Stupefacente emozione

Avevo sentito per la prima volta il video musicale di “Granade” qualche mese fa, su MTV, e subito mi era apparso come straordinariamente orecchiabile, ma nel contempo in grado di creare forti emozioni – e una certa rabbiosa melanconia di fondo – già al primo ascolto. Non è davvero comune trovare un pezzo apparentemente “facile” ma in grado invece di svelare attenzione maniacale ai particolari nella costruzione acustica. Ogni tanto faceva la sua ricomparsa, in radio, ma neanche mi ero posto il problema di andare a caccia di indiscrezioni sull’autore.

Oggi, scorrendo frequenze nell’intervallo di pranzo, nuovamente mi è capitato di ascoltarlo, e allora è destino, di corsa a scaricarlo dal web. Tra l’altro gratuitamente, perchè se è vero che è disponibile al modico prezzo di 99 centesimi su iTunes, il “negozio” virtuale della Apple, è anche vero che è pubblicato gratis – che ne penserà l’autore? – su molte altre piattaforme.

Il creativo in questione si chiama Bruno Mars, nome d’arte di Peter Gene Hernandez. Hawaiano nato a Waikiki, Bruno ha solo 26 anni, ed ha iniziato auto-producendo i suoi pezzi musicali. Non è un exploit in senso stretto, dal momento che aveva partecipato alla scrittura ed alla produzione di alcuni successi internazionali, e già si era fatto notare per il successo commerciale di Nothin’ On You, che gli aveva garantito l’anno scorso parecchia notorietà. Diversi suoi pezzi hanno raggiunto nel 2010 la Billboard Hot 100, e il giovane artista ha già vinto un Grammy Award, ma “Grenade” in particolare ci da modo di riflettere sui meccanismi che sottendono oggi al web 2.0. L’investimento in promozione è stato assai ridotto, se consideriamo che il video è stato veicolato tendenzialmente su YouTube, ma – non penso sia necessario aggiungere altro – si sta avvicinando a rapidissimi passi in pochi mesi, con i suoi oltre 170 milioni di click, verso la vetta della classifica dei video musicali più visti al mondo in tutti i tempi (per soddisfare la curiosità di chi ama i paragoni, il video “Celebration” di Madonna è a quota 18 milioni, mentre la celebre “Alejandro” di Lady Gaga a quota 8 milioni).

Bruno – oltre alla pagina su Wikipedia dove ho pescato alcune delle notizie che vi riporto in questo breve articolo – ha ovviamente anche un sito ufficiale: www.brunomars.com aggiornato con video, merchandising, e link diretti alle principali piattaforme 2.0. Di li mi sono connesso al suo profilo Facebook, e l’ho aggiunto tra i miei preferiti. Poi, ho sincronizzato il Mac con il l’iPod per poter ascoltare “Granade” anche domani fuori casa. Infine, sono entrato nel mio profilo Facebook: ho modificato le impostazioni, inserendo Bruno tra i miei cantanti segnalati nella sezione “Arte & Intrattenimento”, e ho pubblicato sulla mia bacheca un link al video del pezzo, che è stato visto in contemporanea dai miei 630 amici. Diversi di loro l’hanno commentato in tempo reale, a neppure 10 secondi dall’inserimento, evidentemente postando da uno SmartPhone connesso a Facebook h24, e l’hanno segnalato a loro volta a chissà chi.

Avevo anche idea di pubblicare qualcosa sulla bacheca di Bruno, per complimentarmi per l’ottimo lavoro creativo e promozionale, ma… cosa pubblicare sulla bacheca di un personaggio che ha 8.591.289 fans che quasi quotidianamente dialogano con lui? Lontano dalla pretesa arrogante di molti di aver rivoluzionato alcunchè con le Sue sonorità, Bruno dichiara in un’intervista che più che il rock – che sicuramente è una “cifra” del suo lavoro artistico – l’ha ispirato il “Doo-Wops”, un genere musicale creato negli anni ’50 che suo papà gli faceva spesso ascoltare. Sia come sia, a me ha creato emozione, e proprio questa è stata la chiave che mi ha spinto a dare uno spontaneo contributo alla diffusione del suo messaggio creativo.

