TESI DI LAUREA. "Comunicazione di crisi, analisi delle pratiche di Nestlè"

Libera Università di Lingue e COmunicazione IULM

Corso di Laurea in Public Relations e Business Communication

Comunicazione di crisi – analisi delle pratiche di Nestlè

Tesi di Marta Grassi

Scarica il testo integrale della tesi (96 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Crisi, comunicazione e fiducia/reputazione sono le tre parole chiave che
definiscono l’elaborato seguente.
“Crisi è un termine con il quale dal 2007 l’opinione pubblica si interfaccia
quotidianamente, non perché prima non ci fossero state crisi, ma perché quella
scoppiata nel 2007 ha scatenato reazioni a catena fino alla crisi economica
attuale. Definita come “crisi economica”, è stata caratterizzata dalla mancanza
di fiducia riposta nelle banche a livello internazionale e culminando nel
2010/2011 con il braccio di ferro tra USA e Europa sulla stabilità finanziaria e il
ruolo dell’euro.
Tuttavia, questa crisi internazionale ha lasciato nella penombra un’altra
tipologia di crisi, sulla quale si concentrerà l’elaborato: le crisi di impresa non
riconducibili alla situazione economica generale. Molte sono le imprese che
hanno sofferto stravolgimenti in termini di riduzioni drammatiche del fatturato e
degli utili, perdite di quote di mercato, sovradimensionamento degli organici e
conseguenti politiche di licenziamento o di delocalizzazione. Ma ognuna di
queste situazioni può essere riconducibile all’impreparazione generale del
management aziendale alla gestione operativa e strategica di crisi. Sarà quindi
fondamentale chiarire la delicata funzione di crisis management a livello
aziendale e gestionale della vita d’impresa. Importante è anche definire il ruolo
fondamentale della crisis communication in uno scenario competitivo sempre
più globalizzato.
La comunicazione è, a sua volta, una delle caratteristiche proprie del mondo
globalizzato, grazie alla presenza di nuovi media e delle reti. Le informazioni si
diffondono rapidamente, arrivando ad un pubblico vastissimo di soggetti che
possono avere interessi diretti o indiretti nell’impresa. Il modo in cui le
informazioni si propagano e sono comunicate ai diversi destinatari è l’essenza
di un processo di comunicazione ed è molto spesso più rilevante della
dimensione stessa degli effetti reali della crisi. Eventi di per sé poco significativi
possono essere ingigantiti e situazioni che non hanno nulla a che fare con
l’impresa possono avere riflessi molto negativi su di essa.

La terza componente è costituita dalla fiducia e dalla reputazione, che sono a
loro volta elementi cruciali di un sistema, ovvero quello economico. Infatti, la
fiducia riposta in un’impresa o il pregiudizio sulla sua reputazione determinano
atteggiamenti positivi o negativi dei diversi portatori di interessi aziendali. Quello
che determina l’importanza della gestione di crisi a livello di reputazione e di
immagine si costituisce con un’asimmetria di fondo: la fiducia e la reputazione si
costituiscono in tempi lunghi, mentre la sfiducia o la caduta di reputazione
possono essere determinati da fattori imprevisti, spesso non controllabili, i quali
hanno riflessi immediati nel breve periodo.
Una corretta gestione delle situazioni di crisi diventa quindi uno strumento
fondamentale per affrontare questa asimmetria, evitando che la professionalità
dei componenti aziendali sia intaccata o messa in discussione semplicemente
per una situazione di crisi mal gestita.

L’elaborato verrà suddiviso in tre capitoli.

Nel primo sarà approfondito il tema generale di crisis management, argomento
spesso poco esplorato. Ci si concentrerà sulla definizione di crisi, quali sono le
cause e qual è la sua dinamica. Saranno individuate le varie tipologie di crisi e
di conseguenza anche gli strumenti necessari alla gestione di un evento critico,
sia a livello interno che ed esterno all’azienda. Ci sarà inoltre un confronto tra i
vari comportamenti da adottare o da evitare in caso di crisi, rapportati agli studi
effettuati da autori che hanno ritenuto importante analizzare in modo specifico
questa tematica.
Nel paragrafo successivo saranno indicate le tre fasi principali del crisis
management: quella di prevenzione e anticipazione delle situazioni di crisi,
quella di risposta, con particolare attenzione alla tematica del tempo ed infine
della ripresa post-crisi, nella quale è ancora importante la rapidità con la quale
si attua un programma di rilancio, di motivazione del personale e di recupero
della reputazione. Da sottolineare è il fatto che il crisis management non sia
considerato una vera e propria “disciplina”, ma rappresenta la gestione di vari
processi attraverso un approccio multidisciplinare e/o interdisciplinare.

