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TESI DI LAUREA: Una nuova mappatura degli stakeholders: strumenti innovativi per una raffigurazione oggettiva delle relazioni tra l'azienda ed i suoi pubblici

SDA Bocconi – Master in Management delle Imprese Sociali, Non Profit e Cooperative, edizione 2010

Una nuova mappatura degli stakeholders: strumenti innovativi per una raffigurazione oggettiva delle relazioni tra l’azienda ed i suoi pubblici

Tesi di fine master di Francesca Delpiano – Tutor SDA Filippo Giordano, Tutor aziendale Luca Poma

A questo link, il testo integrale della Tesi (54 pagine), qui di seguito, il testo dell’Introduzione della tesi:


INTRODUZIONE

Questa tesi nasce dalla mia esperienza di tirocinio all’interno di Guna Spa per conto di Luca Poma, giornalista e consulente in CSR e Comunicazione.
La ricerca, oltre a promuovere il concetto di responsabilità sociale come dimensione strategica che riguarda tutti gli ambiti della gestione d’impresa, si propone di dimostrare che l’attenzione rivolta agli stakeholder è un elemento fondamentale per il successo dell’azienda. Si prefigge inoltre l’obiettivo di dare riscontro all’esigenza sempre più sentita di una misurazione della CSR, che viene affrontato presentando uno strumento che valuta in modo analitico il grado e la tipologia della  responsabilità sociale aziendale.
La struttura si articola in tre capitoli. Il primo è di carattere introduttivo e descrive l’azienda Guna Spa attraverso l’illustrazione del profilo aziendale ed un resoconto di iniziative di responsabilità sociale implementate negli ultimi anni, che danno prova dell’approccio strategico alla gestione di impresa adottato da Guna con il fine di creare ricchezza non soltanto economica, ma anche sociale, culturale ed ambientale.
Nel secondo capitolo viene introdotta la stakeholder theory per indicare che oltre coloro che detengono il capitale (shareholder) esistono anche parti che hanno una “posta in gioco” di grande rilievo nel raggiungimento degli obiettivi di aziendali (stakeholder). Questa teoria e la responsabilità sociale di Guna identificano la capacità di creare valore d’impresa con la necessità di costruire rapporti positivi e duraturi con gli stakeholder e rappresentano il presupposto per la raffigurazione di una mappatura innovativa dei pubblici d’interesse dell’azienda elaborata dallo staff di comunicazione e CSR.
L’ultimo capitolo, infine, è dedicato interamente alla proposta di un criterio riproducibile di determinazione del posizionamento degli stakeholder sulla mappa proposta nel capitolo 2. Attraverso un primo form da compilare per avere una prima visione di insieme sulla CSR dell’azienda, un questionario di valutazione ed una checklist per ogni stakeholder, si definisce un quadro di riferimento univoco e standardizzato che permette la comparazione tra imprese sulle performance che concorrono allo sviluppo sostenibile




TESI DI LAUREA: La formalizzazione della CSR: obiettivi e strumenti

Politecnico di Milano – Facoltà di ingeneria dei sistemi
Corso di Laurea Ingegneria Gestionale
Anno Accademico 2009 – 2010

La formalizzazione della CSR: obiettivi e strumenti

Tesi di Laurea di Chiatra Motta e Mariachiara Suman – Relatore Prof. Paolo Maccarrone

A questo link, il testo integrale della Tesi (323 pagine), qui di seguito, l’abstract della tesi:


ABSTRACT

Il mondo imprenditoriale ed il mercato hanno maturato la consapevolezza dell’urgenza di dovere investire in attività socialmente responsabili e giudicate di grande importanza da parte dei loro principali portatori di interesse. Da questa consapevolezza nasce il cambiamento che da anni sta permeando il mondo del business. Non solo, le molteplici iniziative che ricadono nell’ambito tematico della CSR iniziano ad essere percepite come un fattore strategico, un’opportunità ed una leva sulla competitività. Secondo questa visione, le imprese non possono prescindere dalla propria responsabilità sociale, considerata uno strumento strategico in grado di portare benefici alla società ed all’ambiente, e allo stesso tempo rafforzare il vantaggio competitivo aziendale.

