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Automotive: social media fondamentali nel processo di acquisto

Secondo il “Power’s 2014 Social Media Benchmark Study” curato dallla società di consulenza J.D. Power, per le case automobilistiche le campagne pubblicitarie sui social network hanno un impatto rilevante sulle vendite e giocano un ruolo fondamentale nel guidare l’acquisto dei consumatori di tutte le età nel settore dell’ automotive.
“I produttori di auto che preoccupano di raggiungere solo target giovani, come i Millennials, attraverso i social media perdono una straordinaria opportunità, perché sono i social media a raggiungere tutte le generazioni di consumatori”, ha detto Arianne Walker, senior director della sezione Media & marketing automobilistico presso la J.D. Power. “Oggi per la prima volta abbiamo una comprensione approfondita di ciò che contribuisce alla soddisfazione dei clienti appartenenti a differenti generazioni attraverso le interazioni sociali dei media, e non parliamo solo dei consumatori più impegnati nei social media ma anche di quelli che lo sono in modo più casuale” prosegue Waker “è importante quindi fornire una soddisfacente esperienza sui social media per tutti i consumatori perché sarà questo a guidare il business oggi e nel futuro”.
Lo studio, giunto alla sua seconda edizione, misura l’esperienza complessiva del consumatore nel dialogo con le imprese attraverso le piattaforme dei social media, sia per esigenze di marketing che di assistenza, per 30 marche automobilistiche statunitensi. Il marketing engagement include il collegamento con i consumatori per costruire brand awareness così come la comunicazione su prodotti e promozioni. L’engagement legato all’assistenza, invece, include la risposta a domande specifiche dei consumatori o la risoluzione di taluni problemi. Lo studio stabiliscen un benchmark delle prestazioni quantitative e le best practice di settore fornite dalle case automobilistiche.
Facebook si colloca al primo posto in termini di soddisfazione dei clienti, seguito da Youtube e da Twitter. Nella ricerca, infatti, sono stati monitorati più di 10.000 consumatori americani e le loro attività online, con il risultato che il 29% dei partecipanti ha frequentato i social media per avere consigli sui prodotti e sui servizi, mentre il 20% si è rivolto alle reti sociali per informarsi sulle case automobilistiche e sui loro prodotti. Gli intervistati nel corso della ricerca hanno risposto di avere interagito almeno una volta con un canale social (come Facebook, Youtube, Twitter o Instagram) delle case automobilistiche.
È stato chiesto agli utenti di valutare le aziende produttrici di auto con un punteggio compreso tra 0 e 1.000, esprimendo un giudizio su quanto queste aziende abbiano incontrato i loro desideri e le loro necessità.
In testa alla classifica di soddisfazione dei clienti, troviamo Toyota, con un punteggio di 845 su 1.000, seguita dalla Ford con 842 punti e la Chevrolet a 838. Mediamente le case auto analizzate dalla ricerca hanno raggiunto un punteggio di 824 mentre 7 di loro lo In questo elenco superano: parliamo di Lincoln, BMW, Dodge, Infiniti, Acura, Honda, e Kia.  ci sono altre venti aziende sotto la media, tra cui compaiono la Mini, con 763 punti, davanti alla Fiat, con 743 punti e all’ultimo posto della classifica.




