TESI DI LAUREA: Il bilancio integrato in Italia e l’analisi di alcune best practice

Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano- Facoltà di Economia – Corso di Laurea Magistrale in Management per l’Impresa.
A.A. 2012/13

Il bilancio integrato in Italia e l’analisi di alcune best practice

Tesi di Francesco Placanica – Relatore Chiar.mo Prof. Matteo Pedrini

Leggi qui il testo integrale (219 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Quando si scopre qualcosa di nuovo in un determinato settore, si sviluppa in parallelo una sorta di sentimento collettivo relativo al modo migliore di risolvere un qualche problema importante. Molte persone si trovano dunque a lavorare simultaneamente nella stessa direzione. Il risultato è che, molto spesso, un traguardo significativo è raggiunto in contemporanea, o quasi, da più soggetti, anche se ognuno potrebbe arrivarci tramite percorsi leggermente diversi

Joshua D. Margolis, Hillary Anger Elfenbein e James P. Walsh hanno condotto una meta-analisi esaminando la relazione tra performance sociale aziendale (CSP) e performance finanziaria aziendale (CFP) e hanno concluso che “la maggior parte delle prove indica una relazione lievemente positiva, ela CSP non sembra penalizzare le imprese dal punto di vista finanziario, né danneggiare le loro funzioni economiche”.
Hanno anche scoperto che “se si agisce male, e si è scoperti, ciò ha un effetto più marcato sulla performance finanziaria rispetto all’agire bene”.
Con l’andare del tempo la letteratura sulla CSR si è notevolmente ampliata e sono stati coniati numerosi termini per indicare gli stessi concetti o concetti simili.
Tutti questi tentativi cercano di ampliare gli obblighi delle aziende portandole a includere nei loro bilanci anche considerazioni non finanziarie attraverso una rendicontazione integrata.
Praticare la rendicontazione integrata apporta quattro benefici principali all’impresa.
Primo, fornisce maggiore chiarezza sulle relazioni e sugli impegni. Secondo, aiuta a prendere decisioni migliori. Terzo, aumenta il livello di coinvolgimento di tutti gli stakeholder e facilita un dialogo interstakeholder su nuovi temi e interessi comuni: in  questo modo l’impresa è in grado di cogliere sin dall’inizio il seme del cambiamento riguardante quelle aspettative che, nel corso del tempo, tenderanno ad affermarsi con più vigore. Quarto, riduce il rischio reputazionale.
Insieme, questi benefici fanno sì che lo sviluppo, l’implementazione e la rendicontazione di una strategia sostenibile per una società sostenibile e si sforzino reciprocamente.
Bloomberg e Thomson Reuters per rispondere alle crescenti aspettative informative degli investitori, relativamente alle performance ambientali e sociali delle imprese, hanno aggiunto alle loro analisi dati relativi alle ESG performance. Per far fronte a tali richieste, le imprese dovrebbero ampliare il loro spettro informativo inserendo nell’informativa di bilancio una serie di dati relativi alle ESG performance. A tal fine, il
format per rispondere in modo appropriato a tali esigenze è proprio il bilancio integrato: documento che incorpora al proprio interno il bilancio d’esercizio, il bilancio di sostenibilità e l’informativa aggiuntiva sulla corporate governance.
Tale documento, essendo ricco di informazioni finanziarie e non, si rivolge ad un pubblico ampio e risponde alle principali esigenze informative dei vari stakeholder. Il
bilancio integrato si differenzia infatti dagli altri documenti di comunicazion societaria per la sua duplice valenza informativa: da un lato, infatti, risponde ai quesiti degli operatori finanziari e degli shareholder (detentori di capitale), dall’altro intende
interpretare le aspettative degli altri stakeholder siano essi interni o esterni.
L’obiettivo di questa tesi è analizzare questo modello di rendicontazione, quali sono i
principi utilizzati nella sua redazione e revisione e illustrare uno scorcio di tre organizzazioni che, in Italia, si impegnano a livelli diversi nell’applicazione di tali standard; un obiettivo che si è provato a raggiungere attraverso il confronto empirico tra tre approcci diversi al tema della sostenibilità, e della trasparenza, qui intesa come la facoltà di semplificare il più possibile agli utenti la comprensione delle performance già realizzate da un’azienda e delle prospettive future.


