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Tecnologie della Persuasione: ecco come i computer ci fanno fare quello che vogliono

La Captologia studia come i dispositivi interattivi influenzano le nostre scelte di ogni giorno

I computer possono agire come persuasori occulti. Ci avete mai pensato? Forse sì. In realtà la riflessione è abbastanza banale: siccome i computer ci assistono nel fare le cose che abbiamo sempre fatto, piano piano si stanno sostituendo a chi ce le faceva fare: il maestro, il prete, il poliziotto, la mamma, il commesso, eccetera. I computer ci influenzano quanto loro: ci consigliano, ci indicano quali regole rispettare, ci suggeriscono le modalità per essere efficaci, svolgere un compito, ottenere uno scopo.

Questo è il senso ultimo della comunicazione, cambiare lo stato mentale del ricevente e predisporlo all’azione per ottenere dei risultati individualmente utili e socialmente accettabili. Semplice no? In questo senso la comunicazione e la persuasione non sono così diverse. Anzi.

Possiamo dire che ogni forma di comunicazione è sempre una forma di persuasione

Che cos’è la persuasione

Facciamo un passo indietro allora. Che cos’è la persuasione? È il tentativo di farci fare quello che non faremmo di nostra spontanea iniziativa.Più esattamente, qual è l’obiettivo della persuasione? Quello di farci avviare, smettere o modificare un comportamento.

La persuasione fa leva sia sul ragionamento che sugli appelli emotivi, ma si fonda largamente su risposte già pronte, che sono quelle a cui la cultura e l’istruzione ci hanno programmati per vivere in società ed essere bravi studenti, onesti lavoratori, buoni vicini di casa. In aggiunta, come esseri umani ci portiamo dietro una serie di risposte automatiche, sotto la soglia della coscienza, che sono radicate da secoli nella nostra psicologia di esseri sociali, e favoriscono la tendenza a fare gruppo, a proteggere i nostri simili, ad organizzare le attività quotidiane.

Sono molti quelli che hanno provato a definire i principi della persuasione sociale basandosi sull’osservazione dei comportamenti individuali e collettivi e hanno applicato questi principi al marketing, alla politica, allo sport e all’economia.

Secondo Robert Cialdini, uno psicologo sociale americano, le regole principali della persuasione sono almeno sei:

  1. Reciprocità: la regola di contraccambiare ciò che ci viene dato
  2. Impegno e Coerenza: la regola impone di comportarsi in maniera coerente quando abbiamo già fatto una scelta simile
  3. Riprova Sociale: la regola impone di comportarsi come gli altri per non essere esclusi
  4. Gradimento: la regola ci induce a dare ascolto a chi ci piace e ci somiglia
  5. Autorità: la regola impone il rispetto dell’autorità sopratutto se accompagnata dall’autorevolezza
  6. Scarsità: la regola ci dice che se c’è poca disponibilità di qualcosa, e noi cerchiamo di averla prima che finisca

I computer come tecnologie persuasive

I filosofi greci erano maestri di retorica e usavano i suoi principi per convincere gli altri sulla migliore forma di governo possibile, oggi ci sono gli spin doctor che devono vendere un programma politico all’elettorato: in mezzo possiamo infilarci i venditori porta a porta, gli ambulanti del mercato e perfino i computer. Come, i computer?

Sì. I computer sono progettati per rendere più facile la nostra interazione col mondo, per migliorare la produttività individuale, faticare di meno. I computer sono delle protesi cognitive che ci permettono di fare di più e meglio. E sono progettati con questo fine anzitutto replicando il modo di funzionare del cervello umano che funziona secondo principi imitativi e di economia cognitiva. È così che i computer possono diventare dei persuasori occulti. La regola generale è che chi è in grado di persuaderci è chi ci conosce meglio.

Pensate allora cosa succede oggi con la profilazione attuata dai social network, l’elaborazione dei dati personali inviati via web e la scienza dei big data. Se conosci una persona puoi offrirgli di fare o di comprare qualcosa che non può rifiutare. Perché? Perché già pronto a farlo. Ma se azzecchi il momento giusto, oggi che con un click si fa quasi tutto, il gioco è fatto.

Se vi sembra strano sappiate che esiste un’intera branca dell’Interazione uomo-macchina, che se ne occupa da anni ed ha acquisito dignità scientifica con pubblicazioni, riviste, studi e siti web. Si chiama Captologia e deriva dall’acronimo scelto da uno dei suoi teorici, BJ Fogg, che ha elaborato il framework concettuale dei Computer As Persuasive Technologies(Computer come tecnologie persuasive).
Questa disciplina celebra ogni anno un proprio congresso di studi, l’ultimo si è tenuto in Austria, a Salisburgo, nello scorso aprile.
Ma se vi chiedere perché se ne parla così poco la risposta è facile: le tecnologie persuasive sono già incorporate nei nostri strumenti digitali: computer, tablet, smartphone e tv intelligenti.

Ma come fanno i computer modificare comportamenti ed attitudini per farci fare quello che non faremmo di nostra spontanea iniziativa? Rendendo più facile l’esecuzione di un compito, offrendo esperienze che ci modificano nel profondo, dandoci ricompense di carattere sociale.

Precisiamo che i computer che usiamo ogni giorno non hanno ancora un’intenzionalità, anche se le frontiere dell’intelligenza artificiale e del machine learning li avvicinano sempre di più agli esseri umani, perciò per ora parliamo delle “intenzioni” che in essi hanno incorporato i progettisti.

Secondo B.J. Fogg, i dispositivi interattivi ci riescono secondo la dinamica della triade funzionale, agendo come toolsmediaattori sociali. I tools persuasivi inducono o facilitano comportamenti d’acquisto, sono letecnologie tunnel che in un paio di click ci fanno comprare l’oggetto desiderato, strutturando la scelta come un percorso che ci illude di averne il controllo. Oppure possono essere strumenti che individuano il nesso di causa-effetto di un comportamento, come le tecnologie che ci insegnano a mangiare di meno se siamo obesi. Ancora, agiscono come media, mezzi di simulazione, per farci apprendere un comportamento o agiscono come attori sociali assumendo caratteristiche animate che danno premi e punizioni: come i pupazzi interattivi che insegnano ai bambini a mangiare la frutta.