12 strumenti per potenziare LinkedIn e trovare un lavoro

Lavorando a stretto contatto con utenti e con aziende spessissimo mi viene chiesto come poter trovare lavoro oppure clienti con LinkedIn. In questo articolo vi fornisco alcuni suggerimenti per potenziare la vostra presenza su LinkedIn e creare un’efficace rete professionale. Ecco le risposte alle vostre domande raccolte negli ultimi anni in aula e in azienda.
Come posso scaricare il mio account LinkedIn come curriculum in pdf?
Si può fare con Resume Builder, strumento davvero semplice da usare. Basta collegarsi con il proprio account LinkedIn, importare con un click i dati e in automatico si verrà indirizzati ad una pagina dove scegliere su quale format si vuole salvare in pdf il proprio curriculum, oppure si può anche scegliere di condividerlo su Facebook e/o Twitter. Non solo, fornisce anche la possibilità di selezionare quali informazioni inserire nel file scaricabile e stampabile nel caso in cui alcune informazioni non siano rilevanti per il destinatario del CV. È incredibile la velocità con cui riorganizza le nostre informazioni LinkedIn a seconda del format che decidiamo di utilizzare. Ti permette anche di crearne gratuitamente più di una versione, a seconda dell’occasione e di selezionare chi può vederla. Funziona molto meglio con Firefox e Chrome, rispetto a Internet Explorer.
Tempo stimato per l’operazione: dai 3 ai 5 minuti
Come carico online i file più importanti per condividerli con i miei contatti LinkedIn e trovare lavoro/clienti?
Puoi aggiungere l’applicazione Box.net Files direttamente dal tuo profilo. Un minus: l’app è disponibile solo in lingua inglese e potrebbe non funzionare correttamente se l’account LinkedIn è impostato su un’altra lingua. Vediamone alcune possibilità d’uso. Box.net ti consente di condividere contenuti nel tuo profilo e di collaborare con amici e colleghi. Se cerchi lavoro, puoi condividere anche il tuo CV e mandarlo a tuoi contatti LinkedIn; se stai assumendo personale puoi condividere con la tua rete le caratteristiche richieste per la posizione ricercata; se invece hai una piccola azienda o sei un consulente o un freelance ti permette di caricare file per trovare nuovi clienti. Se invece hai una startup puoi caricare il tuo pitch per farti notare da VCs, Angels, potenziali collaboratori e clienti potenziali. Puoi anche organizzare i file in cartelle. Ti permette anche di modificare i file con la tua rete di contatti. Se qualcuno scarica il file dal tuo profilo LinkedIn ricevi una notifica via email.
Tempo stimato: 5 minuti per iniziare e fare il setup dell’account. Pochi secondi per caricare i file.
Come ottenere informazioni rilevanti su contatti LinkedIn selezionati per azienda/settore/argomento?
Si chiama Signal ed è uno strumento potentissimo. Supponiamo di volere sapere cosa stanno facendo i propri dipendenti o i propri colleghi di lavoro. Ad esempio: a quali gruppi si stanno iscrivendo? Quali post condividono su Twitter? Cosa commentano? Cosa piace loro? Oppure, cosa fanno i contatti che lavorano per un competitor? Signal ti permette di farlo, e risulta uno strumento incredibilmente utile perché i filtri su chi ti interessa li decidi tu. Il numero di filtri è molto elevato e non limitato alla tua rete: puoi scegliere se vedere cosa si dice della tua azienda (o di qualche concorrente), sia sui tuoi contatti di primo livello, ma anche sui quelli di secondo livello oppure su tutta la rete LinkedIn. Ma puoi anche scegliere di filtrare i risultati per interi settori a seconda dei tuoi interessi, o per azienda, per concorrenza o per prodotto preferito. Non finisce qui, puoi anche vedere quali sono i link maggiormente condivisi e gli aggiornamenti di status e vedere chi ha condiviso uno specifico link. Niente male per essere gratis. Voto 10.
Tempo stimato per l’operazione: 1 secondo per ogni ricerca effettuata… poi però ci passi dentro delle ore a scoprire tutto quello che succede a seconda dei filtri che scegli.
Quali sono le aziende più cercate su LinkedIn? Quali le funzioni lavorative più ricercate?
Per vedere quali sono le aziende più ricercate su LinkedIn nell’ultima ora, oppure capire quali sono i ruoli lavorativi più ricercati, ma anche ad esempio a capire in quali settori sono più ricercate alcune figure professionali rispetto ad altri, c’è uno strumento chiamato Swarm disponibile a questo link.
La cosa interessante è che ti fornisce anche quali sono gli ultimi annunci di lavoro postati su LinkedIn. Come vengono visualizzati? Come “tag cloud” in continuo movimento. Ti permette anche di vedere gli ultimi Linkedin blog post. Fornisce la possibilità di cliccare su quello che appare, ma bisogna essere veloci per riuscire ad andare esattamente su quello che interessa, il servizio può essere infatti ancora migliorato. Non si riesce ad avere una ricerca per area geografica di interesse.
Tempo stimato: 1 secondo per ogni ricerca
Come posso vedere chi si è appena iscritto a LinkedIn?
Per visualizzare su una mappa chi sono i nuovi iscritti a LinkedIn basta collegarsi al sito Newinlinkedin. Per poter utilizzare questo strumento, ovvero visualizzare  le mappe in 3D dove appaiono i nuovi iscritti c’è bisogno del plug-in di Google Earth. Vi chiederà in automatico di istallarlo se non lo avete già. Incredibile vedere la velocità di nuove iscrizioni su LinkedIn su una mappa. Però se ti permettesse anche di cliccare sui profili che appaiono l’utilità sarebbe di sicuro maggiore.
Tempo stimato: 5 minuti tra scarico plug-in e utilizzo strumento
Come posso visualizzare i miei contatti LinkedIn su una mappa?
La prima volta che ho usato questo strumento mi è uscito il messaggio: “Wow, you’ve got a complex network! This is going to take a bit longer than we expected” (ovvero… wow, hai una rete di contatti complessa! Per visualizzarli sulla mappa potrebbe volerci più tempo del solito).
Ho quindi scelto l’opzione di mandarmi un’email quando fosse pronta la mappa. Sembrava dovesse metterci una vita. In 3 minuti di orologio è arrivata la notifica. Cosa ti permette di fare? Di vedere il tuo network su una mappa mettendoci dei label, ovvero indicizzandoli a seconda del ramo di appartenenza nella tua carriera lavorativa, come ex-colleghi, attuali colleghi, collaboratori, fornitori etc. Questi appariranno come differenti colori nella vostra mappa. Per capire un po’ come funziona potete fare riferimento al video di presentazione qui. Non è così semplice da utilizzare, soprattutto se hai un network piuttosto vasto la gestione dei label può creare qualche problema.
Tempo Stimato: 10 minuti… perché 10 minuti? Perché a capire se serve davvero a qualcosa o può entrare di diritto nella sezione inutility ci vuole qualche minuto in più del solito.
Come effettuare ricerche per parole chiave su LinkedIn (per azienda, ruolo, education)?
Se vi interessa effettuare ricerche per parole su LinkedIn, oltre al motore di ricerca interno al sito stesso potete provare anche Instant. Vi chiede di loggarvi con il vostro account LinkedIn, non si sa perché però il login sia relegato in alto a destra, visibile dopo aver cliccato l’altro link che ti fa condividere il loro stesso link alla tua rete. Astuti! Un modo elegante per farsi conoscere. È comunque interessante perché ti indica anche contatti esterni al tuo network che corrispondono alla parola chiave utilizzata. Non è precisissimo, a volte fornisce risultati che all’apparenza non significano nulla, ad esempio se cercate un web designer esce anche chi al momento non fa il web designer, ma se si va in profondità si scopre che magari la persona ha svolto il ruolo da voi ricercato in passato e quindi appare comunque. Un plus: i profili che emergono sono cliccabili e puoi andare direttamente a visitarli.
