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Luci e ombre del Movimento 5 Stelle

Da poco insediato in Parlamento, il Movimento 5 Stelle fa molto parlare di se. Alcuni aspetti poco chiari vengono da me analizzati in un paper “tecnico”, oggetto di questa approfondita intervista sulla Radio SBS (Australia).
Ascolta l’audio:




Caso maro'/ Scatta la censura sul web

Mentre il mondo della politica è in fibrillazione per la crisi di Governo, una nuova polemica investe la titolare della Farnesina. Dopo le pressioni da parte del mondo del web, il Ministro Bonino annuncia all’ANSA l’apertura di uno spazio di discussione sulla propria pagina Facebook istituzionale espressamente dedicato alla vicenda dei due fucilieri di marina trattenuti in India, ma – quando il tema si fa incandescente – scatta la censura e sparisce il thread, con conseguente inasprirsi delle polemiche per la mancata libertà di espressione e approdo del caso sulle pagine dei quotidiani nazionali. Affari Italiani ha intervistato sulla vicenda Fernando Termentini, Generale dell’Esercito Italiano.
Generale, Lei è molto attivo sul web, riguardo alla vicenda Marò come è l’attenzione al tema da parte dei cittadini?
Si, diffusa, in molti hanno a cuore la vicenda dei nostri due soldati, che, innocenti o colpevoli, non dovevano essere processati in India. E’ una grave abdicazione alla nostra sovranità nazionale, che tra l’altro rischia di costituire un pericoloso precedente giuridico che mette a rischio la sicurezza dei nostri contingenti impegnati all’estero. E sono moltissimi i cittadini che seguono la vicenda, sui giornali ma soprattutto sul web.
Per questo il Ministro ha aperto uno spazio di discussione sulla sua pagina Facebook?
Non esattamente: la decisione è stata tardiva e frutto delle nostre pressioni come cittadini. Molti utenti scrivevano sui vari post aperti dal Ministro, chiedendo legittimamente notizie sui due Marò e sulle iniziative del Ministero degli Esteri per tutelarli, e alla fine il Ministro ha deciso di aprire un’area di discussione apposita, sulla quale abbiamo concentrato le numerosissime domande e richieste di approfondimento. In poco più di un giorno, quel post diventato il più commentato di tutta la pagina del Ministro, a riprova del grande interesse degli italiani per questo tema.
Come si è sviluppata la discussione?
Inizialmente in modo molto proficuo, da parte dei cittadini, e senza prese di posizione estremiste. Dal lato del Ministero, invece, i commenti di risposta erano sempre più piccati, come la le legittima curiosità degli utenti fosse vissuta come offesa personale o come messa in discussione dell’operato del ministro. Così non è: riteniamo solo che trattandosi di un caso di interesse nazionale sia giusto e dovuto poterlo approfondire. Peccato poi che di lì a 24 ore l’intero topic di discussione sia sparito dalla pagina, con tutti i commenti ad esso collegati.
E’ stato cancellato? Perchè?
Occultato, per essere precisi. Da un giorno, è visibile solo da chi – avendo pubblicato precedenti commenti – dispone del link diretto: nessun altro cittadino può quindi vedere il post e interagire. Tanto era condivisibile e lodevole l’intento del Ministro di aprirsi alle conversazioni e al confronto, tanto risulta inspiegabile la successiva censura, sicuramente indotta dalle centinaia di post pubblicati sulla pagina da molti cittadini indignati per l’assoluto silenzio sulla vicenda dei due Marò in ostaggio in India da quasi 20 mesi. Stupisce poi che la censura sia promossa da una radicale da sempre attenta alla libertà di stampa come Emma Bonino.
Qual è il suo parere sulle recenti dichiarazioni sul caso Marò del Ministro Bonino e del Vice Ministro Pistilli ?
Lasciano assai perplessi. Mi rifaccio a quanto in molte sedi affermato da autorevoli giuristi e anche da un diplomatico di eccezionale esperienza come l’ex Ministro e Ambasciatore Giulio Terzi, che a marzo dell’anno scorso aveva tracciato una linea chiara decidendo di trattenerli in Italia e di attivare un contenzioso internazionale con l’India, e che si dimise proprio in contestazione con l’allora Presidente del Consiglio Monti che invece li rimanda in India: il conflitto a fuoco con i presunti pirati del mare, che ha coinvolto i nostri due soldati, è avvenuto fuori dalle acque territoriali Indiane, e la colpevolezza o innocenza dei Marò deve essere valutata da un Tribunale Italiano o al massimo da un Arbitrato Internazionale, non certo da un Tribunale Speciale Antiterrorismo di un paese come l’India, dove per giunta è in vigore la pena di morte. I nostri due soldati non sono dei terroristi, e quindi dovrebbero tornare a casa.
Quali sviluppi prevede sul caso?
Le nubi che si addensano sono fosche, se persino il Ministro degli Esteri della Repubblica Italiana che dovrebbe difenderne l’innocenza si esprime su Facebook dicendo che esiste l’ipotesi che siano colpevoli e che non ne è affatto accertata l’innocenza, contraddicendo il principio dell’innocenza fino a prova contraria, che pare non valere per i nostri soldati. L’arrendevolezza italiana è totale, in spregio a tutti i trattati internazionali: sembra quasi che si sia già deciso anche a Roma per un semaforo verde alla condanna, c’è acquiescenza assoluta, e questo è a mio personale avviso totalmente inaccettabile per qualunque membro delle Forze Armate impegnato all’estero. La domanda che pongo è semplicissima: perché invece non si attiva un Arbitrato internazionale in base alle regole ONU, che in 60 giorni potrebbe darci modo di fare chiarezza sul caso? Sulle polemiche di oggi sul web si è pronunciato Antonio Deruda, esperto in Social Network e autore del libro “Digital Diplomacy”, best-seller su questi temi: “La polemica sulla pagina del Ministro Bonino – ha detto – è stata paradossalmente alimentata proprio da chi gestisce la pagina, a causa dei toni duri da parte degli amministratori, e del blocco ingiustificato effettuato a danno degli utenti “scomodi”. Hanno creato un clima negativo che ha poi attirato l’attenzione dei mass-media convenzionali, con il risultato che le agenzie di stampa e i quotidiani se ne stanno occupando, e purtroppo non in modo lusinghiero”. Anche Luca Poma, esperto di Digital Strategy e Consigliere del precedente Ministro degli Esteri Giulio Terzi, ha commentato a caldo il caso: “Fino a ieri il problema erano i toni aggressivi o sgarbati sulla Pagina Facebook Bonino, cosa non accettabile perchè anche in presenza di sollecitazioni forti da parte degli utenti bisogna saper mantenere la calma e gestire l’engagement con sangue freddo. Oggi, la cancellazione del post dalla pagina pone due problemi seri: di metodo, perché una pagina che pubblica solo notizie in modo unilaterale, a mo’ di comunicati stampa, senza accettare contraddittorio, non ha alcun senso di esistere come pagina Social, e di merito, perché la censura di Stato ha un sapore veramente da “regime” che mal si addice poi all’indubbia statura e alla storia di Emma Bonino. Non ci si rende conto che così si apre una crisi reputazionale on-line che va a pregiudicare immagine di tutta la Farnesina, e a mortificare la straordinaria professionalitá del nostro Corpo Diplomatico, che è tra i migliori del mondo”.
 
