1

Lava Mae: la start up che trasforma autobus in docce per i senzatetto

Ecco un autobus che potrebbe contribuire a cambiare la vita dei più bisognosi di San Francisco. Come? Forendo ai 6400 senzatetto che vivono in città delle comode e vitali docce.
Lo ha presentato la start up Lava Mae ed è stato finanziato in gran parte da una sovvenzione di Google, che ha dato al progetto 100 mila dollari come parte della sua sfida Google Impact.
I senzatetto, infatti, si trovano ad affrontare numerose sfide, tra cui quella di non avere accesso ad acqua e sapone per la doccia (in tutta la città ci sono solo circa 20 cabine doccia che loro possono utilizzare).
Per questo l’ex esperta di marketing Doniece Sandoval ha scelto di fare qualcosa e ha fondato Lava Mae, un progetto che mira a trasformare gli autobus che sono stati dismessi in docce su ruote per i senzatetto.
Sandoval ha avuto l’idea dopo aver incontrato una donna per strada che piangeva perché non poteva lavarsi. È stato allora che ha iniziato a esaminare quali fossero in città le opportunità per i senza tetto di farsi una doccia.
autobus docce2lava mae2
La soluzione? Era a portata di mano: trasformare gli autobus dismessi del San Francisco Municipal Transportation Administration in modo che possano essere collegati agli idranti e ospitare circa 200 persone al giorno.


E Google ha deciso di sostenere l’iniziativa. La sfida di Google Impact fornirà sovvenzioni fino a $ 500.000 a organizzazioni no-profit con “idee brillanti per una migliore Baia”; i finalisti verranno decisi con il voto del pubblico.




La business diplomacy a bordo dell'ammiraglia Cavour

Un recupero di competitività del nostro Paese che passi anche attraverso un contributo alla sicurezza internazionale: è il progetto Sistema Paese in Movimento, che vedrà aziende ed enti privati italiani impegnati in un periplo nel Golfo Arabico e in Africa per promuovere il Made in Italy.
La Sala di Alta Rappresentanza di Palazzo Barberini ha ospitato, lo corso 5 novembre, la conferenza stampa di presentazione di Sistema Paese in Movimento, la nuova campagna navale della Marina Militare. Accompagnate dall’*Ammiraglio de Giorgio* a bordo della portaerei Cavour, una serie di aziende ed enti privati quali Eni, Finmeccanica, Fincantieri, Selex Es, Pirelli, Piaggio AeroFederLegnoArredo si presenteranno in ben 7 Paesi del Golfo Arabico e 13 Paesi Africani. A promuovere questa iniziativa è il Ministero della Difesa, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo.
Luigi Maria Vignali, capo dell’Unità di coordinamento della Farnesina, descrive l’idea come “un’azione multidisciplinare messa in campo per promuovere l’Italia in quella che possiamo definire diplomazia della crescita, che conferma anche i nostri legami con tutti i Paesi che saranno interessati”. L’Italia si muoverà, forse per la prima volta nella storia, come Sistema Paese per promuovere il Made in Italy partendo dall’industria tecnologica per arrivare al food, al design e alla moda. Un periplo che toccherà i porti di Gedda (Arabia Saudita), Abu Dhabi (Emirati Arabi Uniti), Mina Sulman (Bahrein), Shuwaaikh (Kuwait), Ad Dawhah (Qatar), Dubai, Mina Qabus (Oman), per poi raggiungere gli scali di Mombasa (Kenya), Cape Town (Sud Africa), Pointe Noire (Congo) e Dakar (Senegal), e infine fare tappa in quelli mediterranei di Casablanca e Algeri.
“Non può esserci vero sviluppo senza sicurezza”, così il Ministro della Difesa, Mario Mauro, spiega invece come questo piano, che coinvolge anche Operation SmileFondazione Francesca Rava, sia volto a promuovere un recupero di competitività del nostro Paese che passi anche attraverso un contributo alla sicurezza internazionale. Infatti il progetto prevede non solo un enorme salone itinerante dell’industria italiana, ma anche diverse attività di sostegno e formazione delle marine nascenti e operazioni antipirateria e di protezione del traffico mercantile internazionale.
Insomma, finalmente sembra che qualcosa stia partendo dal nostro Paese. Quello che ci si augura è che questo impulso venga colto anche dai media nazionali, che sappiano comunicare in maniera adeguata uno sforzo che vede protagonisti insieme lo Stato e le imprese.
Verranno spesi complessivamente 20 milioni di euro, di cui 13 forniti dagli sponsor e 7 di stipendio per i militari impegnati: l’investimento è quindi rilevante. Un’iniziativa come questa merita dunque un’ottima copertura mediatica, soprattutto in un periodo delicato come quello che il nostro Paese sta affrontando oggi.
Comunicare non solo che l’Italia può ancora dire la sua, ma anche che il 13 novembre partirà per farlo in un mercato importante come quello arabo stimolerebbe una ventata di ottimismo, che di questi tempi, sicuramente non ci farebbe male.




