mercato fa pensare a un alto livello di collusione tra i produttori. “L’unico modo in cui questo trucco può funzionare è che tutti i produttori lavorino insieme”, dice Todts. Nella lettera i due commissari indicano alla presidenza di turno del Consiglio Ue e alla commissione Ambiente del Parlamento europeo, che stanno discutendo la proposta di regolamento della Commissione sui target di riduzione della Co2 per le auto, alcune soluzioni: chiarire che il dato di partenza su cui si calcolano i target è quello delle emissioni misurate e non di quelle dichiarate e prevedere una raccolta sistematica dei dati dei test Wltp. Soluzioni con cui si dice d’accordo anche Acea, mentre per T&E bisogna accertare se c’è stata collusione e infliggere delle sanzioni: “La Commissione propone solo di eliminare le scappatoie, non di punire i produttori. Questo è coerente con il modo con cui l’Europa ha gestito il Dieselgate, dove l’impegno è stato soprattutto dedicato a risolvere il caos dell’industria, e non a penalizzare i produttori per i loro misfatti. Forse è per questo che non c’è stato un cambiamento nella cultura”, dice Todts a ilfattoquitidiano.it.




Ferrero premia i suoi dipendenti: ​”Oltre 9mila euro in quattro anni”

Oltre 9mila euro in quattro anni

Aumento del 14% rispetto al contratto scaduto il 30 giugno, 4 mezze giornate di permesso per le visite pediatriche dei figli. Sono solo due due punti fondamentali dell’accordo, “frutto di un dialogo aperto e costruttivo” sottolinea Ferrero in una nota, che interesserà 6mila addetti in Italia.

“Abbiamo sottoscritto un accordo che offre ai circa 6mila lavoratori della Ferrero Italia, oltre a un buon aumento del salario variabile, anche la necessaria stabilità e continuità occupazionale. L’integrativo contiene, infatti, all’interno del capitolo investimenti area industriale, le iniziative imprenditoriali e gli investimenti che l’azienda intraprenderà nel quadriennio, anche per mantenere stabile l’occupazione del gruppo nei siti italiani”. Sono le parole di Attilio Cornelli, Mauro Macchiesi e Guido Majrone, segretari nazionali di Fai, Flai e Uila, annunciando il rinnovo dell’accordo di gruppo Ferrero, scaduto il 30 giugno 2018, sottoscritto oggi. Tre i capisaldi dell’accordo, “frutto di un dialogo aperto e costruttivo” sottolinea l’azienda in una nota: il premio di produttività – fino a 9.210 euro nel quadriennio, dai 2.220 euro per la campagna produttiva 2018-2019 ai 2.420 per il 2021-2022, con un aumento a regime del 14% rispetto a ll’ultimo integrativo –; la flessibilità – con il rafforzamento dello smart working, che si estende a tutti gli stabilimenti italiani, dopo la sperimentazione ad Alba, e la possibilità del part-time per i genitori fino al quarto anno di vita dei figli – e il tema, centrale, degli investimenti industriali nei plant italiani del Gruppo che negli ultimi mesi, grazie all’acquisizione del ramo dolciario di Nestlè negli Stati Uniti, ha ulteriormente rafforzato la sua vocazione globale.
“Al centro dell’integrativo ci sono gli interessi dei lavoratori”, sottolinea Majrone in una nota della Uila. “Non solo, infatti, l’azienda si è impegnata ad intraprendere una serie di iniziative e investimenti nel quadriennio per mantenere stabile l’occupazione nei siti italiani, ma – aggiunge – sono state incrementate molte misure di welfare”. “Tra queste voglio sottolineare l’innalzamento delle giornate di permesso per le visite pediatriche dei figli di età compresa tra 0 e 14 anni; l’aumento, rispetto a quanto previsto dalla legge, dei permessi retribuiti al padre in occasione della nascita del figlio e per assistere i genitori e/o il coniuge in caso di gravi infermità; l’attivazione di forme di part-time per i genitori al rientro dai periodi di astensione obbligatoria fino al compimento del quarto anno di vita del bambino e l’inserimento in busta paga di un contatore per le notti interamente lavorate”.
Diverse le novità che riguardano il capitolo ‘Persone in Ferrero’ – spiegano i sindacati: come accennato, l’innalzamento da 3 a 4 mezze giornate di permesso per le visite pediatriche dei figli di età compresa tra 0 e 14 anni, 2 giornate di permesso retribuito al padre in occasione della nascita del figlio oltre a quanto previsto dalla normativa vigente, 2 mezze giornate di permesso retribuito per assistere i genitori e/o il coniuge per documentata e grave infermità in aggiunta a quanto previsto all’articolo 40 bis del Ccnl, l’attivazione di forme di part-time per i genitori al rientro dai periodi di astensione obbligatoria fino al compimento del quarto anno di vita del bambino e l’inserimento in busta paga di un contatore per le notti interamente lavorate. “Come di consueto siamo riusciti a rinnovare l’accordo integrativo in tempi molto rapidi e con soddisfazione reciproca delle parti, confermando la positiva tradizione di relazioni tra Fai, Flai, Uila e il gruppo” sottolineano i sindacalisti. “Nonostante alcuni cambiamenti nella governance aziendale e nelle politiche di crescita anche tramite acquisizioni di marchi e stabilimenti all’estero, possiamo affermare che gli investimenti previsti per Ferrero Italia e il modello partecipativo di relazioni sindacali presente nell’accordo, confermano l’Italia come paese centrale e di grande importanza per il futuro della multinazionale piemontese”




