NYU Global Public Relations Strategy and Execution Intensive (Summer 2014)

July 28/August 1 – enrollment available to participate – not much time left

Relationships between an organization (corporation, government or nongovernmental agency, nonprofit, small business, public relations firm, private consultant) and specific stakeholders are constantly changing. Every day and every minute, the interaction of global communication and economic dynamics and digital technologies requires monitoring and proactive or reactive responses—what’s now called global public relations.

Today’s business decision-makers and management scholars know global relationships with stakeholders are key not only to improve the effectiveness of the management decision-making processes, but also to ensure achievement of their global business goals.
If you share or want to know more about this global view, enroll in this NYU summer intensive course to immerse yourself in the evolving global public relations conversation. You will experience five intense and challenging days in New York City, the world’s capital of media and public relations. Two seasoned and highly experienced graduate-level professors (see biographies below) will conduct the classes, along with leading multinational agency and corporate practitioners at firms such as BNY Mellon, Burson-Marsteller, IBM, Edelman, General Electric, Ketchum, Morgan Stanley, Pfizer, Roche and others. Public relations scholars from around the world plus distinguished NYU graduate public relations alumni from Asia Pacific, Africa, Europe and the Americas also will teach you what truly defines global public relations today and how it differs from traditional domestic practices. A week-long practicum-style case-study project for a real-time client will allow you to apply what you learn each day.
This intensive course, the first of its kind, will help you to identify stakeholders; to explore communication and cultural alignment (internal/external, time/space, digital/real, and corporate/marketing); to understand multichannel, multistakeholder integrated reporting, advocacy and dialogue; to set objectives; to pretest and post-test activities and to evaluate and measure results.You will learn from and experience the content and teaching methods of the NYU-SCPS Master of Science Program in Public Relations and Corporate Communication (NYU PR&CC), a two-year degree considered among the best and most sought-after in the world.
The course meets Monday to Friday from 9 a.m. to 5 p.m. and includes:
Day 1: Welcome, introduction and presentation of full program, participant networking, discussion of course expectations and outcomes. On-site and online guest lectures. Identify and begin case-study team project.
Day 2: What is global public relations and why is it different from routine public relations? A satellite look at the global public relations community. On-site and online guest lectures. Continue case-study team project.
Day 3: The process: Envisioning, identifying and mapping stakeholder relationship systems, listening, involving and engaging; planning, setting objectives and pretesting; implementing (channels and tools), evaluating and post testing (communication and relationships). On-site and online guest lectures. Continue case-study team project.
Day 4: A look at public relations culture and practice in Asia Pacific, Africa, Europe and the Americas through NYU PR&CC alumni working in the field. On-site and online guest lectures. Continue case-study team project.
Day 5:  Summary of globalization and its impact on global public relations and on principal components of a stakeholder relationship governance infrastructure. On-site and online guest lectures. Presentation of final case-study team project.
Continuing Education Units (CEU): 4NYU Faculty:
Toni Muzi Falconi: Senior counsel of Methodos (www.methodos.com), the Italian integrated thinking, cultural change and sustainability management consultancy. Adjunct professor of global relations and intercultural communication; public affairs, issues management; and public relations at NYU and the Vatican’s Lumsa University. Founding chair of the Global Alliance for Public Relations and Communication Management. Author of articles, opeds and posts (huffington post, pr conversations, prima comunicazione) and of many books, including the latest:Global Stakeholder Relationships Governance: an infrastructure (Palgrave Macmillan 2013).
Robert Noltenmeier: NYU PR&CC full-time clinical assistant professor since 2009; adjunct since 2004.  Formerly senior corporate communication practitioner at ExxonMobil, Celanese AG and Unisys. Principal of Manhattan-based integrated marketing and corporate communication consulting firm Quadrant Communications Co., Inc. Clients include: AT&T, Citibank Private Bank, Dana Foundation for Brain Research, U.S. Federal Reserve, Polo/Ralph Lauren and The Washington Post Companies. Board of governors member and three-term president, New York chapter, International Association of Business Communicators (NY/IABC). Received 2010 NYU SCPS Award for Teaching Excellence.
Cost of the intensive: $ 2.000,00 – for further information please contact rfn1@nyu.edu or mmf6@nyu.edu You may also register directly at http://scps.nyu.edu/academics/course_detail.html?id=PRFD1-CE9643.
 