Ebbene, ho la netta sensazione che il web si stia muovendo ad una velocità semplicemente ignota alla maggior parte dei CEO, in particolare delle PMI italiane. E non è solo un problema di velocità, ma anche dei meccanismi che stanno alla base della sensibilità del popolo di internet. Parole come “autenticità”, “spontaneità”, “emozione”, “gratuità” e “immediatezza” dovrebbero costituire l’agenda di ogni buon comunicatore del XXI secolo. Invece a volte ci viene ancora richiesto un comunicato stampa via fax, lato giornalisti, e se l’articolo non esce sul cartaceo non vale nulla, lato imprenditore. E – troppo spesso – fatichiamo a far comprendere ai manager delle aziende Clienti il “perchè” una loro campagna di web-marketing è fallita miseramente, dal momento che conteneva solo messaggi squisitamente pubblicitari, che a chi naviga on-line interessano sempre meno, in assenza di contenuti ad alto valore aggiunto esportabili gratuitamente. Complimenti, Bruno Mars: ho messo in loop il tuo pezzo, mentre cercavo notizie su di Te e scrivevo questo articolo, ed è girato 12 volte. 12 ulteriori click sulla tua pagina di YouTube. 12 motivi in più per andare in disaccordo netto con chi si ostina a “zavorrare” con la propria ignoranza ed arroganza un mondo che comunque continua a girare su se stesso, che ci piaccia o no, sempre più velocemente.

Nota: il video di “Grenade” è su YouTube all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=SR6iYWJxHqs . Ascoltatelo anche voi…


Luca Poma intervista "Italic"

L’editoria cartacea non naviga in buone acque, ma è approdato in edicola un nuovo giornale: ITALIC. Direttore e editore è Luca Ballarini, torinese, 36 anni, cofondatore dell’agenzia di design e comunicazione Bellissimo. Per dieci anni, Ballarini è stato editore di Label, il primo style magazine italiano, trimestrale bilingue distribuito in oltre 20 paesi, definito da Lonely Planet come “la lettura essenziale per ogni fanatico di arte contemporanea, architettura, moda, stile e cultura”.
Ora Ballarini lancia una nuova sfida: on-line ma soprattutto off-line
Il mercato editoriale è in crisi: c’era necessità e spazio per un nuovo giornale?
Si, perché esiste un pubblico realmente insoddisfatto dei giornali italiani: è un pubblico giovane, lettori forti con una buona capacità di spesa, che non è adeguatamente appagato dall’attuale offerta. Noi pensiamo con Italic di incuriosirlo e appagarlo, colmando questo vuoto
Qual è la vostra formula?
Mensile, stile anglosassone, linguaggio diretto, riflessioni sui temi che interessano il nostro pubblico – creatività, innovazione e ambiente in testa – poca prosopopea e un approccio pratico alle cose. Il nostro pubblico di giovani adulti cerca news sugli avvenimenti esteri più interessanti, le professioni emergenti, le imprese più innovative. Il tutto per soli 3 euro, perchè se parliamo di “sostenibilità” dobbiamo partire da noi stessi, il nostro stesso prezzo dev’essere sostenibile.
Come mai una foliazione di sole 32 pagine?
Perchè noi vogliamo davvero essere letti da chi ci ha comprato, quindi il formato dev’essere snello, non come quei mattoni patinati che riesci solo a sfogliare ma mai a leggere realmente. Anche gli articoli sono relativamente brevi, da una colonna a massimo 2 pagine, ciò che serve a inquadrare il problema e approfondirlo, senza fronzoli. D’altra parte Il Foglio e il Riformista (ma anche il Financial Times e altri, all’estero) dimostrano che si può fare un quotidiano di qualità in poco spazio: ITALIC ne accetta la stessa scommessa nel campo dei mensili.
Carta FSC: perchè spendere di più per l’attenzione all’ambiente?
Abbiamo scelto una carta usomano di qualità, che aumenta la leggibilità del giornale e rispetta l’ambiente: sono carta proveniente da zone del pianeta non a rischio di deforestazione. Siamo realmente convinti della nostra responsabilità per il tipo di mondo che lasceremo ai nostri figli.
I vostri redattori hanno irritualmente visitato le edicole principali di Roma, Milano e Torino per incontrare di persona gli edicolanti e consegnare a mano il giornale appena stampato. Come mai questa scelta curiosa?
Prima abbiamo consultato un campione di lettori per comprendere le esigenze del nostro pubblico. Come seconda fase, vogliamo avviare un rapporto diretto coi rivenditori, i veri mediatori nel dialogo tra domanda e offerta di informazione. Non consideriamo le persone come dei numeri, non vogliamo che il nostro giornale venga considerato uno tra i tanti.
Il Vostro abbonamento annuale costa solo 24 euro. Eppure avere anche affiancato un sito ad accesso libero e gratuito http://www.italicnews.it , con articoli, commenti e una selezione di notizie dal mondo. Non avete paura di depotenziare la vostra stessa offerta cartacea? In fondo il vostro utente tipo è anche un utente del web…
No, la viviamo come un’integrazione. Dire che sfogliare un giornale di carta dà emozione può sembrare un luogo comune, ma è vero, e le ricerche lo testimoniano. La carta ha ancora molto da dire. Online e off-line si potenziano a vicenda, non si sovrappongono.
In due parole la missione di ITALIC?
Raccontare le eccellenze del nostro paese, seguire i temi che i quotidiani e i settimanali in Italia non approfondiscono, e dare voce ai valori della nostra generazione. Quando parliamo della creatività italiana parliamo di una nazione allargata, che include gli italiani che esportano il loro talento all’estero. Il vittimismo ha fatto il suo tempo, e noi vogliamo essere un servizio editoriale per chi persegue obiettivi ambiziosi.


