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Guna presenta il primo bilancio socioambientale integrato e interattivo

‘e-Report: Obiettivo Salute’
Roma, 4 dic. -(Adnkronos) – Il bilancio socioambientale è ormai superato. Si passa al rapporto integrato e interattivo. Il primo caso al mondo è quello di Guna, leader in Italia nella produzione e distribuzione di farmaci di origine naturale che ha presentato ‘e-Report’ on-line 365 giorni all’anno, il proprio Bilancio Integrato e interattivo 2011. Il volume ‘e-Report: Obiettivo Salute’, che riunisce in un unico documento il bilancio sociale e quello contabile, costituendo così un ulteriore passo avanti sulla strada della rendicontazione integrata, è una sintesi dell’impegno di Guna.
Sul piano progettuale, Guna ha approvato 26 delle 34 richieste pervenute di supporto a progetti sociali, di cui ben 20 progetti sono la prosecuzione di iniziative e partnership iniziate negli anni precedenti. E’ stata elaborata una mappa innovativa degli stakeholder che illustra la ‘coincidenza d’interessi’ tra l’azienda e i suoi pubblici. Inoltre, sono state applicate specifiche linee guida pubblicate in modo trasparente sul sito web dell’azienda per il sostegno ai progetti presentati da associazioni di promozione sociale, e da medici e associazioni scientifiche.
La particolarità sta nelle modalità di redazione del volume: il bilancio è stato infatti pubblicato on-line fin dalla prima bozza, e di fatto ‘costruito’ mediante un lavoro di rete con gli stakeholder dell’azienda, che hanno apportato direttamente le correzioni e integrazioni ritenute più opportune sui capitoli di propria competenza e trasmesso suggerimenti migliorativi sulla struttura generale del documento.
Un ulteriore passaggio verso la totale disintermediazione nell’erogazione dei dati tra l’azienda e i propri pubblici è stata la modalità di interazione denominata ‘Web-cam’: un ‘cruscotto di indicatori’ articolato in oltre 50 tabelle comparative pluriennali, che riportano nel dettaglio i dati salienti dell’attività industriale e sociale di Guna, imputati periodicamente dai vari reparti aziendali, e che hanno permesso agli utenti in qualunque momento di accedere al data-base facendosi una propria idea dell’azienda e ‘costruendosi’ il proprio bilancio integrato estrapolando i dati di interesse.
Per facilitarne una massiccia diffusione limitando l’impatto ambientale, il Bilancio è stato reso disponibile per la distribuzione in versione dvd tascabile nonchè on-line. Il fatturato 2011 di Guna ammonta a 56,6 mln di euro, pari al 4,6% di crescita sull’anno procedente, con un costante incremento del giro d’affari per il 28esimo anno consecutivo (media ultimi 9 anni: + 7,98%) e un utile di esercizio significativamente più alto che nel 2010.
«Continuiamo senza alcun dubbio o esitazione a perseguire quella che è la nostra prima azione di responsabilità sociale: produrre farmaci efficaci e senza effetti collaterali per modificare in meglio l’approccio alla salute e alla prevenzione delle malattie di tutti i cittadini. Nell’ambito di questa attività industriale, sosteniamo molti progetti, con significative ricadute sul territorio, sia in Italia che all’estero, perché siamo convinti di avere un ruolo nel tessuto sociale che vada ben al di la delle sole performance finanziarie, pure eccellenti” commenta il presidente di Guna Alessandro Pizzoccaro.