Volete un esempio specifico? Pensate alla cyclette che in palestra mostra sul display digitale gli effetti dei vostri sforzi: avere di fronte il risultato del faticoso pedalare funziona da incentivo a non smettere, indirizza il ritmo della pedalata, soddisfa la vostra voglia di cambiamento (dimagrire, irrobustire i muscoli, tenere sotto controllo il battito cardiaco).
Ne volete un altro? Le email che cominciano con il vostro nome hanno il 50% di possibilità in più di essere aperte e lette. Oppure, pensate al sito chiamato dall’app con cui avete fotografato il piatto di pasta che avete davanti e che vi aiuta a stabilire quanta mangiarne per non sbagliare il giusto apporto calorico alla vostra dieta. C’è di più. Oggi con le tecnologie di geofencing, quando il nostro telefonino entra nel raggio di comunicazione previsto, la pubblicità di un certo negozio di scarpe ci appare sul display visualizzando costo e qualità del prodotto che cercavate, a due passi da voi. Ma in fondo se usate Google lo sapete già: altrimenti come è possibile che la pubblicità del motore di ricerca sia tarata esattamente su quel viaggio in Thailandia per cui avete cercato le offerte nei giorni scorsi? Fate una prova con Facebook: citate in un post il titolo di un libro che consigliereste agli amici, quasi subito in alto a destra vi comparirà copertina, prezzo e bottone per acquistarlo.

La persuasione efficace

La persuasione funziona quando ci migliora la vita, rende più semplice prendere delle decisioni, rafforza delle scelte. Sopratutto se non la si riconosce come tale.

E tuttavia i computer persuasivi sono agenti di cambiamento positivo se riescono ad evitare comportamenti dannosi per la salute o per l’ambiente. Pensate ai cassonetti col display che ci ringraziano ogni volta che li richiudiamo dopo aver gettato la spazzatura. Oppure a tutte le tecnologie che ci permettono di agevolare rapporti di lavoro e di amicizia o il perseguimento di altri scopi sociali attraverso una petizione, l’organizzazione di gruppi di pressione, la difesa di beni comuni.

Paolo Iabichino, nel suo libro Invertising, parla della comunicazione pubblicitaria efficace e riporta le tesi di BJ Fogg che si chiede: “Esiste una tecnologia persuasiva più potente di Facebook che ogni giorno inventa nuove funzioni per invitarci a usare il social network?” Infatti. Pensate alla potenza persuasiva del tagging: chi è che non va a vedere dove e perché ci hanno taggato?

Ovviamente c’è un lato oscuro sia della persuasione tradizionale che di quella via computer. Però nei confronti di chi vende la religione porta a porta siamo vaccinati (forse), mentre non lo siamo rispetto ai computer. Perché? Il motivo è semplice: i computer sono presunti neutrali, crediamo di controllarli, non si presentano come persuasori e si trovano ovunque. Ma sopratutto tendiamo a rapportarci ad essi come alle persone in carne ed ossa (Reeves, Nass, 1996)

Imparare a riconoscere il carattere persuasivo di una comunicazione e dell’interazione con un computer significa incrementare la nostra autonomiaaumentando i gradi di libertà del nostro agire quotidiano.
E significa imparare a scegliere quando vogliamo essere persuasi a cambiare i nostri comportamenti, in meglio.

ARTURO DI CORINTO*
Roma, 3 Luglio 2016

  • Psicologo cognitivo, esperto di comunicazione e nuove tecnologie, ha studiato a Stanford con B.J. Fogg

Bibliografia minima

  • R. Cialdini, Le armi della persuasione. Come e perché si finisce col dire di sì, Giunti, Firenze, 2013
  • Cicerone, l’arte di comunicare, Mondadori, Milano, 2012
  • P. Iabichino, Invertising. Ovvero, se la pubblicità cambia il suo senso di marcia, Guerini e Associati, Milano, 2009
  • B., J., Fogg, Tecnologia della Persuasione, Apogeo, Milano, 2005
  • P. Levy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano, 2002
  • B. Reeves, C. Nass, The Media Equation. How people treat computers, television, and new media like real people and places, Cambridge Universitu Press, 1996



5 cose che non vi hanno detto sul video per Adidas “virale”

La notizia non approfondita, le scarse competenze di certo giornalismo e il concetto di viralità usato senza conoscerne il significato. Alcune riflessioni sul video del giovane studente apparentemente rifiutato da Adidas

Ho voluto virgolettare alcune frasi perché sono state quelle più usate sugli articoli letti nei vari siti e usate sui social media.
Questa notizia è interessante perché permette di fare alcune riflessioni sull’informazione, sulla pubblicità e su come si costruiscono le news (e le opinioni) sul web.
1. Chi conosce davvero la verità?
La storia ci è stata raccontata in modo univoco con posizioni piuttosto nette, perfette per la narrazione giornalistica: da una parte il giovane moldavo che gira il video in economia, spendendo anche soldi propri, e dall’altra la multinazionale cattiva e insensibile, che non risponde neanche alla mail dello studente.
Nessuna dichiarazione da parte di Adidas, solo una breve intervista dello studente. Siamo sicuri sicuri che la dicotomia sia così netta? Se uno indaga un po’ meglio scopre che Eugen Nerher non è proprio lo studentello sprovveduto che è stato raccontato (guardate la sua pagina dei lavori già prodotti) e che la stessa scuola aveva prodotto un’altra cosa simile in passato. E poi siete davvero sicuri che questo spot, sebbene ben fatto fatto e toccante, sarebbe stato giusto per la comunicazione di Adidas?
Sarebbe bello che anche i giornali ogni tanto, piantassero il seme del dubbio – o facessero qualche ricerca in più – senza per forza lanciare il titolone da clickbaiting.

