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L'azienda etica se sbaglia chiede scusa a salvaguardia della business continuity

E’ proprio alle situazioni di crisi che è dedicato il libro ‘Crisis Management. Come comunicare la crisi: strategie e case history per salvaguardare la business continuity e la reputazione’ di Luca Poma, giornalista e consulente in Csr e Crisis Communication e Giampietro Vecchiato, esperto in relazioni pubbliche, direttivo nazionale FerpiPer recuperare, almeno in parte, ad un danno reputazionale si deve iniziare dalla scuse. L’azienda, infatti, che si assume le proprie responsabilità riesce più facilmente a recuperare posizione sul mercato. Ed è proprio alle situazioni di crisi che è dedicato il libro ‘Crisis Management. Come comunicare la crisi: strategie e case history per salvaguardare la business continuity e la reputazione’ di Luca Poma, giornalista e consulente in CSR e Crisis Communication, e Giampietro Vecchiato, esperto in relazioni pubbliche, Direttivo nazionale Ferpi, presentato in occasione di “Dal dire al fare”, il salone della CSR in corso all’università Bocconi di Milano. Crisis Management, spiega all’Adnkronos, Luca Poma, “è il manuale del Sole 24 Ore per la comunicazione di crisi. In questo libro analizziamo tutta una serie di case histories: navi che affondano, aerei che cadono, intossicazioni alimentari o crisi reputazionali. Insomma, tutto quello che può dare pregiudizio al regolare business di un’azienda e pregiudicarne la reputazione, proponendo delle tecniche ah hoc per trattare questo tipi di situazioni”. La CSR, secondo Poma, “è una chiave per uscire dalla crisi. Lo dice uno studio dell’università di Harvard che ha monitorato 90 aziende che per 18 anni hanno promosso politiche di CSR e 90 che non lo hanno fatto. Il risultato è + 25% di valore in borsa in tutte quelle che si sono impegnate. Questo dimostra che la CSR è una chiave di sviluppo competitivo e incrocia molto la comunicazione di crisi”, perchè secondo Poma, “porci prima il problema di cosa può succedere di negativo ad un nostro stakeholder significa fare management preventivo di crisi”. Ma come si esce da un danno reputazionale? “Non esiste una ricetta valida per tutte le stagioni, ma ci sono delle regole base. La prima – e anche la più importante – è saper chiedere scusa. E’ confermato da molti studi scientifici e universitari che le aziende che si assumono le proprie responsabilità e si scusano nei confronti degli utenti e consumatori in maniera schietta e sincera sono anche quelle che recuperano prima il proprio valore”. In secondo luogo, aggiunge Poma, “bisogna capire come fare affinché lo scenario di crisi non si ripeta più e prendersi realmente cura dei danni che si sono causati nell’ambiente che ci circonda. Questo significa rifondere se si tratta di danni di carattere economico finanziario o comunque fare in mondo che l’evento negativo impatti il meno possibile sui nostri stakeholder”. Il problema, però, conclude l’autore, è che “le aziende chiedono troppo poco scusa, anche perché gli avvocati le consigliano male. Gli avvocati non sono comunicatori e dicono che non bisogna mai ammettere le proprie responsabilità. Non è vero. Un grande esempio di case histories di crisi in Italia è Thyssen Krupp, che ci dimostra come gli esiti giudiziari sono comunque terrificanti e sfavorevoli quando l’azienda non ha un approccio etico alla crisi che ha contribuito a generare”