Tempo stimato per l’operazione: 1 secondo per ogni ricerca effettuata, più il tempo di visita dei profili rilevanti che appaiono per ogni ricerca.
Come connetto LinkedIn al mio Outlook?
Se vuoi importare i tuoi contatti Outlook su LinkedIn c’è Outlook Social Connector ovvero LikedIn per Outlook scaricabile qui come toolbar. A cosa serve? A scoprire maggiori informazioni sui tuoi contatti e creare la tua rete di aggiornamento. In particolare, ti permette di visualizzare le ultime attività di LinkedIn e la foto dei collegamenti che ti inviano un’email. Ti permette poi di inviare un’email direttamente ai tuoi collegamenti. In particolare, basta digitare un nome e lasciare fare il resto a Outlook Connector di LinkedIn. La cosa interessante è che puoi creare la tua rete a partire dai tuoi contatti più frequenti. Ti indica anche quali contatti potrebbero interessarti per espandere il tuo network basandosi sulla frequenza delle tue email. Per essere sempre aggiornato, puoi anche impostare la ricezione di una notifica quando qualche tuo contatto email cambia posizione lavorativa. Giusto per evitare l’imbarazzo di chiedere un’informazione a qualcuno che non lavora più in una determinata azienda. Quando un contatto ti manda un’email ti mostra anche un miniprofilo LinkedIn, cliccabile per vedere l’intero profilo ed avere informazioni interessanti con le quali ipotizzare una risposta. Funziona da Outlook 2003 in su.
Tempo stimato: almeno 30 minuti, tra una cosa e l’altra.
Come faccio a creare una firma di posta elettronica partendo da LinkedIn?
Per aggiungere la firma ai tuoi messaggi email parti dal tuo profilo LinkedIn. È possibile inserire nelle opzioni anche il link al tuo profilo professionale, ma anche inserire il link alle conoscenze in comune e i link “stiamo assumendo”, ovvero ricerca le posizioni lavorative disponibili presso la tua azienda in LinkedIn. Ha un numero di opzioni di layout piuttosto vasto e ti permette di selezionare anche un logo o un’immagine per l’azienda.
Tempo stimato: da 5 minuti a 10 minuti, a seconda di quanto siete indecisi.
Come condivido presentazioni e video su LinkedIn?
SlideShare è il metodo più semplice per condividere le presentazioni su LinkedIn. Puoi caricare e visualizzare le tue presentazioni, guardare le presentazioni dei tuoi colleghi e trovare esperti nella tua rete. Con slideshare è possibile condividere anche video. Ma la dimensione massima consentita, senza un account Pro (ovvero a pagamento) è davvero limitata. In alternativa c’è anche Google Presentation.
Tempo stimato: 3 minuti per il setup dell’app SlideShare, poi pochi minuti per caricare le proprie presentazioni
Come trovare eventi professionali, come conferenze o convegni, e ampliare la propria rete?
LinkedIn Events è un’ applicazione sia per chi vuole promuovere un evento che per chi sta cercando a quali eventi partecipare sulla base del proprio ruolo e settore d’appartenenza. Infatti, puoi creare personalmente un evento, fornendo tutte le indicazioni e i dettagli ed anche rimandando a siti web esterni a Linkedin per ulteriori dettagli. Inoltre, ti permette anche di cercare eventi interessanti sulla base del tuo network. Ciascuno, poi, avrà la possibilità di vedere le informazioni relative all’evento, ma anche di visualizzare i partecipanti e leggere i commenti. LinkedIn Events fornisce anche dei suggerimenti personalizzati a seconda dei tuoi interessi. Non dimentichiamoci che in Italia il lavoro spesso si trova per conoscenza. Se invece sei tu l’organizzatore, LinkedIn Events lo farà apparire in automatico al giusto target.
Tempo stimato: 5 minuti per la creazione di un evento su LinkedIn; pochi secondi per ricercare eventi nella propria zona. Intere giornate/serate per creare rete di conoscenze (reali) e mettere le basi per potenziali collaborazioni.
Come trovare la persona che in una determinata azienda riveste un certo ruolo?
Supponiamo che siete in cerca di lavoro e volete sapere chi lavora nel dipartimento di human resource di una determinata azienda. Vi basta inserire il ruolo e/o il dipartimento (virgola) il nome dell’azienda, ad esempio “Marketing, Microsoft” all’interno del motore di ricerca di LinkedIn. Potete anche farlo per qualifica attuale o qualifica precedente. Perché è importante? Perché avere un contatto diretto con i selezionatori o con qualcuno che lavora già dentro in azienda fornisce informazioni e feedback diretti che i siti di cerco/offro lavoro difficilmente contengono.
Tempo stimato: tanto tempo, tanto e tanto tempo. Non stancatevi mai di capire chi riveste un certo ruolo in azienda sia per avvicinarvi a potenziali clienti, sia per avere informazioni sui competitor, sia per capire di più di chi vi farà il colloquio e così via.
Come sapere quante app/siti esterni ho autorizzato ad accedere ai miei dati Linkedin?
Ultimo ma non meno importante, se non vi ricordate a quante applicazioni e siti esterni avete consentito l’accesso al vostro account LinkedIn c’è un link dove potete scoprirlo, eccolo qui. Come spiegato al link, se le rimuovi da li, le applicazioni saranno rimosse anche dalla tua home page e dalla pagina del tuo profilo. Questo impedirà ogni ulteriore accesso ai tuoi dati LinkedIn. Per rimuoverle solo dalla tua home page, visita la home page e clicca sulla “X” nella barra del titolo delle applicazioni. Per rimuoverle solo dalla pagina del tuo profilo, visita la pagina Modifica profilo e clicca sul link Rimuovi accanto al titolo dell’applicazione. Idem per i siti, se rimuovi l’accesso ai tuoi dati a quei siti, non potranno più accedere ai tuoi dati di LinkedIn. Per concedere nuovamente l’accesso in futuro, dovrai rivisitare il sito Web.
Tempo stimato: 1 minuto ad App o sito al quale volete togliere l’accesso al vostro account LinkedIn.
Altri dubbi?
Se volete comprendere anche come esportare i dati dei vostri contatti LinkedIn, oppure come effettuare ricerca di mercato gratuite su LinkedIn – ma anche come ampliare la propria rete, o sapere cosa fanno i vostri competitor – potete contattarmi, ovviamente su LinkedIn. Ma non finisce qui, perché con LinkedIn potete anche assegnare categorie alle cartelle personalizzate, aggiungere note e informazioni su specifici contatti, rivedere tutti i messaggi scambiati con un contatto nel tempo e molto altro ancora. Questi tool infatti sono in continua evoluzione e alcuni possono migliorare sensibilmente. Quelli che vi ho presentato sono solo quelli gratuiti! Adesso, però, ho anch’io un po’ di domande per voi: quali suggerimenti per essere vincenti su LinkedIn volete condividere con noi di CheFuturo? Ad esempio anche la partecipazione ai gruppi d’interesse fornisce ottime opportunità di networking: voi quali gruppi seguite? Quali sono i più interessanti nel panorama delle startup Italiane?
Non dimenticate poi di chiedere segnalazioni ai vostri contatti o ai vostri clienti che raccontino come lavorate, è un buon biglietto da visita! E se non siete ancora iscritti? Cosa aspettate?




