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Anche la Csr ha la sua wikipedia

UN PROGETTO CREATO DAI CONSULENTI DI KOINÈTICALa novità sta già nel nome: wikiCsr. L’unione tra il concetti “wiki” e “corporate social responsibility”, suggerisce l’obiettivo di create una sorta di wikipedia della sostenibilità. A lanciare la sfida è stata la società milanese Koinètica che ha creato, nel 2012, la prima piattaforma online “aperta” dedicata alla responsabilità sociale. Grazie alle potenzialità del sistema wiki, l’enciclopedia ha l’obiettivo, spiega il presidente di Koinètica Rossella Sobrero, di «condividere, partecipare, costruire» l’universo della Csr.
La nuova creatura mette al centro l’utente, per questo è un po’ blog e un po’ enciclopedia: dal primo prende la possibilità di commentare gli articoli. Mentre eredita dall’altro l’opportunità di aggiungere notizie e arricchire il glossario, «il tutto – spiega Sobrero – in maniera semplice, grazie all’organizzazione intuitiva dei contenuti e alla facilità della procedura d’inserimento». Un clic sul link dedicato ed ecco la password via mail, con cui accedere a tutti i servizi.
La presenza online permette di avere uno strumento aperto a categorie diverse: professionisti, organizzazioni no profit, imprese, ma anche singoli cittadini.
Da “accountability” a “zeroemission”, 109 sono le voci attualmente presenti nell’enciclopedia, ognuna arricchita dalla possibilità di condivisione nei social network. Anche gli articoli permettono di spaziare nel mondo Csr: dai bilanci sociali al volontariato, passando per la sostenibilità, che conta già 103 contributi.
Mentre l’enciclopedia cresce, i suoi motivi ispiratori animano un’altra iniziativa: “Il Salone della Csr e dell’innovazione sociale”, che si svolgerà l’1 e il 2 ottobre in Bocconi. Tra i promotori spicca Koinètica insieme a Csr Manager Network, Fondazione Sodalitas e la stessa Università milanese. Attraverso tavole rotonde, convegni e workshop si potranno conoscere e confrontare le esperienze di Csr italiane e straniere.




Mobilità sostenibile per Gucci e Tnt con la consegna merci a emissioni zero

Sono state raggruppate in un’unica soluzione le ‘prese’ e le ‘consegne’ verso gli store, fino ad oggi normalmente effettuate con diversi veicoli in più momenti della giornataAnche l’alta moda sceglie la mobilità sostenibile. All’interno delle vie dello shopping cittadino delle principali realtà europee, Gucci e Tnt Express propongono la consegne della merce utilizzando mezzi elettrici. Il servizio, denominato ‘High Street Fashion’, offre il trasporto delle merci tramite van ‘a emissioni zero’ dai cancelli del maxi impianto Tnt ‘Milano Mega’ di Peschiera Borromeo, adiacente all’aeroporto di Linate, verso il Quadrilatero della Moda milanese.
I rifornimenti ad impatto zero, grazie alle sinergie realizzabili all’interno del Gruppo del lusso Kering, riguardano in tutto una decina di shop milanesi appartenenti anche, fra gli altri, ai brand Saint Laurent, Bottega Veneta, Stella McCartney, Balenciaga, Alexander McQueen. Un altro mezzo a basso impatto, questa volta a metano, assicura inoltre i rifornimenti al negozio di Gucci presso l’aeroporto di Malpensa ed effettua ritiri e consegne nell’hinterland milanese.La filiera logistica garantita da Tnt Express Italy a Gucci prevede il ritiro quotidiano della merce presso il sito logistico Gucci di Cadempino in Svizzera, la consegna al punto operativo Tnt Express Italy di Milano Mega, la gestione del materiale attraverso operazioni di stoccaggio e micrologistica, la percorrenza dell”ultimo miglio’ per la distribuzione agli store a cura di van elettrici, oltre a trasferimenti della merce dedicati direttamente da uno store all’altro.In sintesi, sono state raggruppate in un’unica soluzione le ‘prese’ e le ‘consegne’ verso gli store, fino ad oggi normalmente effettuate con diversi veicoli in più momenti della giornata. Rossella Ravagli, Head of Csr & Sustainability Gucci, ricorda che l’impegno di Gucci per ridurre gli impatti ambientali delle proprie attività, è partito nel 2010 “con la creazione di un nuovo packaging realizzato esclusivamente con carta certificata Fsc (Forest Stewardship Council) per continuare con l’ottimizzazione del carico trasportato, al fine di ridurre il trasporto su strada e le conseguenti emissioni di Co2, l’ottimizzazione del parco macchine e un programma volto a limitare il consumo di energia nei negozi”.Nello stesso anno “abbiamo ottenuto la certificazione ambientale 14001. Recentemente abbiamo avviato un progetto con il ministero dell’Ambiente finalizzato alla valutazione dell’impronta ambientale e al calcolo delle emissioni di Co2 prodotte all’interno della nostra filiera, con l’obiettivo di ridurle. Sempre con lo stesso spirito, abbiamo deciso di proporre alcuni prodotti realizzati con materiali innovativi meno impattanti dal punto di vista ambientale”.