Nel secondo capitolo l’analisi sarà principalmente orientata alla scoperta della
realtà Nestlé.
Il primo paragrafo viene sviluppato intorno alla storia dell’azienda, ripercorrendo
le tappe fondamentali dell’evoluzione storica dell’azienda, per passare poi alla
descrizione della struttura organizzativa, dell’ambiente ovvero del settore in cui
opera Nestlé, delle attività svolte, il portfolio prodotti dell’organizzazione ed
infine gli obiettivi che aiutano Nestlé a perseguire il suo fine principale:
soddisfazione e salute per il consumatore. Per migliorare la comprensione, è
stata svolta l’analisi PEST, che permetterà di indagare sulle variabili politica,
economica, sociale e tecnologica capendo così quali sono più rilevanti nelle
scelte strategiche e operative dell’azienda.
Nel secondo paragrafo sarà introdotto il vero e proprio mondo Nestlé: i valori
aziendali, la vision e la mission che comandano tutte le attività svolte in
azienda. Da qui sarà introdotto quello che per Nestlé viene considerato valore
aggiunto, ovvero la componente di ricerca, valore cardine per l’azienda, e le
varie caratteristiche di comportamento etico e morale attuato in conformità con
le aspettative dei consumatori e della società che spesso affligge le aziende
facenti parte del settore alimentare con giudizi decisamente severi e
intransigenti.
Infine, nel terzo paragrafo verrà analizzata la componete di comunicazione
aziendale. Nestlé considera essa fondamentale al raggiungimento di risultati
soddisfacenti, e per questo, differenzia la propria comunicazione in base
all’obiettivo e al target che vuole raggiungere. Saranno differenziate le attività di
comunicazione dirette ai consumatori finali, rispetto a quella indirizzata agli
stakeholder, introducendo una piccola analisi della componente social utilizzata
come strumento strategico per comunicare per i vari pubblici riferiti ai differenti
brand di cui Nestlé è padrona.

Concludendo, nel terzo capitolo finale verrà analizzata la posizione di Nestlé in
relazione alle crisi, delineando gli strumenti e le strategie che essa sfrutta in un
momento di criticità.
Nel primo paragrafo l’attenzione sarà posta sulle attività di prevenzione,
indispensabili per una corretta gestione o anticipazione di qualsiasi tipo di crisi.
Questa risulterà diversa in base alla sua posizione sui vari mezzi di
comunicazione a disposizione. Ci saranno infatti metodologie specifiche per i
media tradizionali e altre per i cosiddetti new media.
Prendendo spunto da quest’ultimi, nel secondo paragrafo sarà individuato come
questi nuovi canali di trasmissione di notizie, internet e soprattutto i social
network, possano diventare un’arma a doppio taglio per l’azienda. Necessari
per rimanere in costante contatto con i consumatori e per rispondere
direttamente agli utenti, ma allo stesso tempo strumento di diffusione virale di
notizie che, con il passare da “mouse a mouse”, vengono spesso distorte e a
volte totalmente inventate. Tutto questo porterà dei risvolti di necessaria
considerazione per l’azienda e di importante rilievo in caso di scoppio di una
crisi.
Nel terzo e ultimo paragrafo sarà inserita l’analisi di una case history aziendale
riferita ad un evento critico con il quale si è dovuta relazionare Nestlé.
Delineata la situazione iniziale che ha scaturito l’aumento di attenzione sul
prodotto Nesquik negli Stati Uniti, ovvero la probabile contaminazione da
salmonella, è poi stato individuato il motivo per cui la crisi ha toccato anche la
realtà italiana. Essa però, gestita in maniera impeccabile, non ha trovato alcun
riscontro nel diffondersi o nel provocare qualche cattiva conseguenza sui
comportamenti dei consumatori italiani.


