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COSA FARE SE UN DIPENDENTE INSULTA OBAMA SU TWITTER

Cosa c’è di più inaspettato ed esplosivo di un dipendente che twitta dal login aziendale un insulto al presidente degli USA nel bel mezzo di un confronto elettorale?
La gestione della comunicazione di crisi sui social media che ha coinvolto KitchenAid, marchio di Whirlpool, il 3 ottobre è il caso portato da Giuseppe Geneletti, director Communications and learning Whirlpool EMEA, nel suo intervento al Social business forum in corso a Milano.
Trattando il tema “Managing the unexpected: social crisis control”, Geneletti ha mostrato un breve video che sintetizza la successione rapidissima di eventi seguente al tweet di insulti postato da un dipendente del team Twitter di KitchenAid nei confronti di Barack Obama, impegnato in un confronto con il candidato sfidante alle Presidenziali Mitt Romney trasmesso dall’emittente NBC. Il dipendente credeva di trovarsi sul login personale di Twitter; soltanto quando il tweet è stato pubblicato è stato chiaro che il login era quello dell’azienda.
Ed era anche impossibile rimediare, infatti, benchè se ne fosse accorto subito provando a eliminarlo, in brevissimo tempo i retweet erano diventati 24mila e aumentavano a ritmo esponenziale mettendo a repentaglio la reputazione dell’azienda.
«È stata una pronta assunzione di responsabilità, quella del capo di KitchenAid Cynthia Soledad, a ribaltare una situazione che stava precipitando – ricorda Geneletti -: in un tweet ha chiesto scusa al presidente Obama e alla sua famiglia, si è assunta, come vertice dell’azienda, tutta la responsabilità dell’accaduto».
Soledad ha poi utilizzato anche Facebook per creare contatti con i giornalisti che seguivano l’evento mettendosi a loro disposizione per chiarire l’accaduto. In poche ore l’emergenza è rientrata con molti tweet che hanno espresso apprezzamento per la presa di posizione di KitchenAid.
«Il caso estremo di questa comunicazione di crisi originata da un evento imprevisto sui social media dimostra tutte le potenzialità e i rischi di questi strumenti, e l’importanza di una strategia ben strutturata per rispondere a ogni evenienza – prosegue Geneletti -.Per questo un’azienda si deve attrezzare innanzitutto con un atteggiamento di “social listening” costante, definendo le responsabilità, allineando i messaggi, monitorando le reazioni e coordinando le risposte; in una parola mettendosi in gioco. Si tratta di una vera e propria strategia aziendale, che si serve di strumenti avanzati di social listening. Si è così creato un modello olistico di social business che, oltre a essere di supporto in caso di comunicazione di crisi, permette una conoscenza più approfondita dei propri consumatori, quindi consente di rispondere al meglio alle loro esigenze».
Whirlpool EMEA ha realizzato un manuale con specifici protocolli da seguire in caso di comunicazione di crisi provocata da messaggi negativi o lamentele dei consumatori sui social media; protocolli graduati sulla base dell’indice di rischio e che arriva a coinvolgere livelli diversi dell’organizzazione con l’attivazione di procedure ad hoc.
«Essere presenti sui social media per un’azienda significa formare i dipendenti che ne faranno uso – conclude Geneletti -; per questo Whirlpool EMEA ha dato vita da oltre un anno alla Digital School, un programma che coinvolge diverse funzioni, dal marketing alla finanza alle risorse umane per creare una struttura di competenze che possa sfruttare al meglio le potenzialità offerte dai new media».
 




Il salone della CSR e della Innovazione Sociale: per Creatori di futuro

Breve intervista a Rossella Sobrero, che per Koinetica promuove il Salone
 
Rossella, cosa è Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale?
E’ il più importante evento in Italia dedicato all’evoluzione della responsabilità d’impresa verso scenari sempre più innovativi e sostenibili, ed è promosso da Università Bocconi, CSR Manager Network, Fondazione Sodalitas, Koinètica. C’è una risorsa web per avere maggiori informazioni: (www.csreinnovazionesociale.it). L’evento di svolge l’1 e 2 ottobre in Bocconi, è caratterizzato dall’approccio interculturale, interdisciplinare, internazionale: una manifestazione per chi sta ripensando le proprie politiche di CSR in una logica di Corporate Social Innovation ma anche per coloro che semplicemente vogliono solo “saperne di più” su questi argomenti.
 