2. Non siamo tutti pubblicitari

Certo, tutti noi siamo spettatori di migliaia di pubblicità e ora che tutto è comunicazione e che in giro c’è questa idea della giuria popolare, e così leggiamo articoli di giornalisti di costume che disquisiscono di semiotica come Roland Barthes e, sui social, studenti fuoricorso di medicina che tengono lezioni di marketing strategico. Qui poi c’erano tutti gli elementi perfetti per il raccontino acchiappa click: come già detto c’era il giovane studente, la ricca major e poi anche la storia del vecchio atleta che fugge dalla casa di riposto e ricomincia a correre all’alba. Il marketing è una disciplina parecchio complessa e la pubblicità che piace e commuove non è proprio detto che funzioni sempre. Insomma, le cose sono un po’ più complicate di come vengono disegnate e ci sono mille altre variabili in gioco. Non è il caso che le elenchiamo qui, potrebbe essere molto lungo e noioso, ma fidatevi che ci sono.
3. Le parole usate a caso
“Lo storytelling dei valori”, “i creativi dell’Adidas”, “il cortometraggio capolavoro”, “il secco rifiuto di Adidas”, “il video spopola sul web”.
4. La viralità
Ecco, questa è un’altra parola con la quale si riempono la bocca tutti quanti da tempo, spesso falsandone il significato. Quindi partiamo dalla sua definizione: il messaggio virale è un contenuto in grado di replicarsi quando entra in contatto con qualcuno. Chi lavora in comunicazione sa che questa cosa della viralità è uno spauracchio che si presenta ogni giorno. Aziende clienti di agenzie pubblicitarie le quali vogliono che i loro spot diventino virali , addirittura ci sono alcuni che chiedono di produrre video virali. Il concetto di viralità in realtà non è tanto legato al like o alla condivisione compulsiva, bensì quando quel contenuto viene anche modificato e rielaborato dagli utenti: quando il messaggio diventa una sorta di meme allora si può veramente parlare viralità legata al web e ai social. Questo, per ora, non è il caso, dello spot di Eugen Nerher.
5. Qual è oggi lo scopo della comunicazione e della pubblicità?
Mica semplice rispondere a questo quesito finale. Certo è che tutto intricato, stratificato. Partiamo da un assunto semplice e un po’ scontato: la pubblicità serve per vendere un prodotto. Siamo sicuri che quello spot serva a far vendere più scarpe Adidas al proprio target? Ma voi giustamente direte che vendere in fondo, non è l’unico scopo della pubblicità: c’è la notorietà, la brand awereness, il fatto che un marchio sia impegnato anche su temi sociali, e poi la credibilità, la reputazione. Siamo sicuri che quest’ultimi fini siano trasmessi dalla pubblicità e non da altri tipi di messaggi? Potrebbe essere che la notizia e il seeding siano state create ad arte da Adidas per far parlare di sé, senza peraltro spendere niente, proprio nel periodo di saldi post-natalizi. Non ci è dato saperlo, però sappiamo che le vie della comunicazione sono infinite.




Movimento Cinque Stelle Primo In Europa A Diffondere Notizie False E Propaganda Russa

I fondatori del Movimento Cinque Stelle gestiscono una rete di siti, alcuni ufficiali altri all’apparenza indipendenti, che diffondono notizie false in rete.

Un’inchiesta di BuzzFeed News ha trovato che i leader del partito Italiano anti-establishment, il Movimento Cinque Stelle (M5S), hanno costruito una diffusa rete di siti e di account social media che stanno diffondendo notizie false, teorie cospiratorie, e propaganda pro-Cremlino a milioni di persone.
Grazie al suo reach e ad un sofisticato sistema di distribuzione di propaganda, il M5S sta facendo dell’Italia un vero e proprio campo di battaglia in un’Europa già intensamente preoccupata dell’impatto delle notizie false e dell’influenza Russa sui processi democratici.
Questo sistema di diffusione include non solo il blog e gli account social media del partito stesso che hanno milioni di seguaci, ma anche una collezione di siti redditizi che si auto-descrivono “indipendenti” ma che in effetti sono controllati dalla leadership del partito. Questi siti ribadiscono incessantemente le linee di pensiero del M5S, spargono notizie false, e sfoggiano attacchi ai partiti politici di opposizione, in particolare contro il primo ministro Matteo Renzi. Uno di questi siti, TzeTze, vanta 1,2 milioni di seguaci su Facebook.
Con sgargianti lettere maiuscole, e frasi del tipo “LA VERITÀ CHE CI STANNO NASCONDENDO,” il blog del partito, TzeTze, e altri siti di questa rete effettuano “crossposting” tra gli account di dozzine di notizie false. Alcune di queste dichiarano che gli Stati Uniti stanno segretamente finanziando trafficanti che portano immigrati dal Nord Africa in Italia, e che Barack Obama vuole abbattere il regime siriano per creare instabilità nella regione cosicché la Cina non possa avere accesso al petrolio.
Spesso le origini delle notizie vengono attribuite a siti di propaganda Russa come Sputnik.La linea editorial del M5S è favorevole a Putin, mentre critica fortemente gli Stati Uniti e i leader Europei principali.
“Il martellamento è incessante. Ogni giorno, tutto il giorno,” un giornalista Italiano ha detto a BuzzFeed News.
Il partito M5S, fondato dall’ex-comico Beppe Grillo e dall’imprenditore web Gianroberto Casaleggio, ha cavalcato la stessa onda di rabbia nazionalista e anti-establishment che ha portato al voto Brexit nel Regno Unito, e a l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti.
Il M5S ha sorpreso tutta l’Europa quando ha ricevuto voti sia dalla sinistra che da destra garantendogli più di 100 seggi parlamentari nel 2013, l’ultima volta in cui gli Italiani sono stati chiamati a votare. Ora si serve della forza della propria infrastruttura propagandistica per tentare di sconfiggere riforme costituzionali sostenute dal governo che saranno votate in un referendum il 4 dicembre.
Nel caso in cui Renzi si dimettesse come ha già alluso di voler fare in caso della sconfitta della riforma costituzionale, il M5S potrebbe vincere le prossime elezioni.
Grillo ha paragonato il suo partito a Trump, e ha accolto la vittoria del repubblicano come un “gran Vaffanculo.”
Il suo blog è tra i più popolari in Italia, e BuzzFeed News ha trovato che i post sulla sua pagina Facebook — che ha quasi 2 milioni di seguaci — godono di un engagement, in media, comparabile uno dei più grandi giornali italiani, il Corriere della Sera.
La pagina Facebook ufficiale del M5S ha 900.000 seguaci, mentre i suoi più importanti parlamentari ne hanno centinaia di migliaia. Ci sono dozzine di pagine affiliate, di gruppilocali legati al M5S, e di fanclub dei membri del parlamento. Alcuno di questi account, come “W II M5S” (che ha 405.000 “mi piace”) e “Perché votare Movimento 5 Stelle” (che ha 21.000 “mi piace”), rilanciano quasi esclusivamente informazioni dalla rete di siti propria.
La leadership del partito controlla TzeTze ed un altro sito, anche questo teoricamente indipendente, La Cosa, che ha 125.000 “mi piace” sulla propria pagina Facebook. Nonostante fosse lanciato nel 2013 per trasmettere la campagna elettorale di Grillo in tempo reale e dichiarando di offrire una “visione sociale e politica unica,” insiste comunque di essere un sito di notizie. In passato ha reagito alla critica affermando che tutti i post vengono verificati per la loro affidabilità.
Analisi condotta da BuzzFeed News ha trovato che le informazioni maggiormente condivise da entrambi i siti negli ultimi 12 mesi sono stati link pro-M5S che attaccano il governo Renzi. Nonostante il reach diretto di La Cosa sia molto minore rispetto agli altri siti, il suo contenuto viene amplificato dal crossposting su TzeTze, sul blog di Grillo, e sugli altri account del partito.