TESI DI LAUREA: The impact of knowledge transfer on profit and non-for-profit partnerships.

Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano
Anno Accademico 2012-13

The impact of knowledge transfer on profit and non-for-profit partnerships. The case studies of Coopi-Guna and Gret-Danone

Tesi di Laurea di Laura Carrere
Scarica il  teso integrale della Tesi (172 pagine), qui di seguito, il testo dell’abstract della tesi:


ABSTRACT

Profit and non-for-profit partnerships are strategic cross-sector collaborations providing innovative answers to new global challenges. Knowledge transfer amongst
organizations is a critical resource that permits to improve organizational performance.
Through the case studies of Coopi-Guna and Gret-Danone, the research aims at
exploring the impact of knowledge transfer on the profit and non-for-profit partnerships’ performance. The Italian partnership, Coopi-Guna, and the French one,
Gret-Danone, have been chosen for their performance and comparability. Three specific issues are studied: a) explore the impact of knowledge transfer on the partnerships, b) compare the French and the Italian case studies, and c) understand the key variables affecting partnerships’ success. The literature review analysis has been complemented with face-to-face semi-structured interviews conducted with the nonprofit and profit organizations mentioned. The results of the case studies confirm that knowledge transfer has been a decisive and pervasive element for the partnerships’ management and performance. The comparison of the case studies shows that the main difference between the Italian and the French partnerships has been the knowledge transfer mechanism they have used, one informal and the other formal. It suggests that there is not an optimal knowledge transfer mechanism, but the crucial issue is the fit and compatibility amongst the partners. Mutual trust and cultural alignments towards the project have been identified as the key variables for a better partnerships’ success.




TESI DI LAUREA. "Comunicazione di crisi, analisi delle pratiche di Nestlè"