Neuberger Berman: I fondi sostenibili rendono di più

“La storia insegna che si possono ottenere rendimenti competitivi investendo in società che rispondono ai criteri dell’investimento sostenibile”.Ingrid S. Dyott, Portfolio Manager Sri Large Cap Core Equity di Neuberger Berman è convinta che gli asset gestiti secondo criteri di responsabilità sociale e ambientale rappresentino un’interessante opportunità d’investimento e i temi della sostenibilità continueranno a essere un fattore da tenere d’occhio nei prossimi decenni. Negli ultimi vent’anni, ricorda Dyott, in molti si sono avvicinati alle strategie basate sulla CSR (Corporate Social Responsibility), integrando tematiche sociali, ambientali e di governance nei processi decisionali legati agli investimenti. “Gli asset gestiti in modo socialmente responsabile sono costantemente cresciuti, con più di 640 miliardi di dollari in fondi di questo tipo a fine 2011 contro i 159 miliardi del 2005”, ha sottolineato il gestore. Non solo: nel decennio tra il 2003 e il 2013 i fondi Sri hanno registrato una crescita degli attivi del 33%, proprio mentre i fondi azionari tradizionali subivano deflussi pari al 9,5%. “L’analisi dei fondi gestiti attivamente che incorporano criteri ambientali, sociali e di governance, mostra che questi hanno consegnato risultati favorevoli: il gruppo ha infatti sovraperformato l’indice S&P 500 del 2,4% annualizzato tra il giugno 2001 ed il febbraio 2014”, sottolinea Dyott; un risultato incoraggiante considerando che nel periodo di riferimento i mercati hanno vissuto due crisi molto destabilizzanti. Alcune ricerche, del resto, evidenziano come le strategie CSR abbiano un impatto positivo sulle performance finanziare e possano contribuire alla riduzione del costo del capitale. “Gli investitori che tengono conto dei criteri ambientali, sociali e di governance all’interno del loro processo decisionale”, conclude il gestore, “è probabile siano ben attrezzati per identificare società di alta qualità guidate da manager attenti alle prospettive di crescita quanto ai rischi che possono minacciare lo sviluppo di un’azienda”.