Gianroberto Casaleggio co-fondatore del Movimento Cinque Stelle Remo Casilli / Reuters

Al centro di questa rete di blog e di siti interconnessi è Casaleggio Associati, la società tecnologica istituita dal co-fondatore del partito che è morto nel mese di aprile. L’azienda, che ora è presieduta dal figlio di Casaleggio, Davide, possiede e gestisce sia TzeTze e La Cosa, e il sito di salute, La Fucina, che oltre a condividere messaggi su cure miracolose, ha anche alimentato dibattiti anti-vaccino.
Inoltre, l’azienda è intimamente collegata al sito e al blog del M5S, e al blog personale di Grillo. Casaleggio ha sviluppato le varie tecnologie per la raccolta fondi del partito e quelle inerenti alle attività di democrazia diretta, le quali sono controllate dall’azienda e da una cerchia ristretta di parlamentari M5S tramite un’associazione senza scopo di lucro chiamata Rousseau, lanciata all’inizio di quest’anno. Tutti i parlamentari del partito sono tenuti a firmare un contratto in cui si esige che seguano la linea della leadership.
La complessità della struttura è illustrata dal blog di Grillo. Afferma che responsabile del trattamento dei dati é la Casaleggio Associati. Il sito principale e il blog M5S dichiarano che il copyright è di BeppeGrillo.it. I dati sono condivisi con Rousseau e Casaleggio Associati.
BuzzFeed News ha scoperto che il blog di Grillo, i siti web del partito, e i cosiddetti siti di notizie indipendenti condividono lo stesso indirizzo IP, così come ID Google Analytics e AdSense.
Un ex-dipendente del team di Google Ads ha paragonato la rete di siti M5S ai siti di notizie false pro-Trump e di essere stata lanciata, come ci rivela BuzzFeed News, da un unico paese della ex-Repubblica iugoslava di Macedonia.
“Il M5S parla molto di trasparenza, ma poi come parte del mio lavoro mi sono reso conto che questi stanno guadagnando molto da questa cosa,” ha detto. “Quando si cerca on-line non c’è trasparenza per quanto riguarda la rendita dei blog e dei siti. È tutto molto confuso. I dirigenti del partito stanno facendo soldi tramite un aggregatore di notizie false. È come se Trump possedesse i siti macedoni.”
Google ha rifiutato di commentare su siti specifici o sui messaggi pubblicitari. Tuttavia, la scorsa settimana, la società ha annunciato un’onda di nuove norme per dare un giro di vite alle notizie false e ai contenuti ingannevoli. Ha anche detto che limiterebbe la pubblicazione di annunci su pagine che travisano o nascondono informazioni sull’editore, sulla proprietà, o lo scopo primario del sito web. Google sta già lavorando per far applicare le nuove norme a livello globale, e sta studiando attivamente i siti web che sono stati segnalati.
Sulla sua pagina di Facebook, TzeTze non fa alcuna menzione della sua affiliazione al M5S, e sostiene invece di essere un editore indipendente che offre notizie segnalate dai suoi lettori in tempo reale.
Una delle sue fonti preferite è Sputnik, un sito web creato dal Cremlino per diffondere propaganda russa. Tzetze riproduce i titoli e copia direttamente la versione degli eventi mondiali dalla prospettiva del Cremlino su Sputnik.
Nell’agosto del 2015, per esempio, TzeTze ha pubblicato una storia dal titolo cospicuo “Stanno segretamente finanziando i trafficanti di migranti in Italia gli Stati Uniti?” Citando come fonte “i servizi di intelligence austriaca,” la storia ha affermato che a quanto pare Washington—tramite il Dipartimento di Stato e la Fondazione Soros—stava finanziando l’introduzione illegale di migranti dalla Libia in Italia.
Il post di Tzetze fa riferimento ad una storia pubblicata su Sputnik Italia che legava la crisi dei rifugiati ad una mossa strategica degli Stati Uniti anziché al disagio delle persone in fuga dalla guerra in Siria o altrove. Sputnik, a sua volta, aveva ripreso la storia da un blog di un ex-giornalista italiano il quale citava un sito di estrema destra. L’ex-giornalista, tra le altre cose, sostiene che l’11 settembre è stato un complotto interno, e le cui diatribe sono spesso raccolte e segnalate come dati di fatto sia da TzeTze che da Sputnik. Il titolo del blogpost originale era “Negri e contrabbandieri.”
Nonostante la sua origine dubbiosa, il post di TzeTze è stato condiviso più di 12.000 volte su Facebook ed è stato ripreso da altri siti.

Ma queste condivisioni sono minori rispetto ad esempio questo video pubblicato su Facebook da TzeTze a marzo di quest’anno che dichiarava: “Russia-Turchia-America-Europa-Italia, questa è tutta la verità che stiamo nascondendo. Leggere, condividere e informare tutti! Gli italiani devono sapere!”
Il video suggerisce l’esistenza di un complotto segreto globale guidato dagli Stati Uniti e dalla Turchia per impedire alla Russia di combattere l’ISIS. Secondo il video, la Turchia era intenzionata a vendere del petrolio all’ISIS, mentre i leader europei, in particolare la tedesca Angela Merkel, erano complici nel sostenere la Turchia per arrestare il flusso migratorio nei loro paesi. Finora, il video è stato visto 1,3 milioni di volte ed è stato condiviso 46.000 volte.
In un altro post dal titolo: “PERCHÉ OBAMA VUOLE LA TESTA DI ASSAD? ANCORA UNA VOLTA I MEDIA NASCONDONO LA VERITÀ,” TzeTze ha postato un link da La Cosache sosteneva che gli Stati Uniti volevano tenere la Cina alla larga dal petrolio nel Medio Oriente.
Il post di La Cosa ottenuto quasi 13.000 engagement su Facebook, ed è stato postatoanche da Grillo ottenendo altri 7.500 “mi piace” e 3.000 condivisioni.

