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Forum ABI: un report unico per raccontare la sostenibilità delle imprese

Fare soldi non basta più. Adesso le aziende devono impegnarsi per farli bene. In maniera sostenibile. Per l’economia, l’ambiente, la società. Il tema della responsabilità sociale d’impresa (in ingleseCorporate Social Responsibility, abbreviato CSR) è al centro del Forum ABI (l’Associazione Bancaria Italiana), che si è aperto questa mattina a Roma, mentre, in contemporanea, i grandi della Terra si confrontano a Davos, in Svizzera, su come uscire dalla crisi.
Un anno dopo la prima edizione del forum, nel 2005, è nata, dalla volontà di ALTIS (l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano) e ISVI (Istituto per i Valori d’Impresa) l’associazione di professionisti CSR Manager Network, che oggi contribuisce, insieme al Global Compact Network e al Forum per la Finanza Sostenibile, all’organizzazione annuale dell’appuntamento romano.
Di come produrre responsabilmente, nel nostro Paese, si parla dunque da poco tempo, e la professione stessa del CSR Manager esiste, in Italia, da poco più di dieci anni, mentre da otto anni esiste un corso specifico di alta formazione per chi vuole intraprendere questa strada.
Ma chi sono e cosa fanno le persone che, ogni giorno, soprattutto nelle grandi aziende, si occupano di integrare i temi della sostenibilità nell’attività dell’impresa? «L’ambito in cui opera un CSR Manager è molto vasto: copre la dimensione sociale, ambientale e tutte le relazioni con gli stakeholder interni ed esterni», spiega Stefania Bertolini, segretario generale del network e direttore dell’Isvi. «Il CSR Manager ha un ruolo importante di coordinamento del lavoro altrui, definisce gli obiettivi e misura i risultati. Deve interfacciarsi ogni giorno con le diverse figure dell’azienda: non fa quindi il mestiere degli altri, ma deve conoscerlo, perché condivide con loro obiettivi e responsabilità», precisa Caterina Torcia, Social & Public Affairs Manager.
In campo ambientale, sono diverse le iniziative che può organizzare un manager della responsabilità sociale: «Adesso i grandi temi sono la mobilità e l’energia, ma anche la comunicazione sociale e ambientale. Mi vengono in mente i casi di Autogrill, che ha aperto un punto vendita ecocompatibile, o Autostrade, che in molte aree di sosta ha installato i pannelli fotovoltaici sui tetti dei parcheggi. Ancora, penso a Novamont, che ha fatto della sostenibilità il suo core business, o al gruppo Obiettivo Lavoro, che è riuscito a risparmiare in maniera significativa sul carburante delle auto aziendali facendo un corso di guida sicura ed economica ai propri dipendenti», racconta Stefania Bertolini.
Al Forum ABI i CSR Manager saranno chiamati a condividere esperienze e conoscenze con banchieri e imprenditori, per fare il punto sulla diffusione di pratiche di responsabilità sociale nelle imprese italiane e su come trasmetterle e raccontarle, in quello che viene suggestivamente definito “racconto d’impresa”. Se infatti per un’azienda è importante intraprendere azioni di sostenibilità, diventa, di conseguenza, fondamentale informarne i consumatori, l’opinione pubblica e tutti gli altri portatori di interesse.
Ma da dove partire? Una tavola rotonda del Forum sarà dedicata al Codice Etico, il documento in cui vengono formalizzati i valori radicati nel tessuto aziendale, il primo passo per un’azienda che voglia impegnarsi nella CSR. C’è poi la questione, ben più complessa, dei bilanci di sostenibilità, che rendono conto degli impatti generati rispetto alle tre dimensioni: economica, ambientale e sociale. Oggi questi bilanci, spiega Bertolini, sono difficilmente confrontabili, con il rischio che, «per la troppa diversità nell’applicazione degli standard e l’eccessiva libertà interpretativa, diventino un puro esercizio autoreferenziale, mentre è il tempo di fare sul serio e iniziare a valutare realmente le imprese attraverso bilanci comparabili». Da qui, il progetto, unico nel suo genere, che l’associazione lancerà al Forum insieme all’Istat. Lo scopo è la «creazione di indici di rilevazione, con validità statistica a livello nazionale, che tengano conto anche di criteri  ambientali, sociali e di governance».
L’evento dell’Abi sarà dunque l’occasione per parlare del superamento del bilancio di sostenibilità verso la nuova frontiera: la rendicontazione integrata. Nel  reporting integrato si dovranno cioè descrivere tutte le componenti del business (i dati finanziari uniti a quelli della sostenibilità) che contribuiscono a determinare il valore complessivo creato da un’impresa.  «Reporting integrato – spiegano all’Abi – non vuole semplicemente dire fornire più informazioni, ma progettare un nuovo modo di raccontare, in maniera chiara e trasparente, i risultati globali di un’impresa, i suoi impatti sul mercato e sugli stakeholder, la sua capacità di implementare una strategia che integri aspetti di sostenibilità dentro l’organizzazione». «In Italia, alcune aziende come Enel hanno già adottato il reporting integrato, e altre si accingono a farlo. è un discorso di lungo termine, ma l’evoluzione della rendicontazione va in questa direzione», conclude Stefania Bertolini. A livello internazionale se ne parla infatti da tempo (è stato creato anche un organismo internazionale ad hoc, l’International Integrated Reporting Committee) e in Sud Africa, per esempio, la rendicontazione integrata è diventata obbligatoria per le società quotate alla Borsa di Johannesburg.




