1

Nel bilancio sociale l’identità dell’azienda

L’esperienza di Tecnocasa, società di franchising immobiliare, nel racconto di Gianfranca Beretta, presidente di Tecnomedia: un percorso verso una maggiore consapevolezza della propria missionNato nel 1986, il gruppo Tecnocasa, rete di agenzie di intermediazione immobiliare in franchising, ha festeggiato lo scorso anno il 25° compleanno. E ha colto l’occasione per cimentarsi con il suo primo bilancio sociale. “Il nostro obiettivo era misurare le ricadute della nostra azienda sul tessuto economico”, spiega Gianfranca Beretta, presidente di Tecnomedia, una delle società del gruppo e referente interno per il bilancio sociale.
“E infatti si è trattato di un esercizio utile soprattutto per noi. Il percorso di analisi ha coinvolto tutte le società del gruppo, ogni singolo ramo aziendale per analizzare il valore aggiunto di ciascuno per i nostri stakeholders. Ne è emerso un quadro complessivo che ci ha dato maggiore consapevolezza: perché possiamo dire di essere riusciti ad assolvere la nostra responsabilità, che non può essere solo la creazione di valori economici, ma deve assumere una valenza nell’ambito sociale”.
Domanda: In quale ambiti avete rilevato i risultati più significativi?
Risposta: Per esempio nella formazione: abbiamo istituito un’attività di audit sulla formazione che forniamo agli affiliati. Il nostro obiettivo è preparare tutti gli operatori a esprimere una professionalità esperta e trasparente, e la valutazione è stata positiva soprattutto per quanto riguarda la metodologia: abbiamo scelto infatti di decentrare i pacchetti formativi in modo che in tutta Italia gli affiliati possano contare sullo stesso livello di qualità, senza differenze tra ‘centro’ e ‘periferia’.
Noi non vendiamo il nostro marchio ad agenzie esistenti: selezioniamo giovani neo diplomati o neo laureati e li avviamo a un percorso formativo obbligato, basato su step definiti fino a portarli all’esame per il ‘patentino’ di agente immobiliare. Nel giro di due anni e mezzo, tre al massimo sono pronti per l’affiliazione. Crediamo che anche questo sia centrale nella nostra mission: contribuire a elevare il livello di professionalità della categoria.
D: Avete adottato anche un approccio originale ai mezzi di comunicazione…
R: Da 15 anni il nostro ufficio studi rileva, attraverso tutte le agenzie sul territorio i prezzi di mercato, che vengono poi elaborati attraverso un software dedicati. Il risultato è un’informazione non di parte, non strumentale sulla situazione del mercato immobiliare, che ci consente di essere costantemente presenti sugli organi di informazione senza acquisire spazi, e quindi senza ‘sporcare’ con aspetti commerciali il nostro rapporto con i giornalisti.
Questo tipo di attività ha anche consentito una crescita personale importante ad alcuni affiliati che sono diventati i nostri portavoce in giro per l’Italia: grazie a loro riusciamo a realizzare ben 60 conferenze sul territorio.
D: Gli ultimi anni sono stati abbastanza difficili anche per il mercato immobiliare. Come affrontate questa fase?
R: La crisi del mercato è seguita ad anni di boom durante i quali si sono radicate cattive abitudini: alcuni affiliati hanno aumentato eccessivamente il loro tenore di vita, e ora la situazione diventa difficile. Rischiamo di dover tagliare alcuni rami secchi: cerchiamo di aiutare il più possibile, anche sospendendo il pagamento delle royalties, ma abbiamo anche un bilancio economico, e non possiamo, per salvare qualcuno, mettere a rischio l’intero sistema.
Ma proprio grazie al bilancio sociale, abbiamo scoperto alcuni punti di forza: il valore del nostro marchio, la qualità delle persone che lavorano con noi, l’efficacia di una comunicazione “trasversale”. E con stupore abbiamo verificato che la nostra non è un’azienda piramidale con un “capo illuminato” e i suoi sottoposti. Certo, c’è un fondatore, con il suo carisma e la sua leadership, ma la nostra crescita è avvenuta soprattutto attraverso una comunicazione orizzontale, che ha facilitato il diffondersi di una cultura aziendale e ha portato chi lavora con noi a interiorizzare il nostro stile.




