1

Csr parte integrante dell'agenda del consiglio di amministrazione delle aziende

Ne è convinto Pier Mario Barzaghi, head of corporate responsabilità Kpmg Network

“La responsabilità sociale d’impresa deve entrare a far parte dell’agenda” del consiglio di amministrazione delle aziende. Ne è convinto Pier Mario Barzaghi, head of corporate responsabilità Kpmg Network, che, in occasione in occasione del Csr Italian Summit, giornata di incontro e dibattito organizzata da Business International e Amref, spiega all’Adnkronos, gli impatti della Csr sulle performance aziendali.
Prima di tutto, Barzaghi sottolinea che “la Csr non deve essere percepita dalle aziende come un costo ma come un’opportunità sia interna che esterna. La forza della Csr arriva e deve arrivare assolutamente fino al consiglio di amministrazione”. “Fino a quando le aziende non comprenderanno che è fondamentale integrare i piani di sviluppo sostenibile all’interno dei piani industriali e che questi argomenti devono rientrare nelle agende periodiche nel consiglio di amministrazione tracciando una strategia aziendale – spiega – purtroppo non potremmo avere quegli effetti benefici che la Csr può dare sia a livello di società e di riflesso a tutti gli stakeholder”.In termini di cultura della Csr, “c’è sicuramente ancora molto non soltanto all’interno delle aziende ma anche tra gli stakeholder e gli investitori istituzionali. Un cambiamento in atto, soprattutto a livello nazionale, è che si inizia a parlare di rapporti integrati”.
L’obiettivo “è di dare una visione dell’azienda per dimostrare la creazione di valore aziendale ed è rivolto soprattutto agli investitori finanziari che devono cercare di capire che oltre a quanto predisposto dall’azienda ai fini tangibili esiste tutto un valore intangibile che deve essere definito, creato e dimostrato”.
 




Sostenibilita': 'popolo della rete' influenza attivita' Csr aziende

Le imprese sotto la lente di ingradimento del web. Il popolo della rete, infatti, commenta e giudica ed e’ in grado di influenzare le scelte dei consumatori e le attivita’ aziendali. A descrivere all’Adnkronos i nuovi influencer della sostenibilita’ aziendale, e’ Ilaria Catastini, presidente Roma di Hill+Knowlton Strategies e consigliere Anima, intervenuta al Csr Italian Summit 2013 organizzato da di Business International e Amref. Nel campo della sostenibilita’ aziendale la rete, spiega la Catastini, “sta giocando un ruolo fondamentale” e le aziende devono farne i conti”. Le opinioni che si formano in rete, a volte si trasformano”in dei veri e propri movimenti che riguardano centinaia di migliaia, addirittura milioni di persone che hanno la capacita’ di influenzare le opinioni dei consumatori, dei cittadini e quindi di creare una pressione molto forte nei confronti delle imprese su determinate mission”.
Un esempio, “e’ quello che riguarda l’industria del tessile”. All’indomani del crollo di una fabbrica in Bangladesh che ha visto la morte di oltre 1200 persone sotto le macerie, il settore dell’abbigliamento si e’ trovato a dover affrontare una sorta di mobilitazione internazionale che chiedeva che venissero effettuati maggiori controlli sulla catena di fornitura per mettere in sicurezza le fabbriche che nei paesi del terzo mondo sono ancora gestite senza il rispetto delle regole basilari sulla sicurezza e senza tutta una serie di elementi di responsabilita’ sociale”.
 




Le 5 metriche più importanti per migliorare le performance della propria azienda su Facebook

Facebook con i suoi 23 milioni di italiani attivi al mese, di cui 15 milioni giornalieri, è diventato il luogo della rete nel quale le aziende non possono non essere.
Aprire una pagina ufficiale, però, è solo il primo passo di una strategia di comunicazione che punti a coinvolgere i lettori (clienti attuali o potenziali). Questa non può non essere accompagnata da una lettura costante dell’efficacia del proprio piano editoriale.
A differenza di Twitter, il network di Zuckerberg offre Insights, un pannello gratuito di analisi delle performance della propria pagina molto ricco, tanto che potrebbe risultare difficile capire quali siano le metriche più importanti.