Piano per trasformare Milano-Brescia in prima autostrada elettrica d'Italia

-26,3 ton. emissioni CO2 e -20.160 euro carburante al mese
ROMA  – Un taglio di 26,3 tonnellate di emissioni di CO2 al mese e un risparmio di 20.160 euro di carburante, per un investimento totale di 3,8 milioni. E’ quanto si potrebbe ottenere trasformando l’autostrada piu’ congestionata di Italia, l’asse Milano-Brescia, nella prima autostrada elettrica d’Italia, attracerso una flotta di 72 auto elettriche, 18 parcheggi di interscambio con 144 punti di ricarica presso le uscite autostradali, 10 punti di fast charge, un’infrastruttura innovativa con pensiline fotovoltaiche da fonti rinnovabili certificate. Il progetto-pilota ZET – Zero Emission Territory – firmato da Clickutililty sara’ presentato domani a Mobility Tech, nel corso del convegno sul Car Sharing. L’investimento totale (progettazione, start up e primo anno di sperimentazione) ammonta a 3,8 milioni, di cui 1,8 milioni destinati alla flotta, 1,2 milioni per le infrastrutture di ricarica, 400 mila euro per i costi di gestione annuale. La sostenibilita’ economica del servizio e’ raggiunta con un fatturato mensile compreso tra i 600 e gli 800 euro per singola automobile.In particolare, il progetto prevede di sperimentare l’uso dei mezzi elettrici lungo l’autostrada A4, con volumi di Traffico giornaliero medio di 113.000 veicoli. Lo studio di fattibilita’ si basa sulla disponibilita’, a partire dal 2013, di incentivi all’acquisto o noleggio di auto elettriche, previsti dal Decreto Sviluppo (5.000 euro a veicolo, su un costo medio di 30.000 euro a veicolo) e propone l’adozione di 72 vetture elettriche in car-sharing in 18 aree di parcheggio dedicate, dislocate nei pressi dei caselli autostradali e in prossimita’ dei punti di interscambio con le reti metropolitane di Milano, con un’infrastruttura di ricarica con pensiline fotovoltaiche. Il piano prevede 10 punti di ricarica veloce (fast charge) da installare nelle aree di sosta gia’ esistenti nell’area. ”Il progetto ZET – dice Carlo Iacovini, Associate Senior manager di Clickutility, responsabile del progetto – vuole dimostrare che l’auto elettrica e’ una realta’ concreta anche al di fuori della citta’ per percorrenze medie come i 97 chilometri che uniscono Milano a Brescia”. Lo studio fornisce anche i dati relativi ai benefici ambientali che l’introduzione dell’infrastruttura comportera’, con il risparmio di 26,3 tonnellate di CO2 emesse in atmosfera al mese, a fronte di 168.000 Km/mese percorsi dalla flotta a regime, e partendo dal fattore di emissione medio di 157 g/km CO2, relativo al traffico in Lombardia per automobile a motore termico.Attualmente, un esempio di autostrada elettrica arriva dall’Olanda dove la Lotteria Nazionale Olandese ha finanziato con 4.450.000 euro il progetto ‘Three times greener: sustainable energy highway A15’ promosso dalle Associazione ambientaliste ‘Friends of the Earth and Nature & Environment’. L’iniziativa mira a realizzare un corridoio autostradale interamente coperto da infrastrutture di ricarica per promuovere e sperimentare l’uso di mezzi elettrici non solo in ambito urbano, ma lungo un asse di intenso traffico. La A15 si estende dai confini tedeschi fino a Rotterdam per 160 km ed e’ una delle strade maggiormente utilizzate in Olanda. Il progetto non si limita alle infrastrutture di ricarica, una parte dei fondi saranno destinati a una flotta di auto elettriche messe a disposizione in car sharing per 125 aziende distribuite sulle 5 citta’ piu’ importanti attraversate dall’autostrada. Di iniziative simili non ce ne sono molte. In America la Highway che attraversa da nord a sud la California e’ l’esempio piu’ innovativo, mentre in Inghilterra una utility energetica, in accordo con le societa’ autostradali stanno installando colonnine lungo gli assi di maggiore percorrenza.




Intervista a Silvio Magliano, Consigliere Comunale del Comune di Torino e Vice Presidente del Consiglio Comunale