Alcuni autori, basandosi sul contesto attuale, ritengono che le imprese utilizzino gli strumenti di formalizzazione della CSR meramente come mezzo per giustificare le proprie azioni al mondo esterno e nascondere i propri reali interessi. In questo senso la CSR rappresenta la risposta delle imprese alla crescente richiesta da parte del pubblico e dei media di rendicontare le attività aziendali, con l’unico scopo di ottenere legittimazione. Queste critiche sono attualmente oggetto di dibattito, inasprito dalla imminente introduzione della certificazione ISO 26000. Il problema discusso fa riferimento al contrasto esistente tra la CSR intesa in senso “cosmetico”, finalizzata ad ottenere legittimazione e incrementare la propria reputazione, e quella che, invece, viene realmente integrata nella strategia aziendale, ritenuta portatrice di una serie di vantaggi ulteriori per l’impresa.

A partire dal dibattito sopramenzionato e dall’analisi della letteratura, la presente ricerca avrà lo scopo di identificare quali sono i vantaggi che le imprese hanno conseguito attraverso il processo di formalizzazione della CSR. Si vuole indagare se gli obiettivi delle imprese relativi ai vantaggi dell’adozione degli strumenti siano di tipo reputazionale, oppure se le imprese ricerchino benefici che abbiano un impatto interno. L’analisi dei vantaggi attesi permette di individuare i diversi approcci alla formalizzazione che le imprese possono adottare in tale processo.




TESI DI LAUREA: La partnership strategica fra imprese ed enti non profit come fonte di vantaggio competitivo

Politecnico di Milano – Facoltà di ingeneria dei sistemi
Corso di Laurea Ingegneria Gestionale
Anno Accademico 2009 – 2010

La partnership strategica fra imprese ed enti non profit come fonte di vantaggio competitivo

Tesi di Laurea Specialistica di Caracciolo Lagrotteria – Relatore Prof. Paolo Maccarrone

A questo link, il testo integrale della Tesi (235 pagine), qui di seguito, il sommario della tesi:


SOMMARIO

La seguente trattazione si propone di approfondire i vantaggi competitivi ottenibili dall’impresa che intraprende pratiche di CSR in forma di partnership strategica con un ente non profit. Analizzando la letteratura esistente in materia e conducendo una ricerca esplorativa, attraverso lo studio di casi reali di collaborazioni, l’alleanza strategica con il Terzo Settore verrà delineata come uno strumento competitivo, in grado di conciliare efficacemente le istanze socio‐responsabili con il fine ultimo dell’impresa, ossia la creazione di valore per i soci/azionisti in modo duraturo nel tempo. Nella fattispecie, si indagheranno le modalità gestionali critiche della collaborazione e come il loro presidio sia fonte di valore economico.

La partnership tra profit e non profit si sta rivelando un fenomeno sempre più diffuso, che sovente le imprese sviluppano e comunicano all’esterno, in quanto elemento funzionale ad un efficiente ed efficace raggiungimento degli obiettivi socio‐ambientali. Se la collaborazione si lega al core business aziendale e impatta in modo consistente sui suoi processi, si configura allora come “strategica”, divenendo in grado di apportare benefici competitivi al business dell’impresa, a patto che risulti
correttamente impostata e governata nelle sue leve gestionali più critiche.

A partire dai contributi più significativi in materia, si provvederà allo sviluppo di un framework teorico che metta in evidenza i legami esistenti fra modalità di conduzione della partnership strategica e benefici competitivi ottenibili dall’impresa.

Grazie all’analisi empirica, sarà quindi possibile colmare i gap presenti in letteratura, relativi ai driver di gestione delle alleanze e al loro impatto specifico sulla competitività. Si farà riferimento allo studio di quattro casi di partnership strategica intraprese da aziende italiane ed organizzazioni non profit, approfondite attraverso la conduzione di interviste ai vari soggetti coinvolti, sia dal lato profit che non profit.