Facebook

Ma il principale bersaglio del M5S è Renzi. In un video pubblicato da Tzetze, Grillo ridicolizza il primo ministro che viaggia con una scorta di sicurezza a Bruxelles, nonostante sia un protocollo che si applica a tutti i leader dell’UE.
Link pubblicati recentemente su Facebook da Tzetze hanno descritto il PM come unimbarazzante commetitore di gaffe, un dittatore, un bugiardo, un usuraio, e un pappone.
In un altro post sul blog di Grillo che ha dato il via a una campagna hashtag #RenziNonContaNulla, il primo ministro è stato accusato di essere responsabile dell’alto numero di migranti in Italia da quando ha assunto l’incarico di premier. L’autore del messaggio è un deputato del M5S che ha scritto: “La Germania ha preso solo 20 immigrati! Quale solidarietà? L’Europa è solo interessata a vendere le armi.”
In realtà, considerando l’interezza della crisi dei rifugiati, la Germania ha accolto quasi 1 milione di richiedenti asilo solo lo scorso anno. L’affermazione del M5S è stata ancheriportata dal quotidiano La Stampa.

La Stampa

Un altro tema ricorrente del M5S è la rappresentazione di un’Italia in costante rivolta che manifesta contro il primo ministro.
In un post poi corretto da Grillo, il capo del M5S ha messo un nuovo titolo in lettere maiuscole: “UNA MAREA UMANA IN PIAZZA. LA GENTE NON NE PUÒ PIÙ…,” ma la foto che utilizza era di una piazza di Napoli dove stava parlando il Papa.

Il mese scorso un video dal canale mediatico Russo RT è stato condiviso ampiamente nella rete M5S. Il video sosteneva di mostrare migliaia di persone che protestavano contro il referendum, mentre in realtà queste persone stavano partecipando ad una manifestazione a favore del referendum. Il video è stato visto 1,5 milioni di volte.
Poi ci sono le teorie del complotto. In un post di Facebook che è poi stato cancellato, undeputato M5S ha affermato che il governo e i media si sono messi d’accordo per declassare l’intensità del terremoto che ha colpito l’Italia centrale all’inizio di quest’anno, al fine di ridurre il costo dei danni.
In un altro post sul blog del M5S, un documento creato dalla banca JP Morgan nel 2013 sul tipo di riforme di cui l’Europa avrebbe bisogno è stato usato come prova che le riforme costituzionali proposte dal governo sono state dettate dalla banca.
JP Morgan aveva aggiunto le riforme costituzionali a un elenco di questioni che i governi dell’Europa meridionale potrebbero prendere in considerazione. Questa storia è stata ripresa dal sito HackTheMatrix, che si occupa di complotti, dove è stato condiviso direttamente su Facebook altre 11.000 volte. Titoli recenti su questo particolare sito web includono: “Il pianeta Terra deve essere avvertito, afferma un astronauta prima di andare in coma.”

Ecco la lettera originale con cui la banca JP Morgan chiede al governo di distruggere la nostra costituzione perché è troppo democratica” è il titolo trovato da un sito notiziario incentrato sui complotti sul blog del M5S HackTheMatrix

In un altro post, il deputato del M5S Manlio Di Stefano ha sostenuto che la NATO stava preparando un “assalto finale” alla Russia.
Uno degli aspetti più sorprendenti della copertura sui siti gestiti dalla leadership del M5S è stato il mutamento nel loro atteggiamento verso Vladimir Putin e la Russia, che sembra andare oltre la pubblicazione di affermazioni prive di fondamento da Sputnik, RT, e da altre fonti Cremlino-simpatizzanti.
Fino al 2014, la copertura del movimento è stata minima e per lo più critica. Il partito, e Grillo, hanno preso una posizione dura sull’atteggiamento regressivo della Russia nei confronti dei diritti LGBT e sulle restrizioni dei media e delle organizzazioni senza scopo di lucro.

Il blog di Beppe Grillo

Quando il presidente russo Putin ha visitato l’Italia nel novembre 2013, il M5S ha invitato il primo ministro italiano ad andare al Parlamento per dare spiegazione degli “oscuri rapporti del governo con lo Zar russo.”
Nel marzo 2014, i deputati M5S descrivevano gli eventi in Ucraina come un’invasione russa, attribuendo la passività dell’Italia e dell’Unione europea agli interessi di tutelare i propri accordi con Putin per il gas.
Solo pochi mesi dopo la posizione del partito sembra essere sostanzialmente cambiata. Unpost condiviso da Grillo alla fine del 2014 racconta la storia degli operai di una fabbrica salvato da Putin: “Cosa avrebbe potuto fare Renzie? Putin fa fatti. Renzie fa slogan” (l’errore ortografico del cognome del PM è intenzionale, e si riferisce a un meme che paragona Renzi a Fonzie dalla sitcom Happy Days).
Alcuni deputati M5S che siedono nella commissione parlamentare di affari esteri, tra cui Alessandro Di Battista e Di Stefano, hanno incontrato funzionari russi all’inizio di quest’anno. I deputati parlamentari del M5S hanno partecipato anche alla conferenza del partito di Putin, Russia Unita, lo scorso giugno, dove Di Stefano ha dichiarato che un colpo di stato avrebbe avuto luogo a Kiev, e che l’UE e gli Stati Uniti sarebbero stati coinvolti in una campagna di disinformazione e di interferenze.

YouTube

Nel videoclip, Di Stefano ringrazia Sergei Zheleznyak, il vice presidente del parlamento russo per l’invito. Zheleznyak è sulla lista delle sanzioni UE. Nello stesso video, Di Stefano allude anche ad incontri a Roma con i funzionari russi.
BuzzFeed News ha chiesto a Di Stefano e Di Battista di fornire un elenco dei funzionari Russi che hanno incontrato. Nessuno dei due ha risposto.
Oltre a pubblicare messaggi pro-Russi e anti-NATO tramite le sue proprietà web, il M5S ha richiesto che le sanzioni vengano rimosse, ha accettato l’annessione della Crimea, e nel luglio 2015 ha posto una domanda parlamentare che chiedeva la normalizzazione delle relazioni con il dittatore siriano Bashar al-Assad. Il mese scorso il partito ha protestato contro l’uso di truppe italiane in un esercizio di addestramento della NATO nel Mar Baltico.
Una deputata M5S ha addirittura sostenuto in parlamento che era a conoscenza di fonti che provavano l’esistenza di campi di concentramento in Ucraina gestiti dal governo locale, nonché delle torture subite cittadini russi nel paese. Entrambe le affermazioni sono prive di fondamenta.
Ha inoltre affermato falsamente che vi erano prove di cannibalismo in Ucraina in base a una foto che aveva visto. In realtà, l’immagine citata è stata ripresa da un film. La deputata ha ritirato questa supposizione solo dopo che era stata ampiamente condivisa sui social media.