NOTA di Luca Poma: qui di seguito i link di alcuni dei tanti articoli pubblicati in questi giorni in relazione a questa vicenda:

http://www.huffingtonpost.it/2013/10/01/story_n_4021237.html?utm_hp_ref=italy
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/schiaffo-bonino-ai-mar-linnocenza-non-accertata-954825.html
http://www.corrierenazionale.it/home/esteri/2013/10/01/news/110051-Per-Bonino-innocenza-non-accertata-Terzi-si-infuria
http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/lite-twitter-tra-bonino-e-terzi-su-maro-innocenza-non-accertata-20131001_133312.shtml
http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/1321151/Bonino-sui-maro—non-sono-sicura-della-loro-innocenza—E-Terzi-va-su-tutte-le-furie.html
https://mezzitoni.tgcom24.it/2013/10/01/maro-in-che-mani/
http://www.direttanews.it/2013/10/01/caso-maro-scontro-verbale-tra-emma-bonino-e-giulio-terzi/
http://www.altroquotidiano.it/index.php?option=com_content&view=article&id=5018587&catid=109
http://www.italia24ore.it/20131001576/politica/caso-maro-la-bonino-mette-in-dubbio-la-loro-innocenza.html
http://www.sassarinotizie.com/24ore-articolo-212152-la_comunicazione_e_cruciale_nella_csr_ma_le_aziende_sono_ancora_troppo__timide_.aspx
http://www.lanotiziagiornale.it/maro-lite-tra-bonino-e-terzi-e-il-ministro-censura-il-web-innocenza-non-accertata-e-scoppia-il-caos-cancellati-i-post-oscurata-la-pagina-twitter/
http://www.secoloditalia.it/2013/10/non-e-accertata-linnocenza-dei-due-maro-la-bonino-sceglie-la-diplomazia-alla-pilato/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=non-e-accertata-linnocenza-dei-due-maro-la-bonino-sceglie-la-diplomazia-alla-pilato
http://www.unita.it/notizie-flash/crisi-maro-per-bonino-innocenza-non-accertata-terzi-si-infuria-1.524568
http://www.ilmondo.it/politica/2013-10-01/crisi-mar-russa-bonino-vergonosa-deve-dimettersi_333221.shtml
http://infosannio.wordpress.com/2013/10/01/maro-emma-bonino-la-loro-innocenza-non-e-accertata-lex-ministro-giulio-terzi-si-infuria-su-twitter/
http://inagist.com/all/385163983545982976/
http://www.bresciaoggi.it/stories/156_ultima_ora/569898_crisi_marper_bonino_innocenza_non_accertata_terzi_si_infuria/
http://www.leccenews24.it/articoli/cronaca/2013/10/02/189974/caso-mar-bonino-innocenza-non-accertata-terzi-risponde.html
http://www.imolaoggi.it/2013/10/02/la-bonino-censura-post-e-commenti-sui-maro-sulla-pagina-facebook/
http://www.lapennadellacoscienza.it/emma-bonino-scarica-i-maro-decidera-il-tribunale-giulio-terzi-si-arrabbia/
http://www.barbadillo.it/il-caso-schiaffo-della-bonino-sui-maro-non-e-accertata-linnocenza-la-bufera-sul-web/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+barbadilloit+(Barbadillo)
http://teleradionews.wordpress.com/2013/10/01/maro-bonino-dubita-della-loro-innocenza/
http://www.articolotre.com/2013/10/emma-bonino-non-sono-sicura-dellinnocenza-dei-due-maro/210223
http://libreprensa.com/k/Bonino%20Giulio%20Terzi%20di%20Sant/344453#s/139371
http://www.lasua.com/mar-emma-bonino-la-loro-innocenza-non-accertata-lex-ministro-giulio-terzi-si-infuria-su-twitter-foto/