Una visita privata al museo delle Rp

Un’idea che unisce storia ed innovazione. Il Pr Museum, primo museo on line al mondo, risale al 1977 ma è solo nel 1996, con l’avvento di Internet, che davvero “apre i battenti”. Toni Muzi Falconi intervista Shelley Spector*, fondatrice ed anima del progetto.

Perchè hai deciso di dar vita al Pr Museum?
Giocavo con l’idea da tempo, ma la spinta decisiva è stata l’incontro con Eddie Bernays, che appoggiò il progetto interamente. Lo conobbi verso la fine degli anni ottanta quando entrambi insegnavamo all’Istituto per lo Sviluppo Professionale della NYU in collaborazione con la PRSA. Fu molto gentile e mi invitò a cena con Barry, mio marito e da sempre partner della mia agenzia, al Waldorf. Da quella sera diventammo grandi amici. Aveva già più di 90 anni e, da allora, lo visitammo almeno tre volte l’anno per registrare le sue memorie e fotografare gli oggetti storici della sua collezione. Qualche anno prima di morire, nel 1995, ci parlò di trasformare la sua casa in un museo che contenesse il lavoro di tanti pionieri delle Rp , incluso il proprio.
Allora non parlammo di Internet: era appena sbocciata. Ma gli promettemmo che avremmo creato un museo, anche se non avevamo idea di dove collocarlo fisicamente. Lo avremmo voluto facilmente accessibile a tutta la comunità professionale e i nostri uffici di New York erano troppo piccoli e limitati. Così, nel ‘96 abbiamo iniziato a caricare le immagini su Internet e ci siamo subito resi conto che stavamo per lanciare il primo museo on line del mondo. Alla fine del primo anno il sito venne premiato da USA Today come il ‘meglio della rete’.
Oggi il sito riceve 90 mila visite al mese, in larga parte dall’Europa e dall’Asia. Sono sicura che se Eddie allora avesse saputo quanto la rete avrebbe esteso l’accesso, ne sarebbe stato entusiasta. Era così interessato a condividere le sue cose con la comunità professionale. Se Internet fosse stata disponibile quando era ancora in vita, l’avrebbe sicuramente utilizzato per educare le imprese e le università del mondo intero sulla pratica e il senso delle relazioni pubbliche.
Eddie ci ha lasciato una ragguardevole collezione di manifesti, inviti, comunicati stampa delle sue iniziative più conosciute; copie della sua newsletter, Contact; autoritratti con Sigmund Freud, Enrico Caruso, Dwight Eisenhower; edizioni originali dei suoi libri e dei libri di chi lo aveva influenzato come Lippmann e lo stesso zio Freud, questi ultimi in edizione originale tedesca. Abbiamo anche riprodotto le lettere di ringraziamento di tutti coloro con il quali aveva lavorato attraverso il ventesimo secolo, da Henry Ford a Thomas Edison, da Eleanor Roosevelt a tutti i Presidenti degli Stati Uniti che si sono succeduti fino alla sua morte.
Per te qual’è l’aspetto più rilevante dell’eredità di Bernays?
La sua costante ricerca della ‘grande idea’ che potesse connettere il prodotto a una causa o comunque una questione più ampia e di maggiore attrazione. Ogni sua iniziativa declinava il valore del progresso – anche nei casi più discutibili, come le famose ‘torce della libertà’ per i produttori di tabacco.
Inoltre, la caratteristica che lo rendeva così efficace era il suo accesso diretto ai leader delle società sue clienti. Non c’erano molti direttori interni delle relazioni pubbliche allora, e i suoi clienti erano quasi sempre rappresentati dal top management. La ragione per cui riusciva ad essere così influente in grandi corporation come American Tobacco e Procter & Gamble era perchè trattava direttamente con e aveva la fiducia e il rispetto dei Ceo.