Politica 2.0 e social reputation

Una mia intervista ai creatori del sito “Socialpolitico”: come comunicano i protagonisti della politica e delle Istituzioni pubbliche?
Per quale motivo e in quali circostanze avete deciso di creare la piattaforma IlSocialPolitico?
Il SocialPolitico nasce nel febbraio del 2013, in coincidenza con le ultime elezioni politiche. Il nostro progetto è nato come risposta giornalistica alla pressione esercitata dai social media nel divenire fonti primarie di informazione. Abbiamo deciso di indagare su come i principali personaggi pubblici comunicano, si muovono e influenzano l’opinione pubblica tramite la loro “social reputation”. Dopo una prima fase dedicata al mondo della politica abbiamo deciso di indagare il ruolo svolto da altri attori pubblici e sociali. Oggi possiamo dire che ilSocialPolitico  si concentra sull’attività 2.0 di politica, istituzioni, influencer e fenomeni sociali.
Che riscontri avete avuto fin ora?
I riscontri fin da subito sono stati enormi, direi ben al di là delle nostre aspettative. Fin da subito le nostre inchieste sono state pubblicate, discusse e rilanciate dai principali organi di stampa nazionale. Abbiamo inoltre una rubrica fissa su Key4biz uno dei principali quotidiani online specializzato nei settori TLC, Media, Internet. Dopo questa prima fase, in cui ci siamo costruiti una nostra particolare web reputation, siamo diventati degli interlocutori ascoltati da stampa di settore e  da addetti ai lavori. Il successo editoriale raggiunto ci ha spinto a pubblicare “Ogni Click conta, le elezioni si vincono sui social media”, il nostro primo social-book che racconta una anno di elezioni politiche attraverso le nostre indagini
Qual è la situazione in Italia, dal punto di vista dell’uso dei Social Network in politica e nelle istituzioni?
In Italia la politica si è buttata a capofitto sui social media, in particolare su facebook, twitter , youtube ed in misura minore su google plus. Dalle nostre indagini risulta però come i politici utilizzino i social media come un semplice megafono per amplificare i loro messaggi. Sono pochi quelli che hanno capito il vero valore di questi strumenti: l’interazione con gli altri utenti. Quando usiamo questo termine intendiamo la capacità di un leader di creare un feedback costante e bidirezionale con i vari follower, amici e fan. Purtroppo la comunicazione politica soprattutto su twitter prende la piega opposta.
Una case-history di eccellenza?
Per quanto riguarda la politica italiana mi viene in mente Nichi Vendola, il vero “social” mattatore delle ultime primarie del centrosinistra. Mentre la stampa generalista e poco attenta celebrava Renzi come un campione sui social network, le nostre inchieste mirate mettevano in luce come il governatore della puglia sul web fosse più influente del sindaco fiorentino. Per par condicio adesso devo fare però un nome di “destra”. Nonostante abbia numeri non elevatissimi ho trovato interessante il modo in cui Daniele Capezzone usa i social ed in particolare Twitter. Il leader del Pdl ha costruito una fortissima interazione con i suoi follower, ma a differenza di quasi tutti i politici i suoi interlocutori principali non sono personaggi pubblici, partiti o famosi giornalisti ma bensì i suoi elettori. Sempre per rimanere nel campo del centrodestra, mi ha stupito il livello di popolarità raggiunto da Alfano su Google Plus, un social in forte ascesa. Spostandoci nel campo della PA mi viene in mente l’Inps che si è dotata di più canali social, differenziandoli per i suoi differenti stakeholder (pensionati, lavoratori, dipendenti). Ovviamente per quanto riguarda gli influencer, non posso che parlare di Papa Francesco, una vera e propria Twitter Star. Papa Francesco è uno dei primi dieci influencer italiani e il suo profilo più seguito al mondo è quello spagnolo (ne ha 8 a seconda delle lingue)
…e una case history che ha fatto riflettere in senso negativo…
In maniera provocatoria cito il caso Grillo. Sappiamo tutti che la sua popolarità sulla rete è enorme e quanto abbia fatto da calamita alle scorse elezioni. Ma se mettiamo sotto una lente di ingrandimento i dati emersi dalle nostre inchieste vediamo come l’ex comico utilizzi una strategia comunicativa unidirezionale tipica del leader carismatico. La strategia su twitter del Movimento 5 stelle sembra essere quella di un network federale, composto da una miriade di singoli gruppi locali, agganciati in maniera verticale ad un grande e potente server, il profilo di Beppe Grillo. Questo può andare bene nel breve periodo. Ma nel lungo periodo se nei social viene a mancare l’interazione e un rapporto orizzontale con gli altri utenti si finisce a sbattere contro un muro.
Che ruolo possono/debbono avere a vostro avviso i Social nelle strategie di politica estera del Paese?
I social per le loro caratteristiche – estrema rapidità di comunicazione e forte capacità di pressione sull’opinione pubblica – possono giocare un ruolo fondamentale nelle strategie di politica estera di un paese. Abbiamo rilevato, tramite le nostre ricerche, una vera e propria proliferazione di profili aperti sui principali social da parte di ambasciate e consolati. A questo scenario di grande espansione quantitativa non è però corrisposto un adeguato livello di qualità. Mentre il mondo era appeso ad una decisione dell’Onu sul possibile intervento in Syria ho scritto un pezzo sull’ambasciata Usa in Sirya. Nonostante quelli fossero giorni molto caldi ho rilevato su Twitter una modesta interazione dell’ambasciata ed un scarsa originalità dei tweet (erano dei semplici link che rimandavano al profilo Facebook). Su Youtube i numeri erano molto bassi e non adeguati ad un istituzione di quel livello.  Vorrei inoltre riportarvi le risposte datemi dall’ambasciatore Usa in Italia durante un nostro confronto avvenuto proprio tramite Twitter. Nel chiedere a David Thorne quale potesse essere il ruolo svolto da Twitter all’interno delle amministrazioni diplomatiche ebbi in risposta che questo social può fornire grandi potenzialità di crescita e creare opportunità di dialogo politico e economico. Venendo allo specifico caso italiano, la pagina del Ministro degli Affari Esteri creata sotto la gestione dell’Ambasciatore Giulio Terzi ha registrato un elevato livello di attività, pubblicizzato tutte le più importanti attività pubbliche del Ministero, con frequenti aggiornamenti. Abbiamo potuto rilevare anche un ottimo livello di interazione: la fanpage delll’allora Ministro degli Esteri Terzi ha raggiunto e superato le 300.000 interazioni a settimana,  con “amici” ed “amici degli amici” che veicolavano i messaggi. Il Ministero ha scelto Facebook  come luogo dove dare spazio alle varie azioni di comunicazione intraprese ed i vari eventi organizzati, allo stesso tempo la pagina FB si è rilevata come un innovativo mezzo di trasferimento di notizie agli operatori dell’informazione , “superando”  in questo modo i limiti dei tradizionali comunicati stampa.
Che scenario potete disegnare in vista delle possibili prossime elezioni?
Il quadro politico è davvero mutevole, difficile pronosticare possibili scenari o alleanze, sui quali giocherà un ruolo fondamentale l’approvazione o meno della legge elettorale. Noi nel frattempo stiamo monitorando le varie correnti interne ai partiti. Ci interessa pesare l’influenza che hanno sui social i big dei vari partiti, per capire dove e come si costruiranno le strategie di marketing politico delle prossime elezioni. Come dico e scrivo nel mio libro non esiste una regola scientifica che lo dimostri ma chi vince le elezioni nel 100% dei casi è il leader più forte sui social.
…e guadando avanti di 10 anni?
Domanda davvero difficile, ma allo stesso tempo affascinante. Credo che la regola numero uno nelle tecnologie sia che una volta “lanciate” la loro principale caratteristica sia quella di mutare in base al contesto sociale ed economico. Sicuramente una cosa mi sento di affermarla: fino ad oggi mediologi e sociologi si sono affannati nel vedere nell’ingresso di una nuova tecnologia la sua integrazione, in gergo scientifico ri-mediazione, con i media del passato. Purtroppo questo non è avvenuto. La televisione non sa che farsene dei giornali, la radio su internet è un flop. Forse però con i Social Media stiamo assistendo ad una maturazione di questo fenomeno. Tra dieci anni mezzi come tv, radio, giornali web non potranno fare a meno dei social per interagire con il proprio pubblico.