CSR: quanto sarebbe utile applicare l'analisi economica costi benefici?

Uno dei maggiori limiti dell’attuale approccio delle imprese che si avviano lungo il percorso di una maggior responsabilità sociale (CSR) riguarda la difficoltà di valutare con criteri quantitativi le performances d’impresa lungo i tre principali assi della sostenibilità: quello economico, sociale e ambientale. Di recente, si sono verificati alcuni sviluppi verso una standardizzazione degli indicatori di performance, come dimostrato, ad esempio, dall’iniziativa ISTAT-CSR Network.
Eppure, si è ancora lontani da una valutazione unitaria dell’apporto dell’impresa al benessere della collettività, magari capace di integrarsi pienamente con gli indicatori economici di redditività aziendale. Gli indicatori di CSR, infatti, spesso sono espressi con unità di misura non dialoganti fra di loro e, soprattutto, sono parziali, in quanto guardano maggiormente all’impegno dell’impresa in determinate aree di miglioramento (la riduzione delle disparità di genere, le elargizioni liberali sul territorio), piuttosto che a una misura unitaria del benessere economico, sociale e ambientale apportato dalle attività aziendali.
Un approccio di questo tipo per la misurazione dell’utilità collettiva di un progetto, però, esiste già, ed è l’analisi costi benefici (ovviamente estesa alle componenti più intangibili, come gli effetti sanitari e ambientali dell’inquinamento). Può essere utile applicare le metodologie costi benefici per fornire una valutazione unitaria dei costi esterni e dei benefici esternidell’attività d’impresa? Quali i rischi da evitare, quali le opportunità da cogliere?
Francesca Magliulo, responsabile CSR Edison. “E’ un argomento di cui si parla da molto tempo nel settore. Si tratta, in realtà, di una domanda che spesso i manager rivolgono agli esperti aziendali di CSR, ma il problema è che finora non ho ancora visto un sistema realmente adeguato che vada in questa direzione. C’è da dire, comunque, che non tutto può essere sempre ridotto a un’analisi costi benefici, data la complessità dei temi della CSR. Penso a tutto il discorso della relazioni sul territorio con le comunità locali, a cui sarebbe difficile applicare questa metodologia, che possono sì rappresentare un costo nel momento in cui, ad esempio, implicano un ritardo nella realizzazione di un impianto, ma in realtà rappresentano una questione molto più complessa”.
Andrea Molocchi, partner di ECBA Project. “Un approccio unificante, capace di valutare in termini economici e comparare fra di loro diverse categorie di effetti ambientali e di valore economico per la collettività creato dall’impresa, esiste già da anni, ed è l’Environmental Cost Benefit Analysis (ECBA), implementata soprattutto per la valutazione pubblica di politiche incentivanti, di piani e di progetti, a partire dai progetti con co-finanziamento pubblico. Anche in Italia, in base al DPCM 3 agosto 2013 tutte le opere pubbliche finanziate dai ministeri devono essere sottoposte ad analisi costi benefici, allo scopo di misurare il valore del beneficio netto per la collettività dei singoli progetti e di migliorare la programmazione della spesa pubblica, evitando il finanziamento di opere non sufficientemente utili. Se lo fa lo Stato, lo può fare anche l’impresa: oggi si può misurare il benessere netto per la collettività creato dalle attività d’impresa, dato dalla differenza fra il valore aggiunto e il valore delle esternalità ambientali generate dall’impresa stessa. Si può iniziare a valutare perlomeno l’ordine di grandezza dell’esposizione economica di un’azienda ai principali rischi ambientali e confrontarlo rispetto al benchmark di settore. Lo chiedono i cittadini, iniziano a chiederlo le banche e gli azionisti. E’ un percorso da compiere gradualmente, ma di grande efficacia per guidare la politica di responsabilità sociale delle imprese verso uno sviluppo più sostenibile, ed eventualmente ri-direzionarne le priorità, gli sforzi finanziari e di innovazione verso più promettenti obiettivi di miglioramento, secondo criteri quantitativi e trasparenti”.
Alessandro Beda, Consigliere d’Indirizzo di Fondazione Sodalitas. “Ogni azienda ha specificità uniche e deve impostare una politica di CSR riferita al modello d’impresa che desidera realizzare: è cioè fondamentale, in altre parole, che ogni impresa consideri il proprio IMS – Impatto di Materialità Specifica perché, a parità di investimenti, gli impatti possono essere fortemente diversi. La misurazione e la comunicazione dell’impatto saranno un fattore di credibilità determinante. anche in Italia, come già in corso negli USA, andranno ben presto definite delle mappe di materialità settoriali per facilitare la scelta delle allocazioni prioritarie dei settori di intervento”.
Anna Villari, Responsabile Csr A2A. “Standardizzare le metodologie è un aspetto importante per la Corporate Social Responsibility. Sicuramente l’analisi-costi benefici può essere una via. Tra i pro la possibilità di utilizzare un metro economico per misurare degli aspetti intangibili, come la salute o l’integrità dell’ambiente , e quindi di parlare con un linguaggio familiare al management di una azienda. Tra i contro la difficoltà di trovare criteri oggettivi per valutare l’intangibile e soprattutto il rischio di allontanarsi da quello che deve essere il focus primario della Sostenibilità, il dialogo e il coinvolgimento degli stakeholder”.


Anche la Csr ha la sua wikipedia

UN PROGETTO CREATO DAI CONSULENTI DI KOINÈTICALa novità sta già nel nome: wikiCsr. L’unione tra il concetti “wiki” e “corporate social responsibility”, suggerisce l’obiettivo di create una sorta di wikipedia della sostenibilità. A lanciare la sfida è stata la società milanese Koinètica che ha creato, nel 2012, la prima piattaforma online “aperta” dedicata alla responsabilità sociale. Grazie alle potenzialità del sistema wiki, l’enciclopedia ha l’obiettivo, spiega il presidente di Koinètica Rossella Sobrero, di «condividere, partecipare, costruire» l’universo della Csr.
La nuova creatura mette al centro l’utente, per questo è un po’ blog e un po’ enciclopedia: dal primo prende la possibilità di commentare gli articoli. Mentre eredita dall’altro l’opportunità di aggiungere notizie e arricchire il glossario, «il tutto – spiega Sobrero – in maniera semplice, grazie all’organizzazione intuitiva dei contenuti e alla facilità della procedura d’inserimento». Un clic sul link dedicato ed ecco la password via mail, con cui accedere a tutti i servizi.
La presenza online permette di avere uno strumento aperto a categorie diverse: professionisti, organizzazioni no profit, imprese, ma anche singoli cittadini.
Da “accountability” a “zeroemission”, 109 sono le voci attualmente presenti nell’enciclopedia, ognuna arricchita dalla possibilità di condivisione nei social network. Anche gli articoli permettono di spaziare nel mondo Csr: dai bilanci sociali al volontariato, passando per la sostenibilità, che conta già 103 contributi.
Mentre l’enciclopedia cresce, i suoi motivi ispiratori animano un’altra iniziativa: “Il Salone della Csr e dell’innovazione sociale”, che si svolgerà l’1 e il 2 ottobre in Bocconi. Tra i promotori spicca Koinètica insieme a Csr Manager Network, Fondazione Sodalitas e la stessa Università milanese. Attraverso tavole rotonde, convegni e workshop si potranno conoscere e confrontare le esperienze di Csr italiane e straniere.


