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Rating ESG: il Parlamento Ue discute il nuovo Regolamento

Rating ESG: il Parlamento Ue discute il nuovo Regolamento

ABruxelles si avvicina il momento per discutere della proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sulla trasparenza e sull’integrità delle attività di rating ambientale, sociale e di governance (ESG), messo recentemente a punto dalla Commissione europea.

Pur risultando centrale per agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo e delle Nazioni Unite, il mercato dei rating ESG è attualmente viziato da non conformità, elementi distorsivi e soprattutto rischio di greenwashing, con il risultato che la fiducia degli investitori può risultarne compromessa.

Un problema dimostrato anche da una recente ricerca finanziata dall’Europarlamento e presentata a Bruxelles nel giugno scorso, secondo la quale il 70% circa delle aziende che pubblicano bilanci di sostenibilità, convalidati da una Società di certificazione, confermano che il lavoro di quest’ultima si è basato solamente sull’analisi di documenti ed evidenze prodotte dall’azienda stessa, senza quindi venire sottoposti a una vera e propria verifica da parte dei Certificatori, mentre sono solo un quarto (25%) le organizzazioni che affermano di essersi sottoposte a uno specifico audit interno sulla rendicontazione dei criteri ESG.

Rating: indispensabili, ma il mercato è una giungla

In particolare, i rating ESG sono ormai indispensabili ovunque per partecipare a bandi, appalti e anche solo beauty contest, ma il mercato appare come una giungla, e nella maggior parte dei casi le cosiddette “certificazioni ESG” altro non sono che banali validazioni di auto-dichiarazioni delle aziende stesse, spesso risultanti dalla compilazione di “checklist online” – ovviamente a pagamento – sulle quali non viene effettuato poi alcun controllo di autenticità.

“Non esistendo un quadro normativo specifico a livello europeo per i rating ESG, gli Stati membri, attualmente, operano indipendentemente l’uno dall’altro, generando eccessiva eterogeneità, possibili conflitti e una protezione ineguale degli investitori nei diversi Stati membri”, ha dichiarato Luca Poma, Professore di Reputation Management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, che ha avuto modo di analizzare nel dettaglio la bozza di proposta che sta per approdare in Parlamento ed avanzare alle autorità preposte alcune osservazioni di merito.

“Questo strumento legislativo vuole garantire, attraverso dichiarazioni ESG credibili, autentiche e rilasciate da enti e agenzie autorizzate, una standardizzazione di questo genere di certificazioni, garantendo un approccio omogeneo tra gli Stati membri e una maggiore trasparenza e protezione degli investitori”.




Asserzioni etiche e di sostenibilità delle aziende e “fake ESG”: la ricerca presentata al Senato della Repubblica

Asserzioni etiche e di sostenibilità delle aziende e “fake ESG”: la ricerca presentata al Senato della Repubblica

Si è svolto nell’Aula Convegni del Senato della Repubblica (se in diretta streaming sulla webtv del Senato), l’evento di presentazione della ricerca, in vista della prossima approvazione del Regolamento UE sui provider ESG.

All’evento, organizzato e introdotto dalla Sen. Dolores Bevilacqua, vicepresidente della IV Commissione (Politiche Europee) del Senato, ha ricevuto i saluti del Presidente di Commissione Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata e dell’On. Tiziana Beghin, l’eurodeputata che ha commissionato la ricerca.

La Dott.ssa Giorgia Grandoni (Reputation Management Srl), che ha coordinato la ricerca e il Prof. Luca Poma (cattedra di Reputation Management all’Università LUMSA di Roma), referente scientifico della medesima, ne hanno presentato e commentato gli higlights.

Per concludere, una tavola rotonda con interventi del Prof Stefano Zambon (UniFerrara e OIBR – Organismo Italiano di Business Reporting), Filippo Nani (Presidente nazionale FERPI), Barbara Cimmino (Yamamay) e Roberto Scrivo (Engineering Spa).