TelecomItalia sul podio del Webranking Award di Kwd

Una mia intervista alla Dott.sa Marcella Logli di TelecomItalia: l’azienda di telecomunicazioni spicca sul podio del Webranking di KWD-Lundquist, presentato a Milano in un recente evento dal collega Joachim Lundquist
Dottoressa, siete “stati confermati sul podio”: cosa fa la differenza secondo Lei? Perché quei “punti” di differenza nella classifica KWD?

Come anche il rapporto KWD sottolinea, la sostanziale stabilità delle aziende incluse nella top10 indica che per arrivare ai primi posti è necessario un impegno continuativo negli anni. Ed è quello che noi in Telecom Italia facciamo con costanza e sistematicità. Vogliamo parlare con i nostri stakeholder e sappiamo che i nostri rapporti di comunicazione migliorano attraverso la rete. Per questo dedichiamo tempo, energie e risorse per comunicare con i nostri interlocutori affinché tutti abbiano una chiara visione delle attività e delle strategie della nostra azienda. Internet ci assicura un rapporto schietto e continuo con i nostri stakeholder.
Nel settore servizi a consumo, dove Telecom Italia è stata inclusa, la classifica KWD dimostra che l’azienda riesce a primeggiare ancora una volta.

top 5 servizi al consumo
Telecom Italia 86,1
Mondadori 63,3
Autogrill 54,5
G-tech 37,1
RCS Mediagroup
 