Senza pretesa di esaustività (per una disamina dettagliata vi rimando al mio libro “Social media ROI“) condivido con voi quelle che mi sembrano le spie più interessanti da considerare per valutare le proprie performance su Facebook.
– Likers o Fan: è la metrica più pubblicizzata dalla piattaforma, ma non la più interessante. Indica il bacino potenziale di lettori, ma è noto che solo una minima parte dei contenuti di una pagina viene resa visibile nel news feed dei fan (nell’intorno del 10% secondo alcuni studi).
L’Edge Rank, l’oscuro algoritmo di indicizzazione di Facebook, li seleziona sulla base di molteplici parametri che tengono conto dell’interesse manifestato da ogni utente e dei comportamenti dei suoi amici. In estrema sintesi più sono stimolanti i contenuti prodotti e maggiore distribuzione avranno. Ecco perché l’obiettivo dovrebbe essere l’engagement più che l’aumento smisurato dei fan;
– Total Engagement rappresenta la quantità di tutte le interazioni che le attività sulla pagina sono riuscite a produrre. Si ottiene dalla somma algebrica di like, commenti, condivisioni e post spontanei dei lettori in bacheca. Un valore alto indica una pagina stimolante.
Un approfondimento ulteriore permette di capire il peso dei singoli addendi e quindi le attività maggiormente svolte dai lettori (ad esempio: la community tende più a commentare o a postare autonomamente?);
– Page Engagement: è un indice dato dal rapporto tra Total Engagement e Fan. Il valore risultante indica il numero di interazioni prodotte, mediamente, da ogni fan.
Quindi è un buon elemento per misurare la “capacità produttiva” dei fan e il loro grado di coinvolgimento;
– Engagement per post: è un indicatore del livello di apprezzamento dei contenuti della pagina. È dato dal rapporto tra l’engagement generato dai post pubblicati dall’amministratore (ossia la somma di like, commenti e condivisioni generati) e il numero di post scritti nel periodo considerato;
– Total Reach o Portata: evidenzia il numero delle persone, uniche, che hanno visto effettivamente i contenuti della pagina.
Si tratta di un’informazione cui solo l’amministratore della pagina può accedere, ma che è fondamentale per capire quanto lontano sono arrivati i post pubblicati.
Insights permette di capire quali sono stati i canali della portata: se organica (cioè gli utenti hanno letto la notizia sulla pagina), virale (se l’hanno appresa grazie ai propri amici) o a pagamento (frutto di un’attività promozionale).
Come nel caso delle 5 metriche più importanti di Twitter, che ho esplorato la volta scorsa, gli indicatori sopra analizzati acquistano maggiore significatività se letti considerando la variabile temporale. In questo modo si potrà capire se le performance stanno progredendo.

L’altra dimensione fondamentale per valutare strategicamente i propri risultati è quella della comparazione con il proprio mercato o pagine similari per numero di fan. Consci che Insights non permette di dare uno sguardo alle pagine dei competitor, in Blogmeter abbiamo sviluppato un tool ad hoc chiamato Social Analytics. Strumenti del genere sono utili a chi si occupa professionalmente dei social media per ottenere evidenze proprio dal confronto tra pagine diverse e dalla combinazione delle metriche di base.
Ad esempio è possible ottenere una “Engagement Map”, come quella in alto, che metta in relazione il numero di Fan (asse delle ascisse) con quello del Total Engagement (asse delle ordinate). L’ampiezza delle bolle rappresenta i post scritti dalla pagina. Niente di più immediato per capire il posizionamento rispetto ai concorrenti.
E voi quali delle tante metriche utilizzate per misurare le performance della vostra azienda su Facebook?
 