Bayer promuove la scienza tra i giovani

Making science Make Sense è un progetto che Bayer ha lanciato a livello mondiale nel 1995. Approda in Italia nel 2007 e un anno dopo si concretizza con Crealab, un programma educativo in partnership con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano

Nato negli USA nel 1995 e lanciato in Italia nel 2007 con un concorso “Fai Volare La Tua Mente”, il progetto Making Science Make Sense ha lo scopo di promuovere la scienza tra i giovani, educando i futuri cittadini alla cultura scientifica

Il progetto MSMS ha ricevuto numerosi riconoscimenti dalla sua nascita fino ad oggi: nel 2000 l’allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton ha premiato l’impegno dei collaboratori Bayer nel promuovere come volontari la scienza tra i giovani; nel 2006, George Bush ha conferito a quest’iniziativa il “Ron Brown Award for Corporate Leadership” e Bayer è stata la prima casa farmaceutica ad ottenere questo riconoscimento; infine il “Lifetime Achievement Award” conferito a MSMS il 23 maggio 2007 come miglior esempio di programma di relazioni pubbliche.
Tra i paesi in cui Bayer opera e che hanno aderito a MSMS, ci sono, oltre all’Italia, la Francia, la Gran Bretagna e il Giappone.
I progetti nazionali di MSMS si rivolgono alle giovani generazioni, dai bambini fino agli studenti universitari, proponendo un nuovo modo di guardare alla scienza e offrendo l’occasione di mettere in pratica gli studi scientifici in maniera innovativa e stimolante.
Il progetto Crealab
Crealab costituisce proprio la concretizzazione del progetto Making Science Make Sense 2008 in Italia, in collaborazione con il Museo della Scienza e della tecnica di Milano.
Il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano ha sviluppato negli ultimi anni una metodologia educativa innovativa e riconoscibile, anche a livello internazionale al servizio della scuola e delle diverse tipologie di pubblico. Grazie alla collaborazione con il Gruppo Bayer in Italia – Gruppo internazionale con competenze chiave nei settori della Salute, della Nutrizione e dei Materiale Innovativi – il Museo della Scienza ha ideato il Progetto Crealab che offre in forma gratuita un percorso educativo per le scuole primarie e secondarie di I grado sui temi della Genetica e delle Biotecnologie. Il percorso prevede una formazione per gli insegnanti relativa alla metodologia della didattica sperimentale, al metodo di laboratorio e all’approfondimento di contenuti specifici. Ciascun insegnante potrà usufruire anche di tutoraggio a distanza da parte dei responsabili scientifici ed educativi di ciascun percorso (mail, telefono) e potrà partecipare alle giornate “Laboratori aperti”. Durante queste giornate, i laboratori saranno messi a disposizione degli insegnanti che potranno sperimentare le attività interattive con l’aiuto dei responsabili di ciascun laboratorio. Ai ragazzi viene invece fornito un kit educativo che introduce una nuova modalità di lavoro nelle scuole per l’educazione scientifica e tecnologica attraverso la fornitura di un contenitore di strumentazione scientifica e materiali di consumo selezionati e progettati per favorire la didattica di laboratorio e la partecipazione attiva degli studenti. Al kit è allegato un manuale con indicazioni utili allo svolgimento delle attività sperimentali. Il kit educativo consente agli insegnanti di progettare e di svolgere autonomamente le attività all’interno delle classi. Fornisce risorse che non sono generalmente disponibili a scuola e stimola il processo di indagine e aiuta a costruire e a sperimentare. La modalità hands-on, che per sua stessa natura viene adottata generalmente durante la visita al museo, viene così applicata anche in classe. Questo offre agli studenti maggiori opportunità di familiarizzare con il metodo scientifico e di comprendere attraverso l’esperienza personale. Sono inoltre previste attività al Museo in uno dei laboratori interattivi i lab Genetica & Biotecnologie o i lab Chimica, a seconda del tema scelto.
Negli i lab si propone un’esplorazione articolata in più sequenze di esperienze e di attività. Si parte da un fenomeno o da un oggetto simbolo e da una domanda. Si snoda una sequenza più o meno lunga di fenomeni e/o attività collegati concettualmente l’uno all’altro costruendo un percorso che lega fenomeni diversi. In questo contesto il termine “fenomeno” va inteso nel senso esteso di “qualcosa che accade”: può essere l’apparire di ombre colorate, il crescere di un vaso al tornio, la realizzazione di un foglio di carta, l’assorbimento degli infrarossi emessi da un piccolo forno elettrico. L’obiettivo è scoprire e comprendere le proprietà dei diversi materiali per poterli selezionare nella costruzione di un oggetto, e proporre esperimenti che facciano riflettere sull’importanza delle variabili che condizionano i sistemi viventi e i processi biologici. In questo modo, i ragazzi possono vivere da vicino l’esperienza dell’attività di un laboratorio scientifico, valorizzando al contempo la professionalità dei docenti e le competenze specifiche del Museo.