Moderatore dell’evento, il giornalista Luca Yuri Toselli


Il video integrale dell’evento:


Il testo integrale della ricerca, in lingua italiana, è disponibile a questo link

La ricerca è anche disponibile in lingua inglese a quest link

Si possono anche consultare le slides usate per presentare i dati salienti della ricerca




Tesi di laurea: Blockchain, Big Data e Algoritmi: come possono contribuire a una solida reputazione aziendale

Corso di Laurea in Comunicazione e Digital Media

Anno Accademico 2022/2023

Introduzione

Al giorno d’oggi, la blockchain è spesso associata alle diverse criptovalute, come ad esempio i bitcoin, che hanno guadagnato sempre più popolarità negli ultimi anni. Tuttavia, la blockchain va oltre questo ambito. Essa rappresenta un database che registra informazioni, principalmente transazioni commerciali come la vendita di bitcoin.

Questa tesi si propone di analizzare come un adeguato sistema basato sulla blockchain possa essere il punto di svolta per la costruzione di una solida reputazione aziendale. Inoltre, considerando l’importanza dei Big Data, ogni impresa è chiamata a prestare particolare attenzione a tali dati, che non devono né possono essere soggetti a smarrimento, corruzione o manomissione.

Il concetto di Big Data si riferisce a un’enorme quantità di dati e informazioni detenuti da aziende e enti pubblici o privati. L’utilizzo di tali informazioni è costantemente oggetto di attenzione, poiché una gestione inadeguata può violare importanti leggi sulla privacy e provocare gravi danni alla reputazione aziendale.

Si intende dimostrare l’esistenza di una stretta connessione tra Big Data e blockchain, e come questa connessione, unita a una gestione corretta di entrambi, possa generare un alto livello di fiducia e approvazione da parte dei consumatori. Tuttavia, non mancano gli abusi di questi strumenti, che spesso portano a comportamenti eticamente discutibili da parte di alcune società. Pertanto, sarà analizzato come molte aziende di grande rilievo abbiano utilizzato in modo improprio la blockchain e i Big Data per operazioni di greenwashing.

L’obiettivo principale di questa tesi è dimostrare come tali comportamenti possano essere limitati mediante adeguati sistemi di gestione dei dati e soggetti alle regolamentazioni proprie della blockchain, la quale ha il potenziale di creare nuovi sistemi di rendicontazione integrata più sicuri.

Il Testo integrale della Tesi (38 pagine, in lingua italiana, formato .doc) è disponibile a questo link




Gli influencer dilagano, a seguirli sono 27 milioni di italiani adulti

Gli influencer dilagano, a seguirli sono 27 milioni di italiani adulti

Oltre 27 milioni di italiani adulti (18-74 anni) seguono almeno un influencer o i canali social di un brand editoriale (+17% rispetto al 2021), il dato corrisponde al 71% degli utenti attivi sui social network a conferma dell’importanza sempre più rilevante di queste figure nella vita quotidiana delle persone e del ruolo fondamentale che questi ultimi assumono nei processi d’acquisto.

Inoltre, il 57% degli italiani, sul campione analizzato della popolazione tra i 18 e i 54 anni, segue tutti i giorni un macro influencer o i canali social di un brand editoriale (+20 punti percentuali in due anni), l’8% una volta a settimana e soltanto il 5% ha dichiarato raramente.

La categoria “macro influencer” include persone e brand editoriali con almeno 100mila follower riconosciuti come autorevoli dalle proprie community in sei campi specifici: lifestyle, beauty, fashion, entertainment, food e wellness.
Questi sono alcuni dei dati emersi dalla nuova ricerca “Italiani & Influencer” realizzata da BVA Doxa in collaborazione con Mondadori Media e Buzzoole, con l’obiettivo di indagare a fondo le opinioni degli italiani nei confronti di una categoria sempre più presente nella quotidianità delle persone e fortemente impattante dal punto di vista dei processi di acquisto e dei consumi. 

Ma chi sono i primi 5 macro-influencer per notorietà in Italia?