Luca Poma intervistato da Essere E Avere – Radio24

Intervista rilasciata a “Essere e Avere” – Radio24, da Luca Poma, autore del libro “Il sex appeal dei corpi digitali”, per Franco Angeli Edizioni.
Ascolta l’audio dell’intervista:
http://corpidigitali.it/wp-content/uploads/2015/08/Luca-Poma-intervistato-da-Essere-E-Avere_280440407_soundcloud.mp3




La fabbrica di troll per influenzare l’opinione pubblica, tra Russiagate e politica italiana: scoperti 1500 tweet “populisti”

scoperti 1500 tweet “populisti”
Scoperta dal sito Five Thirthy Eight.com una rete con più di un milione di interventi sul social da parte di profili sospettati di appartenere a operatori russi. Tra questi anche dei cinguettii in italiano. Obiettivo: rilanciare i temi populisti


1500 tweet a favore dei temi cari ai populisti. È quanto scoperto dal sito americano Five Thirthy Eight che ha creato un database su quasi tre milioni di cinguettii provenienti dagli account associati all’agenzia russa Internet Research Agency. In sostanza, una “fabbrica di troll” targata Mosca per influenzare l’opinione pubblica occidentale, nel caso specifico quella italiana. La notizia è riportata questa mattina dai quotidiani La Repubblica e Corriere della Sera che riprendono la ricerca americana in cui si racconta di un intervento sistematico sui social per interferire e manipolare l’opinione degli italiani.
Un esempio? Il tweet sul figlio di Poletti, l’ex ministro del lavoro, finito al centro di un’aspra polemica perché il suo giornale incassava i finanziamenti pubblici. All’origine della viralità dello scandalo a 140 caratteri ci sarebbe Noemi, un account fake con più di 50mila follower che rilanciò la bufala. Un profilo che poi sparì, raccontano i quotidiani. La sua fake news fu scoperta poi da David Puente. Dietro si nasconde la mano dell’Internet Research Agency, un’agenzia con sede a San Pietroburgo con 400 dipendenti. 
A scoprire il giro di tweet – e retweet soprattutto – è stato il sito americano guidato da Nate Silver, con la collaborazione di alcuni docenti universitari. Il sistema venuto alla luce è stato studiato così: 2.973.371 cinguettii provenienti da circa 3mila account caricati nel database aperto con tanto di autore, testo, data e tipologia di tweet, ovvero se originale o un retweet. Nove Excel raccolgono tutto. I file interessati dalla ricerca vanno dal febbraio 2012 a maggio 2018.  Ma il picco di messaggi va dal 2015 al 2017. Non solo messaggi in inglese a favore di Donald Trump, dunque. Ma anche cinguettii in italiano a sostegno delle posizioni dei partiti populisti nostrani. Secondo i dati raccolti l’ordine non è quello di formulare contenuti originali e lanciarli nella discussione politica italiana: i troll russi per lo più rilanciano altri profili social con forte seguito e vicini ai loro temi.
Putin è l’unico grande statista e uomo di pace, Usa sono guerrafondai”, è l’esempio riportato a firma “belkastrelka”. Ma ce ne sono molti altri, tutti provenienti da San Pietroburgo, che interagivano con i profili dei sostenitori Lega e M5s. “Brianwarning” il 21 gennaio 2016 rilancia un post italiano che si interroga sull’eventuale uscita dall’Ue della Gran Bretagna dopo il referendum. A un contenuto relativamente neutro si nota che i profili collegati sono politici e vicini all’area M5s. C’è poi “SoqqadroM”, attivo fino a ieri 1 agosto, che twittava a favore di Marcello Foa allapresidenza Rai. Un altro account è quello di Elena07617349, ora cancellato, ma fino a primavera 2017 associato a contenuti contro Obama, contro Matteo Renzi e contro gli sbarchi. Un profilo finito sotto la lente di Robert Mueller, procuratore speciale per le indagini del Russiagate. Elena inizialmente si esprimeva in inglese, per poi passare all’italiano. Una strana connessione. Sempre di Elena07617349 si trovano molti dialoghi in italiano con 123stoka #iostoconsalvini.
Non solo gli Stati Uniti dunque, ma anche l’Italia. I profili di social che sono stati impegnati nelle interferenze della campagna elettorale americana del 2016, hanno attivamente rilanciato i contenuti di profili di twitter in italiano che sostenevano le posizioni dei partiti populisti oggi al governo. Una rete di propaganda che è ancora in corso di analisi: “Riassemblare e organizzare questi tweet è una sorta di esercizio di sicurezza nazionale”, sono le parole dei responsabili del sito americano riportate da Repubblica. Fatto sta che il flusso di tweet finora studiato aumenta la sua portata proprio in corrispondenza degli appuntamenti elettorali più rilevanti, come la campagna americana del 2016 che ha portato alla vittoria di Donald Trump. Tutti profili che poi sono stati cancellati. Va specificato che il materiale studiato da Five Thirthy Eight.com non permette di ipotizzare che dietro il tweet storm di propaganda ci sia un accordo dei partiti italiani con la fabbrica di troll russa.
Le reazioni politiche – “L’esistenza di una fabbrica di troll e fake news in Russia, che ha lavorato per diffondere notizie false contro i governi del Pd per favorire Lega e M5s, è gravissima”, è stato il commento  dei deputati Pd che parlano di “ennesima conferma dei sospetti che erano già stati avanzati nei mesi scorsi, anche alla luce delle dichiarazioni dell’ex vicepresidente americano Biden”. Secondo Michele Anzaldi e Carmelo Miceli è “urgente che il Parlamento italiano dia il via libera alla costituzione di unaCommissione di inchiesta sulle fake news, per la quale abbiamo presentato l’articolato di legge il primo giorno della legislatura”. “Gli italiani hanno diritto di sapere – proseguono Anzaldi e Miceli – se le loro opinioni sono state manipolate”.
La ricostruzione della rete di propaganda a firma russa arriva a due giorni di distanza dalla scoperta da parte di Facebook di un tentativo di influenzare le elezioni di medio termine Usa del prossimo novembre, attraverso account falsi che rilanciavano temi caldi per influenzare l’opinione pubblica americana. Sono stati chiusi otto pagine17 profili e sette account Instagram non autentici, che agivano in maniera coordinata. Menlo Park ha fatto sapere che è troppo presto per sapere se gli account siano legati alla Russia. Già nei mesi scorsi il social di Mark Zuckerberg è stato investito dallo scandalo di Cambridge Analytica, al centro di un furto di informazioni di 50 milioni di suoi utenti, poi utilizzate dalla società di dati per influenzare i risultati delle elezioni presidenziali americane 2016.




