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Guna, bilancio integrabile in real time

PREMIO SODALITAS ALLA CSR DI FRONTIERA

Venerdì ho partecipato alla sempre emozionante cerimonia di premiazione dei Sodalitas Social Awards, che ha celebrato anche il successo dell’edizione “europea” della competizione, con il coinvolgimento di aziende da ventinove nazioni.
Vincitore dell’European Csr Award Scheme è stata Guna, l’azienda italiana leader nel settore della produzione e distribuzione di farmaci di origine biologico-naturale, e con la quale ho lavorato su diversi progetti di Csr. Guna è nata 30 anni fa in un piccolo magazzino a Milano, due coniugi e una segretaria, Antonella Zaghini – la più “anziana” delle dipendenti, anch’essa presente l’altro giorno alla premiazione – e che ora distribuisce i propri prodotti in trenta Paesi del mondo.
Scopo della selezione transnazionale dei progetti di Csr era quello di dare visibilità alle migliori pratiche di Responsabilità Sociale d’Impresa realizzate in Europa, e valorizzare le partnership di successo fra imprese e stakeholder, con una speciale attenzione ai programmi in grado di coniugare sostenibilità e innovazione.
Il prestigioso riconoscimento è andato al progetto pluriennale “Medicina Interculturale” sviluppato da Guna in collaborazione con la Ong Coopi, che va ben oltre una mera azione di charity – ha spiegato alla stampa il presidente e fondatore dell’azienda farmaceutica, Alessandro Pizzoccaro – e che consiste in un’azione integrata finalizzata alla creazione di un sistema di microimprese in Paraguay, dedicate alla produzione e vendita – tramite piccole farmacie nei villaggi – di medicine naturali ricavate dai principi attivi della flora endogena della regione del Chaco, particolarmente ricca di erbe medicinali.
L’azione di salvaguardia dei saperi medici tradizionali – di straordinario valore di per sé – si trasforma così in risorsa economica per fare impresa e in un’occasione di riscatto sociale per la popolazione locale, coinvolta significativamente nella selezione delle piante, nella costruzione dei vivai, nelle attività di formazione professionale e nell’apertura delle botteghe.
Il premio non è il primo, nel settore della Responsabilità Sociale di Impresa, vinto negli ultimi anni da quest’azienda: se avrete modo di passare dal loro colorato stabilimento di Milano – che la cartella stampa presenta come il più avanzato al mondo nel settore, dal punto di vista tecnologico – menzioni e diplomi sono esposti in sobrie cornici nella sala d’aspetto del palazzo del loro quartier generale.
Altrettanto interessante del prestigiosissimo premio “Sodalitas” è il Bilancio integrato dell’azienda, in grado di attirare l’attenzione di qualunque addetto ai lavori: un documento nel quale Guna espone sia i dati contabili che i progressi sul tema della Csr e del dialogo con i suoi stakeholder. Da un paio d’anni, l’azienda ha infatti iniziato a pubblicare la bozza di bilancio in un apposito spazio web, aperto alla consultazione e soprattutto all’interazione con tutti i pubblici di riferimento dell’azienda, che possono correggere e integrare il testo a loro piacimento. La versione definitiva del documento di rendicontazione è quindi il frutto di queste “contaminazioni”, in linea con la visione della teoria della Csr di moda in Guna, secondo la quale un’azienda non fa Csr, ma “è” la propria Csr: secondo questo assunto, se teorizziamo una totale coincidenza e sovrapposizione d’interessi tra l’impresa e i suoi pubblici, l’atto di rendicontazione non può più avere alcun senso se predisposto dalla sola azienda al netto degli stakeholder, in modo unidirezionale, ma dev’essere necessariamente “corale”, scritto a più mani con gli stakeholders, e condiviso con essi dalla stesura della prima parola sul foglio bianco di word.
Guna ha poi fatto un’ulteriore passo avanti: la predisposizione di un articolato “cruscotto di indicatori dinamici” che si arricchisce di dati, tabelle, informazioni, e soprattutto storie, in un percorso lungo un anno. È nato così il primo bilancio sociale “in tempo reale”, on-line 365 giorni, che è di per se un metodo di stakeholder engagement in grado di trasformare i pubblici in elemento strategico per la definizione in co-management della Csr aziendale e che disintermedia totalmente l’erogazione dei dati: i pubblici non chiedono più all’azienda notizie all’atto della chiusura del bilancio annuale, ma si costruiscono il proprio pannello di informazioni a una certa data, quale essa sia, e lo aggiornano più e più volte durante l’anno. Per questo progetto è stato scelto il neologismo “Web-Cam”, che richiama l’impossibilità di sottrarsi ai giudizi sul nostro modo di vivere il tempo e lo spazio da parte di soggetti “altri”, per troppo tempo relegati al ruolo di semplici spettatori e fruitori di messaggi preconfezionati.
In linea con tale concetto, il simbolo scelto da Guna per questo progetto è un pupazzone a forma di occhio, con la pupilla dilatata e una grande lente d’ingrandimento in mano, il che, tradotto dalla simbologia alla narrazione, significherebbe «non siamo solamente pronti a farci guardare dentro, ma t’invitiamo a farlo, ti riconosciamo il diritto di farlo, e ti diamo anche gli strumenti per farlo con efficacia».
Chiaramente tutto ciò implica la disponibilità dell’imprenditore a mettersi veramente in gioco, al di là delle parole, della propaganda e del greenwashing, processo forse più facile per un’azienda farmaceutica talmente all’avanguardia come vision da rinunciare – con il loro “Manifesto No Patent” – alla protezione brevettuale su ogni innovazione di prodotto e di processo, sui risultati della ricerca scientifica e sulla cospicua produzione cartacea ed elettronica della loro divisione editoriale.
L’approccio di quest’azienda – definita venerdì dal presidente di Assolombarda Alberto Meomartini «una vera e propria eccellenza del tessuto imprenditoriale» – rappresenta a mio personale avviso un’esperienza di assoluto interesse in termini di trasparenza della rendicontazione e di coraggio di rompere gli schemi, grazie a quello che il fondatore di Guna ebbe a definire in una videointervista pubblicata online come «quel pizzico di coraggio e quel pizzico di incoscienza che ci ha permesso di andare sempre un po’ controcorrente, in una bellissima e stimolante ‘passeggiata’ che dura ormai da trent’anni».