Libera Università di Lingue e COmunicazione IULM

Corso di Laurea in Public Relations e Business Communication

Comunicazione di crisi – analisi delle pratiche di Nestlè

Tesi di Marta Grassi

Scarica il testo integrale della tesi (96 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Crisi, comunicazione e fiducia/reputazione sono le tre parole chiave che
definiscono l’elaborato seguente.
“Crisi è un termine con il quale dal 2007 l’opinione pubblica si interfaccia
quotidianamente, non perché prima non ci fossero state crisi, ma perché quella
scoppiata nel 2007 ha scatenato reazioni a catena fino alla crisi economica
attuale. Definita come “crisi economica”, è stata caratterizzata dalla mancanza
di fiducia riposta nelle banche a livello internazionale e culminando nel
2010/2011 con il braccio di ferro tra USA e Europa sulla stabilità finanziaria e il
ruolo dell’euro.
Tuttavia, questa crisi internazionale ha lasciato nella penombra un’altra
tipologia di crisi, sulla quale si concentrerà l’elaborato: le crisi di impresa non
riconducibili alla situazione economica generale. Molte sono le imprese che
hanno sofferto stravolgimenti in termini di riduzioni drammatiche del fatturato e
degli utili, perdite di quote di mercato, sovradimensionamento degli organici e
conseguenti politiche di licenziamento o di delocalizzazione. Ma ognuna di
queste situazioni può essere riconducibile all’impreparazione generale del
management aziendale alla gestione operativa e strategica di crisi. Sarà quindi
fondamentale chiarire la delicata funzione di crisis management a livello
aziendale e gestionale della vita d’impresa. Importante è anche definire il ruolo
fondamentale della crisis communication in uno scenario competitivo sempre
più globalizzato.
La comunicazione è, a sua volta, una delle caratteristiche proprie del mondo
globalizzato, grazie alla presenza di nuovi media e delle reti. Le informazioni si
diffondono rapidamente, arrivando ad un pubblico vastissimo di soggetti che
possono avere interessi diretti o indiretti nell’impresa. Il modo in cui le
informazioni si propagano e sono comunicate ai diversi destinatari è l’essenza
di un processo di comunicazione ed è molto spesso più rilevante della
dimensione stessa degli effetti reali della crisi. Eventi di per sé poco significativi
possono essere ingigantiti e situazioni che non hanno nulla a che fare con
l’impresa possono avere riflessi molto negativi su di essa.

La terza componente è costituita dalla fiducia e dalla reputazione, che sono a
loro volta elementi cruciali di un sistema, ovvero quello economico. Infatti, la
fiducia riposta in un’impresa o il pregiudizio sulla sua reputazione determinano
atteggiamenti positivi o negativi dei diversi portatori di interessi aziendali. Quello
che determina l’importanza della gestione di crisi a livello di reputazione e di
immagine si costituisce con un’asimmetria di fondo: la fiducia e la reputazione si
costituiscono in tempi lunghi, mentre la sfiducia o la caduta di reputazione
possono essere determinati da fattori imprevisti, spesso non controllabili, i quali
hanno riflessi immediati nel breve periodo.
Una corretta gestione delle situazioni di crisi diventa quindi uno strumento
fondamentale per affrontare questa asimmetria, evitando che la professionalità
dei componenti aziendali sia intaccata o messa in discussione semplicemente
per una situazione di crisi mal gestita.

L’elaborato verrà suddiviso in tre capitoli.

Nel primo sarà approfondito il tema generale di crisis management, argomento
spesso poco esplorato. Ci si concentrerà sulla definizione di crisi, quali sono le
cause e qual è la sua dinamica. Saranno individuate le varie tipologie di crisi e
di conseguenza anche gli strumenti necessari alla gestione di un evento critico,
sia a livello interno che ed esterno all’azienda. Ci sarà inoltre un confronto tra i
vari comportamenti da adottare o da evitare in caso di crisi, rapportati agli studi
effettuati da autori che hanno ritenuto importante analizzare in modo specifico
questa tematica.
Nel paragrafo successivo saranno indicate le tre fasi principali del crisis
management: quella di prevenzione e anticipazione delle situazioni di crisi,
quella di risposta, con particolare attenzione alla tematica del tempo ed infine
della ripresa post-crisi, nella quale è ancora importante la rapidità con la quale
si attua un programma di rilancio, di motivazione del personale e di recupero
della reputazione. Da sottolineare è il fatto che il crisis management non sia
considerato una vera e propria “disciplina”, ma rappresenta la gestione di vari
processi attraverso un approccio multidisciplinare e/o interdisciplinare.