Eco-ospedali, arrivano i fondi

Per gli enti pubblici prestiti fino a 15 anni: copriranno il 90% dei costi. Dal 16 marzo il via alle domande per accedere ai 600 milioni sbloccati dall’Ambiente
Ospedali verdi. O ecoospedali. L’ultima“tendenza” della greeneconomy è una realtà chesta prendendo piede nella Penisola ormai da qualche anno, trainata dai benefìci in termini di risparmio energetico, da una bolletta energetica leggera e da una “scuola” di architettura sempre più innovativa e a caccia di soluzioni, anche gestionali, all’avanguardia. A dare una spinta alle Regioni virtuose che scommettono sui poli a basso consumo e ad alta efficienza arriva adesso anche il Fondo rotativo per Kyoto, rimasto nel cassetto per anni, e ora rilanciato e attuato dal Governo Monti nella cornice del rilancio e dello sviluppo post-rigore. Si tratta di un prestito agevolato gestito da Cassa depositi e prestiti insieme al ministero dell’Ambiente e ad alcune Regioni (che hanno scelto la gestione in proprio delle pratiche) che distribuirà nei prossimi anni 600 milioni di euro (di cui 200 milioni disponibili subito per i progetti 2012). Vediamo come funzionerà. Innanzitutto occhio al calendario.Il primo marzo è approdata in Gazzetta Ufficiale la circolare di attuazione che di fatto vara le nuove agevolazioni (Gu n. 52/2012). Inoltre è già disponibile on line l’applicativo di Cassa depositi e prestiti per l’accreditamento dei soggetti beneficiari, passaggio necessario prima dell’invio della domanda per accedere ai prestiti. Ma il clic day vero e proprio inizierà il 16 marzo, quando sarà materialmente possibile inviare la documentazione alla Cdp o alle cinque Regioni che hanno deciso di gestire in proprio le pratiche (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte). Questo primo ciclo di programmazione si concluderà sulla carta il 14 luglio ma dal momento che le operazioni sono “a sportello”, in realtà, potrebbe chiudersi prima a esaurimento delle risorse. Le misure destinatarie dei prestiti sono sette, ma solo alcune si rivolgono specificamente alla “riconversione” in chiave ecologica delle strutture ospedaliere. Tra queste tre hanno natura concorrente e dunque subiscono una ripartizione dei fondi a livello regionale: per l’asse rinnovabili ci sono 10 milioni, per gli usi finali (involucro, infissi, vetri ecc.) 130 milioni e per la micro generazione diffusa (riscaldamento e raffrescamento) altri 25 milioni. La ripartizione regionale delle misure è contenuta nel vademecum pubblicato sul sito di Cdp, ma la Regione “assopigliatutto” è a sorpresa la Calabria, con 12,8 milioni di euro stanziati sul capitolo “usi finali”. Segue la Sicilia con 12,4 milioni sulla stessa voce e subito dopo la Puglia con circa 11 milioni. Altri 5 milioni di euro, poi, sono destinati alla ricerca sempre in materia di risparmio energetico. Per quest’ultimo asse possono fare istanza gli istituti superiori di ricerca, sia pubblici che privati, le università e i loro consorzi. In questo caso il tetto massimo è di 1 milione di euro e la copertura è del 50 per cento dei costi. Per i soggetti pubblici, come gli ospedali e i poli universitari, le condizioni sono molto favorevoli. Il prestito di scopo è innanziutto parametrato su una copertura maggiore delle spese degli interventi (90%dei costi