TESI DI LAUREA: "LA COMUNICAZIONE DI CRISI NELL’ERA DEI SOCIAL NETWORK. IL CASO BOIRON"

Università degli Studi di Milano – Facoltà di scienze politiche, economiche e sociali
CORSO DI LAUREA IN COMUNICAZIONE E SOCIETÀ

LA COMUNICAZIONE DI CRISI NELL’ERA DEI SOCIAL NETWORK. IL CASO BOIRON

Tesi di Alessandro Picenoni – Relatore Prof. Fernando dalla Chiesa

Scarica il testo integrale della tesi (58 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


PREFAZIONE

Frequentando il corso di “Gestione e comunicazione di impresa” del professor Fernando Dalla Chiesa, mi sono trovato ad affrontare numerosi argomenti interessanti. Dalla differenza tra marchio e marca alla descrizione delle unità organizzative che si occupano della comunicazione interna o esterna di un’impresa; dalle risorse del comunicatore al bilancio sociale, fino ad arrivare alle testimonianze dirette, in aula, di esperti nel campo della comunicazione. L’argomento che ha catturato maggiormente la mia attenzione è stato, però, quello riguardante la comunicazione di crisi. Durante lo studio, infatti, mi sono reso conto che si tratta di un tema cruciale per un’azienda. Possedere un reparto di addetti specializzati nella gestione delle crisi, come possono essere incidenti sul lavoro, disastri ambientali, turbolenze nei rapporti con il pubblico o altro ancora, risulta essere di vitale importanza, in quanto la capacità di un’azienda di rispondere adeguatamente a tensioni impreviste è fondamentale per evitare conseguenze negative nei rapporti con gli stakeholder e tutto l’ambiente attorno all’azienda stessa. Il mio interessamento nei confronti di questo argomento è cresciuto ulteriormente con la partecipazione ad un laboratorio tenuto dal professor Francesco Barontini, che ha affrontato il tema della gestione e comunicazione di crisi da una prospettiva militare – essendo stato Capo della Comunicazione Esterna dell’Aeronautica italiana – e con una particolare focalizzazione sul rapporto tra i responsabili della comunicazione e i giornalisti.

Tutto questo mi ha portato a cercare uno scenario di comunicazione di crisi, realmente verificatosi, attraverso cui affrontare anche la questione nascente della gestione di crisi sul web, data l’ormai consolidato rilievo di internet e dell’era digitale nella quale viviamo.

Utilizzando principalmente testi come “Profili sociali della comunicazione di impresa” del professor Fernando Dalla Chiesa, “Relazioni pubbliche e corporate communication” di Emanuele Invernizzi e Stefania Romenti, “L’impresa che comunica” di Roberto Grandi e Mattia Miani, e “La guida del Sole 24 Ore al Crisis management” realizzato da Luca Poma e Giampietro Vecchiato, mi occuperò di spiegare che cosa si intende quando si parla di comunicazione di crisi e di far capire le motivazioni che la rendono così rilevante nell’ambito delle attività di un’azienda. Proverò, quindi, a fornire le nozioni basilari e necessarie per comprendere pienamente quello che sarà il nucleo di questo elaborato, sfruttando anche il riferimento alle case history più note nel panorama della letteratura in argomento – sia a livello nazionale che internazionale – come ad esempio le vicende che hanno coinvolto Thyssen Krupp, Eternit, Perrier, Johnson & Johnson e altre aziende di cui si approfondiranno le modalità di gestione di crisi.

Tratterò inoltre la questione della comunicazione di crisi nell’era digitale, con un cenno a quella che è stata ed è tuttora la rivoluzione tecnologica che ha modificato la quotidianità delle nostre vite, incidendo anche sulle modalità di comunicazione – ed in particolare di crisis communication – delle imprese. Integrando quanto riportato dai testi precedentemente citati con le informazioni tratte dal testo “La casa di vetro. Comunicare l’azienda nell’era digitale” di Gianni Di Giovanni e Stefano Lucchini, e dalle newsletter pubblicate in rete da Luigi Norsa, spiegherò quali sono i nuovi mezzi tecnologici a disposizione delle imprese per comunicare e come questi forniscano da una parte un vantaggio operativo, ma dall’altra favoriscano la nascita di nuove minacce nei confronti delle quali le aziende devono oggi essere preparate.

Internet ha reso l’attività di gestione e comunicazione di crisi più difficile e complessa. Pertanto, indicherò quali sono i cambiamenti che i professionisti del settore stanno affrontando per modificare parte della loro attività e tenere testa a questi nuovi rischi.

Nella seconda parte dell’elaborato, prendendo spunto da un articolo pubblicato sul sito della FERPI, la Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, presenterò un confronto tra due eventi verificatisi in Italia nel 2011, che hanno visto il coinvolgimento di due aziende leader del settore omeopatico alle prese con attacchi contenuti all’interno di alcuni post diffamatori comparsi su due diversi blog. Il primo caso riguarderà la filiale italiana di Boiron, multinazionale francese con sedi in tutto il mondo, e Samuele Riva, animatore di Blogzero e autore degli articoli critici citati. Con l’aiuto delle informazioni fornitemi da testimoni privilegiati come la Dottoressa Claudia Femora, Direttore delle Relazioni Esterne di Boiron, e Sara Marenzi, Responsabile dell’Ufficio Stampa di Boiron, descriverò i fatti, sottolineando gli errori nella strategia seguita dall’azienda per la gestione della situazione critica. Ho inoltre ritenuto opportuno incontrare successivamente Samuele Riva per avere ulteriori dettagli su quanto accaduto e per verificare la veridicità della versione dei fatti dell’azienda francese.