Il futuro del 3D senza occhialini è nato in una mansarda torinese

Il futuro del 3d è già qui. A Torino, a due passi dal vecchio mercato dei fiori, nella mansarda di via Perugia 36 in cui Max Judica Cordiglia, fondatore e presidente della Juma Communication, elabora, produce e vende idee. Una delle ultime, di sicuro la più stupefacente, si chiama Alioscopy e rappresenta la nuova frontiera della comunicazione audiovisiva: l’autostereoscopia, ovvero la stereo visione diretta, la visione tridimensionale su uno schermo che indossa le lenti al posto dello spettatore. Le immagini sono in full hd ed escono veramente dallo schermo. Anche l’effetto di profondità è incredibile: ogni scena si estende all’interno del monitor Alioscopy e permette una visione  che non è mai stata così vicina alla realtà. «I nostri studi – spiega Judica Cordiglia – sono oggi tra i pochi al mondo in grado di produrre contenuti autostetoscopici con cui è possibile stupire il pubblico e aggiungere un valore inestimabile a qualsiasi attività. Dall’architettura all’entertainment, dalla medicina all’industria, dalla comunicazione alla formazione».
Mentre Judica Cordiglia mostra la creatura di cui è l’unico rivenditore autorizzato in Italia, dallo schermo schizzano fuori palline da golf, spade e uccelli che fanno sobbalzare lo spettatore. «È una rivoluzione tecnologica – spiega Judica Cordiglia, in viaggio da 25 anni nel mondo multifocale della comunicazione – ma anche culturale, perché vedere di più serve a capire meglio. La tecnologia, però, da sola non basta. Servono idee, storie e bisogna saperle raccontare». Max Judica Cordiglia, in questo, è uno specialista. E può avvalersi di un staff giovane e affiatato di professionisti della comunicazione a 360 gradi. «È davvero finita l’epoca delle agenzie che fanno solo spot – spiega ancora il fondatore di Juma, che ha realizzato prodotti e campagne per Iveco, Martini, Aci, Robe di Kappa e tante altre aziende di primaria importanza – Per noi il produttore di comunicazione è un consulente che deve sapersi immedesimare nei bisogni e nelle istanze del suo partner in ogni fase, dalla programmazione, alla realizzazione, alla diffusione del prodotto». È una fabbrica di sogni, la Juma. Un crocevia di esperienze proiettate verso il futuro, che però affonda le proprie radici nel passato. «Mio padre e mio zio – ricorda Judica Cordiglia – negli anni ’60 sono stati dei pionieri delle radiocomunicazioni, famosi per essere riusciti a intercettare i segnali provenienti dai primi satelliti e per aver fondato la prima televisione privata in Italia nel 1959. Mio padre – conclude – ha anche fotografato la Sindone e adesso, con il mio staff, abbiamo trasformato quell’immagine in 3D. Ne ha parlato tutto il mondo, persino Al Jazeera».