contro il 70% concesso alle imprese), nel caso degli“usi finali” con un tetto di 1,5 milioni. Stessa soglia se l’intervento oggetto del prestito presenta le caratteristiche di un progetto integrato e cioè contempliun mix di interventi tra microgenerazione diffusa, rinnovabili, e usi finali.La durata del prestito va da un minimo di 3 a un massimo di 15 anni, con un tasso d’interesse agevolato dello 0,5 percento che verrà riiniettato nella dotazione del Fondo. La dotazione è rotativa, il che implica un rientro delle risorse maggiorate degli interessi, pari -secondo le stime del ministero dell’Ambiente – a un investimento complessivo di 1,2 miliardi di euro per effetto dell’anatocismo e della parte dei costi non coperta dalle agevolazioni. L’altro vincolo che il pubblico dovrà rispettare è quello legato agli indici di indebitamento. A differenza dei soggetti privati e delle imprese soggetti alla regola Ue del “de minimis” (il tetto di 200mila euro in tre anni per le sovvenzioni da parte dello Stato) la pubblica amministrazione dovrà farei conti con i propri bilanci e con il patto di stabilità. Eppure quella offerta da Kyoto resta una chance da non perdere. Soprattutto in un contesto di crisi profonda e con un credit crunch che deprime la capacità di spesa. Ne è convinto Antonio Strambaci, vicecapo di gabinetto del ministro dell’Ambiente Corrado Clini: «In base alla mia esperienza in generale c’è una grande propensione nei confronti dei progetti destinati al risparmio e all’efficienza energetica degli edifici e a quelli per le fonti rinnovabili. Perquanto riguarda lo specifico degli enti pubblici, e quindi anche degli ospedali, credo che quella offerta dal Fondo Kyoto sia un’occasione per adempiere a una serie di norme tra cui in primis la direttiva31/2010 che imporrà alla pubblica amministrazione di riconvertire i propri edifici a“energia quasi zero” a decorrere dal 2019». Il ministero dell’Ambiente ha già avuto riscontro in passato di progetti simili: «Sugli eco-ospedali abbiamo dei dati che ci dicono molto dell’interesse che gravita attorno a queste soluzioni ambientali. Il dicastero di via Crisotforo Colombo ha lanciato nel 2010 un bando destinato alle strutture ospedaliere delle Regioni Convergenza e cioè Calabria, Campania, Puglia e Sicilia: il bando aveva una dotazione di 60 milioni di euro e ci sono arrivate richieste per 250 milioni di euro». Al puzzle delle procedure del Fondo per Kyoto manca però un ultimo passaggio, ancora in via di definizione. Si tratta dell’elenco delle banche aderenti all’iniziativa. «L’elenco arriverà entro la data di apertura dello sportello e cioè il 16 marzo – prosegue Strambaci- assicurando così il normale svolgimento delle procedure di accesso ai prestiti. A breve inoltre pubblicheremo la tabella definitiva con i massimali delle commissioni richieste dalle banche sulle operazioni: le abbiamo rese più appetibili per agevolare la maggiore accessibilità al Fondo». Se il buongiorno si vededal mattino il Fondo promette già un boom di richieste: «Nei primi 3 giorni di apertura dell’applicativo web sul sito di Cassa depositi e prestiti – conclude Strambaci – sono stati attivati 2.000 accreditamenti». Bisogna affrettarsi, dunque. Le procedure sono pubblicate sul sito di Cdp all’indirizzo www.cassaddpp.it.