Vestiti Abercrombie ai barboni, la vendetta per distruggere il brand

Un caso di difficile soluzione: quando il marketing tira troppo la corda, il mercato si spezza e mina la marca alla sua base.
Proprio quello di cui il mondo aveva bisogno. Un CEO arrogante, sgradevole ed ironicamente contraddittorio – tanto quanto Hitler sognava di rappresentare la razza ariana.
Mike Jeffries, polimero umano a capo di Abercrombie&Fitch, è ora piu che mai sulle bocche non siliconate di tutto il mondo. Già si conoscevano le sue abitudini stravaganti da quando è trapelato il manuale Aircraft Standards da lui scritto per dettare legge sui comportamenti da tenere a bordo del suo jet privato. Totale assenza di impronte digitali su maniglie e cinture di sicurezza, infradito obbligatorie e giacche abbottonate fino al quarto bottone da sotto.
Le sue dichiarazioni manifestano l’odio per le grasse, guai a farle entrare nei negozi Abercrombie. Niente XL per le donne, chi le porta è uncool. Sfigata, non meritevole di portare il brand addosso (gli uomini XL sì, perché magari sono campioni di polo).
“Ecco perché assumiamo belle persone per i nostri negozi. Perché le belle persone attirano altre belle persone e noi facciamo marketing per le belle persone. Non ci interessa nessun altro, solo belle persone. In ogni scuola ci sono i ragazzi popolari e quelli sfigati. A noi interessano quelli cool, seguiamo il ragazzino americano attraente con un bell’atteggiamento e tanti amici. Molte persone non meritano i nostri vestiti, nè potranno mai meritarli. Siamo esclusivisti? Assolutamente.” Jeffries, 2006
Quando si renderanno conto che il brand è nulla senza l’umanità di chi lo vende e di chi lo compra? La marca non è mai stato un qualcosa di imposto. È la cristallizzazione di una verità universale che connette uomini, consumi e valori. Non c’è immagine senza identità, certo. Ma sono anni pericolosi nei quali rischiare di rendersi così antipatici nell’affermare il proprio posizionamento. Il re è nudo ed a dirlo non è un bambino, ma uno scrittore di Los Angeles chiamato Greg Karber.
Infastidito dalle opinioni di Jeffries e dal fatto che i capi fallati vengono bruciati piuttosto che dati in beneficenza, Karber ha dato vita al progetto #FitchTheHomeless. E’ andato in cerca di abiti Abercrombie nei negozi di usato e li ha donati ai barboni della città. E vi chiede di fare lo stesso: recuperare quegli abiti Abercrombie che avete ‘erroneamente’ comprato, regalarli ai meno fortunati e condividere lo sforzo sui social. Un’operazione di karma rebranding&hacking. “Insieme possiamo ridisegnare il brand”, promette lo slogan che accompagna il video. Non sarà facile intaccare un brand con ricavi crescenti da una decade a questa parte, esempio raro nel retail. Fin dove ci si può spingere nel perseguire una mission di marca senza alienare il mercato e mettersi alla sua berlina?
Un corto circuito che punta a cancellare l’associazione tra Abercrombie e coolness, instillata e stratificata negli anni a colpi di commessi splendidi, decisioni di prodotto e look&feel pubblicitari. Ora la minaccia viene da un video e da un hashtag: rendiamo Abercrombie&Fitch il brand numero 1 al mondo per i senzatetto. Si è sempre detto “dal basso” per indicare quei movimenti nati dalle persone e non dalle corporation, dall’alto. Ma forse è ora di invertire i termini.
Nota: guarda il video, a questo link