Professione ghost post

Vita digitale: lo scrittore “fantasma” passa dalla carta a internet. E non elabora testi ma frasi brevi ed efficaci. Ecco la storia di una ragazza che si è inventata un lavoro che non c’era: la personal digital vip.
Se solo si potesse brevettare una professione, Sara Caminati avrebbe il copyright del personal digital vip. Un lavoro che prima non esisteva. Poi Sara, 27 annio non ancora compiuti, se lo è inventato e gli ha dato un nome. Che cosa fa un  personal digital vip? Cura l’immagine online di politici, imprenditori e pesonalità. Tradotto: scrive per loro su Facebook e Twitter, carica video su Youtube, risponde alle domande dei forum, twitta e chatta per conto di terzi. Forze per questo non conosceremo mai l’identità di chi si è rivolto Sara. Perchè altrimenti avremmo sempre un dubbio: sono proprio i vip o è sempre lei a postare su Facebook? Come una ghost writer, ma solo online, Sara (e il suo staff, sono in otto) lavora 24 ore su 24, festivi compresi. Perchè il web non dorme mai, e se il politico risultasse online soltanto durante gli orari di ufficio, qualcuno potrebbe insospettirsi. Lo stesso per manager e aziende: dalle 9 alle 18 non vale più. Molto più genuino (e redditizio) un commento inviato sabato notte. Chiunque sia a scriverlo.
Tentar non nuoce: chi sono i vip che si servono di un ghost writer?
Segreto professionale. In realtà, sono i top manager e le grandi aziende che mi creano quando decidono di investire sui social network.
Ci sono già tante agenzie di pubbliche relazioni online…
Ma nessuna che lavori di sera o nel weekand, quando il web si anima e le persone chiacchierano di più. La differenza rispetto a un’agenzia vecchio stampo è che il personal digital vip prima studia una strategia di comunicazione, poi però si sporca le mani con il lavoro di tutti i giorni: blog da scrivere, forum da seguire, video e foto da condividere. A qualunque ora..
Quindi se un cliente la chiama un sabato notte…
è successo. Un imprenditore che aveva accettato un invito a cena via facebook, mi telefona disperato: non riesce ad andare, ma non sa come dirlo a tutti nella maniera migliore. Ho inviato io per lui un messaggio di scusa a tutti i commensali.
Un servizio cosi personale immagino abbia certi costi.
Da 200 a 1500 euro al mese, dipende quanto è importante l’immagine e la reputazione da difendere sul web. Per farsi, o rifarsi, un’immagine online non basta più avere il curriculum su Linkedin. Bisogna essere su tutti i social network ed esserci sempre.
In quanto tempo un perfetto sconosciuto diventa qualcuno?
Quattro mesi sono sufficienti per farsi, o rifarsi, una reputazione digitale. Mille amici su Facebook, 500 follower su Twitter e il proprio nome fra i primi tre risultati si google lo considero un primo successo, ma è solo l’inizio.
Quindi, chiunque può diventare una star?
Non sono un avvocato d’ufficio. Ho detto no a un imprenditore edile che voleva rifarsi un nome dopo una serie di articoli negativi su di lui apparsi su giornali e rete. C’è anche un’etica in questo mestiere: va bene sottolineare gli aspetti positivi di una persona e mettere in diversa luce quelli negativi. Ma guai a chi altera la realtà o inganna. La gente se ne accorge.
Che cosa ci guadagna un’azienda ad avere una bella pagina di Facebook?
Che gli amici diventano clienti, i clienti vengono fidelizzati e ne avvicinato altri potenziali.
Ma quel pulsante non esiste su Facebook.
C’è, basta sapere dove indirizzare in modo corretto il potenziale cliente. Un esempio: su Facebook non deve parlare l’azienda, sembrerebbe uno spot pubblicitario. Dovevano farlo i suoi dipendenti.
Dov’è meglio essere social?
Per il business, Facebook da solo vale tre Linkedin. Poi ci sono le new entry come Fursquare. Ma è la somma di tutti i canali che fa la differenza. Manager, vip o aziende devono essere li dove si trovano i clienti.
Un lavoraccio, ci saranno centinaia di social network là fuori…
Siamo in otto in ufficio, più i collaboratori esterni.
L’errore che un  personal digital vip non si può permettere?
Essere offline. Ma con tre cellulari più tre batterie di riserva, un portale e cinque chiavette internet il rischio per lo meno è scongiurato.