Ma chi sono i primi 5 macro-influencer per notorietà in Italia? In testa alla classifica rimane Chiara Ferragni (citata dall’86% del campione), seguita da Giallozafferano (72%) e Benedetta Rossi (72%). Al quarto posto c’è ClioMakeUp (62%) e al quinto Aurora Ramazzotti (60%). Molto interessante, e in discontinuità con altri media, è il dato relativo alle tematiche più seguite sui social: al primo posto, infatti, la ricerca rileva il food a pari merito con l’entertainment, con il 58%. Non stupisce, quindi, che tra i Top Five ci siano due food media brand. Anche nell’indagine di quest’anno si riconferma l’importanza degli influencer come veri e propri tutor nei processi di acquisto: il 46% degli intervistati ha fatto almeno un acquisto suggerito da un influencer e l’83% ne tiene in considerazione i consigli. Esaminando le intenzioni di acquisto nei singoli ambiti, al primo posto delle preferenze degli italiani si collocano i profili di Giallozafferano (83%) in ambito food&beverage, Mypersonaltrainer (81%) nell’area wellness e ClioMakeUp (88%) nel mondo beauty.
Andrea Santagata, Amministratore Delegato di Mondadori Media commenta: “I social oggi sono sempre più il punto di riferimento degli italiani sui loro principali interessi e passioni con volumi tipici della TV a cui si aggiunge la capacità di ingaggiare le audience”.
Per la prima volta in assoluto nello scenario italiano è emerso, in aggiunta, che ci sono oltre 3 milioni di italiani che seguono almeno un virtual influencer, in particolare dal target Gen Z e Millennials. Nello specifico: il 28% è composto dalla fascia d’età 18-24 anni, il 34% dalla fascia 25-34, il 24% dalla fascia 35-44 e infine il 14% dalla fascia 45-54. Chi conosce e segue i virtual influencer lo fa in modo costante ogni giorno (come se fossero influencer reali). Il 57% degli intervistati, infatti, li segue ogni giorno, il 28% ogni 2-3 giorni, il 7% più o meno una volta a settimana, il 4% ogni 10-15 giorni e soltanto il 5% non ha una frequenza abituale. “La presenza degli influencer nella quotidianità delle persone – aggiunge Gianluca Perrelli, CEO di Buzzoole – è oramai consolidata. In questi ultimi anni, infatti, abbiamo assistito alla loro evoluzione, grazie anche alla loro capacità di creare sempre più empatia ed affinità con le proprie community, stabilendo un rapporto fiduciario con le persone. Dall’analisi, inoltre, sono emerse due tendenze interessanti. La prima è la straordinaria crescita di TikTok con il 25%, confermandosi un canale sempre più strategico. L’altra è quella dei virtual influencer, i quali stanno ricoprendo un ruolo sempre più rilevante al pari degli influencer reali, oltre a raggiungere maggiormente il target Gen Z e Millenials. 




La rilevanza del concetto di reputazione nel nuovo Codice degli Appalti

La rilevanza del concetto di reputazione nel nuovo Codice degli Appalti

Il Legislatore conferma anche nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici D.lgs. 36/2023 (il “Codice”) l’approdo ormai irreversibile ad una qualificazione e selezione dei contraenti da un sistema di tipo “ statico ” basato, esclusivamente, sulla valutazione di requisiti formali degli operatori economici verso un sistema di tipo  dinamico ”, che sposta l’attenzione sui requisiti sostanziali, di tipo reputazionale.

Del resto, tutto il Titolo I dedicato ai “Principi generali”, seppure indirettamente, rappresenta un elemento fondante la rilevanza del concetto di reputazione nel mercato dei lavori, servizi e forniture pubbliche.

In particolare il principio di  risultato ” (art. 1) e della “ fiducia ” (art. 2) segnano una sorta di transizione dalla concorrenza assoluta alla concorrenza regolata restituendo il primato alla “decisione amministrativa”, che costituirà e costituisce l’approdo della discrezionalità amministrativa della P.a. all’esercizio efficace di una delicata azione di bilanciamento (balancing) orientata sulla specialità infungibile del caso concreto.

Ecco che l’art. 109 del Codice riprende, innovandola, l’originaria disposizione in tema di rating d’impresa, contenuta nel comma 10 dell’art. 83 del d.lgs. 50/2016 (Vecchio Codice).