31,7

Fonte: pag. 14 dell’executive summary KWD
Inoltre, il sito di Gruppo telecomitalia.com ha ottenuto punteggi elevati in particolare nelle aree dedicate alle informazioni finanziarie (Investor Relations), alla governance e alla presentazione dell’azienda.
E’ stato particolarmente apprezzato lo sviluppo di Telecom Italia verso un modello di Corporate Storytelling. Abbiamo voluto raccontare il nostro Gruppo, e i suoi progetti di innovazione, responsabilità sociale e cultura digitale, attraverso le testimonianze dirette dei nostri colleghi e con l’uso crescente di video e infografiche. E questo è piaciuto.
Come narrate la storia di Telecom Italia online, e quali strumenti e strategie utilizzate per evitare un approccio troppo “auto-referenziale” nel raccontarvi?
Ci siamo resi protagonisti in prima persona. I colleghi di Telecom Italia si sono raccontati sulla rete, questo ha avvicinato il pubblico esterno al nostro lavoro, alla nostra vita quotidiana.
Il nostro punto di partenza è stato proprio il bisogno di condividere. Noi abbiamo voluto iniziare il nostro racconto, omaggiando uno dei più grandi personaggi a cui la parola “sogno” è legata: Martin Luther King. Nell’anno in cui la nostra azienda nasceva, il 1963, Martin Luther King scriveva il discorso destinato a renderlo immortale: “I have a dream”.
Omaggiando Luther King e il suo sogno, il nostro messaggio è diventato “we have a dream”, abbiamo un sogno noi in Telecom Italia: un’Italia connessa, primo obiettivo della nostra azienda per consentire al Paese di trasformarsi, crescere e condividere sogni, aspirazioni e progetti.  “Comunicare, connettersi, vivere” è stato appunto alla base della campagna di comunicazione lanciata da Telecom Italia già a fine marzo 2013, che, tramite il discorso di Martin Luther King, ha voluto sottolineare il valore ancora profondamente attuale del suo messaggio. Da qui i progetti di condivisione, che sono stati valutati positivamente anche nel ranking KWD, proposti in quest’ottica: #iovivoconnesso www.telecomitalia.com/iovivoconnesso e Connected Life http://connectedlife.telecomitalia.com
Il primo è un progetto di comunicazione integrato e multipiattaforma che vede protagoniste le persone di Telecom Italia e le loro storie quotidiane.
Connected Life nasce, invece, dall’evoluzione del Reporting finanziario da documento di compliance a strumento di comunicazione e storytelling aziendale, con l’obiettivo di fornire una rappresentazione più diretta e coinvolgente agli stakeholder istituzionali e, contemporaneamente, ampliare il pubblico di riferimento rivolgendosi alla più ampia popolazione digitale.
A Suo avviso, quanto la cultura del “pensare social” è realmente pervasiva in azienda, o quanto invece è ancora relegata ai reparti e alle funzioni tecniche che professionalmente se ne occupano?
Come dicevo prima parlando di #iovivoconnesso, noi di Telecom Italia abbiamo scelto di raccontarci in maniera autentica. E sappiamo bene che l’autenticità si basa sulla coerenza. Il mondo dei social network fa parte della nostra vita quotidiana, del nostro lavoro, della nostra famiglia, dei nostri amici. Le persone di Telecom Italia questo lo sanno bene ed è per questa ragione che tutti spendiamo il nostro agire con coerenza nei confronti di tutti i nostri interlocutori. Per fornire un esempio concreto, la nostra intranet aziendale è sempre più orientata all’utilizzo dei social network e degli strumenti 2.0 per comunicare tra noi e veicolare contenuti ed idee.
Anche la mia storia professionale iniziata con Italia on line, ancora esistente, e con tin.it ha visto l’utilizzo della mia esperienza al servizio della crescita dei servizi per le persone e per le aziende. Ho contribuito a sviluppare tanti progetti, come Impresa Semplice e Nuvola Italiana, il cloud computing che trasforma l’infrastruttura informatica aziendale in un servizio “on demand” flessibile.
Gli strumenti tecnologici cambiano velocemente e ci permettono ogni giorno nuove cose, si pensi alle rivoluzioni che hanno portato motori di ricerca tipo Google, o i social network come Facebook. Noi siamo presenti nei maggiori social network con le pagine istituzionali e di servizi dedicati. E anche tutto il management, a partire dal nostro Amministratore Delegato, è sui social network, tutti disponibili al colloquio con gli interlocutori esterni. Ad esempio io su twitter @marcellalogli ho circa 6.200 follower che possono seguire le mie attività per il Gruppo in tempo reale. La diffusione della cultura “social” fa parte del processo di innovazione che alimenta tutta la nostra azienda quotidianamente.
Più cervello o più cuore? Qual’è il confine tra illustrare offerte e contenuti e generare emozioni, nella comunicazione on-line di Telecom Italia?