Original Marines, sostegno alla Fondazione Abio: c’è la capsule collection

Proseguono le iniziative di corporate social responsibility pianificate da Original Marines in occasione del 35esimo anniversario del brand.

Dopo l’accordo siglato con Fondazione Abio Italia Onlus lo scorso aprile, il brand campano sceglie di continuare a sostenere economicamente i progetti istituzionali di Fondazione che gestisce e coordina a livello nazionale le attività di 66 Associazioni Abio attive sul territorio italiano.
Questo importante progetto rientra in un piano strutturato di iniziative di Csr che accompagneranno, da ora in avanti, l’attività di Original Marines. Il tema della Csr è, infatti, fortemente sentito dal brand che è particolarmente impegnato anche nella promozione e nel sostegno di pratiche di sostenibilità nella filiera dell’abbigliamento.
Con l’obiettivo di valorizzare la partnership, Original Marines prevede numerose attività nei propri punti vendita su tutto il territorio nazionale a supporto di Fondazione. Una speciale capsule collection realizzata per Fondazione Abio Italia Onlus sarà venduta a partire da metà settembre in tutti gli store Original Marines e i proventi saranno devoluti ai suoi progetti. Due modelli di wind jacket, uno declinato per le bambine e uno per i bambini, proposti in bianco con dettagli blu e rosso a contrasto, contaminati da interventi active-sport che sottolineano l’anima sportswear del brand.
Originale ed estremamente cool, la capsule Original Marines è portavoce della filosofia del brand che privilegia il saper vivere, lo stile, il comfort e la qualità in ogni espressione.
Inoltre, a sostegno della Fondazione, Original Marines dedica giornate evento in store che si inseriscono nell’ambito del progetto “Original Days”. In particolare, il programma prevede le giornate “Costruiamo un arcobaleno by Fondazione Abio” durante le quali i volontari delle Associazioni Abio, negli store Original Marines, organizzano divertenti attività per i bambini e raccontano ai genitori i progetti di Abio che, dal 1978, ogni giorno si prende cura dei bambini ricoverati in ospedale.
“Siamo uno dei principali marchi italiani per bambini – commenta Antonio Di Vincenzo, Presidente di Imap Export, società che detiene il marchio Original Marines – e nel nostro percorso sono stati fondamentali il rispetto per i più piccoli e la condivisione di un importante sistema di valori. Riteniamo estremamente importante essere attivi sul fronte della Corporate Social Responsibility e per questo motivo abbiamo scelto di realizzare iniziative quali il sostegno ai progetti di Fondazione Abio Italia Onlus”.
Fondazione Abio Italia Onlus condivide con l’azienda l’importante e costante attenzione al mondo dei bambini, la capacità di prendersene cura, di essere vicini ai loro bisogni e il desiderio di regalare loro sempre un sorriso.
Original Marines sarà, inoltre, sostenitore unico della Quattordicesima Giornata Nazionale Abio, che sarà celebrata il 29 settembre in 150 piazze italiane.