Cos’è un “Disability Manager” e come mai questa figura istituita presso il Comune di Torino?
Il Disability Manager ha la qualifica di “responsabile in materia di disabilità”…
E’ una figura tecnica, da individuare all’interno dei dipendenti già in organico al Comune di Torino e opportunamente formata, che avrà il dovere di coordinare tutte le attività dell’Istituzione pubblica in materia di disabilità, verificando che ogni provvedimento sia adeguato per le necessità delle persone con esigenze particolari, occupandosi anche della formazione e della sensibilizzazione del personale. È fondamentale, come già accade in altre città, da New York ad Alessandria, che sia riconosciuta la necessità di una figura responsabile del rispetto dei diritti di cittadinanza per tutti, senza alibi e rimpalli di competenze, come troppo spesso accade nel settore pubblico: il Disability Manager non deve essere un garante delle persone con disabilità, ma un funzionario pubblico incaricato di far sì che tutti gli Uffici del Comune, nella loro attività, garantiscano i diritti e rispettino le esigenze, in particolare di autonomia e indipendenza, delle persone con disabilità, in tutti gli ambiti e in tutte le competenze della pubblica amministrazione, per evitare di dover disfare dopo ciò che non si è fatto con la dovuta attenzione subito. Sono molto contento che, dopo soltanto un anno di mandato, sia stato possibile istituire una funzione richiesta dalle Associazioni da almeno cinque anni e auspico che anche nelle aziende partecipate dal Comune di Torino sia possibile introdurre una figura di questo genere. L’attenzione che la Città è in grado di dare a coloro che vivono una condizione di difficoltà non è soltanto un’opportunità dal punto di vista umano, ma un’azione doverosa dal punto di vista amministrativo. Rispondere ai bisogni delle persone nel migliore modo possibile è il compito primario del Comune: la nostra città è sempre stata all’avanguardia nei servizi di Welfare, ma è ancora carente sotto alcuni punti di vista, anche cruciali, come certi edifici pubblici o numerosi esercizi commerciali.
Quali sono esattamente le criticità che questa figura dovrebbe andare a risolvere?
In materia di servizi alle persone con disabilità, di erogazione di prestazioni inclusive, di emanazione di regolamenti e disposizioni non è possibile pretendere da tutti gli uffici comunali la conoscenza delle specifiche esigenze delle persone in difficoltà, elemento però imprescindibile per evitare di disfare ciò che non si è fatto in modo adeguato. E’ doloroso, ma frequente, purtroppo, constatare come il puro rispetto delle norme non sia sufficiente a garantire l’accessibilità in autonomia e indipendenza alle persone con disabilità, se disgiunto da una specifica competenza. Il ruolo del Disability Manager è, quindi, quello di verificare il lavoro della macchina comunale, suggerendo e facendo applicare gli accorgimenti necessari.
Avrà solo il potere di dare “consigli” alla Pubblica Amministrazione o potrà contare su un concreto potere di indirizzo?
La mozione approvata prevede che il Disability Manager sia un dirigente del Comune di Torino, con tutte le prerogative del ruolo. Non si tratta quindi di un ruolo puramente consultivo.
Con quali criteri verrà selezionata la figura?
I criteri di selezione spettano alla Giunta, in quanto la mozione ha potere di indirizzo e deve trovare riscontro entro 180 giorni, ma con modalità che sono esclusiva prerogativa dell’Amministrazione Comunale. Auspico che sia una persona che conosce i meccanismi della struttura comunale, che abbia esperienza e sensibilità e che venga opportunamente formata: esiste, per esempio, un corso di perfezionamento per Disability Manager realizzato dall’Università Cattolica di Milano.
Siete a conoscenza di esperienze simili anche nel settore privato/aziendale, e sarebbero auspicabili?
Il Disability Manager è stato già introdotto a Parma, città che ha promosso il Libro Bianco dell’Accessibilità e della Mobilità Urbana, testo realizzato da tecnici e da rappresentanti delle Associazioni, nel quale la figura del Disability Manager è stata definita compiutamente. A Parma sono seguite Perugia, Alessandria e Pescara. Per quanto riguarda le aziende private, GTT ha creato un responsabile dei servizi per i clienti con disabilità che, pur non avendo la qualifica di Disability Manager, sostanzialmente ne incarna le funzioni.