L'azienda etica se sbaglia chiede scusa a salvaguardia della business continuity

E’ proprio alle situazioni di crisi che è dedicato il libro ‘Crisis Management. Come comunicare la crisi: strategie e case history per salvaguardare la business continuity e la reputazione’ di Luca Poma, giornalista e consulente in Csr e Crisis Communication e Giampietro Vecchiato, esperto in relazioni pubbliche, direttivo nazionale FerpiPer recuperare, almeno in parte, ad un danno reputazionale si deve iniziare dalla scuse. L’azienda, infatti, che si assume le proprie responsabilità riesce più facilmente a recuperare posizione sul mercato. Ed è proprio alle situazioni di crisi che è dedicato il libro ‘Crisis Management. Come comunicare la crisi: strategie e case history per salvaguardare la business continuity e la reputazione’ di Luca Poma, giornalista e consulente in CSR e Crisis Communication, e Giampietro Vecchiato, esperto in relazioni pubbliche, Direttivo nazionale Ferpi, presentato in occasione di “Dal dire al fare”, il salone della CSR in corso all’università Bocconi di Milano. Crisis Management, spiega all’Adnkronos, Luca Poma, “è il manuale del Sole 24 Ore per la comunicazione di crisi. In questo libro analizziamo tutta una serie di case histories: navi che affondano, aerei che cadono, intossicazioni alimentari o crisi reputazionali. Insomma, tutto quello che può dare pregiudizio al regolare business di un’azienda e pregiudicarne la reputazione, proponendo delle tecniche ah hoc per trattare questo tipi di situazioni”. La CSR, secondo Poma, “è una chiave per uscire dalla crisi. Lo dice uno studio dell’università di Harvard che ha monitorato 90 aziende che per 18 anni hanno promosso politiche di CSR e 90 che non lo hanno fatto. Il risultato è + 25% di valore in borsa in tutte quelle che si sono impegnate. Questo dimostra che la CSR è una chiave di sviluppo competitivo e incrocia molto la comunicazione di crisi”, perchè secondo Poma, “porci prima il problema di cosa può succedere di negativo ad un nostro stakeholder significa fare management preventivo di crisi”. Ma come si esce da un danno reputazionale? “Non esiste una ricetta valida per tutte le stagioni, ma ci sono delle regole base. La prima – e anche la più importante – è saper chiedere scusa. E’ confermato da molti studi scientifici e universitari che le aziende che si assumono le proprie responsabilità e si scusano nei confronti degli utenti e consumatori in maniera schietta e sincera sono anche quelle che recuperano prima il proprio valore”. In secondo luogo, aggiunge Poma, “bisogna capire come fare affinché lo scenario di crisi non si ripeta più e prendersi realmente cura dei danni che si sono causati nell’ambiente che ci circonda. Questo significa rifondere se si tratta di danni di carattere economico finanziario o comunque fare in mondo che l’evento negativo impatti il meno possibile sui nostri stakeholder”. Il problema, però, conclude l’autore, è che “le aziende chiedono troppo poco scusa, anche perché gli avvocati le consigliano male. Gli avvocati non sono comunicatori e dicono che non bisogna mai ammettere le proprie responsabilità. Non è vero. Un grande esempio di case histories di crisi in Italia è Thyssen Krupp, che ci dimostra come gli esiti giudiziari sono comunque terrificanti e sfavorevoli quando l’azienda non ha un approccio etico alla crisi che ha contribuito a generare”