Chi parteciperà all’evento?
Il Salone è dedicato alle imprese ma rappresenta un momento di confronto anche per gli enti pubblici e le associazioni del Terzo Settore. Saranno presenti alcune start up che hanno sviluppato progetti di innovazione sociale. L’idea è valorizzare le opportunità offerte dall’innovazione sociale in un momento di grande cambiamento e ricordare che oggi è sempre più importante “fare” azioni concrete non solo annunciare grandi programmi di cambiamento. I visitatori del Salone sono, oltre agli operatori delle imprese, studenti, docenti, giornalisti, blogger, esperti del settore. Nei due giorni sono previste 3.000 presenze.
 
Quali sono gli argomenti che verranno approfonditi?
Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale vuole avvicinare le persone alla sostenibilità nella sua dimensione quotidiana attraverso un percorso espositivo articolato in otto “piazze”: alimentazione, ambiente, casa, comunicazione, economia, lavoro, moda, salute. Grazie a un programma culturale e una mostra digitale, navigabile su un tavolo interattivo realizzato con tecnologie innovative, ogni organizzazione avrà uno spazio per raccontare il proprio modo di “fare” CSR e innovazione.
 
Perché per un’organizzazione è interessante partecipare?
Il Salone offre occasioni di confronto, benchmarking, partnership, innovazione e aggiornamento. Le organizzazioni partecipanti possono incontrare operatori, aziende, docenti, esperti che da tempo si occupano di CSR e confrontarsi con altri soggetti.  Ma il Salone è anche un’occasione per capire “a che punto sono” le altre organizzazioni impegnate in un percorso verso la Corporate Social Innovation: è possibile infatti incontrare imprese considerate benchmark nel proprio settore. Infine, rappresenta un’opportunità per partecipare al dibattito collettivo sul futuro della CSR, della sostenibilità, dell’innovazione sociale. Per incontrare creatività e intercettare nuove energie.




Ecco perchè la CSR è centrale alla strategia di business

Lori Harnick direttore generale per la cittadinanza e gli affari pubblici di Microsoft racconta come un’azienda può aiutare le comunità locali e perché è così importante per la strategia di business

Nel corso degli ultimi 30 anni Microsoft ha donato 1 miliardo di dollari in beneficenza. Abbiamo incontrato Lori Harnick, direttore generale per la cittadinanza e gli affari pubblici della multinazionale americana per parlare di come una società può aiutare le comunità locali e perché la CSR è così importante per una strategia di business.
Che cosa fa un direttore generale per la cittadinanza e gli affari pubblici ? E perché un’ azienda ha bisogno di una posizione simile?
Il mio ruolo consiste nel supervisionare la CSR della nostra azienda a livello globale, in termini di programmi specifici, politiche e buone pratiche, le attività variano dalle modalità in cui assicuriamo la privacy dei dati dei nostri clienti, al rispetto dei diritti dei nostri dipendenti in tutto il mondo, fino allo sviluppo di programmi che sostengano la crescita delle comunità locali.
In che modo un’azienda può promuovere la cittadinanza attiva?
Prima di tutto si deve comportare da buon cittadino, questo si traduce nella creazione di posti di lavoro e nel trattamento equo dei propri i dipendenti. Inoltre l’azienda può studiare delle strategie per contribuire alla crescita e al benessere a lungo termine della società in cui opera, lavorando con altri soggetti, siano essi governi, enti non profit,  partner o aziende concorrenti. Le sfide che dobbiamo affrontare sono molto complesse non si può seguire un solo percorso, è necessario unire le forze.
Com’ è cambiata la CSR negli ultimi anni?
Penso che in passato ci sia stato un periodo in cui le aziende ritenevano che, per dimostrare il loro impegno bastasse semplicemente scrivere un assegno e darlo a un’organizzazione. Poi  ci si è resi conto che questo non era sufficiente. Credo che ora il lavoro di CSR sia portato avanti in modo più strategico. Lo scopo delle aziende adesso è aiutare la comunità ma promuovere anche il proprio business.
Quanto è importante la CSR in una strategia di marketing aziendale?
Penso che la CSR non abbia solo a che fare con la strategia di marketing, ma che riguardi l’intero business. Abbiamo deciso che il nostro lavoro di CSR si sarebbe concentrato sulle generazioni più giovani, perché loro sono il futuro e se non si investe sui giovani, non si può investire sul futuro. E poi come azienda abbiamo bisogno di quei giovani abbiamo necessità che crescano e diventino gli innovatori di domani, ci piacerebbe assumerli, vorremmo che ci aiutassero a far crescere la nostra azienda in futuro e francamente vorremmo anche che diventassero nostri clienti.