Parole chiave: competitività; non profit; CSR; partnership; social partnership




Shop and Chic

Supermercati dove alla cassa si paga con un leggero tocco della mano lasciando la propria impronta digitale: ristoranti con menu poli sensoriali e senza i fumi della cucina. Farmacie dove si possono consultare le schede dei prodotti prima di ogni acquisto. Locali adibiti al cambio delle gomme delle auto dove nell’attesa si può assistere ad eventi culturali e prendere un aperitivo. Negozi di bambole con sei piani ricolmi solo di Barbie, dove ragazze di ogni età possono vestirsi e truccarsi come lei, e poi uscire anche senza aver comprato nulla. Perché anche questa è “shopping experience”. Sono le nuove frontiere del consumo. Troppo riduttivo chiamarlo commercio. Se la crisi impoverisce e cambia le regole c’è chi non si ferma ma, anzi rilancia. C’è chi investe pensando non a quello che ha perduto ma a quello che verrà, cercando di soddisfare le esigenze di target diversi, di popolazioni molteplici, di tribù urbane che hanno già cambiato i propri stili di vita. I nuovi templi del consumo, gli ambienti del retail più innovativo, creano percorsi di new shopping dove si coniugano esperienze commerciali e culturali, dove si offrono prodotti e servizi, in un sistema di relazioni sempre più complesso dove l’acquisto non è l’atto finale, ma solo il punto di partenza. “I clienti cambiano velocemente i modi di vita e i modelli di shopping, e il retail oggi è sempre più trasversale”, spiega Fabrizio Valente, sociologo, fondatore di Kiki Lab, centro di consulenza per il retail che ha curato l’ultima edizione della ricerca internazionale “Retail Innovation”. “Si usano canali fisici e digitali, i servizi competono con i prodotti. Il sistema di vendita oggi è una relazione a 360 gradi, utilizza negozi, i siti, il passaparola dei blog e dei social network. Le sfide sono evolute: l’obiettivo non è solo vendere una merce, ma conquistare le persone-consumatori-clienti”. È una trasformazione globale, che vede protagoniste Shanghai e Londra come Parigi e Bologna, San Paolo e Hanoi. Le tendenze sono molteplici, come i bisogni dei consumatori: risparmio di tempo, eco sostenibilitá, lusso accessibile, velocizzazione del processo d’acquisto, tecnologia friendly. Ma si fanno strada anche luoghi ibridi, che sovvertono le regole: posti dove si può acquistare un pasto veloce e un libro, mangiare e fare una lezione di cucina, comprare accessori e ascoltare una conferenza. Centri dove si soddisfano bisogni materiali e immateriali. Si può comprare, apprendere, socializzare, sperimentare.
SPEEDY MARKET
I clienti chiedono una sempre maggiore flessibilità, i percorsi dello shopping devono essere leggeri, fruibili: il tempo è il nuovo lusso. Si trova a Livorno un supermercato unico in Europa, dove la spesa di fa senza file, passando il lettore ottico sulle etichette. “Ho diviso il fresco dal resto dei produttori; il primo si compra in modo tradizionale, per l’altra merce il cliente ritira all’ingresso il lettore ottico col quale fare gli ordini senza bisogno di carrello”, spiega Roberto Chelicci, proprietario di Sconto Maxi, un nuovo concept di supermercato che velocizza la spesa. “Sugli scaffali i prodotti sono semplicemente esposti come campioni. La modalità è quella del self scanning: s’indirizza il lettore ottico sul codice a barre delle etichette, scelti i prodotti si arriva ad alcune postazioni a cui collegare il lettore, da qui l’ordine viene trasferito in magazzino dove gli addetti si occupano di preparare le borse della spesa e consegnarle. Non ci sono file e la velocità nel fare la spesa ci sta premiando”. Acquisti ancora più veloci in Svezia, dove è stato aperto Laxomat, un negozio automatico di soli 27 mq, sempre accessibile, aperto 24 ore: vende piatti da asporto sia freschi che cucinati, si entra facendo scorrere la carta di credito, si mettono i prodotti scelti su un cestino che alla fine viene appoggiato sulla cassa e qui grazie alla tecnologia Rfid, su uno schermo viene visualizzato tutto il contenuto e il conto. Per ritirare la spesa bisogna passare ancora una volta la carta di credito. Visto il successo sono stati aperti altri tre centri, anche perchè la richiesta di piatti pronti a qualsiasi ora è in crescita.
FOOD MA NON SOLO