Allons Enfants Des Elections

Mancano 23 giorni alle elezioni presidenziali qui in Francia. Non si parla d’altro.
La campagna elettorale sta entrando in un periodo estremamente caldo, i 10 candidati stanno ormai facendo a gara a chi la spara più grossa, perché qui funziona cosi’, facendo anche impallidire le nostre piccole, provinciali promesse da marinaio dei nostri candidati.
Ma l’aspetto che ci interessa maggiormente di questa campagna é la comunicazione feroce e instancabile che i pretendenti al soglio presidenziale hanno messo in campo.
Dal presidente uscente Sarkozy fino allo sconosciuto Jacques Cheminade tutti stanno giocando su vari tavoli. C’é il salone dell’agricoltura ? Via alla corsa a chi accarezza il maggior numero di mucche toccando, qua e là, anche una mammella sorridendo alle telecamere. C’é il salone del formaggio rancido, molletta sul naso e si corre ad assaggiare il più improbabile dei prodotti della sacra e intoccabile agricoltura francese. Il tutto, ça va sans dire, sorridendo davanti microfoni e macchine fotografiche di folle di giornalisti e sostenitori. Per finire infine, ogni 2 giorni, con l’immancabile rumoroso e festante congresso in qualche sala di provincia di fronte a bandiere e striscioni. Sembra di essere a Detroit a una convention colorata dei partiti americani, e magari siamo solo a Clermont Ferrand. Altra storia. Per non parlare poi dei mercati rionali in cui, per due mesi, é più facile trovare una foto sorridente di François Hollande o Marine Le Pen piuttosto che due limoni e una lattuga. Foto che peraltro hanno invaso ogni angolo del regno di Francia e di Navarra, perché la guerra é dura e nessuno, checché se ne dica, sa ancora come andrà a finire.
Il Presidente uscente Nicolas Sarkozy ha svelato la sua campagna poche settimane fa, suscitando qualche perplessità non soltanto tra le sue fila, ma anche in quelle degli osservatori esterni (come me per esempio).

Il suo slogan « La France Forte » é piuttosto strano, suona male, ha una pronuncia che fa subito pensare a Francoforte, e per i nipotini dei soldati che hanno guerreggiato a Verdun, malgrado l’Unione Europea e le foto di rito con la Cancelliera Merkel, la Germania resta il nemico storico e secolare. D’altronde, dopo qualche tentativo sembra ormai accantonata l’idea di far partecipare la Merkel alla campagna elettorale del presidente Sarkozy , per lo stesso motivo di cui sopra. Un boche* resta un boche*. Lo stesso concetto di « forte » suscita dubbi, soprattutto nel suo elettorato centrista, la « forza » é un concetto delicato nella Francia della V repubblica, troppe resistenze, troppe paure, va usato con parsimonia, a meno di mediare con qualcosa che ne riduca l’effetto.
Tralaltro, e questo é tutto tranne che un dettaglio, nel 1981, il presidente allora uscente Giscard d’Estaing utilizzo’ come slogan proprio la “France Forte”, perdendo contro Mitterrand che sconfisse il Presidente uscente Giscard D’Estaing proponendo un messaggio che é entrato nella storia della comunicazione politica, la famosa « Force Tranquille » ideata dal guru della Comunicazione Jacques Seguela (Uno che in 31 anni ha avuto tutto il tempo per dire cose molto meno intelligenti, fidatevi). Voglio dire, va bene che la scaramanzia é una sciocchezza, ma a tutto c’é un limite.