Il secondo caso avrà come protagonisti GUNA, azienda italiana anch’essa produttrice di medicinali biologico-naturali e Medbunker, un blog curato da Salvo Di Grazia che si occupa di scienza e medicina.

Il confronto metterà in evidenza come l’ottima gestione e comunicazione della crisi da parte di GUNA abbia evitato l’insorgere di concrete conseguenze negative per quanto riguarda l’immagine aziendale, e di reazioni spropositate del pubblico, come invece è accaduto nel caso di Boiron, colpevole di aver sottovalutato la portata e la gravità dell’evento critico.

Con riferimento alle parole di Luca Poma, consigliere per la comunicazione di GUNA, cercherò di descrivere gli innovativi sistemi di monitoraggio della rete di cui l’azienda si serve per controllare lo stato della sua reputazione tra gli internauti, senza ovviamente tralasciare il sentiment dell’opinione pubblica in senso generale.




DIFENDERSI DAGLI ATTACCHI ALLA REPUTAZIONE: SINTESI DI UN PROGRAMMA DI INTERVENTO

DIFENDERSI DAGLI ATTACCHI ALLA REPUTAZIONE

Interi volumi – a volte collane di volumi – sono stati scritti sul tema della propaganda, sia in tempo di pace che in periodi di guerra: poco o nulla può essere aggiunto su questa materia.In questo brevissimo saggio voglio invece codificare, per quanto possibile, una serie di azioni dimostratesi utili e funzionali alla gestione di un’emergenza reputazionale. Il quesito al quale tento di dare soddisfazione è il seguente: come rispondere nel concreto a un attacco di tale virulenza e intensità da rischiare di pregiudicare il valore di un’organizzazione?
Ricette in grado di garantire il successo, in senso assoluto, non ne esistono: le indicazioni che mi permetto di fornire al lettore sono frutto della mia esperienza e di tutto quanto ho letto in molti anni di appassionato approfondimento di queste discipline (“Siamo nani sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto”); fermo restando che ogni caso è un unicum, e che il contenuto di questo paper ha più che altro come scopo quello di stimolare il lettore, attivare percorsi di riflessione per certi versi non convenzionali, aprire la mente, spingere il cultore della materia a far tesoro di queste suggestioni al fine di individuare la sua peculiare strada verso la soluzione di scenari complessi, che non possono – e non devono – essere ricondotti a un solo schema solutivo.
La propaganda nera viene tipicamente usata per denigrare, ridicolizzare o travisare il punto di vista della controparte; la sua principale caratteristica è il fatto che le persone/le organizzazioni non sono consapevoli del fatto che qualcuno le sta influenzando, e non percepiscono di essere spinte in una certa direzione, dettata dall’autore della campagna di black RP. Di fatto, come ci spiega la pagina in inglese di Wikipedia dedicata a questo fenomeno, la propaganda nera pare emanare da una fonte diversa dalla vera fonte, ovvero a volte pare emanare da una fonte sconosciuta: avete presente il leggero venticello di calunnie che giorno dopo giorno può minare la credibilità, l’affidabilità e il valore di un’organizzazione? Siamo dinnanzi esattamente a quello.
La fonte spesse volte è nascosta, e diffonde con incredibile creatività menzogne e inganni; spesso praticata dai Governi – ma non solo – ha come scopo mascherare il coinvolgimento diretto di un Istituzione in un dato scenario, convincere un pubblico altrimenti incredulo riguardo una certa narrazione, offuscare il coinvolgimento di un organizzazione in attività che potrebbero essere dannose per la sua immagine, e via discorrendo.
Le relazioni pubbliche sono un procedimento complesso, aperto e dichiarato finalizzato alla creazione del consenso; a volte, esse possono prendere le sembianze della propaganda nera, quando includono azioni mirate a screditare un’organizzazione, oppure, per contro, sotto forma di “controspionaggio”, a difendere un’organizzazione vittima di un attacco che – se protratto nel tempo – rischierebbe di pregiudicarne la business continuity[1].
Semplificando, possiamo definire la propaganda nera come un’azione o più facilmente un insieme articolato di azioni i cui promotori – normalmente sconosciuti – generano volutamente un’azione di discredito tra il pubblico, finalizzata a ridurre significativamente la “licenza di operare” di un’organizzazione[2].
Innumerevoli case-history dimostrano – come vedremo – che la più efficace risposta a un’azione di black-propaganda è: rendere pubbliche le azioni occulte di disinformazione e denigrazione.
Attenersi alla verità ed essere in grado di documentarla, è l’essenza delle buone relazioni pubbliche; una campagna di black-propaganda non si pone affatto questi problemi. Smascherare una raffinata campagna di propaganda nera potrebbe includere azioni di investigazione, da concretizzarsi tramite l’uso di strumenti legali. È curioso notare come la sola idea di spiare la nostra controparte evochi nel nostro immaginario scenari di illegalità: in realtà vi sono strumenti per farlo perfettamente nell’ambito della legge.
Ma andiamo con ordine: cosa distingue una campagna di black-propaganda da routinarie azioni di relazioni pubbliche? Ecco le caratteristiche salienti utili per identificare uno scenario di black-RP:

  • una fonte occulta diffonde nell’opinione pubblica notizie denigratorie e bugie su una certa organizzazione;
  • tali notizie possono essere totalmente inventate, ma molto più spesso risulteranno in esagerazioni di notizie vere, o in conclusioni artate e distorte che pur prendendo spunto da alcune – poche – notizie vere, le esagerano in modo fazioso, al fine di dipingere scenari nel loro complesso inesistenti;
  • la campagna pone in situazione di forte stress l’organizzazione, che non solo non comprende dove/quale sia la fonte dell’attacco, ma non ne comprende le ragioni. Una campagna di questo genere finisce per minare la business continuity, e per ridurre la capacità dell’organizzazione di fare fatturato e creare valore;
  • prendendo spesso spunto da fatti in minima parte veri, la campagna fa “ritrarre” l’organizzazione, vittima – in buona fede – dei propri stessi sensi di colpa (“Sappiamo di aver sbagliato qualcosa, ma possibile che gli errori siamo stati così gravi?”). L’organizzazione stessa riduce quindi – da sola, incredibilmente – la propria licenza di operare, il proprio raggio d’azione, la propria incisività sul mercato.

L’opinione pubblica, tra l’altro, gode assai a ritrasmettere maligni pettegolezzi. L’ignoranza, agevola tale processo: in molti casi, le organizzazioni più soggette a questo genere di attacchi sono quelle che comunicano poco, perché in assenza di informazioni – in natura com’è noto non esiste il vuoto assoluto – la gente tende a “colmare il vuoto” con informazioni fabbricate a casaccio, quasi sempre non genuine. “Non so nulla di quell’Amministratore delegato. Forse è un ladro. E comunque figurati se non ha guadato con occhi lascivi la giovane segretaria, lo fanno tutti, l’avrà certamente fatto anche Lui”. E bene che le persone rette se ne facciano una ragione: anche se pare inspiegabile a una mente logica, i pettegolezzi e le cattiverie circolano del tutto a prescindere dal loro grado di verità. A ciò aggiungiamo che chi promuove campagne di black-propaganda, ben sapendo di averle basate sul nulla, nella migliore delle ipotesi, e su distorsioni della verità oppure – nel peggiore dei casi – su palesi falsità, tende a non dichiararsi mai come fonte: opera nell’ombra, disseminando spesso lo scenario di “falsi bersagli”, così da ostacolare qualunque operazione di ricerca e scoperta.
La black-propaganda mira nella maggior parte dei casi a “soffocare” l’organizzazione, minando a tal punto la sua reputazione da togliergli il sostegno della pubblica opinione fino al punto nel quale gli spazi di manovra sono ridotti al minimo e l’organizzazione stessa di vede negati i propri fondamentali diritti, primo tra tutti il diritto ad esprimere pubblicamente la propria opinione: la strada è completamente in salita, l’azienda/istituzione oggetto dell’attacco fatica a far sentire la propria voce, le sue dichiarazioni sui mass-media non vengono riprese, e quando lo sono, ciò avviene sempre con un forte “beneficio del dubbio”. Vi è un preciso momento nel quale ai leader di quell’organizzazione pare “non vi sia più nulla da fare”.
Non è così.
Una procedura piuttosto efficace per far fronte a questo genere di attacchi è la seguente:

  1. indagate a fondo, e individuate con ogni mezzo possibile (legale, of course…) l’origine dell’attacco;
  2. escludete tutte le false piste;
  3. ripetete il passo di cui al punto (2) più e più volte, in quanto in situazioni così delicate – ovvero nelle quali l’organizzazione è già di per sé fortemente indebolita – nulla è più distruttivo che dedicarsi a falsi bersagli;
  4. una volta individuato il “vero perché/il vero chi”, denunciatelo a gran voce, e a ogni attacco, riaccendete i fari, ancora, e ancora, e ancora;
  5. smentite i dati falsi, utilizzando solo documenti inattaccabili. Ci vorrà un po’ più di tempo per organizzare una difesa basata su documenti inappuntabili, ma farlo vi garantirà spazi di sopravvivenza ben maggiori rispetto all’affidarvi per la fretta a documenti raffazzonati o facilmente smentibili. Il tono emozionale che la vostra organizzazione adotterà in questa fase decreterà in parte il successo dell’operazione: trasmettere sicurezza in se stessi, empatia, accuratezza, rapidità ed esaustività nelle risposte, rispetto per la serietà della situazione, condita da un briciolo di sagace ironia finalizzata a ridicolizzare la controparte, si sono rivelati tutti elementi vincenti in situazioni di questo genere;
  6. applicate le regole del Tai-Chi, trovate la “linea di minor resistenza” nella controparte, e screditatela come fonte, con ogni mezzo (legale) possibile: se essa non risulterà credibile, nulla di ciò che essa ha detto (incluso ciò che ha detto contro di Voi) sarà più credibile. Chi non ha degli scheletri nell’armadio? E sorprendente scoprire di quali crimini sia colpevole chi passa sistematicamente il proprio tempo ad accusare gli altri. Ebbene, trovateli (un aiuto per farlo potrà arrivarvi dai nemici del vostro nemico, che – come ricorda l’adagio popolare – per l’occasione potrebbero rivelarsi i vostri più cari amici);
  7. promuovete quanto più rapidamente possibile azioni legali incisive e senza sconti al fine di inchiodare il soggetto/i soggetti alle proprie responsabilità. Affidarsi ai più costosi studi legali, quelli dalle “roboanti carte intestate” con liste infinite di avvocati, sicuramente aiuta e si è in più occasioni rivelato come un buon investimento;
  8. mentre fate quanto ai punti precedenti, individuate – se esiste, e quasi sempre esiste… – il soggetto che internamente all’organizzazione ha favorito – consciamente o inconsciamente – una fuga di notizie. È sconcertante notare come spesse volte i collaboratori ed ex collaboratori siano inconsapevoli complici della controparte nel fornire informazioni utili per architettare campagne di black-propaganda…
  9. contemporaneamente, colmate il vuoto informativo, e comunicate quanto più possibile quanto di buono state facendo. E se non avevate nulla di buono in programma da realizzare, inventatevelo per l’occasione: che sia credibile, di sostanza, che crei valore non solo per voi ma anche per i vostri stakeholder. E pubblicizzatelo come se lo aveste in programma da sempre…
  10. sempre contemporaneamente, effettuate un’analisi interna più che approfondita: le campagne di black-propaganda raramente nascono dal nulla, molto più spesso prendono spunto da “peccati veniali” dell’organizzazione, dei suoi fondatori, di suoi manager. È necessario in questa fase applicare inimmaginabili dosi di onestà intellettuale per identificare senza esitazione e senza sconti ogni area oscura, ogni errore, ogni punto di debolezza, e rimediare quanto più velocemente possibile. Modificate lo scenario, e consolidate la nuova versione di esso “come fosse sempre stato così”. E se qualcuno particolarmente tignoso scaverà a fondo e obietterà che prima era differente, liquidatelo con un “Il processo di revisione era in corso da tempo, non avevamo ne abbiamo certamente bisogno di Te per migliorarci”. Le persone non si accaniscono con le organizzazioni che sbagliano, bensì con quelle che si ostinano a non riconoscere i propri errori e a cambiare in meglio: allora, cambiate voi, prima che vi obblighi qualcun altro a farlo…