Crisi. La responsabilità sociale come antidoto: i manager ci credono

Migliora anche la relazione tra Aziende e ONG. I dati del “CSR Italian Summit 2012”
L’adozione di politiche di Responsabilità sociale e di attenzione allo sviluppo sostenibile è un “antidoto” per superare la crisi e rilanciare la competitività delle imprese: lo pensa il 79% dei top manager intervistati nell’ambito della survey “Il sostenibile peso della RSI” (in allegato), presentata a Milano nel corso del “CSR Italian Summit 2012”, organizzato da Business International e AMREF Italia.
Un rapporto che rivela una situazione fatta di luci ed ombre. Secondo quanto emerge dalla survey, i manager percepiscono la gravità dell’attuale contesto economico-finanziario anche come una nuova opportunità per ripensare le priorità e le modalità dello sviluppo economico e sociale.  La risposta incentrata sull’adozione di politiche di CSR come principale fattore di innovazione è seguita, con un ampio margine, dall’innovazione di prodotto (49%) e  dagli investimenti in tecnologie (44%).
Tuttavia l’impatto della recessione sulle politiche sociali emerge con chiarezza analizzando le scelte di investimento di chi è già socialmente responsabile: solo il 47% dichiara di mantenere costanti i livelli di investimento effettuati, mentre spicca il dato complessivo (43%) relativo alle volontà di ridefinire i progetti intrapresi, diminuire gli investimenti e ridurre la collaborazione con partner specializzati.
Sembra comunque chiara la consapevolezza che il dimostrare di essere un “corporate citizen”, responsabile nei confronti di consumatori, dipendenti e della comunità locale può contribuire considerevolmente a riconquistare, con la cultura della buona condotta, la fiducia della società, minata dalla considerazione, in ampi strati dell’opinione pubblica, che il “business is business” sia in parte causa dell’attuale situazione di crisi.
Dalla ricerca si evince un miglioramento nella considerazione della partnership tra aziende e ONG per la realizzazione di cause sociali. Le aziende cercano visibilità e affidabilità e si rivolgono a organizzazioni che dimostrano un certo livello di managerializzazione e di continuità, con un ambito operativo ben definito e una rendicontazione chiara dei risultati: è anche una questione di linguaggio comune.
Questo elemento risulta evidente nella domanda relativa ai criteri per la scelta del partner: il 41% del campione dichiara di averlo selezionato sulla base della mission e degli elementi qualificanti la sua attività. Il dato rileva un’inversione di tendenza rispetto allo scorso anno, quando la ricerca rilevò che la selezione della ONG una volta su due avveniva attraverso un meccanismo di conoscenza diretta e personale.
Nel complesso, anche se su questo fronte l’Italia registra un ritardo rispetto all’estero, denotando un certo grado di scetticismo e diffidenza da parte delle aziende, il non semplice dialogo tra organizzazioni non governative e imprese è sempre più diffuso.




European Hotel Managers Association e il progetto Corporate Social Responsibility

La cultura della sostenibilità è tutta da costruire, in ogni settore economico. Nell’hotellerie ci pensa l’Ehma – European Hotel Managers Association –  con un progetto di Corporate Social Responsibility (CSR) pensato in collaborazione con l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Di questo si è parlato al meeting tenutosi presso il Pullman Timi Ama Sardegna di Villasimius: i direttori dei migliori 4 e 5 stelle della penisola si sono incontrati per affrontare i temi di maggiore attualità del settore e definire i programmi futuri dell’associazione. Punto focale il nuovo progetto che ruota operativamente attorno a un sito Internet con il quale poter valutare le proprie performance CSR, compararle con i migliori standard internazionali e trovare validi consigli per le proprie politiche in materia.L’approccio sostenibile è noto perché tutti ne parlano, ma non è ancora entrato in modo familiare in un sistema di offerta che, magari a causa delle piccole e medie dimensioni, a volte fatica a stare al passo con l’innovazione: oggi le imprese adottano volentieri misure che consentono di tagliare i costi nel breve termine, ma sono poco aperte all’investimento – per esempio in pannelli fotovoltaici o nell’architettura bioclimatica – da recuperare nel medio o lungo periodo.La nuova piattaforma Ehma www.ehma-italia.it si inserisce pienamente nello sforzo formativo atto a far comprendere a tutti gli operatori quanto la nozione di lusso abbia oggi assunto sempre più il volto di una vacanza spesa in luoghi sicuri per la salute e il benessere tout-court.«L’eco-sostenibilità degli hotel aderenti al progetto diventerà dunque un vero e proprio plus, un fattore di vantaggio competitivo, da comunicare attraverso una mirata operazione di marketing», racconta il docente dell’istituto partenopeo Ettore Regina che, insieme alla sua collega Francesca Graziuso e all’It manager Massimo Bucci, ha curato la realizzazione del software.Ogni albergo aderente al progetto disporrà di una sua pagina personale e di un documento pdf riepilogativo mensile, che andrà ad aggiungersi al suo profilo generale. Tali informazioni saranno visionabili da tutti gli hotel facenti parte del sistema e verranno convogliate nella creazione di un report annuale. Quest’ultimo, analizzato e giudicato da una commissione Ehma, porterà all’individuazione della struttura ricettiva maggiormente sostenibile dell’anno, che riceverà il premio appositamente concesso dalla Presidenza della Repubblica Italiana alla European Hotel Managers Association.