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La foto vista dalla deputata M5S che secondo lei dava prova di atti di cannibalismo in Ucraina VK

BuzzFeed News ha messo insieme una lista di 12 domande per M5S e Casaleggio riguardanti la rete di siti che controlla, il ruolo del partito nella diffusione di notizie false e di propaganda pro-Russia, e il rapporto del partito con il Cremlino.
Casaleggio Associati ha detto che la policy dell’azienda era di non rispondere al tipo di domande poste da BuzzFeed News. Ha detto che tutte le accuse specifiche alla società erano inesatte, ma ha rifiutato di spiegare come. Un portavoce ha aggiunto che la società non aveva alcun rapporto con la Russia o con aziende russe.
Il M5S ha rifiutato di commentare. Un portavoce ha detto a BuzzFeed News che non sarebbe in grado di fornire “feedback” qualsiasi sulle domande fino a dopo il referendum di domenica.




SNAPCHAT E IL VALZER EFFIMERO DEI SOCIAL

Mettersi in gioco attraverso i video permette all’utente finale di percepire il brand come a portata di mano, reale, familiare e concreto, costruendo così in modo efficace reputazione. È il segreto di Snapchat, social da 8 miliardi di video al giorno che spaventa Facebook ma, per ora, non lo scalza.

Il “divo” di Snapchat – il Social network basato sullo scambio di messaggi, e soprattutto di brevi video, che si autodistruggono dopo 1 giorno dall’invio – è un obeso e grezzo DJ con la faccia poco sveglia. Come ci ricorda la giornalista americana Sarah Frier, prima di Snapchat, DJ Khaled urlava slogan idioti e insensati in un programma minore di una radio di Miami: “E non lo faceva neppure particolarmente bene”, ha scritto di lui il sito di musica Picth-fork. Ora Khaled ha milioni di follower su Snapchat e raggiunge 3 milioni di view per singolo video. Video basati sul nulla, o poco più: come sta andando la sua giornata, cosa sta mangiando a colazione, dove va a farsi aggiustare l’iPhone, le discoteche dove esce la sera, con qualche pillola di riflessione pseudo-esistenziale sparsa qua e là. “Questa è l’esatta essenza di Snapchat: come le sorelle Kardashian, che sono famose perché sono famose”, ha commentato Ben Winkler, dirigente di OMD, una società che investe denaro nei mezzi d’informazione. In ogni caso Khaled – che fino a poco più di un anno fa non aveva mai sentito parlare di Snapchat, e l’ha conosciuto grazie a un amico che gli ha suggerito di “dargli un’occhiata” – grazie a questo social network ora è diventato una vera celebrità in USA, con collaborazioni anche importanti con Apple Music. “Con Snapchat puoi mandare solo messaggi effimeri” – ha aggiunto Charlie McKittrick, responsabile commerciale dell’agenzia di pubblicità Mother New York, riferendosi alla brevità assoluta e al tono dei messaggi che vengono scambiati su quella piattaforma – “Sono briciole di vita, ma per il pubblico è molto divertente”. Oltre ai contributi pubblicati e scambiati dagli iscritti, Snapchat propone le Live Story: una redazione di oltre 100 addetti mixa ogni giorno le migliori “storie” degli utenti stessi, ricavandoci video ex novo, divertenti per il pubblico della App. Poi ci sono i canali Snapchat Discover, i cui contenuti sono prodotti da note testate giornalistiche come CNN, Wall Street Journal, Vice, etc., che gettano ognuno in pasto alla piattaforma decine di video ogni giorno. La differenza tra Snapchat e Youtube com’è ovvio è sostanziale, e va ben al di là della mera lunghezza dei filmati: quest’ultimo è una bacheca, tecnicamente molto performante, per pubblicare e far vedere dei video; Snapchat è una grande community dove al centro ci sono le persone, che interagiscono tra loro scambiandosi messaggi e video.
Per tutti gli americani tra i 14 e i 20 anni Snapchat è la App numero uno, e in genere è tra le prime 10 App scaricate al mondo. Gli utenti di Snapchat saranno inevitabilmente gli acquirenti di domani, tanto che molte grandi aziende come Coca Cola, Amazon, Pepsi, Marriot e Budweiser spendono milioni di dollari per la pubblicità sulla App. L’investitore Gary Vaynerchuk ha dichiarato in un bell’articolo pubblicato a inizio dell’anno scorso su Bloomberg Businessweek, tradotto in italiano daInternazionale: “La stragrande maggioranza delle persone che in questo momento stanno leggendo questo giornale, avrà un account Snapchat entro 36 mesi”.
Un amico cubano di 28 anni, Roberto Carlos, che vive a Londra e gira il mondo per lavoro, è invece attento al lato ludico della App. Mi ha detto: “I miei amici più giovani sono stanchi dei ritocchi di Photoshop, vedi delle ragazze o dei ragazzi splendidi e poi di persona sono una delusione. Su Snapchat questo non accade, perché non puoi alterare le foto migliorandole. Poi c’è la riservatezza: da un paio d’anni frequento spesso i paesi arabi, e negli Emirati tutto quello che succede – tutto, ma proprio tutto – va su Snapchat. Specie le cose più private: perché, a differenza di Facebook, su Snapchat tutto si cancella automaticamente dopo breve tempo, e così nessuno lascia traccia delle sue cose intime. Inoltre puoi salvare su iCloud i tuoi video e foto: non occupi la memoria del telefonino. E’ comodissimo, è la tendenza del momento, non puoi non esserci. Ed è gratis, ovviamente”.
Nonostante il numero a tratti incredibile di 8 miliardi di video scambiati ogni giorno sulla sua piattaforma – lo stesso numero di Facebook, che però ha un numero di iscritti 10 volte maggiore ed esiste da molto più tempo – Snapchat macina la ridicola cifra di 200 milioni di dollari all’anno di utili. Eppure Zuckerberg ha fatto un’offerta per acquistarla: 3 miliardi di dollari. Rifiutata, dal momento che la quotazione attuale – presunta – di Snapchat pare attestarsi intorno ai 16 miliardi di USD.
Ora Snapchat si sta aprendo di più, anche verso le aziende più piccole. Tastemade, una start-up che produce contenuti video a tema su cucina e viaggi, si dichiara entusiasta dei risultati: la loro video-serie Cookie the News, con filmati in fast-motion sul “biscotto del giorno” con la forma ispirata al più intrigante fatto di cronaca del momento, spopola su Snapchat. “E’ così che i ragazzi di questo millennio guardano i contenuti”, ha dichiarato Steven Kydd, uno dei fondatori dell’azienda.
L’altra faccia della medaglia di questo valzer, o meglio, di questo tango scatenato che spariglia le carte dell’accesso all’informazione cheap ed eccita pazzescamente gli investitori 2.0, è l’essenza intrinsecamente effimera di questi strumenti. Dire oggi che Snapchat potrebbe prima o poi “tramontare” potrebbe suonare come una bestemmia, eppure in altri casi è già successo. Un’altra azienda – Demand Media, che gestiva content-farm, ovvero siti che producevano bulimicamente ogni giorno molti contenuti appetibili per il web, dal “come indossare un costume da bagno Speedo” al “come fare una Apple Pie eccellente in poco tempo” – generava picchi di traffico interessanti per gli investitori: i contenuti erano di scarso valore, ma avevano la funzione né più né meno che di “esche” attira-polli, come certi programmi della TV commerciale, che costituiscono “l’intermezzo” tra uno stacco pubblicitario e l’altro, secondo il principio che più è alta l’audience in quella fascia oraria, più soldi si possono guadagnare dal vendere gli spot. Demand Media funzionava bene, e venne quotata in borsa dove arrivò a valere 2 miliardi di dollari, circa il 25% più del New York Times. Poi bastò un semplice “click” per distruggerla: Google aggiornò il suo algoritmo, modificandolo, e gli accessi di Demand Media crollarono improvvisamente; ora vale non più di 100 milioni di dollari. Che è probabilmente il prezzo corretto per un’azienda che non produce nulla di particolare valore.
Anche coloro i quali – per arroganza o ingenuità – rifiutarono le interessanti offerte fatte per cedere Yahoo! forse si sono pentiti della scelta, stante il crollo verticale delle quotazioni di quello che fino a pochi anni fa era il concorrente meglio piazzato di Google e dettava la linea nel settore dei motori di ricerca. Per i nativi digitali, navigare su Yahoo! ora è moltoretrò, una cosa strana, un pelo eccentrica e fondamentalmente inutile, come mettersi un vestito anni ’50. Una parte significativa degli under 20 neppure sa cos’è.