Quel bilancio è da rifare

Com’era concepito fino a ora non va più bene. Il bilancio di sostenibilità delle aziende italiane cambia, raccordandosi agli standard europei e ai dati forniti dall’Istat
Così com’è il bilancio di sostenibilità non serve più.Lo hanno deciso i rappresentanti degli oltre 30 mila professionisti che si occupano di sostenibilità in tutto il mondo durante l’ultima assemblea del Gri (Global reporting initiative) di Amsterdam. I rappresentanti delle aziende si sono espressi per un cambio di passo e l’attivazione di nuove regole. L’obiettivo è individuare indici, valori e metriche comuni per misurare in modo oggettivo le performance socio-ambientali e rendere comparabili i bilanci di sostenibilità delle imprese.In Italia Altis, Alta scuola d’impresa e società dell’Università Cattolica di Milano, in collaborazione con Istat, ha fatto un passo in più. Il centro studi della Cattolica, insieme con il Csr Manager Network Italia, ha realizzato un progetto per promuovere e diffondere tra le imprese italiane regole per la stesura dei bilanci di sostenibilità che integrino i dati con i principali indicatori macro economici prodotti da Istat. Obiettivo: creare un ponte tra quello che le imprese rendicontano e la misurazione dei fenomeni sociali e ambientali del Paese. Insomma il benessere del Paese dipende anche dal benessere “prodotto” nelle aziende.«Questo progetto, sviluppato e sostenuto dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini, parte dall’assunto che i bilanci sociali (o di sostenibilità) sono redatti ormai da quasi tutte le grandi imprese italiane (il 60% delle aziende quotate) seguendo lo standard globale del Gri», dice Mario Molteni, direttore di Altis, «ma non sono ancora comparabili perché le imprese producono i dati guardando solo a se stesse, come dimostrato dall’analisi comparata dei bilanci di alcune grandi imprese».In questo quadro, un gruppo di imprese (Gruppo Hera, Autogrill, Vodafone, Terna, Generali, Gruppo San Pellegrino, Obiettivo Lavoro, Holcim Italia, Gucci, Bureau Veritas, Enel e Gruppo Unipol) appartenenti al Csr Manager Network Italia si è impegnato a rendere i dati tra loro comparabili.«Questa prima, importante novità è destinata a cambiare per tutti il modo di operare», prosegue Molteni. «Una volta a regime, infatti, le imprese potranno essere giudicate anche in base alle loro performance sociali e ambientali».La seconda importante novità del progetto, che non ha eguali a livello internazionale, riguarda l’armonizzazione tra dati di impresa e alcuni dei nuovi indicatori considerati da Istat per giudicare il livello di benessere del Sistema Italia.«Questo progetto pone l’Italia all’avanguardia nella trasparenza dell’informativa d’impresa», dice Matteo Pedrini, direttore della ricerca, «e creerà indici di rilevazione con validità statistica a livello nazionale che tengano conto anche di criteri ambientali, sociale e di governance. In sintesi si tratta di stabilire protocolli che garantiscano effettiva comparabilità dei dati».Fino a oggi la rendicontazione della sostenibilità ha incluso molte informazioni, ma solo una parte di essa è realmente rilevante. Alcuni indicatori trovano applicazioni differenti sia tra aziende che operano in settori diversi, sia tra aziende che producono nello stesso comparto.«Ci sono aziende che utilizzano indicatori e unità di misura differenti per rendicontare le medesime performance», prosegue Molteni. «Inoltre i dati statistici ufficiali, forniti da Istat sull’andamento economico del Paese, non bastano più per capire come si vive veramente e qual è la qualità della vita». Istat infatti non copre tutte le informazioni sulla sostenibilità. Da qui l’impossibilità di comparare le performance di sostenibilità e, per gli stakeholders, quella di giudicarle.«L’idea ultima è quella di uniformare gli indicatori rilevanti di diversi settori economici per ottenere un benchmark con Istat nei bilanci di sostenibilità», sostiene Molteni.Ma quali sono gli indicatori ritenuti realmente rilevanti sia per le imprese sia a livello macro?«Abbiamo identificato nove cause di scarsa comparabilità», prosegue Pedrini, «Per esempio, quando si parla di fornitori locali quali sono i perimetri in cui ci si muove? 50 km, la regione, la nazione? Come si devono trattare gli stagisti e gli agenti nella valutazione dell’organico? Vanno calcolati oppure no?». Dopo aver individuato indicatori comuni sulla base dei dati forniti dalle aziende che sostengono il progetto, elaboreremo un protocollo da distribuire alle aziende quotate in Borsa con la richiesta di compilare le tabelle e fornire commenti sulle indicazioni fornite».Omologare per farsi comprendere«Alcune aziende si sono poste il problema dell’omologazione dei loro dati con quelli di altre realtà economiche, ma prima ancora si sono rese conto della necessità di ottenere una rendicontazione verso l’esterno che sia confrontabile con quella di altre aziende dello stesso settore, per dare una lettura omogenea», dice Silvio de Girolamo, Csr manager di Autogrill. «Ma c’è di più. Il nostro sforzo è quello di trovare anche un allineamento tra il valore delle imprese e il valore degli stati. Nella prima fase del progetto abbiamo cercato di capire all’interno degli indicatori definiti dal Gri quali di questi potevano essere associati con quelli forniti dall’Istat. Quindi si troverà un allineamento di visione e di metrica. Per esempio, nei consumi energetici Istat misura quello del Paese, noi siamo impegnati a individuare parametri comuni in ambito aziendale e in ambito settoriale. Nella catena delle forniture legate al territorio, altro esempio, da che punto di vista lo guarda l’impresa? Città, provincia o regione? E come si misurano i rifiuti? Per volume, in metri cubi, o in tonnellate? Idem per i consumi energetici: li calcoliamo al costo o al kilowatt erogato dall’impresa di energia?».Il tema della responsabilità sociale d’impresa e il ritorno economico, non solo di reputazione, della Csr saranno al centro dell’ottava edizione del Salone della responsabilità sociale d’impresa “Tra il dire e il fare” che si svolgerà il 30 e 31 maggio prossimi all’Università Bocconi di Milano, e che lo scorso anno ha visto la partecipazione di 70 organizzazioni e oltre 3 mila visitatori.




Altra presentazione de "La guida del Sole24Ore al Crisis Management"

Si intitola “SCUSATE, ABBIAMO UN PROBLEMA:LO STABILIMENTO VA A FUOCO!” la presentazione de “La guida del Sole 24Ore al Crisis Management”, in programma martedì 19 giugno prossimo, a Padova, Sala Convegni Cassa di Risparmio del VenetoVia VIII febbraio 20, h. 17.30.
Qui puoi leggere l’invito, con l’elenco dei relatori e dei temi che verranno trattati.




Digitale e sostenibilità

Una giornata dell’orgoglio digitale,con ospiti di calibro internazionale:questo è Nuvolaverde Day, a Milano il 25 giugno. Gli interventi di tecnici, scienziati, uomini d’impresa,ricercatori, artisti 2.0, padri della robotica e intellettualiapprofondiscono alcuni aspetti del mondo della tecnologia digitale sostenibile.
Qui puoi leggere il programma e tutti i dettagli dell’evento.