Cocco (Microsoft): "Così diffondiamo gli skill digitali"

Il direttore Csr e National Development Italia: “Il 40% dei giovani è disoccupato, ma le aziende non trovano professionalità qualificate nell’Ict. Con il progetto YouthSpark offriamo competenze tecnologiche e opportunità di lavoro”
“C’è una forte dicotomia in Italia tra le opportunità che offre il mondo del lavoro a chi possiede skill tecnologiche e la mancanza di professionalità su queste competenze. E le iniziative di Microsoft per il Paese vanno proprio nel senso di colmare questo divario”. A dirlo al Corriere delle Comunicazioni è Roberta Cocco, direttore Csr e national Development Microsoft Italia, in occasione dell’evento “Building the Vision” a Roma a cui ha partecipato il ceoSteve Ballmer. Un bilancio del progetto YouthSpark, lanciato l’anno scorso in tutto il modo, che solo in Italia ha offerto formazione in aula a 25mila giovani connazionali .
Iniziative del genere possono contribuire ad aumentare l’attenzione generale verso la necessità di sviluppare competenze digitali per il futuro del Paese?
Certamente. Secondo i dati in possesso della Ue, entro il 2015 serviranno 900mila profili tecnologici. È assurdo pensare che in Italia siamo arrivati al 40% di disoccupazione giovanile e dall’altra parte non riusciamo a soddisfare le richieste delle aziende perché non queste competenze sono scarse o, in alcuni casi, inesistenti. Se pensiamo poi alle donne, è ancora peggio. A livello mondiale le donne stanno fuggendo dalla formazione tecnico-scientifica e questo è un dramma, perché le metterà fuori dal mondo del lavoro.
Quanto può aiutare un progetto come YouthSpark?
L’anno scorso, il 20 settembre, Steve Ballmer ha lanciato questo grande progetto per formare in tutto il mondo 300 milioni di giovani e offrire loro un’opportunità di lavoro. Un anno è passato e con i progetti di YouthSpark abbiamo raggiunto circa 103 milioni di giovani. Anche in Italia abbiamo fatto il nostro lavoro: abbiamo raggiunti complessivamente 500mila in tutta Italia e offerto formazione in aula a 25mila ragazzi. Non abbiamo ancora i numeri di quanti di questi hanno poi trovato lavoro sfruttando le proprie competenze. E sono però nate 1300 nuove start up grazie ad alcuni dei nostri progetti. Noi contiamo quelle che usano la tecnologia per lo sviluppo, non necessariamente start up tecnologiche ma magari quelle che hanno come infrastruttura una parte tecnologica.
Questi i numeri del 2013. Progetti per l’anno prossimo?
Grazie ai risultati raggiunti, e grazie soprattutto allo straordinario entusiasmo riscontrato nei giovani italiani, abbiamo avuto la conferma degli investimenti per l’anno prossimo. Microsoft Corporationcontinua a investire in Italia e per i giovani. E noi abbiamo selezionato due grandi partner che sono da una parte Fondazione Cariplo, dall’altra Fondazione Mondo Digitale, con cui proseguiremo il lavoro di quest’anno e cercheremmo di migliorare ancora questi numeri. In più, grazie alla presenza diBallmer in Italia, abbiamo siglato un accordo europeo con Telecentre Europe, una ong particolarmente focalizzata sulla formazione perché dispone di circa 90mila centri in tutta Europa aperti per la formazione dei giovani. Insieme a loro Microsoft offrirà 10.000 voucher per la formazione, le nostre famose certificazioni IT, quelle che vanno sui cv. In Italia ne avremo 1000: sono certificazioni su Office, la più diffusa, ma anche Mta, tecnologia avanzata. È un ulteriore passo avanti importante per aiutare i giovani.