Csr: Banco alimentare e Cuki insieme contro lo spreco di cibo

Fondazione Banco Alimentare Cuki hanno presentato il nuovo progetto “Save the food” che vede alleate la onlus che lotta contro gli sprechi di cibo, ridistribuendo le eccedenze alimentari provenienti da mense e grande distribuzione, e l’azienda che ha come mission la conservazione ed il mantenimento del cibo.
In Italia, secondo stime della Coldiretti, finisce nella spazzatura circa il 30 per cento del cibo acquistato. Si tratta di oltre 10 milioni di tonnellate sprecate, per un valore di 37 miliardi di euro. Ma glisprechi non avvengono solo in casa. Nei supermercati, ad esempio, ad essere gettati via fine giornata sono, oltre ai prodotti scaduti, anche tutti quelli con etichette rovinate o con confezioni ammaccate, insomma che non rispondono agli standard previsti dalla catena di distribuzione. Anche nelle mense aziendali o scolastiche, nei refettori o negli ospedali numerosi sono i pasti cucinati ma non serviti e destinati a divenire rifiuti.
Banco alimentare grazie al supporto di oltre 1300 volontari riesce a recuperare circa 80mila tonnellate all’anno di alimenti che una volta redistribuiti nelle mense di strutture caritative sono in grado di fornire un aiuto concreto a circa un milione e mezzo di persone. Grazie al progetto “Save the food” Cuki, impresa leader nella produzione di contenitori per conservare e trasportare il cibo, offrirà al Banco Alimentare  una dotazione iniziale di 15.000 vaschettein alluminio con coperchio su cui è riportato il logo dell’iniziativa e di 600 termibox. Le prime verranno utilizzate per l’immediato confezionamento dei prodotti alimentari recuperati, mentre i box termici permetteranno di mantenere costante la temperatura degli alimenti deperibili durante il trasporto dagli ipermercati alle sedi delle strutture caritative beneficiarie. La possibilità di gestire una catena del freddo senza rotture è molto importante per l’efficacia e la qualità della successiva redistribuzione.
In più Cuki sosterrà il costo annuale di uno dei furgoni utilizzati per il programma Siticibo, il programma di Banco Alimentare specifico per il recupero del fresco, ovvero degli  alimenti cucinati e non serviti e degli alimenti freschi invenduti o inutilizzati. Grazie alla collaborazione di Cuki,  Siticibo potrà ampliare il suo raggio di azione: in questi giorni il progetto è stato infatti avviato in Umbria ed entro la fine del mese sarà esteso anche a  Sicilia, Puglia e Campania.


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