Quel bilancio è da rifare

Com’era concepito fino a ora non va più bene. Il bilancio di sostenibilità delle aziende italiane cambia, raccordandosi agli standard europei e ai dati forniti dall’Istat
Così com’è il bilancio di sostenibilità non serve più.Lo hanno deciso i rappresentanti degli oltre 30 mila professionisti che si occupano di sostenibilità in tutto il mondo durante l’ultima assemblea del Gri (Global reporting initiative) di Amsterdam. I rappresentanti delle aziende si sono espressi per un cambio di passo e l’attivazione di nuove regole. L’obiettivo è individuare indici, valori e metriche comuni per misurare in modo oggettivo le performance socio-ambientali e rendere comparabili i bilanci di sostenibilità delle imprese.In Italia Altis, Alta scuola d’impresa e società dell’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con Istat, ha fatto un passo in più. Il centro studi della Cattolica, insieme con il Csr Manager Network Italia, ha realizzato un progetto per promuovere e diffondere tra le imprese italiane regole per la stesura dei bilanci di sostenibilità che integrino i dati con i principali indicatori macro economici prodotti da Istat. Obiettivo: creare un ponte tra quello che le imprese rendicontano e la misurazione dei fenomeni sociali e ambientali del Paese. Insomma il benessere del Paese dipende anche dal benessere “prodotto” nelle aziende.«Questo progetto, sviluppato e sostenuto dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini, parte dall’assunto che i bilanci sociali (o di sostenibilità) sono redatti ormai da quasi tutte le grandi imprese italiane (il 60% delle aziende quotate) seguendo lo standard globale del Gri», dice Mario Molteni, direttore di Altis, «ma non sono ancora comparabili perché le imprese producono i dati guardando solo a se stesse, come dimostrato dall’analisi comparata dei bilanci di alcune grandi imprese».In questo quadro, un gruppo di imprese (Gruppo Hera, Autogrill, Vodafone, Terna, Generali, Gruppo San Pellegrino, Obiettivo Lavoro, Holcim Italia, Gucci, Bureau Veritas, Enel e Gruppo Unipol) appartenenti al Csr Manager Network Italia si è impegnato a rendere i dati tra loro comparabili.«Questa prima, importante novità è destinata a cambiare per tutti il modo di operare», prosegue Molteni. «Una volta a regime, infatti, le imprese potranno essere giudicate anche in base alle loro performance sociali e ambientali».La seconda importante novità del progetto, che non ha eguali a livello internazionale, riguarda l’armonizzazione tra dati di impresa e alcuni dei nuovi indicatori considerati da Istat per giudicare il livello di benessere del Sistema Italia.«Questo progetto pone l’Italia all’avanguardia nella trasparenza dell’informativa d’impresa», dice Matteo Pedrini, direttore della ricerca, «e creerà indici di rilevazione con validità statistica a livello nazionale che tengano conto anche di criteri ambientali, sociale e di governance. In sintesi si tratta di stabilire protocolli che garantiscano effettiva comparabilità dei dati».Fino a oggi la rendicontazione della sostenibilità ha incluso molte informazioni, ma solo una parte di essa è realmente rilevante. Alcuni indicatori trovano applicazioni differenti sia tra aziende che operano in settori diversi, sia tra aziende che producono nello stesso comparto.«Ci sono aziende che utilizzano indicatori e unità di misura differenti per rendicontare le medesime performance», prosegue Molteni. «Inoltre i dati statistici ufficiali, forniti da Istat sull’andamento economico del Paese, non bastano più per capire come si vive veramente e qual è la qualità della vita». Istat infatti non copre tutte le informazioni sulla sostenibilità. Da qui l’impossibilità di comparare le performance di sostenibilità e, per gli stakeholders, quella di giudicarle.«L’idea ultima è quella di uniformare gli indicatori rilevanti di diversi settori economici per ottenere un benchmark con Istat nei bilanci di sostenibilità», sostiene Molteni.Ma quali sono gli indicatori ritenuti realmente rilevanti sia per le imprese sia a livello macro?«Abbiamo identificato nove cause di scarsa comparabilità», prosegue Pedrini, «Per esempio, quando si parla di fornitori locali quali sono i perimetri in cui ci si muove? 50 km, la regione, la nazione? Come si devono trattare gli stagisti e gli agenti nella valutazione dell’organico? Vanno calcolati oppure no?». Dopo aver individuato indicatori comuni sulla base dei dati forniti dalle aziende che sostengono il progetto, elaboreremo un protocollo da distribuire alle aziende quotate in Borsa con la richiesta di compilare le tabelle e fornire commenti sulle indicazioni fornite».Omologare per farsi comprendere«Alcune aziende si sono poste il problema dell’omologazione dei loro dati con quelli di altre realtà economiche, ma prima ancora si sono rese conto della necessità di ottenere una rendicontazione verso l’esterno che sia confrontabile con quella di altre aziende dello stesso settore, per dare una lettura omogenea», dice Silvio de Girolamo, Csr manager di Autogrill. «Ma c’è di più. Il nostro sforzo è quello di trovare anche un allineamento tra il valore delle imprese e il valore degli stati. Nella prima fase del progetto abbiamo cercato di capire all’interno degli indicatori definiti dal Gri quali di questi potevano essere associati con quelli forniti dall’Istat. Quindi si troverà un allineamento di visione e di metrica. Per esempio, nei consumi energetici Istat misura quello del Paese, noi siamo impegnati a individuare parametri comuni in ambito aziendale e in ambito settoriale. Nella catena delle forniture legate al territorio, altro esempio, da che punto di vista lo guarda l’impresa? Città, provincia o regione? E come si misurano i rifiuti? Per volume, in metri cubi, o in tonnellate? Idem per i consumi energetici: li calcoliamo al costo o al kilowatt erogato dall’impresa di energia?».Il tema della responsabilità sociale d’impresa e il ritorno economico, non solo di reputazione, della Csr saranno al centro dell’ottava edizione del Salone della responsabilità sociale d’impresa “Tra il dire e il fare” che si svolgerà il 30 e 31 maggio prossimi all’Università Bocconi di Milano, e che lo scorso anno ha visto la partecipazione di 70 organizzazioni e oltre 3 mila visitatori.




Altra presentazione de "La guida del Sole24Ore al Crisis Management"

Si intitola “SCUSATE, ABBIAMO UN PROBLEMA:LO STABILIMENTO VA A FUOCO!” la presentazione de “La guida del Sole 24Ore al Crisis Management”, in programma martedì 19 giugno prossimo, a Padova, Sala Convegni Cassa di Risparmio del VenetoVia VIII febbraio 20, h. 17.30.
Qui puoi leggere l’invito, con l’elenco dei relatori e dei temi che verranno trattati.