CSR: come si comunica la sostenibilità sul web

Esiste una forte connessione tra responsabilità d’impresa e mondo della comunicazione,soprattutto sul web. Lo conferma, nell’ambito del “Salone della Csr e dell’innovazione sociale”, la piattaforma Mimesi360, servizio di analisi reputazionale completa su media tradizionali e digitali, che è stata utilizzata per realizzare un “Osservatorio sulla Corporate Social Responsibility”.
L’analisi è stata condotta isolando conversazioni e articoli web sull’argomento Csr, nel periodo compreso tra il 1 giugno e il 24 luglio 2013. Analizzando i messaggi/post, appare chiaro come la Csr vada veicolata verso l’esterno, promossa e resa nota all’opinione pubblica attraverso la comunicazione (8%), e quanto sia importante premiare gli esempi virtuosi attraverso l’assegnazione di premi e riconoscimenti (14%).
Per Marina Bonomi, direttore di Mimesi, questi dati “confermano grande attenzione verso la sostenibilità e l’utilizzo sempre più vasto da parte delle imprese dei social media come strumenti di diffusione delle proprie strategie in questo senso”. Un altro elemento importante è l’evoluzione del concetto di CSR rispetto al passato: se prima era vissuto come un obbligo imposto dall’esterno, talvolta applicato in maniera scorretta, oggi le imprese lo vivono come una vera e propria collaborazione alla pari tra azienda e territorio (29%), con benefici sia in termini di immagine sia in termini economici.
CONCETTI E TEMI – Quali sono gli argomenti piu’ citati nelle discussioni on line? Il macrotema “Ambiente” compare come indissolubilmente legato alla responsablità sociale d’impresa. La “sostenibilità” compare infatti come il terzo argomento più citato (21%), mentre la lotta all’inquinamento ambientale è il sesto (17%). Questo a dimostrazione di come l’impatto delle aziende sull’ambiente rappresenti un’importante discriminante per giudicare la condotta sociale di un’impresa.
NATURA DEI COMMENTI – L’Osservatorio ha mostrato come il 60% dei contenuti siano prevalentemente frutto di contributi redazionali da parte di giornalisti di blog, siti di news o social network, contro il 40% proveniente da conversazioni spontanee raccolte sui social media. Questi dati rivelano che l’argomento è ancora appannaggio degli addetti ai lavori, anche se non mancano utenti sensibili all’etica aziendale, percepita sempre più come un’esigenza della società globale.
SETTORI PIU’ CITATI – Il settore maggiormente seguito e commentato dagli utenti è quello alimentare (12%), seguito dai settori pubblico (11%), farmaceutico (9%), bancario e chimico (7%). Le aziende più citate sono state divise per tipologia (dimensione e nazionalità) e settore industriale. La metà delle aziende sono multinazionali (27% italiane, 25% straniere), il 12% è rappresentato da piccole medie imprese locali, mentre nel 37% dei casi il tipo di azienda rimane indefinito. Escludendo il 37% di aziende di origine indefinita, si nota che ben l’81% delle aziende è una multinazionale e solo il 19% rientra tra le piccole medie imprese italiane, segno che la CSR è una presenza ormai consolidata nelle più importanti realtà industriali ma che si sta facendo strada anche in realtà minori.
AREE DI INTERVENTO – Dal punto di vista delle aziende, i progetti di Social Corporate Responsibility su cui si focalizzano sono principalmente quelli rivolti alla formazione e all’educazione dei giovani (20%) e al sostegno dei Paesi del terzo mondo (18%). Seguono, con un lieve distacco, forme di sostegno alla ricerca sanitaria (13%), all’ambito sociale (13%) e all’infanzia (13%). In misura minore sono presenti anche progetti dedicati alla tutela dei diritti umani (7%), del patrimonio culturale (4%) e iniziative di varia natura per i propri dipendenti (4%).
L’INFOGRAFICA SULLA COMUNICAZIONE DELLA CSR NEL WEB:
infografica csr2
infografica csr
 




Imprese sempre più responsabili ma scarsamente comunicative

Nonostante la crisi le aziende continuano ad investire in responsabilità sociale d’impresa. L’impegno c’è ma manca ancora una comunicazione efficace. Il quadro è emerso in occasione del Salone della Csr che si è svolto all’Università Bocconi di Milano. In particolare secondo un’indagine realizzata da GfK Eurisko, le aziende ‘virtuose’ e particolarmente impegnate nella Corporate Social Responsibility, affermano nel 54% dei casi che la crisi non ha avuto effetti di rilievo sull’impegno a favore della sostenibilità: per oltre un terzo lo ha addirittura accresciuto e solo per il 10% lo ha ridotto. Addirittura per l’88% di queste imprese la sostenibilità rappresenta un valore primario di riferimento e la maggioranza di esse dichiara di avere ottenuto grazie a tale impegno un vantaggio di reputazione (58%), nella relazione con il territorio dove operano (59%) ed anche nella innovazione di prodotto o di servizio (55%). Restano però i problemi legati alla comunicazione che nel campo della Csr, spiega Paolo Anselmi vicepresidente Gfk Eurisko “è cruciale. Le aziende sono timide, spesso reticenti e comunicando su questi aspetti, temono di poter suscitare sospetti nel consumatore”. In realtà, “solo se si comunica in modo chiaro, onesto e trasparente si mette il consumatore in condizione di riconoscere i prodotti che sono effettivamente caratterizzati da una maggiore sostenibilità”. Secondo l’Osservatorio sulla Corporate Social Responsiblity realizzato da Mimesi la maggior parte dei consumatori collegano i temi della responsabilità sociale d’impresa alle multinazionali e solo il 18% alle piccole medie imprese. Secondo il vicepresidente GfK Eurisko, “quello che manca, oltre ad un investimento degno in comunicazione, è anche la capacità di trovare sia i mezzi efficaci sia i contenuti”. Lo stile della comunicazione non può essere lo stesso della comunicazione commerciale. Oggi le aziende comunicano bene agli stakeholder esperti attraverso i bilanci di sostenibilità, con eventi e convegni, mentre sono molto deficitarie nella comunicazione al consumatore”. Eppure sono proprio i consumatori a chiedere di poter acquistare prodotti sempre più sostenibili. Secondo un’altra indagine di Gfk Eurisko, infatti, l’ecosostenibilità è una leva d’acquisto per il 30% dei consumatori e addirittura il 60% dice che sarebbe disposto a pagare fino al 10% in più per prodotti certificati ovvero realizzati garantendo il pieno rispetto delle persone e dell’ambiente.