DigitalMente

“DigitalMente”, rubrica settimanale che ogni Venerdì prova a fornire spunti e appunti su digitale e dintorni per riflettere a tutto campo su innovazione e digitale. Oggi abbiamo scelto di parlare di Twitter.
Diffusi ieri i risultati relativi al terzo trimestre 2018 da parte di Twitter Inc. Risultati con luci e ombre che offrono spunti di riflessione che, volendo, vanno al di là del caso specifico. Vediamoli.
Si assiste al calo più significativo di sempre per quanto riguarda il numero di utenti mensili attivi. Complessivamente la flessione è del 2.6% rispetto al trimestre precedente, che già era in calo, e del 1.2% rispetto al pari periodo dell’anno precedente. La flessione negli USA è del 1.4% rispetto al trimestre precedente e del 2.9% rispetto al pari periodo dell’anno precedente. Più pesante il calo di utenti mensili nel resto del mondo con una flessione del 3% rispetto al trimestre precedente, mentre rispetto al pari periodo dell’anno precedente il calo è solamente del 0.4% .
In totale sono stati persi nove milioni di utenti unici rispetto al trimestre precedente, che aveva già registrato un calo di un milione di utenti unici mensili, e di quattro milioni rispetto al pari periodo dell’anno precedente, eppure le quotazioni del titolo sono aumentate del 15.5% in seguito all’annuncio dei risultati, nonostante le attese siano di un ulteriore, modesto, calo degli utenti attivi mensili nel futuro prossimo.
Il perché è presto detto. Infatti, per quanto riguarda il numero di utenti mensili, il calo è dovuto alla pulizia di bot e account fake nei mesi scorsi. Pulizia e trasparenza che era stata oggetto di plauso da parte di agenzie e centri media, e infatti i ricavi complessivamente aumentano del 29% e quelli da advertising crescono addirittura del 36% anno su anno. Se a questo si aggiunge che l’ad engagement è in continua crescita, si capisce come mai a fronte di un calo degli utenti mensili vi sia una reazione positiva degli investitori, con Twitter che orgogliosamente annuncia: «We’re attracting great people to Twitter who believe in our purpose, and we’re driving investments in our highest priority areas: health, audience and engagement growth, revenue product, ads platform, and sales».
Insomma, nell’era delle “fake news”, delle metriche falsificate, o comunque falsate, dei fake influencer con un audience altrettanto fake, e, a adbuntatiam, della piaga dell’ad fraud, apertura e trasparenza sono un valore, se possibile, ancor più apprezzato. Una lezione che va ben al di là del caso specifico di Twitter.


Per una realtà che vive all’80% di delivery a domicilio, il pagamento in follower non è tanto un pretesto per trascinare clienti in un locale che conta appena una dozzina di coperti, ma una trovata pubblicitaria e commerciale. Le prime settimane dopo l’apertura ci possiamo facilmente immaginare uno stuolo di morti di like pronti a mostrare chi ce l’ha più lungo, il seguito: gli influencer dentro a scroccare una cena, i follower, potenziali fruitori, stuzzicati dalle condivisioni social spronati a consumare il sushi comodamente seduti sul divano di casa. O almeno è così che devono essersela immaginata i proprietari, condannandosi, con una punta di masochismo, a lavorare in un un ambiente di influencer o pseudo tali, con tutte le idiosincrasie che li contraddistinguono.