Era un ‘consigliere’ e non un manager di agenzia. Già nel 1919 aveva coniato il termine di ‘consigliere in relazioni pubbliche’ e credeva fermamente che i professionisti dovessero essere regolati come i medici e i legali. La sua definizione originaria di Rp sottolineava come fosse una scienza sociale, quale la psicologia e la sociologia. In nessun modo Bernays intendeva le Rp come uno ‘strumento comunicativo’. Come disse con efficacia Adam Curtis, regista di Century of Self, la famosa serie dellaBBC del 2002, Bearnays ha avuto un’influenza sulla cultura occidentale pari a quella che suo zio Freud ha avuto sulla psichiatria.
Cosa ti ha indotto a includere Arthur Page e poi gli altri ‘giganti delle Rp’ che via via hai aggiunto al PR Museum?
Uno dei miei client storici era la AT&T, dove Page era stato per molti anni direttore della comunicazione. Ha rappresentato una parte molto importante della nostra storia professionale, assai diversa da quella di Bernays. Volevo equilibrare la consulenza con il management, quindi Page era una scelta naturale. Anche gli altri, Carl Byor, l’afroamericano Moss Henrix e, più recentemente, Chet Burger sono, ciascuno a suo modo, icone di aree diverse della nostra professione.
Come mai nessuna donna?
Perchè fino a pochi anni fa nel nostro lavoro le donne non erano visibili! Perfino Doris Fleishmann, la fonte autentica di molte idee di Bernays e una scrittrice favolosa, non visitava i clienti semplicemente perchè ‘allora non si faceva’. Naturalmente intendo ora occuparmi di donne nella nostra professione. Lavoro su diverse idee e sono pronta ad ascoltare consigli dai soci Ferpi.
E personalità più internazionali?
In effetti, questo è l’aspetto più debole del Museo, lo riconosco. In sostanza devi identificare le persone, visitarle, convincerle a partecipare e investire tanto del tuo tempo con loro. Per inserire una prospettiva internazionale dovrei avere la collaborazione di altri che mi aiutino nella ricerca e nella preparazione dei materiali online. I nostri colleghi nel mondo hanno tutti molto da imparare uno dall’altro.
Bernays sarebbe molto contento se il museo accrescesse la sua presenza nel mondo. Quando andò a Barcellona per il suo centesimo compleanno c’erano manifesti che salutavano la sua visita ovunque. Molti pensano che abbia avuto più impatto in Europa che negli Stati Uniti. Naturalmente il suo legame con Freud è più conosciuto in Europa che qui.
E perchè focalizzarsi sulle persone e non sui temi?
E’ la stessa risposta. Richiede tempo, impegno, ricerca e risorse.
Quale futuro per il Pr Museum?
Dimmelo tu. Sto lavorando su diverse personalità, e sono sicuro che immagini facilmente quali siano. Ma sono certamente aperta a idee che possano arricchire ed espandere il museo con riferimento a donne, professionisti internazionali, una sintesi delle migliori pratiche globali affinchè si possa rafforzare la sua identità di fonte riconosciuta in tutto il mondo per la ricerca internazionale: un Wikipedia visivo delle relazioni pubbliche.
Shelley Spector è nota sulla scena delle relazioni pubbliche newyorkesi dove dirige la Spector and Associates, agenzia corporate e business to business specializzata in finanza, nella difesa e nella tecnologia. L’agenzia ha vinto più di 40 premi ed ha appena celebrato il suo ventesimo compleanno. Dal 2009 Shelley è docente a contratto alla NYU ed è titolare di due ‘patenti specializzate’ in social media e social marketing.
Il museo è visitabile all’indirizzo http://www.prmuseum.com/