Il nostro obiettivo e il nostro sforzo quotidiano è quello di trovare un equilibrio costante tra i due aspetti della vita umana, cervello in quello che proponiamo ai nostri clienti, e cuore nelle nostre attività giornaliere. Io credo che quando si agisca con il cuore, senza dimenticare il cervello, il risultato sia visibile. Siamo coscienti del fatto che una comunicazione carica di coerenza arrivi dritto al cuore delle persone. Il nostro confine risiede nella coerenza.
I nostri clienti fanno parte di un sistema in evoluzione, e sappiamo bene che i rapporti umani, per essere autentici, si debbano basare sulla fiducia. La fiducia è una forza reciproca, non si sviluppa in assenza di reciprocità. Se siamo coerenti riusciamo a sviluppare un rapporto di fiducia con i nostri clienti che, a loro volta, la attuano con noi e rimangono con noi perché si fidano di noi.
La crescita esponenziale del bisogno di soggettività ci mette ogni giorno di fronte al fatto che il servizio che proponiamo debba rispondere ad aspettative individuali diverse e complesse. E’ finito il tempo del mercato di massa e del prodotto omologato, il nostro cervello e il nostro cuore sono impiegati nello sforzo costante di comprendere le esigenze e i desideri dei nostri interlocutori, ovvero persone ed individualità, non masse di possibili clienti.
Quali sono i vostri principali “difetti”? Dove ancora sbagliate? Su cosa metterete l’attenzione nel prossimo periodo per migliorarvi ulteriormente?

Per Telecom Italia il riconoscimento è un importante consenso sull’impegno continuativo dell’azienda verso l’eccellenza nella comunicazione e il rafforzamento della propria reputazione online. Il nostro miglioramento continuo passa attraverso l’ascolto delle persone, dobbiamo ascoltare di più tutti, i nostri colleghi, fonte primaria e capitale sociale ed esperienziale della nostra impresa, dobbiamo ascoltare di più le esigenze dei nostri clienti e, anzi, anticipare e proporre i loro possibili bisogni, aiutarli a comprendere come poter gestire al meglio le loro attività grazie a tutta la tecnologia digitale che lo permette ed essere proattivi.
Come grande Gruppo del Paese ci sentiamo investiti della responsabilità civile e sociale, perché Telecom Italia è una realtà di economia di base del Paese. La connettività, infatti, nella società attuale è la base per sviluppare il resto dell’economia.
Le nostre aree di miglioramento passeranno attraverso un maggiore ascolto degli altri e un maggiore coinvolgimento nel proporre ai nostri interlocutori come si cresce, come si sviluppa l’innovazione, come si possa essere socialmente e culturalmente responsabili.


Lei è anche Segretario Generale della Fondazione Telecom Italia. Quali i progetti in questo ambito?

La Fondazione Telecom Italia www.fondazionetelecomitalia.it è una realtà che contribuisce allo sviluppo sociale del Paese anche attraverso una serie di progetti che coniugano tradizione e valori con l’innovazione di cui il  nostro Gruppo si nutre.
Il futuro dello sviluppo di noi tutti non può avere solo come unico obiettivo l’affermazione della propria identità e dei propri interessi personali. Oggi più che mai ogni attività fatta per contribuire alla sostenibilità della società ha un valore che pesa di più.
Il 2013 di Fondazione Telecom Italia è stato un anno ricco di progettualità e di nuove idee, di iniziative rivolte a enti e associazioni no profit oltre che alle persone del Gruppo Telecom Italia.
Abbiamo pensato e realizzato un portale dinamico e innovativo, ma anche interattivo grazie alla potenza dei social network. In pochi mesi abbiamo triplicato i visitatori, rafforzando il dialogo con enti e associazioni no profit. Abbiamo avuto oltre 800.000 visualizzazioni e 100.000 visite e più di 3.000 nuovi utenti registrati.
Ad esempio con il Bando “Beni invisibili. Luoghi e maestria delle tradizioni artigianali”, abbiamo invitato il pubblico a proporci spunti legati al mondo del Patrimonio Storico-Artistico, per valorizzare il forte legame che da sempre nel nostro Paese esiste tra la “maestria dell’artefice” e il territorio. Abbiamo in poche settimane ricevuto oltre 470 idee di progetto, a dimostrazione dell’attenzione delle persone a questo genere di iniziative.
Il 2013 ci ha anche confermato la disponibilità delle persone del Gruppo Telecom Italia. In molti hanno aderito all’iniziativa Fondazione Italia x10 e hanno presentato 66 progetti negli ambiti dei diritti violati, della cura e assistenza agli anziani non autosufficienti e del contrasto alla povertà. 56 colleghi hanno supportato il progetto entrando a far parte del gruppo degli Angels di Fondazione Telecom Italia, mettendo a disposizione le proprie esperienze e competenze, traducendo in azione concreta il proprio spirito di volontariato.
Il nostro desiderio per il 2014 è continuare a condividere con la gente la nostra passione, la nostra voglia di fare, per aiutare a realizzare sogni, idee e progetti e sostenere lo sviluppo di un Paese migliore e solidale.