Vi è in effetti un “punto zero” nel decalogo precedente, che è preliminare a tutto: non “ritraetevi”. Pare essere solo una “dimensione mentale”, ma è invece una questione di attitudine alla battaglia: nessuna contro-campagna di black-propaganda potrà mai essere intrapresa con successo se la vostra condizione psicologica sarà di subalternità rispetto agli eventi che vi vedono coinvolti. Analogamente, non chiudetevi nel silenzio, non negate le vostre (eventuali) responsabilità, non smentite rozzamente l’esistenza del problema[3]. Fatevene una ragione: che vi piaccia o no, siete in crisi; dovete prendere fiato, trovare una posizione per quanto possibile sicura (che vi permetta di sopravvivere il tempo necessario per organizzare il contro-attacco) e – da li – dovete farvi sentire.
Le relazioni pubbliche hanno nell’autenticità uno dei propri principali pilastri: le menzogne si vincono con contro-attacchi diretti e chiari, onesti, duri, senza sconti. La strada a volte è impervia, il risultato non immediato né certo (fattori come la solvibilità di un’organizzazione entrano in campo come elementi cardine dell’equazione, in quanto la disponibilità di risorse professionali qualificate e di risorse finanziarie è centrale in un progetto efficace di reazione a una campagna di black-propaganda) ma quella illustrata è di fatto l’unica strada possibile per portare l’organizzazione fuori dal guado.
Facendo tutto quanto vi ho sopra raccomandato, e applicando altre utili regole auree codificate dalle molte persone con maggiore competenza su questi temi del sottoscritto, un bel giorno, semplicemente, vi sveglierete, e di quegli attacchi maligni e faziosi non vi sarà più alcuna traccia. La vostra reputazione sarà salva, e, a quel punto, con ritrovata serenità, potrete ricominciare a costruire futuro.
 
 

Breve bibliografia:

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Doob, Leonard (1950-09-13). “Goebbels’ Principles of Nazi Propaganda”. The Public Opinion Quarterly. 3 (Vol. 14, No. 3): 419–442. JSTOR 2745999.
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Young, Audrey (22 November 2007). “Howard’s speech overshadowed by race issues”. The New Zealand Herald. Retrieved 20 September 2011.
 
Note:
[1] La regolare, quotidiana, prosecuzione del proprio business, nel rispetto degli interessi di tutti gli stakeholder coinvolti. Per una definizione più esaustiva, si consulti: “Come comunicare le crisi. La guida del Sole 24 Ore al Crisis management”, 2011, Poma & Vecchiato
[2] il “credito” su cui può contare, presso l’opinione pubblica, una certa organizzazione. Un’azienda o un ente pubblico dipendono, per il raggiungimento dei propri scopi, dal consenso della cittadinanza: tanto più esso è esteso, tanto più facile sarà per esse raggiungere senza difficoltà i propri obiettivi. Arthur W. Page definisce la licenza di operare come: “la disponibilità al buio di un interlocutore, la fiducia verso l’organizzazione, il suo valore intangibile”.
[3] Per una trattazione esaustiva del corretto atteggiamento da tenere durante la gestione di una situazione di crisi reputazionale, si consulti: “Come comunicare le crisi. La guida del Sole 24 Ore al Crisis management”, 2011, Poma & Vecchiato)