La svista (e le scuse) di Eataly. Una lezione per noi giornalisti

Premessa: sono un frequentatore assiduo di Eataly Roma, non foss’altro perché sta esattamente a metà strada del mio percorso casa-ufficio. Sub-premessa: sono assai poco interessato alle diatribe interne al Pd e non penso che il mondo oggi si divida in renziani (estimatori di Eataly tramite il link di Farinetti) e anti-renziani. Sub-sub-premessa: non appartengo a quella categoria di giornalisti che ritengono che i fatti propri possano minimamente fare notizia e se sto per derogare a questo comandamento è perché ne vorrei trarre una conclusione generale, in linea con i temi affrontati da questo blog.
I fatti. Domenica mattina, in previsione di un pic-nic con bimbi e amici in un noto parco romano, andiamo a far provviste da Eataly. Tra i prodotti acquistati, c’è una confezione di prosciutto cotto in offerta speciale che, al successivo assaggio sul prato del pic-nic, si rivelerà immangiabile.
A un’occhiata più attenta alla confezione, il mistero si svela in pochi attimi: quel prosciutto è scaduto da circa due settimane. Mentre consorte e amici meditano già reclami e fantascientifiche richieste di risarcimento, la mia mano ha già afferrato dalla tasca lo strumento della vendetta: l’iPhone.
Bastano pochi secondi: confezione con data di scadenza e prezzo in bella evidenza accanto allo scontrino che dimostra l’acquisto, il tutto inquadrato dalla fotocamera. Un colpo di polpastrello per scattare la foto, un altro paio per postarla su twitter con breve ma significativa didascalia

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il resto viene da sé: una quindicina di retweet, qualche commento, un’audience potenziale di qualche migliaio di utenti dei social network raggiunta dall’informazione e in grado di redistribuirla alle proprie reti sociali, con il suo carico di pubblicità negativa. Insomma, la mia piccola vendetta per la sòla si è consumata, posso considerarmi pari e patta con Eataly.
Le reazioni. Proprio dalle risposte ricevute al mio tweet comincio ad accorgermi che la vicenda, una volta affidata al flusso dei social, smette giocoforza di essere personale e assume caratteristiche paradigmatiche. Innanzitutto, il tipo di commenti.
C’è quello che la butta subito in politica

E quello che invece, manco fosse pagato da Farinetti in persona, ti fa il fact-checking a capocchia

Quello che ti dà i consigli della nonna

E quello che invece ti spiega che è colpa tua

@Aiannuzzi BISOGNA TENERE OCCHI APERTI QUANDO SI COMPERA MAI FIDARSI DI CONTROLLO VENDITORE
— viali2010 (@patatinapa) September 22, 2013

La lezione. Ed è a questo punto che mi sono accorto di quanto la svista di Eataly – e la mia successiva reazione di cliente non soddisfatto – siano emblematiche per spiegare le dinamiche legate all’impatto della professione giornalistica con la rete, con i device tecnologici “mobili” e con i social media. Provo a spiegare.
1) Nell’era analogica, di fronte a un episodio come questo, come si sarebbe comportato il cittadino desideroso di “dare una lezione” al commerciante distratto? Avrebbe cercato di contattare un giornale locale, gli avrebbe scritto una lettera, allegato una fotografia e chiesto la pubblicazione. Avrebbe insomma cercato la “mediazione” dei media, che stavano lì apposta per quello. E avrebbe poi dovuto sperare nella sensibilità / disponibilità dei media ad occuparsi della vicenda.
Oggi, quella mediazione non è necessaria, anzi forse è addirittura superflua, un ostacolo tra la vittima del “sopruso” e la vendetta, che è un piatto sì da mangiare freddo (come il prosciutto, possibilmente non scaduto) ma insomma anche se arriva rapida e indolore non guasta.
Cosa potrebbe fare allora un organo di informazione in questo nuovo scenario? Intanto, potrebbe rilanciare la segnalazione alla propria comunità di lettori (ma per farlo dovrebbe avere un attento monitoraggio territoriale e/o tematico della rete, insomma starci per davvero su sti “social-cosi”, viverli come luoghi di aggregazione e confronto, non solo come presunti megafoni della propria merce). Poi, potrebbe cercare altri episodi analoghi, infine – se la vicenda lo meritasse, e non è certo il caso in questione – costruirci un proprio approfondimento, coinvolgendo anche magari la controparte.
Ma tutto ciò, che è lavoro giornalistico, non può prescindere dalla presenza attiva in rete.
2) Come giornalisti, dobbiamo fare l’abitudine a essere trattati nello stesso modo. Ciascuno di noi è, potenzialmente, come Eataly. E il nostro utente insoddisfatto di un qualche nostro lavoro, sarà sempre più libero e desideroso di segnalarlo pubblicamente.
Perciò dobbiamo imparare in fretta le regole d’ingaggio e di interazione con quella particolare tipologia di consumatori che sono gli utenti delle notizie. Non ha senso snobbarli, deriderli, insultarli. Ci sarà chi la butta in politica, chi farà un fact checking sbagliato e chi ci darà consigli non richiesti. Prendiamo, incartiamo e portiamo a casa. Forse, dico forse, ci perdoneranno.
Aggiornamento. La sera di martedì 23 settembre mi ha contattato via twitter Nicola Farinetti a nome di Eataly

@Aiannuzzi Gentile Andrea, possiamo avere una sua email per scusarci dell’errore? Grazie Eataly Roma  September 24, 2013

 
Ed ecco la sua e-mail, ricevuta giovedì 26 settembre alle 13,37, per la quale lo ringrazio pubblicamente. Scuse accettate, è sottinteso (e grazie a twitter, luogo di vita reale nel quale si è svolta l’intera vicenda).
“Gentile Andrea,
Mi chiamo Nicola Farinetti e sono uno dei responsabili di Eataly Roma. Ci piacerebbe poterti incontrare di persona per discutere dell’accaduto. Siamo, sinceramente, sconcertati da quanto successo perché non si è mai verificato un fatto simile e ci vorremmo poterci scusare e cogliere l’occasione per analizzare meglio l’accaduto, magari davanti a due buone fette di Prosciutto arrosto non scaduto.
Grazie
Nicola Farinetti
“Se tutto è sotto controllo, vuol dire che stiamo andando troppo piano.”
Mangi Meglio, Vivi Meglio.
Eat Better, Live Better.”




Barilla: come farsi male con una Zanzara

Due articoli – uno di cronaca e uno di analisi – sul recente caso di crisi scaturito a seguito delle dichiarazioni di Guido Barilla alla trasmissione radiofonica “La Zanzara”.

Barilla: «Mai uno spot con famiglie gay, se a qualcuno non va, mangi un’altra pasta»
PRIMA LA POLEMICA. POI SI SCUSA: «SONO STATO FRAINTESO» Il presidente della multinazionale di Parma a «La Zanzara»: «Ognuno faccia quello che vuole senza disturbare gli altri»
«Sono per la famiglia tradizionale, non realizzerò mai uno spot con i gay». Le parole di Guido Barilla, presidente della multinazionale, mercoledì a «La Zanzara» di Radio 24 hanno scatenato diverse reazioni in rete. Su Twitter, rapidamente, l’hashtag #boicottabarilla è entrato tra i trend, diventando velocemente internazionale nella versione inglese. Su Facebook le campagne di comunicazione sulla pagina ufficiale sono state intasate di commenti nel medesimo senso. Barilla, giovedì mattina, ha emesso una nota scusandosi «se le mie parole hanno generato fraintendimenti o polemiche, o se hanno urtato la sensibilità di alcune persone», diffondendola poi anche via Twitter.
LA FAMIGLIA SACRALE – Coinvolto in un discorso di genere sugli spot, in cui è sempre la donna a servire, il 55enne Barilla, pronipote del fondatore Pietro, si trova a parlare anche di coppie omosessuali: «Noi abbiamo una cultura vagamente differente. Per noi il concetto di famiglia è sacrale, rimane uno dei valori fondamentali dell’azienda. La salute, il concetto di famiglia. Non faremo uno spot gay perché la nostra è una famiglia tradizionale».
«MANGERANNO UN’ALTRA PASTA» – La multinazionale di Parma normalmente cura molto la comunicazione. Ma sul tema Guido Barilla non ci sta: «A uno può non piacere. Se gli piace la nostra pasta, la nostra comunicazione, la mangiano. Se non gli piace quello che diciamo, faranno a meno di mangiarla e ne mangiano un’altra. Ma uno non può piacere sempre a tutti».
«SENZA DISTURBARE GLI ALTRI» – Di fronte a una nuova domanda del conduttore Giuseppe Cruciani su un’eventuale famiglia omosessuale seduta a tavola, Guido Barilla ribadisce: «Non lo farei, ma non per una mancanza di rispetto agli omosessuali, che comunque hanno il diritto di fare quello che vogliono e ci mancherebbe altro, però senza disturbare gli altri, ma perché non la penso come loro e penso che la famiglia cui ci rivolgiamo noi è comunque una famiglia classica. Nella quale la donna, per tornare al discorso di prima, ha un ruolo fondamentale, è il centro culturale di vita strutturale di questa famiglia»
SÌ AL MATRIMONIO GAY, NO ALL’ADOZIONE – Cruciani a questo punto chiede a Barilla cosa vuol dire «senza infastidire gli altri». E la risposta è: «Un essere umano è un essere che può essere disturbato dalle decisioni di altri. Ognuno ha diritto a casa sua di fare quello che vuole senza disturbare le persone che sono attorno rivendicando diritti che sono più o meno leciti». Però assicura: «Il matrimonio omosessuale io lo rispetto, perché tutto sommato riguarda persone che vogliono contrarre matrimonio. Io una cosa su cui non sono assolutamente d’accordo è l’adozione nelle famiglie gay. Perché questo riguarda una persona che non può decidere. Io che sono padre so che ci sono delle difficoltà nel crescere i figli, e mi chiedo quelle che ci sono in una coppia con due persone dello stesso sesso».
LE REAZIONI DEL MONDO LGBT – Non mancano nemmeno le reazioni delle associazioni Lgbt. Aurelio Mancuso, di Equality Italia, sottolinea che aderirà al boicottaggio: «Nessuno ha mai chiesto alla Barilla di fare spot con le famiglie gay, è evidente che si è voluta lanciare una offensiva provocazione per far sapere che si è infastiditi dalla concreta presenza sociale, che è anche un segmento importante di consumatori». Fabrizio Marrazzo, presidente di Gay Center, scrive: «Dopo le dichiarazioni di Guido Barilla ci chiediamo chi sceglierebbe se dovesse avere un testimonial tra Obama e Giovanardi. Il primo è a favore dei matrimoni gay, il secondo è un omofobo». Dal mondo della politica è Alessandro Zan, deputato di Sel ed esponente del movimento gay, a rilanciare l’idea del non acquisto: «Aderisco al boicottaggio della Barilla e invito gli altri parlamentari, almeno quelli che non si dimettono, a fare altrettanto».
I PRO – Solidarietà ed elogi, invece, dal Moige (Movimento italiano genitori) e dall’onorevole Pdl Eugenia Roccella. Paola Ferrari De Benedetti, portavoce dell’Osservatorio nazionale bullismo e doping, sottolinea che non ha senso indignarsi: «Ormai affermare che si crede solo nella famiglia sacrale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, diventa addirittura una espressione, un esempio di omofobia». La notizia, nel frattempo, è stata ripresa da molti giornali internazionali: dall’Independent a Le Monde fino alla Reuters e l’Huffington Post (versione spagnola). Le aziende concorrenti di Barilla hanno colto la palla al balzo. Buitoni ha pubblicato su Facebook una foto con la didascalia «A casa Buitoni c’è posto per tutti», idem per Garofalo: «Le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta».
 
BARILLA, IL GIORNO DOPO. LE REAZIONI DELLA RETE, DEI COMPETITOR E DELLA COMUNITÀ LGBT
La rete continua a puntare il dito su Guido Barilla dopo l’infelice dichiarazione rilasciata al programma radiofonico La Zanzara. Il presidente del Gruppo Barilla ha deciso di replicare alla pioggia di critiche e al tam tam mediatico che da subito si è innescato sui social sullo stesso canale, scusandosi su Twitter e su Facebook: “Mi scuso molto per aver urtato la sensibilità di tanti. Ho il più profondo #rispetto per tutte le #persone senza distinzioni. Guido #Barilla”. Barilla ha difeso l’idea cristallizzata di famiglia che da sempre l’azienda ha contribuito a costruire, tanto che la “famiglia del Mulino Bianco” è diventata proverbiale, come appartengono alla storia della pubblicità e del costume le campagne della pasta Barilla, costruite sempre attorno al più classico dei tavoli in cui la famiglia più canonica che si possa immaginare è intenta a consumare gioiosamente piatti di carboidrati. Non ci saranno mai famiglie gay nelle campagne di comunicazione del brand ha ribadito il manager, sottolineando la scelta storica e la centralità del ruolo della donna, angelo del focolare. L’hashtag #boicottabarilla è subito diventato uno dei top trends e i principali competitor non si sono lasciati scappare l’occasione di cavalcare il momento, pubblicando più o meno ironiche risposte alle parole di Guido Barilla. Sui social la Pasta Garofalo ha scritto che “Le uniche famiglie che non sono Garofalo sono quelle che non amano la buona pasta”, accompagnata da uno smiley. E oIn casa Buitoni hanno deciso una linea morbida: “A Casa Buitoni c’è posto per tutti”. I sughi Althea hanno semplicemente ripubblicato il frame della loro campagna “Dove c’è Althea, c’è famiglia” con il bacio di una giovane coppia omosessuale.Le parole di Barilla hanno provocato anche la reazione della commissaria europea all’Agenda Digitale Neelie Kroes che ha twittato: “Some of my best friends used to buy your pasta Mr Barilla” scegliendo non a caso la forma al passato per il verbo e linkando l’articolo che l’Indipendent ha dedicato al caso.Barilla ha scelto il modo peggiore per rimarcare la fedeltà all’idea portante della sua comunicazione. Tra esperimenti più o meno riusciti di Real Time Marketing, la Rete ha dimostrato per l’ennesima volta quanto è sdrucciolevole arrampicarsi su argomenti che urtano la sensibilità di una larga fetta dell’opinione pubblica, al di là di più o meno riusciti calembour e meme istantanei.Nel web la guerra delle paste più o meno politically correct si è già ritagliata un posto nella storia senza troppa memoria dei social network, insieme all’hashtag indigesto di McDonald’s dedicato alle storie nate tra le quattro mura della catena di fast food, della modella eccessivamente magra di Partizia Pepe e della recentissima debacle dei #guerrieri Enel. Social sì ma con giudizio, resta l’unica strada da seguire. Quel che si contesta a Barilla è soprattutto l’incapacità di organizzare una strategia difensiva per arginare il danno all’immagine del brand che è comunque avvenuto, due soli tweet non bastano a fermare l’assalto alla pagina facebook  in balia dei detrattori del brand.




Enel, i guerrieri… e il boomerang

Riportiamo a seguire due articoli de “Il Fatto Quotidiano” sulla campagna dei “Guerrieri” di Enel: un clamoroso caso di effetto boomerang, che dovrebbe far riflettere molti pubblicitari sulla gestione delle campagne di engagement del pubblico, per i propri grandi clienti..
Enel, la pubblicità diventa boomerang: “epic fail” di #guerrieri su Twitter
La campagna pubblicitaria dell’azienda invita gli utenti a condividere le proprie storie di vita quotidiana. Ma l’hashtag creato per l’iniziativa ha dato modo al popolo della rete di scatenare la contestazione nei confronti dell’operatore elettrico. Impennata delle mention sull’argomento, tra cui quelle del collettivo di scrittori Wu Ming e del cantante Nandu Popu
Una campagna pubblicitaria diventata un boomerang. E’ quanto successo a “Guerrieri”, l’operazione di marketing di Enel, protagonista involontaria di un “epic fail” digitale. L’iniziativa è stata lanciata il 26 agosto scorso e negli ultimi giorni sta effettivamente spopolando sulla rete. Ma la partecipazione degli utenti non è certo quella che si aspettavano gli ideatori della campagna, anzi. Nei confronti del gruppo si è scatenata una raffica di attacchi, contestazioni, prese in giro (guarda lo Storify).
L’operazione di marketing è stata studiata dall’inglese Saatchi & Saatchi, una delle agenzie pubblicitarie più importanti al mondo. E’ stata creata una piattaforma di storytelling dove gli utenti sono invitati a condividere le proprie storie, le proprie battaglie affrontate nella vita di tutti i giorni. “Cerchiamo i #guerrieri del quotidiano”, si legge nel sito dedicato all’iniziativa. “Quelle persone che, tra mille difficoltà, stringono i denti e vanno sempre avanti. Che sia sul posto di lavoro, in famiglia, nel volontariato, che sia in risposta a una malattia o a un problema economico, i #guerrieri non mollano”. Le storie inviate dagli utenti partecipano a un concorso: tra tutte quelle raccolte, sono selezionate le cento con più seguaci. Tra gli autori, saranno estratti a sorte i cinque vincitori, che riceveranno in premio una bicicletta elettrica. La campagna pubblicitaria è stata promossa anche attraverso Twitter (tramite l’acquisto di visibilità nei top trend) e gli spot televisivi realizzati dal regista e scrittore americano Andre Stringer e prodotti dalla Filmmaster Productions. “Qualunque sia la tua battaglia, hai tutta l’energia per vincerla. Anche la nostra”, recita lo slogan del video che circola sulla rete e sulle principali emittenti televisive.
Ma l’iniziativa di Enel si è trasformata in una debacle. L’hashtag #guerrieri ha dato modo agli utenti di sferrare un attacco senza precedenti all’azienda, anziché partecipare al concorso: sul social network, le accuse, gli sfottò, le contestazioni si sono sprecate. Paradossalmente, l’effetto è stato amplificato dalla stessa azienda, che ha comprato il top trend di Twitter, attirando l’attenzione di migliaia di utenti. Se fino a metà settembre, la campagna aveva raggiunto un massimo di poco più di 400 mention giornaliere, nella giornata di martedì sono stati 2.500 gli utenti che hanno parlato della campagna pubblicitaria. E ne hanno parlato male. Dal lancio dell’iniziativa, il totale di mention sull’argomento sfiora quota 9mila.
Gli utenti, in chiara polemica contro l’operatore elettrico, definiscono guerrieri “quelli che ogni giorno, nei territori, si battono contro le centrali a carbone di Enel”, oppure “quelli che devono pagare la bolletta più cara d’Europa e sono in cassa integrazione”. E c’è chi ricorda le manifestazioni contro Greenpeace, apparentemente portate avanti da operai Enel e invece orchestrate dall’azienda. Tra i contestatori dell’azienda, compaiono anche personalità famose. Il collettivo di scrittori Wu Ming parla della campagna pubblicitaria come “il più clamoroso caso di eterogenesi dei fini nell’ancora breve storia del social media marketing italiano”. E rincara la dose Nandu Popu, cantante del complesso reggae Sud Sound System: “Ogni mattina i guerrieri si svegliano e combattono contro il carbone”. Il gruppo salentino non è nuovo alla battaglia contro Enel: in passato, aveva boicottato dei concerti sponsorizzati dall’azienda.
“Non è la prima volta che una grande azienda inciampa in un hashtag poco felice”, fa notare Stefano Epifani, docente di Social media management alla Sapienza di Roma. “E’ capitato a McDonald con l’hashtag #McDStories e a Ferrovie dello Stato con #MeetFS”. E aggiunge: “Tutte queste storie hanno una matrice comune, un errore di fondo: dimenticare che la rete dà voce ai nostri amici, ma anche ai nostri nemici, e la critica viaggia molto più veloce dell’apprezzamento. Soprattutto con strutture come Enel, che vedono una singola campagna trasformarsi nello ‘sfogatoio‘ di migliaia di utenti scontenti”. Gianandrea Facchini, fondatore di Buzzdetector (società di social analytics), critica la scelta del nome della campagna: “La retorica del guerriero mi suona male allontana dalla realtà quotidiana che non ha nulla di epico, ci voleva forse più umiltà nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle persone. Chissà ci sarà anche chi si prende la briga di cambiare fornitore”.  ”Non è stata ancora capita da parte delle aziende italiane la rivoluzione del web 2.0“, spiega Vincenzo Russo, social media manager de ilfattoquotidiano.it. “I mercati sono conversazioni. E nel conversare bisogna mettersi alla pari, essere onesti, chiari, e parlare la lingua dei propri interlocutori”.
Enel, l’azienda organizzava manifestazioni “spontanee” contro Greenpeace
“Striscioni: numero 8, lunghezza 8/10 metri – altezza almeno 1,5 metri, formato orizzontale e verticale, . Questo il contenuto delle email con cui i vertici dell’azienda organizzavano le contro-manifestazioni in risposta alle proteste ambientaliste spacciandole per ‘azioni spontanee’
Per il buon esito di una manifestazione ci vogliono anche due megafoni, dieci fischietti da arbitro e dieci trombe nautiche a bomboletta. A stendere la “lista della spesa” non è il capo-ultras di una curva, ma un uomo dell’ufficio stampa di Enel. E i campi da gioco sono le centrali a carbone prese di mira da Greenpeace, più volte citata in giudizio dal colosso dell’energia per le sue azioni dimostrative.
È l’ottobre del 2008. Manca poco più di un mese all’inizio della Conferenza sui cambiamenti climatici organizzata dall’Onu a Poznań, in Polonia. Greenpeace entra in azione a Genova il 26. Lo schema è collaudato. All’alba gli attivisti attaccano la Lanterna, simbolo della città, una nave carboniera e l’impianto termoelettrico dell’Enel. Sulla facciata della centrale, sotto il simbolo della società, scrivono “clima killer”. Poche ore dopo la scritta viene oscurata da tre striscioni colorati: Andate a lavorare, Basta ecoballe e Quit Greenpeace. A srotolarli sono gli operai dell’Enel che manifestano contro l’azione degli attivisti verdi. Una contro-protesta spontanea, così la definiscono i dipendenti e la descrivono i giornali. Ma i fatti non sono andati proprio in questo modo. A testimoniarlo sono le mail che i dirigenti dell’Enel si scambiano febbrilmente nelle ore e nei giorni successivi, temendo nuovi attacchi negli altri impianti a carbone.
La verità emerge dalle carte del processo che vede imputati a Brindisi dodici dirigenti Enel con l’accusa d’aver imbrattato di carbone campi e abitazioni vicini alla centrale “Federico II”. Il 9 ottobre 2009 il pm Giuseppe De Nozza ordina la perquisizione del computer di Calogero Sanfilippo, allora responsabile della filiera del carbone. E salta fuori anche questa storia collaterale, che svela un doppio livello nelle legittime azioni di contro-protesta agli attacchi di Greenpeace. Contattata da ilfattoquotidiano.it l’Enel preferisce non commentare. E il responsabile settore elettrico della Filctem Cgil, Giacomo Berni, è categorico: “Ho organizzato tante manifestazioni come sindacato, mai per conto terzi”. Fatto sta che gli operai protestano, ma tutto sembra essere deciso nella sede centrale di Roma. Nei minimi dettagli.
Una mail vale per tutte quelle sequestrate. È quella inoltrata il 31 ottobre 2008 da Sanfilippo ai responsabili delle centrali, ma a scriverla è Alessandro Zerboni, uomo dell’ufficio stampa. È datata 29 ottobre, tre giorni dopo l’attacco di Genova. «È di fondamentale importanza individuare cinque fidatissimi lavoratori per unità a carbone. Eleggere uno o due portavoce. Il personale – suggerisce Zerboni ai responsabili delle relazioni esterne delle macroaree – dovrà essere formato e preparato all’azione. È importante gestire le relazioni sindacali, durante e dopo la protesta in quanto si tratta sempre di AZIONI SPONTANEE dei lavoratori, MAI ORGANIZZATE dall’azienda». Così spontanee che «in caso di azione il capocentrale dovrà informare il proprio superiore, il responsabile di filiera, le relazioni esterne, l’ufficio stampa nazionale».
Poi la lista della spesa, un “press kit per le centrali a carbone” che consiste in «STRISCIONI: numero 8, lunghezza 8/10 metri – altezza almeno 1,5 metri, formato orizzontale e verticale, font: scritti con pennello (minima larghezza per lettera 10 cm). No spray. Colore: preferibilmente blu scuro/verde scuro su fondo bianco. Scritte: ANDATE A LAVORARE, BASTA ECOBALLE, SIAMO VERDI DI RABBIA, uno o due a piacere in dialetto». Due delle frasi suggerite erano già comparse a Genova. L’en plein, stando a quanto riportano i giornali dell’epoca, si registra nel 2009 durante la contro-protesta inscenata dagli operai dell’impianto di Fusina, alle porte di Marghera, subito dopo l’attacco di Greenpeace alla vigilia del G8 de L’Aquila. Sono le uniche due occasioni accertate nelle quali le proteste degli operai combaciano con le indicazioni prescritte nel “press kit”, che si chiude con gli accessori da stadio: «Due megafoni, dieci fischietti da arbitro e dieci trombe nautiche a bomboletta».
Il giorno seguente l’azione di Greenpeace a Genova, lo scambio di mail tra dirigenti, relazioni esterne e gli uomini al comando delle centrali è fitto. Bisogna prevenire altri attacchi e reagire velocemente nel caso in cui gli attivisti riescano a violare ancora le centrali. L’attenzione si concentra sugli impianti di La Spezia e Piombino, i più vicini e per questo più esposti. Dopo il blitz a Civitavecchia del 16 ottobre e il bis in Liguria, la tensione è alta. E c’è fretta di approntare quanto necessario per oscurare la protesta ambientalista. Così Sanfilippo dice al direttore della centrale spezzina di chiedere in prestito gli striscioni usati a Genova, raccomandandosi «per il futuro di realizzarli ad uso esclusivo di La Spezia». Entra in scena anche un pezzo grosso come Roberto Renon, responsabile Area Business, che ricorda a Sanfilippo di concordare in futuro con relazioni esterne le frasi poiché «in staff meeting non era piaciuto “Quit Greenpeace”», apparso a Genova il giorno prima.
Della centrale di Piombino si occupa il responsabile delle relazioni esterne per il centro-nord Luciano Martelli, oggi in pensione. Allertato dalla security interna sulla l’imminente possibilità di un’incursione, avvisa Roma. Il capo ufficio stampa Gerardo Orsini è categorico e pronto a partire per la Toscana: «Vale la pena che tu vada direttamente sul posto per far sì che siano pronti al più presto gli striscioni, le dichiarazioni da fare, si trovi un portavoce che dichiari ai media. Se non puoi diccelo che andiamo da Roma». Martelli lo tranquillizza: «In centrale stanno già preparando qualche striscione». Gli attivisti di Greenpeace non arriveranno. Ma sempre meglio portarsi avanti con il lavoro.