Vero è che gli inserzionisti pubblicitari non hanno molti modi oggi come oggi per raggiungere un target di under 25, quindi – finchè non nascerà qualcosa di nuovo – Snapchat continuerà a far furore. E molto probabilmente – aggiungo io – divorerà Twitter, che annaspa già tra mille difficoltà. A ben pochi ragazzi verrebbe in mente oggi come oggi di aprirsi un account Twitter: “Perché diamine devo leggere un contenuto testuale breve, se posso vedere un video breve?”, paiono domandarsi con aria stupita le giovani generazioni. Per quali motivi quindi Twitter dovrebbe sopravvivere a Snapchat, che “twitta” centinaia di milioni di contenuti ogni ora, sotto forma di video?
Che i video siano non un futuro, ma il futuro, a discapito dei post testuali, è evidente. Il video-marketing ha successo perché utilizza la dirompente forza delle immagini: se si pensa a quante immagini possono essere contenute in un video, accompagnate da musica e testi, e quanto un contenuto video possa emozionare infinite volte più di un testo scritto – o perlomeno con altrettanta forza, ma molto più velocemente – grazie al coinvolgimento nello stesso momento più sensi, si comprende quale sia l’ulteriore potenziale futuro dei video, e quanto possano essere utili quando sono utilizzati con intelligenza dai brand. Gli utenti internet sono ormai abituati a vedere video tramite smartphone e giudicano un video un contenuto più fruibile e più interessante rispetto alla norma: preferiscono fruire di un video di tre minuti, piuttosto che leggere un articolo per 15-20 minuti, e hanno una carica virale sul web davvero unica: sono condivisi sui social in media 12 volte più dei testi e – in base a statistiche recenti – ormai l’87% delle aziende che promuovono campagne pubblicitarie li utilizza con consuetudine per trasmettere con efficacia i propri messaggi, anche perché garantiscono una permanenza media dell’utente ben più elevata rispetto ai messaggi tradizionali. I video possono essere facilmente collegati a campagne a pagamento su Youtube o Facebook per raggiungere velocemente un target selezionato sia a livello locale che nazionale, e inoltre, in base alle tendenze dettate dagli algoritmi di Google, esistono maggiori possibilità che i video entrino nei risultati dei motori di ricerca. Mettersi in gioco attraverso i video “rende più caldo il marchio”, e permette all’utente finale di percepire il brand come a portata di mano, reale, familiare e concreto, costruendo così in modo efficace reputazione.
Tra 5 anni – secondo Nicola Mendelsohn, Vice Presidente di Facebook EMEA – i video su Facebook sostituiranno i post.  “Se dovessi fare una scommessa direi: video, video, video. Il miglior modo per raccontare una storia ai tempi d’oggi è il video, fornisce molte informazioni in pochissimo tempo. Agli utenti piace molto il ‘dietro le quinte’ che offre Facebook Live – la possibilità di registrare video “in diretta” su Facebook – un fenomeno in veloce espansione che nell’area EMEA conta 433 milioni di utenti attivi”. All’inizio, Facebook Live era riservata a personaggi famosi e grandi realtà editoriali, poi è stata estesa a tutti gli utenti. A sostenere la tesi della top manager vi sono sempre le statistiche: sembra che la condivisione di video su Facebook sia in costante crescita, in quanto gli iscritti al social network più famoso del mondo guardano cumulativamente 100 milioni di ore di video al giorno su smartphone e tablet, ed è Facebook Live a fare la parte del leone, dal momento che i contenuti di quest’applicazione ricevono molti commenti in più – fino a 10 volte! – rispetto a quelli registrati per i post normali. Anche lo stesso Mark Zuckerberg dà molta attenzione al fattore video sulla sua piattaforma: nel corso degli ultimi 2 anni ha perfezionato più volte Facebook Live, allungando in modo illimitato il tempo a disposizione per le dirette streaming, con l’aggiunta una mappa per cercare le dirette video sul telefonino in tempo reale. Inoltre, a conferma dell’investimento che le grandi piattaforme stanno facendo su formato video, è ora possibile inserire un filmato anche nei commenti che ogni utente può pubblicare in calce al post di un’azienda, cliccando sull’icona a forma di macchina fotografica: di fatto, è possibile quindi commentare un post testuale usando un video.
Facebook rincorre quindi Snapchat? Può essere, con un grande vantaggio però: il social di Zuckerberg ha molti più dati degli utenti rispetto al Social dei video che si autodistruggono, e – per ora – li profila infintamente meglio. Quanto sa veramente Snapchat degli orientamenti d’acquisto dei propri iscritti? Il fatto che io veda un video di un cantante hip-hop su Snapchat perché è divertente, non significa necessariamente che pagherei anche per scaricare da iTunes la sua musica; mentre Facebook sa tutto di noi, grazie all’analisi ossessiva che il suo algoritmo fa delle pagine che frequentiamo, click per click. E questo è il vero valore d’interesse per gli inserzionisti pubblicitari.
Facebook poi non è solo uno strumento per fare qualcosa di divertente: “Sei tu, è la Tua identità; è la Domenica In dei Social, il contenitore, c’è tutto dentro. Le mode arrivano e passano, possono essere un utile complemento, ma alla fine, la verità è che non hai bisogno d’altro che di Facebook, ed ogni volta che qualcuno ha un’idea innovativa, semplicemente Facebook la copia, e magari la rifà anche meglio dell’originale”, rifletteva ad alta voce Luca Yuri Toselli, collega e amico con il quale ho chiacchierato di queste questioni prima di decidermi a scriverci sopra. Facebook ha anche saputo diventare nel tempo – sapientemente, astutamente – una delle principali porte verso il resto del web: “Perché devo perdere tempo a loggarmi su un sito, inserendo tutto i miei dati anagrafici, se posso accedere istantaneamente a quel sito tramite il mio profilo Facebook?”, ha aggiunto Toselli. Così facendo, Facebook accresce esponenzialmente la propria base dati, e così facendo dopo essere sceso di appeal sugli under 20 per qualche anno, ora sta riguadagnando terreno, e dove non lo fa direttamente, si compra i competitor, come ha dimostrato il grasso assegno staccato per acquistare Instagram, per poi copiare i modelli altrui: ecco allora, alla rincorsa di Snapchat, le “Instagram Stories”.
In definitiva, bless up, “che tu sia benedetto”, ripete spesso DJ Khaled rivolto a tutto ciò che lo circonda e che gli piace, dai fiori del suo giardino al tramonto sul mare. Quindi Bless Up, Snapchat. Finchè dura, però.
Un’ultima riflessione ce la suggerisce il mondo LGBT – Lesbico, Gay, Bisex e Transgender – che in qualche modo ci da un’altra indicazione preziosa, oltre che dettare la linea delle tendenze – anche su web, se consideriamo, parlando di siti di incontri, che Grinder è nato ed è diventato una App di successo ben prima di Tinder – che è l’importanza del match dei dati: creo un mio Digital body appetibile, lo metto di Tinder o su Grinder, e cerco l’anima gemella, foss’anche solo per un l’incontro hot di una notte. Le aziende prendono nota e si adeguano. Creo un fantastico profilo sulle scarpe d’alta moda, lo pubblico su Tinder, e sono gli utenti a trovarmi: hai trovato il sesso giusto per stasera…? No? Ok, nell’attesa di un orgasmo, eccitati con le tue scarpe preferite, o le tue borse, o chissà cos’altro. Un millesimo dei contatti, forse, ma tutti pazzescamente in target. E a quel punto non ci sarà SIRI, la voce metallica dell’androide pre-programmato dell’iPhone, a parlarmi, bensì una persona in carne ed ossa, dall’altra parte della chat – o meglio, in un certo senso, nella mia camera da letto – a spiegarmi quanto sia magnifico quell’oggetto del desiderio e cosa potrai fare per acquistarlo esattamente ora.
Altro che i tanto declamati – e forse sopravvalutati – Big Data, tanto “big” da risultare anche molto, troppo generici: le relazioni, of course; l’importanza, assoluta e intramontabile, delle relazioni.