Csr parte integrante dell'agenda del consiglio di amministrazione delle aziende

Ne è convinto Pier Mario Barzaghi, head of corporate responsabilità Kpmg Network

“La responsabilità sociale d’impresa deve entrare a far parte dell’agenda” del consiglio di amministrazione delle aziende. Ne è convinto Pier Mario Barzaghi, head of corporate responsabilità Kpmg Network, che, in occasione in occasione del Csr Italian Summit, giornata di incontro e dibattito organizzata da Business International e Amref, spiega all’Adnkronos, gli impatti della Csr sulle performance aziendali.
Prima di tutto, Barzaghi sottolinea che “la Csr non deve essere percepita dalle aziende come un costo ma come un’opportunità sia interna che esterna. La forza della Csr arriva e deve arrivare assolutamente fino al consiglio di amministrazione”. “Fino a quando le aziende non comprenderanno che è fondamentale integrare i piani di sviluppo sostenibile all’interno dei piani industriali e che questi argomenti devono rientrare nelle agende periodiche nel consiglio di amministrazione tracciando una strategia aziendale – spiega – purtroppo non potremmo avere quegli effetti benefici che la Csr può dare sia a livello di società e di riflesso a tutti gli stakeholder”.In termini di cultura della Csr, “c’è sicuramente ancora molto non soltanto all’interno delle aziende ma anche tra gli stakeholder e gli investitori istituzionali. Un cambiamento in atto, soprattutto a livello nazionale, è che si inizia a parlare di rapporti integrati”.
L’obiettivo “è di dare una visione dell’azienda per dimostrare la creazione di valore aziendale ed è rivolto soprattutto agli investitori finanziari che devono cercare di capire che oltre a quanto predisposto dall’azienda ai fini tangibili esiste tutto un valore intangibile che deve essere definito, creato e dimostrato”.
 


Sostenibilita': 'popolo della rete' influenza attivita' Csr aziende

Le imprese sotto la lente di ingradimento del web. Il popolo della rete, infatti, commenta e giudica ed e’ in grado di influenzare le scelte dei consumatori e le attivita’ aziendali. A descrivere all’Adnkronos i nuovi influencer della sostenibilita’ aziendale, e’ Ilaria Catastini, presidente Roma di Hill+Knowlton Strategies e consigliere Anima, intervenuta al Csr Italian Summit 2013 organizzato da di Business International e Amref. Nel campo della sostenibilita’ aziendale la rete, spiega la Catastini, “sta giocando un ruolo fondamentale” e le aziende devono farne i conti”. Le opinioni che si formano in rete, a volte si trasformano”in dei veri e propri movimenti che riguardano centinaia di migliaia, addirittura milioni di persone che hanno la capacita’ di influenzare le opinioni dei consumatori, dei cittadini e quindi di creare una pressione molto forte nei confronti delle imprese su determinate mission”.
Un esempio, “e’ quello che riguarda l’industria del tessile”. All’indomani del crollo di una fabbrica in Bangladesh che ha visto la morte di oltre 1200 persone sotto le macerie, il settore dell’abbigliamento si e’ trovato a dover affrontare una sorta di mobilitazione internazionale che chiedeva che venissero effettuati maggiori controlli sulla catena di fornitura per mettere in sicurezza le fabbriche che nei paesi del terzo mondo sono ancora gestite senza il rispetto delle regole basilari sulla sicurezza e senza tutta una serie di elementi di responsabilita’ sociale”.
 


Le 5 metriche più importanti per migliorare le performance della propria azienda su Facebook

Facebook con i suoi 23 milioni di italiani attivi al mese, di cui 15 milioni giornalieri, è diventato il luogo della rete nel quale le aziende non possono non essere.
Aprire una pagina ufficiale, però, è solo il primo passo di una strategia di comunicazione che punti a coinvolgere i lettori (clienti attuali o potenziali). Questa non può non essere accompagnata da una lettura costante dell’efficacia del proprio piano editoriale.
A differenza di Twitter, il network di Zuckerberg offre Insights, un pannello gratuito di analisi delle performance della propria pagina molto ricco, tanto che potrebbe risultare difficile capire quali siano le metriche più importanti.