A Roma gli Stati Generali della Comunicazione Politica. Imperativo categorico: contaminare i saperi e le pratiche

In Italia mancava uno spazio di discussione e confronto sui temi della comunicazione politica che coinvolgesse i diversi operatori del campo: accademici, professionisti e consulenti, giornalisti, attori politici. Spinning Politics, rivista online diretta da Christian Lalla, e Centre for Media and Communication Studies della Università LUISS Guido Carli di Roma, fondato da Michele Sorice, hanno avvertito quel vuoto e si sono inventati la prima edizione degli Stati Generali della Comunicazione Politica.
La comunicazione politica, intesa tanto come disciplina scientifica, quanto come set di expertices orientati alla pratica professionale, mostra ancora il volto dell’eterna incompiuta: da trent’anni è ad un passo dalla piena legittimazione nel mondo accademico che non arriva mai, da una ventina è in attesa che la consulenza politica sfondi, se non con il fulgore di cui gode nel mondo anglosassone quantomeno con la vitalità che mostra di avere raggiunto in Francia. Aspettiamo con pazienza. Sullo sfondo permane quella condizione di perniciosa permeabilità funzionale tra comunicazione politica e istituzionale che definisce un’ennesima variante della patologia comunicativo-informativa italiana.
Sei sessioni plenarie e 18 panel hanno toccato tutti gli ambiti tematici d’attualità. Primo giorno: Daniele Bellasio (Il Sole-24 Ore), Armando Melchionna e Gianluca de Matteis Tortora (RAI), Valeria Ferro, Brunella Bolloli (Libero) hanno discusso dell’efficacia della legge sulla par condicio e della (in)efficienza del sistema AgCom per la rilevazione delle presenze di politici in TV durante la campagna.I sondaggi d’opinione, totem della politica contemporanea in bilico tra epicfail predittivi e plateali strategie di costruzione della realtà, sono stati oggetto di riflessione per Carlo Buttaroni (Tecné), Antonio Noto (IPR Marketing) e Paolo Mancini (Università di Perugia). Due panel e una plenaria, curati da Francesco Amoretti dell’Università di Salerno – anche coordinatore dell’Osservatorio Satira Politica – hanno sottolineato la centralità della narrazione satirica della politica nel contesto del discorso pubblico popolarizzato. Se n’è discusso, tra gli altri, con il contributo di autori tra i più innovativi della scena nazionale: Massimo Bucchi (la Repubblica), Mario Natangelo (Il Fatto Quotidiano) e con i videomaker de Il Terzo Segreto di Satira.
Il Vice Ministro agli Affari Esteri Lapo Pistelli ha inaugurato la seconda giornata con uno speech su e-public democracy, sostenendo la necessità di innovare le pratiche tradizionali delle relazioni diplomatiche attraverso l’impiego delle nuove tecnologie di comunicazione. Perfino l’attività di intelligence – dice – se ne gioverebbe. L’accettazione di un nuovo paradigma in questo campo, con rischi connessi, è però un traguardo ancora da conquistare.
Largo spazio, nei panel della giornata, alle Politiche 2013: strategie di comunicazione e media coverage di eventi e temi nella sessione “accademica” introdotta da Franca Roncarolo dell’Università di Torino, con il contributo di ricercatori provenienti da tutte le più prestigiose università italiane che lavorano sul tema. Arrivano i dati, finalmente. Perfettamente complementare la sessione “dei consulenti”, dove sono intervenute alcune tra le agenzie più attive sul quel fronte: ABC Comunicazione, The Vortex, Spinning Politics, Running, MR Associati, Area.
D’obbligo il focus speciale – tre panel di successo – su web e partecipazione politica. Sfilano i testimoni privilegiati: Dino Amenduni (Proforma), Eugenio Iorio (media strategist), Daniela Gentile (coordinatrice comunicazione PD), Tommaso Giuntella (Trecento Spartani), Alessandro Tartaglia (FF3300), Gianluca Giansante (digital strategist), Filippo Sensi (Nomfup). Su sentieri meno battuti, ma che portano lontano, i panel su gender e politica, sulla slow communication, sulla comunicazione di crisi.
Nella terza giornata era di scena ancora la campagna elettorale: spin, strategist e comunicatori si sono confrontati su strategie e crisis management (Roberto Basso, Daniel Fishman, Paolo Guarino, Paco Simone e Claudio Velardi). Giornalisti e commentatori si sono cimentati con la magnifica ossessione di misurare la realtà attraverso il fact-checking, ultima frontiera della informazione online (Gianluca Borrelli, Barbara Collevecchio, Amerigo Lombardi, Eugenio Orsi, Vincenzo Smaldore). Infine Stefano Di Traglia (PD), Antonio Palmieri(PDL) e Isabella Votino (Lega Nord) hanno portato il punto di vista della macchina comunicativa dei partiti.
Gian Pietro Mazzoleni, Direttore della rivista “Comunicazione Politica”, nella relazione di chiusura ha richiamato due punti chiave che fotografano lo stato attuale della comunicazione politica in Italia. Il primo: «la comunicazione è il luogo della politica e della democrazia». Pertanto ne va riconosciuta a tutti i livelli la centralità e va approcciata con competenza, ripartendo dalla questione etica. Da questo punto di vista, le relazioni media/politica si trascinano grandi nodi irrisolti.
Il secondo punto: la necessità di «mettere insieme studiosi e professionisti della comunicazione». Ecco lo shock point. Il contesto nazionale non ha offerto fino ad oggi occasioni di contaminazione culturale tra saperi scientifici (Università) e professionali (consulenti politici, giornalisti, attori politici). È anche vero, però, che ognuna di queste categorie ha sviluppato e cristallizzato rassicuranti quanto limitanti modalità operative fondate sul primato della propria disciplina sulle altre che hanno prodotto conoscenze e pratiche autoreferenziali, impermeabili, sterili. In sintesi: l’insostenibile leggerezza del bastare a se stessi.
Mettere in relazione indagine scientifica e competenze professionali, questa è invece la sfida del futuro per la comunicazione politica italiana. L’esempio ci viene dagli USA, dove si investe nelle analisi dei big data e riprendono quota gli esperimenti sull’impatto delle tecniche comunicative. Gli Stati Generali di Roma hanno acceso la prima scintilla.