Il legislatore, dunque, ha deciso di dedicare una norma solo ed esclusivamente al tema della reputazione dell’impresa, sganciandola dalle disposizioni inerenti agli specifici criteri di selezione e aggiudicazione e al soccorso istruttorio (art. 83 d.lgs. 50/2016).

Le previsioni già contenute nel precedente comma 10 dell’art. 83 d.lgs. 50/2016 sono state, nella sostanza, sinteticamente ribadite dal nuovo art. 109, il quale, però, innova la disciplina della reputazione dell’impresa in termini di semplificazione e informatizzazione del sistema di monitoraggio delle prestazioni istituito presso l’ANAC.

Facendo un piccolo passo indietro, sia la disposizione previgente che quella attualmente in vigore prevedono l’istituzione presso l’ANAC del sistema del Rating di impresa e delle relative penalità e premialità, da applicarsi ai fini della qualificazione delle imprese. L’art. 109, in particolare, conferma l’attribuzione all’ANAC della disciplina e della gestione del sistema di Rating dell’impresa collegandolo al fascicolo informatico dell’operatore economico, introdotto dagli artt. 22 e ss. del nuovo codice dei contratti pubblici.

Nel dettaglio, il comma 1 dell’art. 109 prevede l’istituzione di un sistema digitale di monitoraggio delle prestazioni degli esecutori dei contratti pubblici. Il suddetto sistema è connesso a requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono l’affidabilità dell’impresa in fase di esecuzione del contratto, il rispetto della legalità e l’impegno sul piano sociale: tutti requisiti, oltre a quelli di selezione, necessari ai fini dell’aggiudicazione della gara.

Il Codice, infatti, dedica per la prima volta un’intera sezione (Sezione III; artt. 19-36) alla digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici, che si articola in programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione, richiamando i principi sanciti dal codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). La scelta del legislatore di introdurre nel nuovo codice un’intera sezione dedicata alla digitalizzazione risponde all’esigenza di accelerare e semplificare le procedure attraverso tecniche di interoperabilità e interconnettività, garantendo i principi di neutralità tecnologica, trasparenza e la protezione dei dati personali e di sicurezza informatica.

Come anticipato, l’art. 22 e ss. del Codice disciplina l’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale, il c.d. “e-procurement ”, composto da piattaforme telematiche certificate, che assicurano l’interoperabilità dei servizi svolti e la confluenza delle informazioni sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’ANAC.
Tutte le gare, dunque, devono necessariamente svolgersi attraverso le piattaforme abilitate.

Nell’ambito di tale sistema, divengono centrali il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico, già reso operativo dall’ANAC, e l’Anagrafe dell’Operatore Economico.

Il Fascicolo virtuale, in particolare, è utilizzato per accertare in capo agli operatori economici l’assenza delle cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 e dei requisiti di cui all’articolo 103 per i soggetti esecutori di lavori pubblici. I dati e i documenti contenuti nel fascicolo virtuale sono aggiornati automaticamente mediante interoperabilità e sono utilizzati in tutte le procedure di affidamento cui l’operatore partecipa.

All’interno del suddetto fascicolo virtuale dell’operatore economico sono raccolti anche i dati relativi alla reputazione dell’impresa che partecipa alla gara.

Tornando all’art. 109, l’esigenza di utilizzare anche criteri reputazionali ai fini dell’aggiudicazione nasce dalla percezione di inadeguatezza del previgente sistema di qualificazione a garantire l’affidabilità dell’operatore economico e assicurare la qualità della prestazione finale, specialmente rispetto al fenomeno dilagante della corruzione. Proprio allo scopo di arginare il fenomeno della corruzione nell’ambito degli appalti pubblici, il legislatore ha avvertito l’urgenza di imporre alle Amministrazioni pubbliche l’adozione di adeguati meccanismi di prevenzione e, allo stesso tempo, di richiedere ai soggetti privati, che vengono in contatto con la pubblica amministrazione e che sono destinatari di risorse pubbliche, maggiori garanzie di legalità ( Rating di Legalità introdotto dal d.l. n.1/2012 e i protocolli di legalità previsti dalla legge 190/2012 nonché i protocolli di legalità richiesti dalla legislazione antimafia vigente D.lgs. n. 159/2011 e smi).