Nel secondo capitolo l’analisi sarà principalmente orientata alla scoperta della
realtà Nestlé.
Il primo paragrafo viene sviluppato intorno alla storia dell’azienda, ripercorrendo
le tappe fondamentali dell’evoluzione storica dell’azienda, per passare poi alla
descrizione della struttura organizzativa, dell’ambiente ovvero del settore in cui
opera Nestlé, delle attività svolte, il portfolio prodotti dell’organizzazione ed
infine gli obiettivi che aiutano Nestlé a perseguire il suo fine principale:
soddisfazione e salute per il consumatore. Per migliorare la comprensione, è
stata svolta l’analisi PEST, che permetterà di indagare sulle variabili politica,
economica, sociale e tecnologica capendo così quali sono più rilevanti nelle
scelte strategiche e operative dell’azienda.
Nel secondo paragrafo sarà introdotto il vero e proprio mondo Nestlé: i valori
aziendali, la vision e la mission che comandano tutte le attività svolte in
azienda. Da qui sarà introdotto quello che per Nestlé viene considerato valore
aggiunto, ovvero la componente di ricerca, valore cardine per l’azienda, e le
varie caratteristiche di comportamento etico e morale attuato in conformità con
le aspettative dei consumatori e della società che spesso affligge le aziende
facenti parte del settore alimentare con giudizi decisamente severi e
intransigenti.
Infine, nel terzo paragrafo verrà analizzata la componete di comunicazione
aziendale. Nestlé considera essa fondamentale al raggiungimento di risultati
soddisfacenti, e per questo, differenzia la propria comunicazione in base
all’obiettivo e al target che vuole raggiungere. Saranno differenziate le attività di
comunicazione dirette ai consumatori finali, rispetto a quella indirizzata agli
stakeholder, introducendo una piccola analisi della componente social utilizzata
come strumento strategico per comunicare per i vari pubblici riferiti ai differenti
brand di cui Nestlé è padrona.

Concludendo, nel terzo capitolo finale verrà analizzata la posizione di Nestlé in
relazione alle crisi, delineando gli strumenti e le strategie che essa sfrutta in un
momento di criticità.
Nel primo paragrafo l’attenzione sarà posta sulle attività di prevenzione,
indispensabili per una corretta gestione o anticipazione di qualsiasi tipo di crisi.
Questa risulterà diversa in base alla sua posizione sui vari mezzi di
comunicazione a disposizione. Ci saranno infatti metodologie specifiche per i
media tradizionali e altre per i cosiddetti new media.
Prendendo spunto da quest’ultimi, nel secondo paragrafo sarà individuato come
questi nuovi canali di trasmissione di notizie, internet e soprattutto i social
network, possano diventare un’arma a doppio taglio per l’azienda. Necessari
per rimanere in costante contatto con i consumatori e per rispondere
direttamente agli utenti, ma allo stesso tempo strumento di diffusione virale di
notizie che, con il passare da “mouse a mouse”, vengono spesso distorte e a
volte totalmente inventate. Tutto questo porterà dei risvolti di necessaria
considerazione per l’azienda e di importante rilievo in caso di scoppio di una
crisi.
Nel terzo e ultimo paragrafo sarà inserita l’analisi di una case history aziendale
riferita ad un evento critico con il quale si è dovuta relazionare Nestlé.
Delineata la situazione iniziale che ha scaturito l’aumento di attenzione sul
prodotto Nesquik negli Stati Uniti, ovvero la probabile contaminazione da
salmonella, è poi stato individuato il motivo per cui la crisi ha toccato anche la
realtà italiana. Essa però, gestita in maniera impeccabile, non ha trovato alcun
riscontro nel diffondersi o nel provocare qualche cattiva conseguenza sui
comportamenti dei consumatori italiani.