IL CSO GAIL KLINTWORTH INDICA LA STRADA AI MANAGER

La Csr di Unilever diventa pragmatica
“I manager che nelle aziende si occupano di sostenibilità devono assumere un approccio più pragmatico e pratico se vogliono portare un reale cambiamento strategico in tale direzione nelle proprie società”. Se a dirlo è il chief sustainability officer di Unilever, quella che è unanimamente considerata l’azienda benchmark nella Csr mondiale, potete scommetterci che il futuro, anzi, il presente della Corporate social responsibility è diventato l’agire e non più solo un approccio culturale. Gail Klintworth, questo il nome della cso della multinazionale anglo-olandese proprietaria di molti tra i marchi più diffusi nel campo dei consumi, ha esortato i colleghi a passare all’azione dopo che finora ha prevalso un approccio più culturale per lo sviluppo della Csr, ha partecipato alla Sustainable Brands Conference tenutasi a Londra con un messaggio chiaro: i piani di Sostenibilità devono essere sostenuti oltre che da visioni ambiziose anche da sistemi applicabili che possono essere utilizzati nella normale pratica, un’azione fondamentale per ogni business. E’ la sua esperienza a dimostrarlo. Secondo la dottoressa Klintworth coinvolgere le persone nell’Agenda Csr richiede sia argomenti razionali sia coinvolgimento emotivo. “Passo almeno metà del mio tempo a cercare di rompere le resistenze delle persone e a veicolare entusiasmo per la sostenibilità” ha confidato il cso di Unilever. Ma non è tutto. Parlando a Londra, a una platea principalmente anglosassonee, Klintworth ha voluto rompere anche un certo isolamento inglese che le aziende britanniche tendono ad avere. “Non limitatevi al mercato della Regno Unito, la sostenibilità offre opportunità per le società a livello mondiale“.E Unilever è in prima persona impegnataa a spingere su una Csr globale. Ha ad esempio appena pubblicato, il libro bianco Toilets for Health commissionato alla London School of Hygiene and Tropical Medicine, per sensibilizzare sui rischi provocati da assenza di igiene e di medicine specifiche relativamente a diarrea, colera, tifo ed epatite che causano nel mondo milioni di morti ogni anno. Questo è solo l’ultimo passo fatto a sostegno del suo Sustaianble Living Plan, un progetto con cui Unilever si è impegnata ad agire su tutta la propria catena del valore, compreso il livello del consumatore finale, per contribuire al miglioramento di salute e benessere per un miliardo di persone entro il 2020. Un obiettivo ambizioso i cui modi per raggiungerlo la stessa Klintworth ha ammesso che sono ancora in diversi casi ancora in via di definizione. “Noi di Unilever non abbiamo di certo ancora tutte le risposte su come raggiungere i nostri target ma niente potrà fermarmi dal cercare di creare un business sempre più sostenibile. E’ una cosa che voglio tutti nell’azienda percepiscano”.




Aumentano le aziende statunitensi che rendicontano la propria Csr

La maggior parte delle aziende statunitensi segnalate dall’indice S&P 500 e che fanno parte della lista Fortune 500 rendicontano il proprio impatto ambientale, sociale e di governance. Lo rileva uno studio del Governance & Accountability Institute (G&A), partner del Global Reporting Initiative (Gri).
In particolare, secondo lo studio nel 2011 il 53% delle aziende quotate all’indice S & P 500 hanno pubblicato il rapporto di sostenibilità, mentre nel 2010 la percentuale era del 19%. Allo stesso modo, il 57% delle aziende segnalate da Fortune 500, mentre nel 2010 la percentuale era solo del 20%
Questo significa che per la prima volta sono in minoranza le aziende che non pubblicano il bilancio di sostenibilità. La relazione afferma che un numero crescente di manager aziendali ne stanno riconoscendo i benefici. Oltre ai vantaggi di reputazione, la relazione rileva che le aziende che misurano e gestiscono i proprio problemi di sostenibilità sembrano funzionare meglio nei mercati nel lungo termine.