INTERCULTURA AL MUSEO DELLE SCIENZE: UN VIAGGIO “GLOCAL” FRA BIODIVERSITÀ E TERRITORI IN TRASFORMAZIONE

Classi con studenti di culture diverse? A partire dal mese di novembre, il Museo delle Scienze attiva quattro nuovi laboratori didattici interattivi per favorire il confronto interculturale.Con questa proposta il Museo, sensibile alle esigenza del mondo scolastico in continua evoluzione, da interlocutore sempre aggiornato, fornisce nuovi strumenti di supporto per gli insegnanti che possono sviluppare il tema della condivisione multiculturale legato alla scienza, al territorio e alla società.

I temi trattati nel corso dei workshop coniugano teoria e pratica, sono legati ad argomenti di stretta attualità, accomunano la storia dei popoli di tutti i tempi e permettono approfondimenti di tipo biologico, geografico, culturale e sociale attivando confronti fra realtà diverse (da dove vengo – dove sono).
L’obiettivo primario delle attività è quello di aiutare i ragazzi a individuare e selezionare obiettivi e ideali trasversali e condivisibili, in un’ottica di corresponsabilità sulle scelte da effettuare e di presa di coscienza sulle ricadute che queste hanno sulle società.
Vengono sperimentati per la prima volta giochi basati sulle teorie, impiegate in ambito sociale, del “dilemma del prigioniero” e “del libero battitore” per indagare la predisposizione a cooperare dei ragazzi e stimolare la loro riflessione sul significato di cittadinanza attiva e responsabile.
In questi laboratori, gli studenti partecipano da protagonisti e sperimentano in prima persona le reali dinamiche che caratterizzano la società.
Attraverso la conoscenza del territorio dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, locale e globale, viene potenziato inoltre il raccordo scuola – territorio, consolidando la rete di rapporti collaborativi fra scuole ed enti impegnati in progetti di intercultura e integrazione.
Sperimentati in via preliminare con alcune classi dell’Istituto Comprensivo Aldeno – Mattarello, i laboratori sono stati ideati nell’ambito del progetto di Servizio Civile “Intercultura al Museo di Scienze: un viaggio “glocal” fra biodiversità e territori in trasformazione”, realizzato in collaborazione con l’Area Intercultura del Servizio Istruzione PAT, il “Centro Interculturale Millevoci” della Provincia autonoma di Trento e l’Istituto Comprensivo Aldeno – Mattarello.
I LABORATORI
Il paesaggio: bene comune da condividere
(IV – V anno di Scuola Primaria e Scuola Secondaria di I grado)

Gli studenti hanno modo di comprendere quali sono le chiavi di lettura più appropriate per interpretare il paesaggio e come si possono utilizzare. Le conoscenze acquisite sono alla base delle strategie di salvaguardia della natura e sono condivise a livello globale.
L’antenato comune e le migrazioni umane
(IV – V anno di Scuola Primaria e Scuola Secondaria di I grado)

Attività multidisciplinare pensata per stimolare bambini e ragazzi a riflettere sull’origine comune del genere umano. Attraverso un lungo percorso intorno al globo, partendo da continenti distanti, i partecipanti ripercorrono insieme i passi di Homo sapiens, instancabile viaggiatore.
ClimaSteps: a voi la scelta! Come agire per salvaguardare l’ambiente
(V anno di Scuola Primaria, Scuola Secondaria di I grado)

L’attività si propone di indagare le dinamiche di sviluppo del comportamento cooperativo, avente come elemento fondamentale la fiducia reciproca e come esempio di obiettivo comune la riduzione dell’impatto antropico sul clima.
ForestaSteps: a voi la scelta! Come agire per salvaguardare l’ambiente
(Scuola Secondaria di I grado, biennio di Scuola Secondaria di II grado)