Mobilità sostenibile per Gucci e Tnt con la consegna merci a emissioni zero

Sono state raggruppate in un’unica soluzione le ‘prese’ e le ‘consegne’ verso gli store, fino ad oggi normalmente effettuate con diversi veicoli in più momenti della giornataAnche l’alta moda sceglie la mobilità sostenibile. All’interno delle vie dello shopping cittadino delle principali realtà europee, Gucci e Tnt Express propongono la consegne della merce utilizzando mezzi elettrici. Il servizio, denominato ‘High Street Fashion’, offre il trasporto delle merci tramite van ‘a emissioni zero’ dai cancelli del maxi impianto Tnt ‘Milano Mega’ di Peschiera Borromeo, adiacente all’aeroporto di Linate, verso il Quadrilatero della Moda milanese.
I rifornimenti ad impatto zero, grazie alle sinergie realizzabili all’interno del Gruppo del lusso Kering, riguardano in tutto una decina di shop milanesi appartenenti anche, fra gli altri, ai brand Saint Laurent, Bottega Veneta, Stella McCartney, Balenciaga, Alexander McQueen. Un altro mezzo a basso impatto, questa volta a metano, assicura inoltre i rifornimenti al negozio di Gucci presso l’aeroporto di Malpensa ed effettua ritiri e consegne nell’hinterland milanese.La filiera logistica garantita da Tnt Express Italy a Gucci prevede il ritiro quotidiano della merce presso il sito logistico Gucci di Cadempino in Svizzera, la consegna al punto operativo Tnt Express Italy di Milano Mega, la gestione del materiale attraverso operazioni di stoccaggio e micrologistica, la percorrenza dell”ultimo miglio’ per la distribuzione agli store a cura di van elettrici, oltre a trasferimenti della merce dedicati direttamente da uno store all’altro.In sintesi, sono state raggruppate in un’unica soluzione le ‘prese’ e le ‘consegne’ verso gli store, fino ad oggi normalmente effettuate con diversi veicoli in più momenti della giornata. Rossella Ravagli, Head of Csr & Sustainability Gucci, ricorda che l’impegno di Gucci per ridurre gli impatti ambientali delle proprie attività, è partito nel 2010 “con la creazione di un nuovo packaging realizzato esclusivamente con carta certificata Fsc (Forest Stewardship Council) per continuare con l’ottimizzazione del carico trasportato, al fine di ridurre il trasporto su strada e le conseguenti emissioni di Co2, l’ottimizzazione del parco macchine e un programma volto a limitare il consumo di energia nei negozi”.Nello stesso anno “abbiamo ottenuto la certificazione ambientale 14001. Recentemente abbiamo avviato un progetto con il ministero dell’Ambiente finalizzato alla valutazione dell’impronta ambientale e al calcolo delle emissioni di Co2 prodotte all’interno della nostra filiera, con l’obiettivo di ridurle. Sempre con lo stesso spirito, abbiamo deciso di proporre alcuni prodotti realizzati con materiali innovativi meno impattanti dal punto di vista ambientale”.


TESI DI LAUREA: The impact of knowledge transfer on profit and non-for-profit partnerships.

Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
Anno Accademico 2012-13

The impact of knowledge transfer on profit and non-for-profit partnerships. The case studies of Coopi-Guna and Gret-Danone

Tesi di Laurea di Laura Carrere
Scarica il  teso integrale della Tesi (172 pagine), qui di seguito, il testo dell’abstract della tesi:


ABSTRACT

Profit and non-for-profit partnerships are strategic cross-sector collaborations providing innovative answers to new global challenges. Knowledge transfer amongst
organizations is a critical resource that permits to improve organizational performance.
Through the case studies of Coopi-Guna and Gret-Danone, the research aims at
exploring the impact of knowledge transfer on the profit and non-for-profit partnerships’ performance. The Italian partnership, Coopi-Guna, and the French one,
Gret-Danone, have been chosen for their performance and comparability. Three specific issues are studied: a) explore the impact of knowledge transfer on the partnerships, b) compare the French and the Italian case studies, and c) understand the key variables affecting partnerships’ success. The literature review analysis has been complemented with face-to-face semi-structured interviews conducted with the nonprofit and profit organizations mentioned. The results of the case studies confirm that knowledge transfer has been a decisive and pervasive element for the partnerships’ management and performance. The comparison of the case studies shows that the main difference between the Italian and the French partnerships has been the knowledge transfer mechanism they have used, one informal and the other formal. It suggests that there is not an optimal knowledge transfer mechanism, but the crucial issue is the fit and compatibility amongst the partners. Mutual trust and cultural alignments towards the project have been identified as the key variables for a better partnerships’ success.


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