La stessa foto scelta dai collaboratori di Nicolas 1er per l’immagine di campagna sembra meno convincente di quella del 2002. Sette anni fa il candidato che poi avrebbe vinto le elezioni guardava dritto negli occhi gli elettori, ora invece guarda a destra, probabilmente, mi viene da pensare, per non sentire i sensi di colpa di un quinquennato di cui resteranno pochi cenni sui libri di scuola. Ma ancora più forte é la scelta del fondo che lascia sempre più perplessi, mentre François Mitterrand, sempre nel 1981, aveva messo come sfondo la rassicurante campagna francese, con l’immancabile e tanto caro campanile, Sarko ha scelta il mare, calmo, tranquillo. Forse la voglia di mediare la France Forte con la tranquillità di un orizzonte piatto. Complicato come dittongo visuale. Troppe riflessioni deve fare l’elettore per capire che il presidente uscente si presenta come il capitano di una nave che avanza sicura tra i flutti delle cose della vita. Cosi’ almeno ho capito io.
Ma va detto, a onor del vero, che l’attualità non aiuta. Innanzitutto non ha aiutato la specificazione che la foto scelta come sfondo rappresenti il mar Egeo, voglio dire io, personalmente, i mari greci come metafora li lascerei da parte e poi tutti i francesi hanno ancora nella testa e soprattutto negli occhi le immagini del naufragio della Costa Concordia. Ecco, appena uscite i primi poster della campagna del presidente uscente non pochi sono stati gli elettori che hanno visto la Francia come un pachidermico transatlantico adagiato alla deriva del mar mediterraneo. No, decisamente, sembra funzionare poco lo slogan e l’immagine scelta dal marito di Carla Bruni. Anzi non sono pochi i pastiches della campagna che girano sui social networks. Come, ad esempio, l’immagine utilizzata con il logo della Costa Crociere, oppure il maquillage del viso del presidente Sarkozy trasformato in un vampiro con i canini affilati, e la « France Forte » diventa la « France Morte ».


No, non sono il solo a pensare che alcune scelte di comunicazione dell’inquilino uscente dell’Eliseo sono abbastanza discutibili. Per questo, visti i sondaggi per ora piuttosto sfavorevoli, Sarko sta alzando i toni della sua campagna. Ma questo poi, é un altro discorso.
* “Boche” da sempre é la maniera dispregiativa con cui i francesi chiamano i tedeschi.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/dire-fare-baciare-lettera-pubblicita-e-comunicazione/allons-enfants-des-elections-1#ixzz1rBkZSYXp




TUTTO SI RIPETE PERCHE’ TUTTO SI CONOSCE… O QUASI!

Noam Chomsky è un linguista statunitense che ha codificato le 10 Strategie della Manipolazione attraverso i mass media.
Leggendole ti stupirai di come queste tecniche vengano applicate alla lettera in questo periodo.
Come sempre ogni tuo commento, impressione o spunto di riflessione è gradito.
Per questo mese il mio lavoro è finito, ora tocca a Noam.
Ti consiglio di cercare informazionioni su Noam attraverso i canali che riterrai opportuni.
Buona lettura e… apri gli occhi!
1-La strategia della distrazione. L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza. Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni. Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione. Sfruttate l’emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un’analisi razionale e, infine, il senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori”.
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti …
9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s’incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.