Csr: l’impegno reale e continuo fa crescere i profitti del 20%

Programmi di Csr ben strutturati possono far lievitare le entrate anche fino al 20% e fidelizzare i clienti fino al 60% in più. Lo svela uno studio di Verizon e Cambell Soup. IO Sustainability e Babson College, in aggiunta, hanno dimostrato che oltre ad avere un impatto positivo sulle vendite, i programmi di Csr riescono a far crescere il valore elle aziende per gli shareholder e a migliorare la produttività dei dipendenti.

L’IMPATTO DELLA CSR – “Project ROI”, condotto da IO Sustainability e Babson College, in particolare, ha analizzato una serie di ricerche e dati esistenti per capire quale valore e impatto abbia la Csr su società e business. Ha evidenziato poi alcune best practices per le aziende che vogliono migliorare in chiave più autentica ed efficiente il loro approccio.
L’evidenza è che pratiche di Csr ben confezionate influenzino positivamente la soddisfazione dei dipendenti, la produttività e danno spunti preziosi ai leader aziendali e agli investitori, che si trovano a dover scegliere se investire o no in un’azienda.

ALTRI RISULTATI – Tra gli altri risultati di questi studi:

– se le attività di Csr crescono, proteggono i brand e la reputazione delle aziende, potenzialmente facendoli crescere di un 11% rispetto al valore totale della società;
– considerando un arco di tempo di 15 anni, le aziende con programmi di Csr efficaci hanno una crescita media del valore per gli stakeholder di 1,28 mld di dollari, mentre la crescita dell’attaccamento di questi stakeholder all’azienda cresce potenzialmente di un valore quantificabile dal 40 all’80%;
– cresce anche la produttività di chi lavora in aziende con programmi di Csr maturi (+13%) e si riduce il turnover di circa il 50%, con dipendenti che accetterebbero una riduzione del salario del 5% a fronte di un ambiente di lavoro permeato da valori di questo tipo.
In sostanza, non basta avere un programma generico, occorre saperlo mettere in pratica e trasformare l’azienda. Clienti, investitori e lavoratori se ne rendono conto e le aziende non sincere, che mentono o cercano di mostrarsi più impegnate di quanto lo siano in realtà perdono terreno in termini di immagine, investimenti e reputazione.
I MIGLIORI – Secondo il CSR RepTrak che ogni anno viene pubblicato dal Reputation Institute,Google ha il primato in questo campo. Microsoft, Walt Disney e BMW seguono nella classifica della miglior reputazione sul fronte Csr. Apple, Lego, Volkswagen, Intel e Rolex sono fuori dalla top 10.