Twitter migliora le ricerche grazie al “fattore umano”

Non si tratta di un particolare algoritmo o di una sofisticata tecnologia, bensì l’esatto opposto, l’utilizzo di personale “umano” che affiancherà la ricerca per definire i contenuti che le macchine non riescono a comprendere.
Anche l’algoritmo più complesso non è in grado di valutare un determinato contenuto alla stregua di un essere umano. Ecco perchè Twitter ha deciso di compiere quello che all’apparenza può sembrare un passo indietro, ricorrere all’opera di persone in carne ed ossa in un settore che è  sempre più automatizzato, che è quello della ricerca.
La rivoluzione in atto nella piattaforma di microblogging è qualcosa di ormai noto. Da quando è scoppiata la “guerra dei social network” l’uccellino cinguettante si è smarcato dalle definizioni di cui “soffriva” in precedenza (piattaforma spartana e priva di un valido business model) e si è lanciato di peso nel mercato dei social network che contano, con nuove features che consentono di non rimpiangere i competitor maggiori come Facebook.
Al pari della concorrenza, Twitter ha individuato nella ricerca e nelle notizie le chiavi di volta per trasformarsi da piattaforma di microblogging a vero e proprio social network, di quelli in grado di fornire agli utenti tutte le informazioni di cui hanno bisogno, senza la necessità di cercarle in altri lidi. Come selezionare e categorizzare al meglio i contenuti? Gli algoritmi di ricerca sono sempre più evoluti ma continuano ad essere limitati rispetto alle potenzialità della mente umana.
Ecco perchè Twitter ha individuato centinaia di volontari in tutto il mondo che, per una manciata di euro, sette giorni su sette  trascorrono intere giornate davanti al pc, cercando di attribuire le giuste categorie ed i giusti collegamenti a quelli che sono i top trend sulla piattaforma. Un contributo che si rivela particolarmente prezioso soprattutto nell’analizzare espressioni, slang e modi di dire che l’automatizzazione degli algoritmi non potrebbe mai cogliere.
A cosa serve tutto questo? La sezione del social network chiamata “scopri” raccoglie quelli che sono gli argomenti più caldi al momento su Twitter. Una migliore categorizzazione e indicizzazione dei contenuti trasformerebbe la sezione in una vera e propria rassegna stampa, una raccolta di articoli che consentirebbe agli utenti di mantenersi informati senza abbandonare la terra dei tweet. La divisione degli argomenti per tematiche, quindi, sarebbe un passaggio fondamentale.
Una maggiore organizzazione dei contenuti poi sarebbe di enorme aiuto per la piattaforma per i tweet sponsorizzati ed anche in questo caso i volontari giocano un ruolo cruciale, garantendo con il loro lavoro pubblicità più specifiche ed efficaci, e quindi più redditizie.
Twitter ha dato il via al servizio annunciandolo in maniera piuttosto ironica, con un video realizzato proprio dai volontari che si occupano della ricerca.


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