Al comma 2 dell’art. 109, invece, il legislatore ha attribuito all’ANAC anche il compito di definire gli elementi di monitoraggio, le modalità di raccolta dei dati e il meccanismo di applicazione del sistema, al fine di incentivare gli operatori al rispetto dei principi del risultato (di cui all’art. 1 del nuovo codice), buona fede e affidamento (di cui all’art. 5 del nuovo codice).

Al comma 3, da ultimo, il legislatore ha espressamente previsto che alla stessa disposizione deve essere data attuazione entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del Codice, anche tenendo conto dei risultati ottenuti nel periodo iniziale di sperimentazione.

Detto questo, il c.d. rating d’impresa è da applicarsi ai fini della qualificazione delle imprese, pertanto deve ricollegarsi all’attuale art. 100 del nuovo codice dei contratti pubblici, il quale individua i requisiti di ordine speciale, ossia idoneità professionale, capacità economica e finanziaria e capacità tecniche e professionali .

La qualificazione, quindi, deve essere intesa in senso ampio come valutazione della capacità delle imprese di poter accedere alla gara.

Nel documento redatto dall’ANAC, relativo alle Linee Guida attuative del codice degli appalti di cui al d.lgs. 50/2016, proprio in ordine ai criteri reputazionali per la qualificazione delle imprese (si veda pag.3), si precisa che i requisiti reputazionali considerati ai fini dell’attribuzione del Rating d’impresa consistono in elementi positivi (come ad es. il Rating di Legalità e gli adempimenti ex lege n. 231/2001) ovvero negativi (sanzioni, illeciti, inadempimenti contrattuali, ecc.), espressi, nel primo caso, da un valore numerico di segno positivo e, nel secondo caso, da un valore numerico di segno negativo.

Il suddetto meccanismo incentiva l’impresa ad adottare misure virtuose quali, ad esempio, quelle di cui al decreto legislativo n. 231/2001 ovvero il Rating di Legalità, in considerazione degli effetti premiali che ne derivano. L’obiettivo è la creazione di un sistema che in modo equo e trasparente premia le imprese che risultano maggiormente affidabili per il committente pubblico.

Sempre nelle citate Linee Guida si deduce che il sistema del Rating di impresa è costruito dal legislatore come obbligatorio e non opzionale, come è, invece, quello di legalità. Tuttavia, dal momento che ai sensi del previgente art. 83, comma 10, il Rating di impresa tiene conto anche di quello di legalità, vi è un incentivo per le singole imprese a richiedere anche quest’ultimo al fine di incrementare il proprio livello reputazionale.

Come già anticipato, il sistema di premialità e penalità richiamato e innovato dall’art. 109 del nuovo codice dei contratti pubblici è connesso a requisiti reputazionali valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono l’affidabilità dell’impresa in fase di esecuzione del contratto, il rispetto della legalità e l’impegno sul piano sociale. La ratio della norma è quella di evitare che il sistema reputazionale possa essere influenzato da valutazioni discrezionali delle stazioni appaltanti, che sono tenute ad inviare una parte consistente dei dati su cui il sistema è basato, con il rischio di generare contenzioso e di provocare alterazioni dovute a fenomeni di collusione tra operatori economici e stazioni appaltanti.

Tra questi vengono indicati, a titolo di esempio:
1. indici espressivi della capacità strutturale dell’impresa;
2. il rispetto dei tempi e dei costi previsti per l’esecuzione;
3. l’incidenza del contenzioso sia in sede di partecipazione alle gare che di esecuzione dei contratti;
4. il Rating di Legalità rilevato dall’ANAC in collaborazione con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
5. la regolarità contributiva;
6. la presenza di misure sanzionatorie amministrative per i casi di omessa o tardiva denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di contratti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi.

Gli ulteriori requisiti reputazionali che possono essere considerati al fine di valutare l’affidabilità di una impresa afferiscono al comportamento assunto dalla stessa in sede di esecuzione del contratto, ossia gli inadempimenti delle obbligazioni contrattuali che hanno determinato l’erogazione di penali, l’escussione di cauzioni o fideiussioni o la risoluzione del contratto.