Politica 2.0 e social reputation

Una mia intervista ai creatori del sito “Socialpolitico”: come comunicano i protagonisti della politica e delle Istituzioni pubbliche?
Per quale motivo e in quali circostanze avete deciso di creare la piattaforma IlSocialPolitico?
Il SocialPolitico nasce nel febbraio del 2013, in coincidenza con le ultime elezioni politiche. Il nostro progetto è nato come risposta giornalistica alla pressione esercitata dai social media nel divenire fonti primarie di informazione. Abbiamo deciso di indagare su come i principali personaggi pubblici comunicano, si muovono e influenzano l’opinione pubblica tramite la loro “social reputation”. Dopo una prima fase dedicata al mondo della politica abbiamo deciso di indagare il ruolo svolto da altri attori pubblici e sociali. Oggi possiamo dire che ilSocialPolitico  si concentra sull’attività 2.0 di politica, istituzioni, influencer e fenomeni sociali.
Che riscontri avete avuto fin ora?
I riscontri fin da subito sono stati enormi, direi ben al di là delle nostre aspettative. Fin da subito le nostre inchieste sono state pubblicate, discusse e rilanciate dai principali organi di stampa nazionale. Abbiamo inoltre una rubrica fissa su Key4biz uno dei principali quotidiani online specializzato nei settori TLC, Media, Internet. Dopo questa prima fase, in cui ci siamo costruiti una nostra particolare web reputation, siamo diventati degli interlocutori ascoltati da stampa di settore e  da addetti ai lavori. Il successo editoriale raggiunto ci ha spinto a pubblicare “Ogni Click conta, le elezioni si vincono sui social media”, il nostro primo social-book che racconta una anno di elezioni politiche attraverso le nostre indagini
Qual è la situazione in Italia, dal punto di vista dell’uso dei Social Network in politica e nelle istituzioni?
In Italia la politica si è buttata a capofitto sui social media, in particolare su facebook, twitter , youtube ed in misura minore su google plus. Dalle nostre indagini risulta però come i politici utilizzino i social media come un semplice megafono per amplificare i loro messaggi. Sono pochi quelli che hanno capito il vero valore di questi strumenti: l’interazione con gli altri utenti. Quando usiamo questo termine intendiamo la capacità di un leader di creare un feedback costante e bidirezionale con i vari follower, amici e fan. Purtroppo la comunicazione politica soprattutto su twitter prende la piega opposta.
Una case-history di eccellenza?
Per quanto riguarda la politica italiana mi viene in mente Nichi Vendola, il vero “social” mattatore delle ultime primarie del centrosinistra. Mentre la stampa generalista e poco attenta celebrava Renzi come un campione sui social network, le nostre inchieste mirate mettevano in luce come il governatore della puglia sul web fosse più influente del sindaco fiorentino. Per par condicio adesso devo fare però un nome di “destra”. Nonostante abbia numeri non elevatissimi ho trovato interessante il modo in cui Daniele Capezzone usa i social ed in particolare Twitter. Il leader del Pdl ha costruito una fortissima interazione con i suoi follower, ma a differenza di quasi tutti i politici i suoi interlocutori principali non sono personaggi pubblici, partiti o famosi giornalisti ma bensì i suoi elettori. Sempre per rimanere nel campo del centrodestra, mi ha stupito il livello di popolarità raggiunto da Alfano su Google Plus, un social in forte ascesa. Spostandoci nel campo della PA mi viene in mente l’Inps che si è dotata di più canali social, differenziandoli per i suoi differenti stakeholder (pensionati, lavoratori, dipendenti). Ovviamente per quanto riguarda gli influencer, non posso che parlare di Papa Francesco, una vera e propria Twitter Star. Papa Francesco è uno dei primi dieci influencer italiani e il suo profilo più seguito al mondo è quello spagnolo (ne ha 8 a seconda delle lingue)
…e una case history che ha fatto riflettere in senso negativo…