Senza pretesa di esaustività (per una disamina dettagliata vi rimando al mio libro “Social media ROI“) condivido con voi quelle che mi sembrano le spie più interessanti da considerare per valutare le proprie performance su Facebook.
– Likers o Fan: è la metrica più pubblicizzata dalla piattaforma, ma non la più interessante. Indica il bacino potenziale di lettori, ma è noto che solo una minima parte dei contenuti di una pagina viene resa visibile nel news feed dei fan (nell’intorno del 10% secondo alcuni studi).
L’Edge Rank, l’oscuro algoritmo di indicizzazione di Facebook, li seleziona sulla base di molteplici parametri che tengono conto dell’interesse manifestato da ogni utente e dei comportamenti dei suoi amici. In estrema sintesi più sono stimolanti i contenuti prodotti e maggiore distribuzione avranno. Ecco perché l’obiettivo dovrebbe essere l’engagement più che l’aumento smisurato dei fan;
– Total Engagement rappresenta la quantità di tutte le interazioni che le attività sulla pagina sono riuscite a produrre. Si ottiene dalla somma algebrica di like, commenti, condivisioni e post spontanei dei lettori in bacheca. Un valore alto indica una pagina stimolante.
Un approfondimento ulteriore permette di capire il peso dei singoli addendi e quindi le attività maggiormente svolte dai lettori (ad esempio: la community tende più a commentare o a postare autonomamente?);
– Page Engagement: è un indice dato dal rapporto tra Total Engagement e Fan. Il valore risultante indica il numero di interazioni prodotte, mediamente, da ogni fan.
Quindi è un buon elemento per misurare la “capacità produttiva” dei fan e il loro grado di coinvolgimento;
– Engagement per post: è un indicatore del livello di apprezzamento dei contenuti della pagina. È dato dal rapporto tra l’engagement generato dai post pubblicati dall’amministratore (ossia la somma di like, commenti e condivisioni generati) e il numero di post scritti nel periodo considerato;
– Total Reach o Portata: evidenzia il numero delle persone, uniche, che hanno visto effettivamente i contenuti della pagina.
Si tratta di un’informazione cui solo l’amministratore della pagina può accedere, ma che è fondamentale per capire quanto lontano sono arrivati i post pubblicati.
Insights permette di capire quali sono stati i canali della portata: se organica (cioè gli utenti hanno letto la notizia sulla pagina), virale (se l’hanno appresa grazie ai propri amici) o a pagamento (frutto di un’attività promozionale).
Come nel caso delle 5 metriche più importanti di Twitter, che ho esplorato la volta scorsa, gli indicatori sopra analizzati acquistano maggiore significatività se letti considerando la variabile temporale. In questo modo si potrà capire se le performance stanno progredendo.

L’altra dimensione fondamentale per valutare strategicamente i propri risultati è quella della comparazione con il proprio mercato o pagine similari per numero di fan. Consci che Insights non permette di dare uno sguardo alle pagine dei competitor, in Blogmeter abbiamo sviluppato un tool ad hoc chiamato Social Analytics. Strumenti del genere sono utili a chi si occupa professionalmente dei social media per ottenere evidenze proprio dal confronto tra pagine diverse e dalla combinazione delle metriche di base.
Ad esempio è possible ottenere una “Engagement Map”, come quella in alto, che metta in relazione il numero di Fan (asse delle ascisse) con quello del Total Engagement (asse delle ordinate). L’ampiezza delle bolle rappresenta i post scritti dalla pagina. Niente di più immediato per capire il posizionamento rispetto ai concorrenti.
E voi quali delle tante metriche utilizzate per misurare le performance della vostra azienda su Facebook?
 


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