Digitale e sostenibilità

Una giornata dell’orgoglio digitale,con ospiti di calibro internazionale:questo è Nuvolaverde Day, a Milano il 25 giugno. Gli interventi di tecnici, scienziati, uomini d’impresa,ricercatori, artisti 2.0, padri della robotica e intellettualiapprofondiscono alcuni aspetti del mondo della tecnologia digitale sostenibile.
Qui puoi leggere il programma e tutti i dettagli dell’evento.




Forum per la Finanza Sostenibile: anche le banche riflettono sulla CSR

Quanti di noi, investendo in fondi bancari e assicurativi, si sono chiesti dove vanno a finire i nostri soldi? Da alcuni anni sta prendendo piede, anche in Italia, una nuova attenzione per gli investimenti finanziari, sia sulla scia di una incertezza diffusa riguardo alla sicurezza dei risparmi, che a seguito di una crescente attenzione riguardo ai temi ambientali e sociali.Il tema è stato affrontato e diffuso in Italia soprattutto da Banca Etica, che inspira “tutta la sua attività, sia operativa che culturale, ai fini della Finanza Etica: trasparenza, diritto di accesso al credito, efficienza e attenzione alle conseguenze non economiche delle azioni economiche”. Quello che fino a poco tempo fa era un argomento per pochi, sta lentamente prendendo piede anche in altre realtà bancarie e assicurative.
“Le imprese più attente alla sostenibilità incrociano le preferenze di quella quota di consumatori, sempre più vasta, che vota con il portafoglio” – spiega Leonardo Becchetti, ordinario dell’Università di Roma Tor Vergata in occasione del Forum per la Finanza Sostenibile, organizzato a Roma a conclusione della Settimana della Settimana Italiana dell’Investimento Sostenibile e Responsabile, – “di conseguenza, le gestioni finanziarie che tengono conto degli aspetti ambientali, sociali e di governance offrono spesso rendimenti migliori o comunque riducono i rischi”.
L’appuntamento, organizzato dall’Associazione Forum per la Finanza Sostenibile, ha visto la partecipazione di accademici, aziende e politica. Le sfaccettature di riflessione sono molte. Si rileva innanzitutto la necessità di una reportistica attenta e puntuale: secondo Frank Figge, ricercatore della Euromed Marseille School , “il problema principale è rendere comprensibili e attendibili i dati contenuti nei report di sostenibilità. La questione urgente oggi è infatti garantire l’affidabilità dei dati e definire un sistema per dare un valore alla sostenibilità”. Matt Christensen, a capo del settore Investimenti Responsabili di Investment Managers commenta ottimista: “E’ arrivato il tempo del cambiamento. Stiamo vivendo una transizione che sembra accadere molto lentamente: ma anche per la diffusione del telefono c’è voluto del tempo, e così pure per internet; ma poi il cambiamento è avvenuto.”
Proprio la trasparenza delle informazioni è uno dei principi sanciti nella “Carta dell’Investimento Sostenibile e Responsabile della Finanza Italiana” scritta e firmata a quattro mani dall’Associazione Bancaria Italiana, dall’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici, Assogestioni e Federazione Banche, Assicurazioni e Finanza (FeBAF). Gli altri principi cardine della nuova Carta riguardano l’importanza dell’attenzione agli aspetti di carattere sociale, ambientali e di governance, auspicando anche analisi di carattere statistico sui rendimenti e i vantaggi di tipo economico di questa scelta di sostenibilità, e l‘ottica temporale di medio-lungo periodo: come sottolineato da Enrico Granata, Segretario Generale della FeBAF, “gli investimenti di medio-lungo termine sono quelli più funzionali a una sostenibilità e ad un’immissione di credito agli investimenti produttivi.”
Il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini è intervenuto a conclusione dell’incontro, plaudendo alla nuova Carta e proponendosi come partner dell’iniziativa. Riportando l’argomento all’attualità, ha commentato con una riflessione sulle politiche adottate dal governo e sulle prossime scelte: “Un ostacolo è l’esigenza di mettere insieme il pareggio di bilancio, orientato al fiscal compact, e le politiche di spesa pubblica per la crescita, che tengano di conto di esigenze e risultati misurabili su un periodo più lungo.” Secondo il Ministro, “è interessante che l’ottica temporale sia uno dei punti centrali di questa carta.” Clini cita la Roadmap 2050 per la Low-Carbon Economy, che “necessariamente include investimenti iniziali molto ampi, ma con vantaggi di lungo termine più ampi della spesa iniziale. Se riuscissimo a implementare questo modo di operare anche nelle scelte strategiche sarebbe un passo avanti.”
Il segretario generale del Forum per la Finanza Sostenibile Davide Dal Maso conclude poi l’incontro annunciando il nuovo Premio per l’Investitore Istituzionale Sostenibile dell’Anno, con l’augurio che abbia molti partecipanti, a testimonianza di un crescente impegno delle istituzioni a scelte finanziarie più consapevoli e sostenibili.