L’attività esplora equilibri e dinamiche di sviluppo dell’azione individuale e collettiva, grazie a una simulazione che prende in considerazione un bene naturale comune (la foresta e il suo legname) incrociato con un interesse di tipo economico.
Le attività educative proposte sono state ideate dalle Volontarie in Servizio Civile, Lucia Ruggera e Chiara Steffanini, nell’ambito del progetto di Servizio Civile “Intercultura al Museo di Scienze:un viaggio “glocal” fra biodiversità e territori in trasformazione”. Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Area Intercultura del Servizio Istruzione PAT, il “Centro Interculturale Millevoci” della Provincia autonoma di Trento e l’Istituto Comprensivo Aldeno – Mattarello




La via cinese alla Csr

Diffusione dei bilanci sociali, fondi di investimento sostenibili, aziende e autorità impegnate nello sviluppo della responsabilità d’impresa: le sorprese dell’incontro con gli industriali del paese organizzato dal Csr Manager Network
Nonostante il rallentamento degli ultimi trimestri, l’economia cinese resta tra quelle che crescono più velocemente al mondo. Ma come affrontano le aziende cinesi i temi della responsabilità sociale d’impresa? Quale attenzione dedicano a questi temi le autorità di governo, le associazioni imprenditoriali, gli enti locali? Ed esiste un approccio responsabile agli investimenti?
L’incontro – a porte chiuse – che si è svolto ieri a Milano, organizzato dal Csr Manager Network e dedicato proprio a un focus sulla corporate social responsibility in Cina ha svelato un quadro per molti versi inaspettato, grazie alla presenza di diversi interlocutori arrivati dalla Cina a confrontarsi con l’esperienza italiana. A cominciare da Jiang Xin, vice segretario generale della China Federation of Industrial Economics, la più importante federazione di associazioni industriali cinese; nata nel 1988 per promuovere la modernizzazione dell’industria, la Cfie riunisce oggi 180 associazioni industriali, 105 grandi imprese e 38 federazioni locali di industrie.
L’attenzione alla Csr da parte delle imprese cinesi e delle autorità, ha spiegato Jiang Xin, è altissima. La responsabilità è considerata un motore importante dello sviluppo, e nello stesso tempo si sta sviluppando una finanza sostenibile, con fondi di investimento specializzati.
Dal punto di vista della comunicazione delle tematiche Csr, per esempio, nel 2011 sono state 898 le imprese cinesi che hanno redatto un bilancio di sostenibilità, il 18% in più rispetto all’anno precedente. E già quest’anno il numero dovrebbe crescere ulteriormente, fino a 1200 report.
Tra il 2010 e il 2011 sono nati tre nuovi fondi di investimento responsabili e, secondo un’indagine della Cina Securities Association, 23 società di gestione di fondi su 59 stanno lavorando alla realizzazione di investimenti Sri nei prossimi tre anni.
A spingere verso lo sviluppo della Csr sono in primo luogo le autorità di governo. Nel 12° Piano quinquennale, il riferimento alla sostenibilità è importante: la tutela e il miglioramento della vita delle persone, la costruzione di una società capace di risparmiare energia e tutelare l’ambiente sono indicati tra i principi guida ai quali deve ispirarsi lo sviluppo economico. E un altro documento programmatico, il Piano per la trasformazione industriale e l’aggiornamento industriale (2011-2015) cita “il positivo progresso della responsabilità sociale da parte delle imprese industriali “, come uno degli obiettivi di sviluppo. Direttive per lo sviluppo della Csr sono state elaborate dalla Commissione per le attività statali del Consiglio di Stato, dal ministero del Commercio, dalla Commissione per la vigilanza bancaria, e dai ministeri degli Affari civili, delle Risorse umane e dell’Ambiente.
E altrettanto numerosi sono gli interventi a livello di province e città, a cominciare da Shanghai.
Quanto alle industrie, oltre ai miglioramenti nella struttura industriale e nella produzione, vanno messi in conto i risparmi di energia (meno 3,49% nel 2011) e acqua (meno 8,9%) nei processi produttivi; gli sforzi per realizzare ambienti di lavoro migliori, sistemi di salvaguardia sociale e progetti speciali di assistenza.
L’impegno si riflette anche nelle attività delle associazioni di imprese. La stessa China Federation of Industrial Economics, insieme con altre dieci associazioni di categoria (tra cui carbone, macchine, ferro e acciaio, petrolchimica, industria leggera, tessile, materiali da costruzione, metalli non ferrosi, minerali) ha pubblicato le “Linee guida per la responsabilità sociale delle imprese industriali e le associazioni industriali cinesi”, e un “Manuale Operativo” per le loro relazioni in materia di Csr.
Ma di quale responsabilità sociale parliamo quando parliamo della Cina? Il paese sembra impegnato a trovare una sua strada alla Csr, capace di fondere le esperienze internazionali con le caratteristiche locali. Jiang Xin ha parlato di “un concetto di responsabilità sociale delle imprese con caratteristiche cinesi”, nel quale rientrano l’approccio scientifico dello sviluppo, l’ideale di una società armoniosa socialista, la trasformazione dello sviluppo economico, e una nuova strada per l’industrializzazione”.
Le stesse linee guida internazionali, per esempio quelle del Global Compact, sono considerate con attenzione, ma i cinesi sembrano di fatto preferire gli standard locali, una “via cinese alla Csr”.
Ma non si può dimenticare, parlando della Cina, la straordinaria vastità di quel paese. Il progresso della Csr in Cina è innegabile, ma se si tiene conto delle enormi dimensioni dell’economia cinese, dei numeri della sua industria, molto è ancora da fare, ha ammesso Jiang Xin. Resta da vedere se la rapidità con cui la Cina mostra di saper crescere, cambiare e svilupparsi, le consentirà di recuperare terreno, e magari superare le economie occidentali.