In maniera provocatoria cito il caso Grillo. Sappiamo tutti che la sua popolarità sulla rete è enorme e quanto abbia fatto da calamita alle scorse elezioni. Ma se mettiamo sotto una lente di ingrandimento i dati emersi dalle nostre inchieste vediamo come l’ex comico utilizzi una strategia comunicativa unidirezionale tipica del leader carismatico. La strategia su twitter del Movimento 5 stelle sembra essere quella di un network federale, composto da una miriade di singoli gruppi locali, agganciati in maniera verticale ad un grande e potente server, il profilo di Beppe Grillo. Questo può andare bene nel breve periodo. Ma nel lungo periodo se nei social viene a mancare l’interazione e un rapporto orizzontale con gli altri utenti si finisce a sbattere contro un muro.
Che ruolo possono/debbono avere a vostro avviso i Social nelle strategie di politica estera del Paese?
I social per le loro caratteristiche – estrema rapidità di comunicazione e forte capacità di pressione sull’opinione pubblica – possono giocare un ruolo fondamentale nelle strategie di politica estera di un paese. Abbiamo rilevato, tramite le nostre ricerche, una vera e propria proliferazione di profili aperti sui principali social da parte di ambasciate e consolati. A questo scenario di grande espansione quantitativa non è però corrisposto un adeguato livello di qualità. Mentre il mondo era appeso ad una decisione dell’Onu sul possibile intervento in Syria ho scritto un pezzo sull’ambasciata Usa in Sirya. Nonostante quelli fossero giorni molto caldi ho rilevato su Twitter una modesta interazione dell’ambasciata ed un scarsa originalità dei tweet (erano dei semplici link che rimandavano al profilo Facebook). Su Youtube i numeri erano molto bassi e non adeguati ad un istituzione di quel livello.  Vorrei inoltre riportarvi le risposte datemi dall’ambasciatore Usa in Italia durante un nostro confronto avvenuto proprio tramite Twitter. Nel chiedere a David Thorne quale potesse essere il ruolo svolto da Twitter all’interno delle amministrazioni diplomatiche ebbi in risposta che questo social può fornire grandi potenzialità di crescita e creare opportunità di dialogo politico e economico. Venendo allo specifico caso italiano, la pagina del Ministro degli Affari Esteri creata sotto la gestione dell’Ambasciatore Giulio Terzi ha registrato un elevato livello di attività, pubblicizzato tutte le più importanti attività pubbliche del Ministero, con frequenti aggiornamenti. Abbiamo potuto rilevare anche un ottimo livello di interazione: la fanpage delll’allora Ministro degli Esteri Terzi ha raggiunto e superato le 300.000 interazioni a settimana,  con “amici” ed “amici degli amici” che veicolavano i messaggi. Il Ministero ha scelto Facebook  come luogo dove dare spazio alle varie azioni di comunicazione intraprese ed i vari eventi organizzati, allo stesso tempo la pagina FB si è rilevata come un innovativo mezzo di trasferimento di notizie agli operatori dell’informazione , “superando”  in questo modo i limiti dei tradizionali comunicati stampa.
Che scenario potete disegnare in vista delle possibili prossime elezioni?
Il quadro politico è davvero mutevole, difficile pronosticare possibili scenari o alleanze, sui quali giocherà un ruolo fondamentale l’approvazione o meno della legge elettorale. Noi nel frattempo stiamo monitorando le varie correnti interne ai partiti. Ci interessa pesare l’influenza che hanno sui social i big dei vari partiti, per capire dove e come si costruiranno le strategie di marketing politico delle prossime elezioni. Come dico e scrivo nel mio libro non esiste una regola scientifica che lo dimostri ma chi vince le elezioni nel 100% dei casi è il leader più forte sui social.
…e guadando avanti di 10 anni?
Domanda davvero difficile, ma allo stesso tempo affascinante. Credo che la regola numero uno nelle tecnologie sia che una volta “lanciate” la loro principale caratteristica sia quella di mutare in base al contesto sociale ed economico. Sicuramente una cosa mi sento di affermarla: fino ad oggi mediologi e sociologi si sono affannati nel vedere nell’ingresso di una nuova tecnologia la sua integrazione, in gergo scientifico ri-mediazione, con i media del passato. Purtroppo questo non è avvenuto. La televisione non sa che farsene dei giornali, la radio su internet è un flop. Forse però con i Social Media stiamo assistendo ad una maturazione di questo fenomeno. Tra dieci anni mezzi come tv, radio, giornali web non potranno fare a meno dei social per interagire con il proprio pubblico.