Le 5 metriche più importanti per migliorare le performance su Twitter

Twitter In Italia conta circa 3,8 milioni di visitatori mensili (dati Audiweb/Nielsen di gennaio 2013). La sua crescita è lenta, ma il clamore mediatico sta spingendo molte aziende a sperimentarne l’utilizzo.
Il problema è che il social network non offre automaticamente uno strumento nativo per analizzare le performance ottenute, a meno di non comprare della pubblicità. In questo caso, disponendo di almeno 15.000 euro per tre mesi, si riceve anche l’accesso ad un pannello di controllo dei soli risultati della specifica campagna acquistata.
Per fortuna esistono sul mercato strumenti di analisi che ad un costo minore permettono di verificare le proprie performance su Twitter e migliorare le attività di coinvolgimento degli utenti (da TweetReach a TwentyFeet, passando per Social Analytics di Blogmeter, che ho contribuito a creare).
Ma scegliere lo strumento è l’ultimo passo, non il primo, di un percorso teso a comprendere quali siano le metriche più importanti da tenere sott’occhio, evitando di farsi abbagliare da cruscotti scintillanti e carichi di indici spesso fuorvianti.
Senza pretesa di esaustività condivido con voi quelle che mi sembrano le spie più interessanti da considerare per valutare le proprie performance su Twitter.
– Follower: il numero dei “seguaci” è la metrica principale che Twitter espone, ma non la più illuminante. Per un social network che basa tutto sull’attimo e sul flusso, il bacino dei follower conta relativamente. Indica un bacino potenziale di lettori e nulla più. Su Twitter le possibilità che i tweet non vengano visti sono elevate, semplicemente perché all’atto della pubblicazione molti non erano online;
– Mentions: con questo termine Twitter intende tutte le citazioni ricevute dal nostro account, siano esse spontanee o derivanti da retweet e reply. Misurarle vuol dire avere idea del cosiddetto “engagement” o coinvolgimento generato. In sintesi quante reazioni ha generato un certo account.
Ancora meglio sarebbe avere strumenti di analisi semantica che indichino quali di quelle menzioni sono positive o negative. Non avendoli si può assumere ragionevolmente che almeno il numero di retweet rappresenti un segnale di adesione al proprio messaggio. Quindi avere uno strumento che indichi separatamente il dettaglio del numero di retweet e reply aiuterebbe;
– Impressions: misurano l’esposizione raggiunta dall’account ossia il numero di volte che i tweet provienienti dall’account o citanti lo stesso possono essere stati visti. Si tratta di un potenziale teorico dato dalla semplice moltiplicazione del numero di tweet per i follower cui sono destinati.
Ancora più interessante è capire lo scarto che c’è tra le impressioni determinate dai cinguettii prodotti dal profilo e quelle guadagnate grazie alle menzioni dell’account da parte di altri soggetti. In questo modo si potrà capire il grado di amplificazione dei messaggi creato dalla rete di follower;
– Unique Authors o Reach: se le mention offrono un’idea del volume di discussioni, il numero degli autori unici ci dice quante persone citano l’account. Questi due valori non coincidono quasi mai perché soprattutto quando si considerano periodi lunghi di analisi, uno stesso individuo può citare più volte un certo account. Si tratta di un fenomeno molto frequente durante gli eventi (si pensi ai commenti alle trasmissioni televisive) o durante esperienze ricorrenti (ad esempio i viaggi);
– Engagement per tweet: a differenza delle altre metriche questo è un indice composto dal rapporto tra engagement e numero di tweet prodotti. Il primo valore, generalmente, si fa coincidere con il numero totale di mention ricevute. Ma non è sbagliato aggiungere ad esso la quantità di “Favourites” ricevute dai tweet. Ultimamente è proprio Twitter che sta spingendo gli utenti, rendendo pubblica l’azione relativa, a prendere l’abitudine di premere la stellina dei preferiti per mostrare il proprio gradimento. Una sorta di like che può essere considerata una reazione positiva all’attività editoriale.
Un valore alto di Engagement per tweet indica tendenzialmente che i cinguettii dell’account raccolgono i favori del proprio pubblico di riferimento.
 

I cinque indicatori sopra analizzati acquistano maggiore significatività se letti in prospettiva, ovvero se vi si aggiunge la dimensione temporale. Il fattore tempo permette di comprendere se si stanno compiendo dei progressi o se le performance sono stagnanti. Inoltre lo storico dei dati dà anche modo di proiettare i risultati futuri e decidere i prossimi obiettivi da assegnare al team di lavoro (interno o esterno all’azienda).
Un’altra dimensione utilissima per valutare le proprie performance è quella del mercato. In definitiva risulta molto utile avere uno strumento che permette di confrontare le metriche di cui sopra rispetto ai risultati dei concorrenti. Questi possono essere diretti, quelli che offrono prodotti o servizi simili, o indiretti, che tendono a soddisfare lo stesso bisogno. Per i monopolisti potrebbe essere interessante studiare account che hanno le stesse dimensioni di follower, anche se operanti in mercati diversi.
Vi invito, dopo aver compreso a fondo il significato di ognuna di queste metriche di base, a metterle in relazione. Ad esempio creando una “Engagement Map”, come quella in alto, che metta in relazione il numero di follower (asse delle ascisse) con quello delle mentions (asse delle ordinate). Arricchendo il tutto con la quantità dei tweet scritti, rappresentato dall’ampiezza delle bolle. In questo modo sarà possibile visualizzare immediatamente il posizionamento rispetto ai competitor e monitorare l’evolvere della situazione nel tempo.
Quali sono gli indicatori che usate per misurare le performance della vostra azienda su Twitter?
 




Intervista a Alberto Barbera

Intervista a Alberto Barbera, Direttore della Mostra del Cinema di Venezia e del Museo Nazionale del Cinema: la vittoria dell’Oscar di “la Grande Bellezza”, di Paolo Sorrentino è l’occasione per una “chiacchierata” a 360 gradi sullo stato di salute del Cinema italiano.
Ascolta l’audio dell’intervista: