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TESI DI LAUREA: Aspetti evolutivi della misurazione e comunicazione delle performances d'impresa: l'integrated reporting. Analisi di alcuni casi aziendali.

Università commerciale “Luigi Bocconi”
Facoltà di Economia – Corso di Laurea magistrale in Amministrazione, Finanza e Controllo
Anno Accademico 2011/2012

Aspetti evolutivi della misurazione e comunicazione delle performances d’impresa: l’integrated reporting. Analisi di alcuni casi aziendali.

Tesi di Laurea specialistica Alessandra Magni – Relatore Prof. Lucrezia Songini

A questo link, il testo integrale della Tesi (134 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Il tema della Rendicontazione Integrata d‟impresa in questi ultimi anni sta diventando sempre più di grande attualità; tuttavia, come anche osservato in occasione del salone dedicato alla CSR – “Dal Dire al Fare” – svoltosi presso l‟Università Bocconi il 30 e il 31 Maggio 2012 «tanti ne parlano, ma pochi lo conoscono». A oggi non esistono ancora delle Linee Guida definitive in materia: le uniche disponibili – quelle dell‟IRC e dell‟IIRC – sono ancora in fase di revisione e rielaborazione; in assenza di chiare e univoche indicazioni dominano confusione e scetticismo, con la conseguenza che poche aziende decidono d‟intraprendere questa strada (al 2011solo il 4% delle G250, le 250 più grandi società al mondo).
L‟obiettivo della presente trattazione è stato approfondire la conoscenza dell‟argomento, evidenziando le origini del tema, gli aspetti controversi, le problematiche e i benefici d‟implementazione. Si è inoltre cercato di dimostrare che
la Rendicontazione Integrata rappresenta in primo luogo un‟innovazione di processo – perché comporta cambiamenti organizzativi e culturali – e in secondo luogo un‟innovazione di prodotto. Da qui l‟esigenza di distinguere fra Integrated Reporting e Integrated Report, due espressioni spesso usate indistintamente ma che vedremo avere due significati profondamente differenti.
Prima di affrontare nel dettaglio le peculiarità della nuova frontiera della
rendicontazione d‟impresa, si è deciso di ripercorrere gli step fondamentali che
hanno caratterizzato i percorsi di rendicontazione delle aziende in questi ultimi
decenni.
Nel primo capitolo, intitolato “Voluntary e mandatory disclosure delle performance di sostenibilità”, si sono messi in luce i principali cambiamenti conseguenti alla
diffusione del concetto di “accountability”: sostanzialmente l‟ampliamento delle
categorie di soggetti cui l‟impresa si deve rivolgere e l‟arricchimento dei contenuti
della comunicazione aziendale, ora chiamata a essere chiara ed esplicita anche in
merito alle tematiche di sostenibilità. Da qui l‟esigenza di ricorrere alla “voluntary
CSR disclosure”.
Nel secondo capitolo, intitolato “Oltre il bilancio d’esercizio: strumenti di comunicazione volontaria delle performance d’impresa”, si sono sintetizzate le
caratteristiche dei modelli e degli strumenti di rendicontazione ambientale (par. 2.2.), sociale (par. 2.3.) e di sostenibilità (par. 2.4.) che negli anni si sono progressivamente affiancati al tradizionale bilancio d‟esercizio, ormai inadeguato a
esaurire i crescenti fabbisogni informativi delle molteplici categorie di stakeholders,
essendo troppo polarizzato sulle valutazioni quantitativo/monetarie.
Con il terzo capitolo, “Il Reporting Integrato: la nuova frontiera della rendicontazione
d’impresa”, si entra nel merito della trattazione; da esso emerge che la vera innovazione nella reportistica del XXI secolo, non risiede esclusivamente nella
rappresentazione retrospettiva e incrociata dei risultati finanziari e non finanziari
(Integrated Report), ma consiste soprattutto nell‟integrazione degli approcci
manageriali, che può realizzarsi solo in seguito a un radicale cambiamento culturale
e organizzativo (Integrated Reporting).
Infine, il capitolo quattro“Criticità d’implementazione del One Report: analisi di
alcuni casi aziendali” – è interamente dedicato allo studio di tre realtà italiane – Guna, Sorgenia e Banca Fideuram – accomunate dal loro attuale impegno e interesse sui temi della Rendicontazione Integrata. Attraverso delle interviste effettuate ad alcuni esponenti aziendali coinvolti a vario titolo nei temi della reportistica d‟impresa, si è studiato il loro percorso di rendicontazione, esaminando le motivazioni che le hanno portate all‟adozione del One Report; si è poi condotta un‟analisi volta a individuare le tipologie di cambiamenti organizzativi e culturali che si sono dovuti affrontare; infine, si sono analizzati gli sforzi e i costi sostenuti per adeguarsi agli approcci della Rendicontazione Integrata, verificando in quale misura questi abbiano procurato i benefici attesi




L'European CSR Award Scheme al progetto "Medicina interculturale" in Paraguay

GUNA Spa, l’azienda farmaceutica leader in Italia nel settore delle medicine naturali, per la quale da alcuni anni con il mio staff seguo con passione le strategie di comunicazione, è stata premiata a Bruxelles come “best in class” italiana, e inclusa tra le prime 60 aziende europee per le politiche di responsabilità Sociale di Impresa: leggi l’articolo




Il perfetto bilancio sociale? Lo Us Army

PARADOSSO: IL PENTAGONO PROMOSSO PER I SUOI REPORT ESG
Da quattro anni, il Dipartimento della Difesa statunitense pubblica il rapporto di sostenibilità dello Us Army. Un documento formalmente impeccabile, redatto secondo gli standard del Gri, e che raggiunge il livello ragguardevole di “B”, perché fornisce informazioni su almeno 20 degli indicatori richiesti dal Gri. «In particolare – si legge nel report – degli 87 indicatori previsti dal Gri, l’esercito ne rendiconta per intero 37 e parzialmente altri 25, un miglioramento rispetto al report 2010 dove erano rendicontati interamente 33 indicatori e parzialmente altri 21».
Anche lo Us Army non vuole essere da meno nello sforzo collettivo di tutelare risorse pubbliche, non sprecare energia, terra e acqua potabile, ricorrere a fonti rinnovabili, tutelare le specie in via di sparizione, ridurre i componenti tossici e quant’altro si possa fare per contribuire alla sostenibilità del Pianeta. «Army green is Army strong» è il finale dell’introduzione firmata dal sottosegretario all’Esercito Joseph Westphal.
Di sicuro, la trasparenza non manca. Per cominciare, al centro della seconda pagina è ben in evidenza il costo del report: 229mila dollari. Poi sono dettagliati i vari programmi per aumentare l’efficienza energetica ed esemplificati gli sforzi per ridurre al minimo i materiali rischiosi anche da parte dei fornitori, ridurre l’utilizzo di acqua e di carburante durante le esercitazioni anche al fine di tutelare il territorio, tutelare al massimo la sua risorsa più preziosa, cioè il capitale umano, e preoccuparsi che servizi e infrastrutture siano gestiti all’insegna della sostenibilità e delle energie rinnovabili.
Un documento che, però, può sembrare un paradosso: l’attività di un esercito produce ben altri effetti negativi che non quelli di consumare acqua, inquinare producendo Co2 o fare uso di materiali nocivi.
«Mi rendo conto che il documento possa apparire bizzarro – ammette Davide Dal Maso segretario generale del Forum per la  Finanza Sostenibile e membro consiglio direttivo Csr Manager Network -. Il ruolo di un esercito è una questione controversa e l’operazione può sembrare opportunistica o addirittura cinica. Ma bisogna pur dire, in generale, che quanto maggiore è il numero di organizzazioni che sentano di dar conto delle proprie performance ambientali sociali, meglio è. Soprattutto se la rendicontazione è allineata a standard che limitano o circoscrivono la possibilità di raccontare ciò che si vuole. Il report è conforme a linee Gri, con livello B, un livello medio-alto. Può disturbare il senso etico e in parte condivido il disagio a livello personale, ma ci sono molte imprese che operano in settori controversi e che comunque si posizionino sul terreno della responsabilità sociale: per esempio l’industria degli armamenti e della difesa. Alcuni criticano anche il settore farmaceutico. Ma è una valutazione di ordine morale che non può che essere lasciata a livello individuale. Anche l’oil & gas è per forza di cose non sostenibile, come l’auto. Ma queste organizzazioni fanno un’attività legale e non possiamo che prenderne atto e sperare che nella loro attività si comportino in modo quanto più responsabile possibile. Da un punto di vista tecnico è un fatto che va registrato con favore».
«Il fatto è peculiare, ma è un bell’atto di public disclosure il fatto che un esercito ritenga di avere obblighi in sostenibilità – sostiene Aldo Bonati, capo del dipartimento di ricerca di Ecpi, istituto che svolge attività di ricerca, di assegnazione di rating e costruzione di indici di sostenibilità -. Che pubblicamente l’esercito americano dica di avere responsabilità in termini di sostenibilità è un fatto positivo: meglio pubblicare il report che non pubblicare niente come fanno negli altri Paesi».
Per quanto riguardo il principio, dunque, gli esperti sono d’accordo sul fatto che chiunque senta il dovere di pubblicare un report di sostenibilità è da apprezzare. Ma per quanto riguarda i contenuti? «Le informazioni presenti sono numerose, coprono uno spettro ampio. Dal punto di vista della qualità del prodotto ci siamo», dice Dal Maso.
Tuttavia, nella parte sui social indicators si trovano numerosi omissis (“Not reported”), che però in diversi casi (e di questo va dato atto) rinviano ad altre fonti governative e comunque denotano uno sforzo di chiarezza. «L’esercito – si legge nel report – non dà il resoconto su molti degli indicatori del Gri in tema di lavoro, diritti umani, società». Come era da attendersi, è più completa la parte sull’ambiente rispetto a quella sociale.
«Alcuni aspetti chiave non sono trattati in modo abbastanza esplicito – dice Bonati -. E’ estensiva la parte relativa all’ambiente, ma le parti più rilevanti per lo Us army sono i diritti umani (penso al trattamento dei prigionieri nei campi di prigionia) e le armi meno convenzionali come le bombe a grappolo, le mine anti-uomo, armi nucleari e armi biologiche. Per i diritti umani ci sono, comunque, regole internazionali che mi sembra siano deviate e ci sono rimandi generici sui training fatti ai militari in tema di diritti umani. Laddove si parla di human capital trovo bello che si parli dei veterani, un tema sempre più importante, ma nell’ultima guerra durata dieci anni molti militari erano giovani e provenienti da classi meno abbienti: è importante gestire un loro rientro nella vita comunitaria. Di loro si parla poco. Anche nel caso delle morti accidentali si citano gli incidenti in motocicletta o guidando la propria auto, ma non si parla dei suicidi, che non sono classificati. E il suicidio è un indicatore dell’efficienza maggiore o minore del sistema per gestire un sano rientro a casa».




Csr, un valore per viaggiatori e tour operator

BANK SARASIN: TRA LE PROMOSSE ANCHE L’ITALIANA AUTOGRILL
La corporate social responsibility diventa un fattore critico di successo anche per le società del settore turismo. Lo dimostra, se mai ci fosse bisogno di un’ulteriore conferma, l’ultimo studio firmato Bank Sarasin sulla sostenibilità delle aziende comprese nel macrocomparto viaggi e tempo libero. Il tutto parte da una tendenza inarrestabile. Ormai una quota vicino al 50% dei viaggiatori dichiara di voler prendere la “sostenibilità” dell’offerta e della meta come variabile rilevante con cui decidere che prenotazioni fare.
In questo contesto è naturale osservare che programmi comprensibili di approccio sostenibile da parte di catene di hotel e tour operator “illuminati” vengono attualmente sempre più perseguiti tramite il progetto internazionale di azione di politiche ambientali e di sviluppo conosciuto come “Agenda 21”. I tour operator che si indirizzano verso un’attività guidata dal rispetto dei temi della sostenibilità, ne beneficiano in almeno due modi. Infatti, non solo registrano un tasso di crescita maggiore e fidelizzano di più la clientela rispetto ai concorrenti meno attenti alla Csr, ma anche osservano un minor consumo di risorse sperimentando un maggior risparmio di costi. Tutti benefici che a loro volta si manifestano con un altro grande vantaggio: un maggior interesse da parte investitori nel puntare in Borsa sulle società del settore turismo più sostenibili. Alcuni nomi? Bank Sarasin segnala, tra le più interessanti come investimento tenuto conto delle variabili della sostenibilità, aziende come Kuoni, Accor e Whitbread. Ma c’è anche un’azienda italiana tra le promosse nella matrice della sostenibilità: Autogrill.
Gli analisti della banca svizzera sottolineano che l’attenzione alla sostenibilità rappresenta una grande opportunità per tutto il settore viaggi dopo anni di difficoltà pressato da paura di epidemia Sars, attacchi terroristici e tsunami. Nonostante queste problematiche le dimensione economiche del comparto nel suo complesso sono oramai impressionanti. Si calcola che nel 2012 sono stati registrati per la prima volta nella storia oltre un miliardo di viaggi internazionali. Senza dimenticare i circa quattro miliardi di spostamenti legati al turismo nazionale. Un trend globale destinato a crescere. La World Tourism Organization (UnWto) stima un aumento del volume di viaggi di almeno il 3,3% medio annuo da qui al 2030, con un rallentamento dell’espansione del tasso annuo dal 3,8% attuale al 2,5% del 2030. Con questi numeri il turismo spicca per essere uno dei settori economici con i più alti tassi di crescita. Già oggi genera almeno il 9% del Pil mondiale.
Peccato che l’industria del turismo ha anche un lato oscuro, un’anima ben poco “etica”. Basti pensare al consumo di risorse che genera, alle massicce emissioni nocive di gas a causa soprattutto degli spostamenti, alla distruzione di ambienti naturali per lasciar spazio a nuovi hotel, villaggi turistici, residence, porti e affini, e alle condizioni precarie di lavoro per gli occupati nel settore. Per capirne le dimensioni, prendiamo ad esempio il problema delle emissioni di gas: se il turismo fosse uno Stato, sarebbe al quinto posto nel mondo come più grande produttore di inquinamento di questa origine. Che è poi una sorta di autogol. Infatti questo tipo di emissioni ha un ruolo importante nel causare importanti cambiamenti climatici come la distruzione dei ghiacciai e la parallela scomparsa di spiagge, e come la diminuizione di precipitazioni nevose che danneggia il turismo invernale. Di tutto l’inquinamento da gas nocivo riconducibile al settore viaggi, ben il 39% è generato dalla CO2 emessa dai voli degli aerei, seguito con il 32% dal traffico sui ruote. Dunque in gran parte è generato dagli spostamenti, più che dal soggiorno. Un altro aspetto delicato a livello di impatto ambientale è quello del consumo dell’acqua.
In questo contesto è comprensibile che la crescente attenzione dei consumatori ai temi dell’impatto ambientale della loro azione porta gli stessi a essere sempre più sensibili alle offerte più attente ai temi della sostenibilità, selezionando mezzi di trasporto green, itinerari ecologici, destinazione e tipologia di sistemazione durante il soggiorno. E le risposte del mercato non stanno mancando. Ad esempio gli hotel che fanno del rispetto dell’ambiente il loro bigiletto da visita stanno aumentando la attenzione a contenere i consumi di risorse non rinnovabili o a elevato impatto ambientale.
I turisti sostenibili stanno imparando a riconoscere e ormai addirittura a esigere i titoli di riconoscimento di sostenibilità ambientale dei vari pacchetti viaggi e delle strutture di ricezione. Insomma, non si guarda più solo a quante stelle ha un hotel, ma se esibisce una rating di sostenibilità ufficiale. Uno di questo è il cosiddetto “ecological footprint”, letteralmente “un’orma di piede ecologica”, che rappresenta una sorta di strumento, un tool già diffuso per eseguire uno screening di sostenibiltà del pacchetto vacanza offerto. Utile a poter dare un bel calcio alle offerte poco “etiche” in termini ambientali.




Foursquare, il geomarketing territoriale, opportunità strategiche [case history Coin]

Era l’11 marzo 2009, che Dennis Crowley e Naveen Selvadurai presentavano al mondo Foursquare, il social network che si differenziava da tutti gli altri perché il flusso di comunicazione e interazione era basato sulla mobilità della persona e sulla sua volontà di far sapere ad altri utenti, utilizzando i moderni cellulari smartphone e una connessione al web di tipo mobile, dove si trovava in quello specifico momento. La domanda a cui cercava di dare una risposta Foursquare e che intendeva sfruttare come fulcro centrale del rapporto peer to peer tra utenti non era più “A cosa sto pensando”, domanda già lanciata da Facebook, Twitter, Friendfeed, ma “dove mi trovo in questo momento”.

Ciò che è stato da subito alla base di Foursquare era un meccanismo ludico e incentivante che creava engagement e spingeva gli utenti e effettuare il cosiddetto “check-in” per andare alla caccia dei badges. Si perché Foursquare ti invitava a far sapere dove fossi, cosa stavi facendo, e a tracciare il territorio aggiungendo location non ancora presenti nel database (è quasi un incentivo ad ottenere una sorta di mappatura del territorio) e in cambio ti premiava permettendoti di sbloccare delle medagliette virtuali ognuna delle quali rappresentava delle missioni che si era portato a termine. Non solo, facendo check-in più volte nello stesso posto, si diventava sindaci (mayor). Capirete quindi qual era l’engagement/coinvolgimento principale alla base di Foursquare: battere gli altri utenti appropriandosi le fasce di sindaco dei luoghi e sbloccare quanti più badges possibili.

Questo meccanismo video ludico di intrattenimento non bastava però ai loro fondatori, che riuscirono a inventarsi qualcos’altro e realizzarono un modo più accattivante per intrattenere gli utenti e spingerli all’utilizzo di Foursquare, una soluzione che questa volta arrivava a coinvolgere anche le aziende con una presenza sul territorio (punto vendita/distribuzione). Fu ideata la possibilità per il titolare di un punto vendita o azienda di vendita al consumatore finale, di reclamare la titolarità del luogo virtuale che, secondo le coordinate assegnate (via, città, ecc.), corrispondeva effettivamente al posto geografico in cui si trovava il punto vendita. Nacquero così gli specials, bandierette gialle in evidenza sui luoghi, che comparivano quando col proprio smartphone ci si metteva alla ricerca di posti dove poter fare check-in. Gli special che venivano attivati dai titolari di aziende locali, avevano lo scopo di premiare, secondo la logica di Foursquare, quegli utenti che effettuavano il check-in, effettuavano un tot di check-in definiti dall’amministratore/titolare della pagina, o diventavano sindaci dello stesso. Per premiare tale impegno gli amministratori potevano pianificare delle offerte attivabili per questi utenti “fedeli”, come uno sconto del 10% sull’acquisto di un prodotto o il regalare carte fedeltà.

Dopo questa breve digressione storica sulla nascita ed evoluzione di Foursquare vediamo di capire bene quali sono i passi che un’azienda deve svolgere per attivare degli special, e quindi delle offerte specifiche per premiare utenti ritenuti fedeli. Mi preme ricordare sin da subito, che Foursquare, contrariamente ad altri social network di massa, permette di misurare perfettamente il ritorno sull’investimento effettuato (ROI) e vedremo più avanti come.

Foursquare Marketing per business: reclamare il luogo ed attivare gli specials

Prima cosa da fare è andare su Foursquare e cercare la propria attività. In alto a destra vedrete un pulsante “Do You manage this venue? Claim here” sul quale dovrete cliccarci e procedere all’autenticazione.

Gli step successivi saranno quelli di confermare la volontà di reclamare il venue/luogo e di confermare di essere autorizzati a farlo. Verrà poi chiesto se si preferisce essere contattati telefonicamente o via mail per ricevere un codice che dovrà essere inserito per verificare il venue. E’ possibile anche richiedere lo speciale adesivo che ti inviano per posta in circa una settimana, inserendosi una lista d’attesa. Oltre ad essere un modo in più che ha Foursquare per stupirci (marketing emozionale di Foursquare!) ha lo scopo di essere attaccato nel venue (un bar, pub, un b&b, un hotel, ecc.) per far capire immediatamente ai visitatori/clienti che li è attivo uno special e che hanno un motivo in più per fare il check-in con Foursquare per sbloccare offerte speciali!

Ritornando all’attivazione di un venue business, c’è da dire che dopo aver fatto richiesta di autenticazione del venue e avervi spedito il codice che avrete inserito nella pagina di verifica, vi attiveranno il venue business e da qui si aprirà un mondo da diversi scenari e opportunità di marketing.

Chi ha reclamato il venue apparirà come membro dello Staff (se al momento dell’autenticazione si è detto che il punto vendita aveva una sola sede, altrimenti comprenderà anche gli store manager/responsabili delle altre filiali nel caso in cui l’attività sia una catena). In alto noterete come, oltre alla possibilità di editare le informazioni del venue, c’è una delle cose a mio parere più importanti: le statistiche del venue. Cliccateci e vi apparirà una schermata.  La pagina delle statistiche riporta informazioni molto dettagliate e interessanti, in particolare ci dice chi sono gli utenti che hanno fatto check-in nel venue e il numero dei loro check-in e quelli totali. Inoltre ci dice quanti check-in sono stati condivisi rispettivamente su Facebook e su Twitter. Infine offre informazioni molto utili circa la ripartizione temporale dei check-in nel venue: informazioni molto utili per pianificare specifici special se notiamo ad esempio, che la gente tende a fare check-in soprattutto in una certa ora della giornata.

Come dicevo prima, l’utilizzo di foursquare per il marketing, a differenza di altri canali social, permette la misurazione del ritorno sull’investimento effettuato (investimento che può essere di natura economica, come sconti, campioni prodotto in regalo, consulenza ad agenzie, o di natura di tempo investito nello gestire il tutto), proprio perché dal dashboard del venue business sapremo esattamente quanti e quali persone avranno fatto check-in, quante avranno sbloccato lo special (ad esempio diventando sindaci) e che meccanismo di viralità possà essersi innescato (visualizzando il numero di check-in condivisi via Facebook e Twitter).
Infine, sempre dal dashboard del venue è possibile proporre degli special, che saranno oggetto di valutazione da Foursquare e devono comunque essere correlati a un valore aggiunto che deve essere esclusivo solo per chi effettivamente utilizza Foursquare.

Foursquare case history: il caso Coin

Una delle prime aziende in Italia ad utilizzare foursquare nella propria strategia di social media marketing è stata Coin. Probabilmente è stata proprio la prima ad attivare gli specials, per tutta la catena dei punti vendita presenti sul territorio. A gestire e probabilmente, anche a proporre la strategia, è stato il web strategist di Coin, Gianluigi Zarantonello, che personalmente reputo uno dei più bravi tra i social media strategist italiani. Ho chiesto a Gianluigi di darmi un po’ di informazioni su come sia stata implementata la strategia e se ci fossero stati dei primi risultati concreti derivanti dalla strategia location based social networking.

Abbiamo iniziato ad usare 4sq da aprile ma solo a luglio ho avuto la gestione delle venue di Coin (50 + altre in arrivo) e Upim Pop (5 per ora).

A questo punto abbiamo deciso di partire subito dopo l’estate con Coin e abbiamo pensato di dare come omaggio iniziale la Coincard Easy,una fidelity che dà molti vantaggi (www.coin.it/coincard) e che normalmente costa 5 euro.
La logica è quella di premiare la fedeltà dei mayor, e dunque cosa più indicato di una carta fedeltà?
Sul piano marketing naturalmente ciò serve anche a portare gli utenti più vivaci nel nostro crm, che di fatto è lo strumento di comunicazione più potente che oggi abbiamo (db proprietari dettagliati e multicanale).
Si tratta di un’iniziativa sperimentale che non stiamo nemmeno comunicando in modo spinto ma che già il giorno dopo la pubblicazione dello special (30 agosto) ha scatenato grande dibattito spontaneo (nessuna news è stata inizialmente diffusa). Le venues sono accessibili da Coin.it (il link è anche nelle schede negozio su http://www.coin.it/negozi) e da Coin.mobi (che si apre automaticamente quando si naviga da mobile, tranne che per iPhone che rimane sul sito principale).
Staremo a vedere per quanto attiene ai risultati, ci interessa comunque innovare e dunque vedremo serenamente gli esiti dell’iniziativa, se non si prova non si può sapere! Nelle prime settimane ci siamo assestati sul rilascio di 3-4 card alla settimana e anche il numero di check-in è interessante, tanto più che noi di solito rispondiamo su twitter a quelli che li condividono (generando altre conversazioni e engagement).

Io aggiungo che il marketing esperienziale di Coin legato ai social media, continua anche dopo il check-in dell’utente. Infatti gli utenti che nei loro profili condividono il proprio account Twitter, vengono contattati direttamente da Coin su Twitter, che oltre a ringraziarti per il check-in, mi invitava a continuare l’esperienza Coin dandomi la possibilità di fare dei video auguri natalizi.

Quindi stando alle parole di Gianluigi, Foursquare è un ottimo strumento sia di marketing esperienziale, sia di Crm marketing, costruzione di un database profilato di utenti. Ovviamente le strategie attivabili con Foursquare sono molte e dipendono anche dalla creatività di chi le gestisce e dalla capacità di essere misurate, nonché dalla tipologia di attività in questione.Coin è sicuramente stata una delle più importanti aziende a mettere in atto gli step fondamentali di un’azione strategica e sinergica multicanale e multi esperienziale, ovvero definire una strategia che prevedesse la geolocalizzazione e quindi puntando a Foursquare, attivare i venue business e gli special relativi per premiare gli utenti fedeli, e continuare l’esperienza di socialità azienda-consumatore, anche dopo Foursquare (vedi Twitter).Qui sotto trovate una chiara immagine esplicativa degli step di un’esperienza strategica di Social Media Marketing attivabile con Foursquare.