Inoltre, tra gli indici quali-quantitativi favorevoli in ordine al giudizio reputazionale di una impresa dovranno rientrare, le certificazioni di qualità specifiche quali UNI ISO 9001, 45001, 14001, (qualità, ambiente e sicurezza) – ISO 37001 (anticorruzione), ISO 27001 (Sicurezza dei dati), ISO 30415 (Gestione delle risorse umane – Diversità e Inclusione), PdR 125 (Parità di genere) ecc.

Non vi è chi non veda l’importanza dell’inserimento tra gli indici di valutazione espressivi della capacità strutturale dell’impresa le certificazioni rilasciate da Enti terzi e riconosciuti dal Legislatore quali enti di certificazione di standard organizzativi di impresa sia rispetto all’organizzazione tout court sia rispetto a settori specifici quali la sicurezza sui luoghi di lavoro, l’ambiente, la parità di genere, la prevenzione della corruzione ecc.

Orbene, i 18 mesi di sperimentazione concessi dal legislatore all’Anac consentiranno a quest’ultima di affinare un metodo di valutazione obiettivo agevolato dalla gestione digitale delle informazioni, che costituisce un valore aggiunto anche sotto il profilo della registrazione tempestiva delle revisioni riguardanti i singoli operatori economici valutati.

L’Anac dovrà, quindi, pervenire ad un metro di valutazione degli assetti organizzativi e della capacità strutturale (saranno individuati indicatori della capacità dell’impresa), del rispetto dei tempi e dei costi (saranno valutati i comportamenti in fase di esecuzione), dell’incidenza del contenzioso (sarà considerato il contenzioso con esito negativo), della presenza del rating di legalità, del Modello Organizzativo 231, della regolarità contributiva e contrattuale, delle sanzioni per omessa denuncia di richieste estorsive e contributive.

Accanto a questi dovranno essere valutati tutti i comportamenti tenuti in fase di esecuzione, potenzialmente idonei a configurare una causa di esclusione dall’appalto.

Per ognuno di questi elementi sarà determinato il valore massimo di premialità e penalizzazione, graduando poi la penalizzazione stessa sulla base di una serie di fattori. Ad ogni indice, poi, dovrà essere attribuita una valenza temporale.

Verificheremo se l’Anac riproporrà l’algoritmo di calcolo del Vecchio Codice, ovvero quel sistema di punteggi nel quale far confluire come risultato finale il rating di impresa.

La soluzione sin qui praticata in prima battuta è caduta su un “ unico punteggio finale ”, capace di sintetizzare in un dato numerico tutte le informazioni che lo compongono e, più nello specifico, il meccanismo della somma ponderata dei vari elementi che rientrano tra i requisiti reputazionali. Ogni impresa viene, pertanto, sottoposta obbligatoriamente a una valutazione e ottiene un punteggio pari a un massimo di cento.

Nel corso della vita dell’operatore economico, poi, questo rating può crescere o diminuire, in relazione a una serie di parametri.

Si tratta di un meccanismo che richiama la c.d.“patente a punti” , che oltre al monitoraggio continuo favorito dalla digitalizzazione, consente alla P.a. di esercitare il c.d. balancing nell’affidamento dei contratti pubblici sul presupposto di operare con potenziali contraenti aventi una adeguata reputazione.

La reputazione, sul mercato dei contratti pubblici, sembra, pertanto, destinata ad assumere un ruolo sempre più centrale, oltretutto, orientandolo conformemente al disposto dell’art. 41 della Costituzione a valorizzare la dimensione sociale delle imprese, chiamate a tale scopo a garantire assetti organizzativi e standard minimi di qualità nell’ottica di impedire e/o limitare fenomeni corruttivi, di violazione dei diritti umani, di uso inappropriato delle risorse e di danneggiamento del paesaggio e dell’ambiente e di garantire per quanto possibile di conseguire il miglior risultato possibile nel rispetto di tempi e condizioni economiche contrattuali.