Sostenibilita, Csr. Firenze, prima banca dati eco-design ha preso sede a Calenzano

Aperture ad hoc per le aziende con consulenti dedicati che forniranno informazioni tecniche sui vari materiali e sui produttori. Matrec, la prima banca dati di eco-design dedicata a materiali ambientalmente sostenibili che ha preso sede a Firenze, a Calenzano, presso la nuova sede del Corso di Laurea in Disegno Industriale dell’Università di Firenze, con il supporto del Polo di innovazione regionale Cento per gli Interni, inizia così la sua collaborazione con le imprese della Toscana. Il Centro Matrec sarà aperto ad aziende, consulenti e progettisti a partire dal mese di novembre, il martedì e il giovedì dalle 9.30 alle 18.30 all’interno del Laboratorio di Design per la sostenibilità del nuovo Corso di Laurea. Per informazioni ed appuntamenti il contatto telefonico diretto è 055/2757075. Il patrimonio di Matrec, con materiali ambientalmente sostenibili riciclati e naturali, che caratterizzeranno i progetti innovativi dei prossimi anni, è a disposizione di aziende, architetti, designer e studenti, a Calenzano, in via Pertini. Una panoramica mondiale di materiali per il design, l’edilizia, la moda e altro ancora tutti rigorosamente Eco e provenienti dalla banca dati Matrec (www.matrec.it), da 10 anni punto di riferimento per l’ecodesign e per la ricerca di materiali eco-innovativi. Plastica, carta, gomma, legno, juta, cotone, cocco, kenaf e molte altre tipologie di materiali, saranno a disponibili di tutti i progettisti per essere toccati e testati. Verranno inoltre organizzati una serie di incontri mirati per gruppi di tipologie produttive con la presentazione di una selezione dei materiali di maggiore interesse e casi applicativi o con le aziende produttrici di materiali innovativi. Ideato dall’architetto Marco Capellini, Matrec è stato aperto nel 2002 per aiutare la aziende a crescere nel contesto delle produzioni eco – sostenibili attraverso la conoscenza e l’uso di materiali ecologici e sostenibili. Dal 2002 Matrec è stato protagonista del design internazionale attento alla sostenibilità partecipando agli eventi mondiali più importanti, come il Salone del Mobile di Milano o altre mostre o eventi a Milano, Roma, Lisbona, Porto, Pechino, Shanghai, Buenos Aires, San Paolo e Rio de Janeiro. Il nuovo Centro Matrec nasce da un progetto di collaborazione con il Corso di Laurea in Disegno Industriale dell’Università di Firenze ed il Centro Sperimentale del Mobile, capofila di ”Cento”, il Polo regionale di Innovazione per gli interni, già promotori del progetto Green Home che ha visto il coinvolgimento di numerose aziende toscane. Il Centro Matrec toscano si inserisce inoltre nelle attività di Ecomovel, un progetto Med europeo finalizzato a mettere in rete e testare strumenti rivolti all’innovazione delle PMI del settore dell’arredo. L’apertura del centro Matrec rappresenta una grossa opportunità per sviluppare progetti eco-innovativi in sinergia tra mondo della ricerca e mondo delle imprese. Dallo scorso settembre Matrec è diventata piattaforma internazionale con l’obiettivo di essere il punto di riferimento della progettazione eco-sostenibile. Non a caso è in procinto di aprire un centro materiali anche a San Paolo del Brasile.