“Lo shopping cambia con gli stili di vita.. Le popolazioni urbane formate da single, giovani coppie, lavoratori con poco tempo a disposizione, stanno trasformando le modalità di consumo. I punti di vendita si organizzano in funzione di questi target che hanno esigenze sempre più precise”, spiega Fabio Salvati, consulente in strategia di marketing e retail: “Tende a ridursi il formato generalista, mentre cresce quello orientato a segmenti particolari di popolazione. Un settore dove le trasformazioni sono più evidenti è quello dell’alimentazione, dove si fa sempre più sottile la linea tra ristorante e vendita al dettaglio”. A Parigi Chez Jean è quella che viene definita un’area retail ibrida, formula sempre più diffusa. In questo caso snack bar, panificio, pasticceria, edicola vendita di fiori freschi, di bestseller e biglietti della lotteria, ma ci sono anche postazioni Wi-Fi e totem per la ricarica di cellulari. Offerte veloci per le tribù metropolitane a caccia di spazi multimediali e a corto di tempo. Al centro c’è il settore alimentare con diverse opzioni: si può consumare sul posto o portare via. L’iniziativa ha avuto successo, in breve tempo sono moltiplicati i punti vendita, cinque solo nel 2010. Recipeace invece è in Gran Bretagna, è l’ultima iniziativa del famoso chef  Jeame Oliver. Tutto ruota intorno all’idea di un centro dove oltre ad acquistare i prodotti i clienti possono cucinare utilizzando gli ingredienti che hanno comprato, sotto la guida di professionisti, e poi, volendo, mangiare la propria creazione. I piatti più facili da fare sono preparati in 10 minuti. Anche in questo caso, possono essere mangiati sul posto o a casa.
IL LUSSO ACCESSIBILE
“Da tempo ormai si sta facendo strada una nuova esigenza: la qualità accessibile, il lusso democratico. Merci e servizi da acquistare anche occasionalmente, ma che non siano destinati soltanto ad un’èlite”, spiega Fabrizio Valente. Spazio Ambasciatori a Bologna, 1.550 mq su tre piani, rappresenta questa tendenza “anti snob”. È uno spazio nel centro storico ad alta intensità sociale, che mette insieme cultura e cibo, la biblioteca e l’osteria. Ci si può mangiare, degustare vini e partecipare ad eventi culturali. L’iniziativa è stata voluta da Librerie Coop e Eataly, quest’ultima una creatura di Oscar Farinetti, leggenda del retail italiano. “Abbiamo voluto creare nel centro storico un luogo per un pubblico di tutte le età e di tutte le fasce di reddito”, spiega Tiziana Primori, direttore di Coop Adriatica: “L’obiettivo è qualità ma non solo per l’èlite, creare un luogo dove si intrecciano diverse esperienze e si declina la cultura in più modi”. Cibo come cultura e cultura come cibo.
ECO-SHOPPING
I consumatori sono sempre più informati e sensibili ai valori ambienti, cercano prodotti ecologici, a basso consumo energetico, così sono molti i negozi che si stanno attrezzando per le nuove richieste anche perchè ciò che è politicamente economica. In Francia Kbane è un negozio in cui si è pensato di riassumere tutte le esigenze vendendo prodotti e tecniche di costruzione e gestione sostenibile per la casa: vernici naturali, pavimenti ricavati da alberi sostenibili, lampade a basso consumo. Oltre ai prodotti, si offrono anche diagnosi energetiche per le abitazioni e servizi di istallazione. Kbane è qualcosa di più di un progetto pilota: è piuttosto un laboratorio con prodotti e servizi da testare, già pronti per essere lanciati nel mass market. In Italia Saturn di Verano Brianza è un megastore dedicato all’elettronica di consumo, ha il più grande spazio dedicato ai videogame in Italia, zone interattive e- inaspettatamente- una tradizionale angolo cartoleria. Con l’iniziativa Uso & Consumo si può calcolare il risparmio di risorse ottenibile con prodotti verdi e la convenienza economica in base agli anni previsti di utilizzo del prodotto. Ecogrill invece è il primo edificio tutto sostenibile di Autogrill, lungo la strada Ravenna-Terni: ha una struttura realizzata in poliestere espanso, un sistema geotermico a pompa di calore, finestre orientare per godere al massimo della luce naturale, led di ultima generazione. Il risultato è un risparmio del 35 per cento sui costi di gestione e un modello di sostenibilità.
LA SPESA DIGITALE
La tecnologia nei punti vendita tende a concentrarsi sulle case: la parte più noiosa dello shopping, e settore costoso perchè richiede personale. La parola d’ordine è cambiare. Un metodo è quello del self scanning: un lettore ottico da passare sul codice a barre, una volta giunti alla cassa  si passa su un terminale e appare il conto. Altra cosa è il self check out, la cassa fai-da-te, dove il cliente passa da solo i prodotti sullo scanner. Ma è la Rfid (Radio frequency identificatio) la tecnologia del futuro, che crea un ponte tra il mondo fisico e quello digitale: minuscoli sensori non visibili vengono inseriti in qualsiasi prodotto, un lettore alla fine della spesa legge quello che si è accumulato nel carrello, lo registra e lo addebita sulla carta di credito.




Aziende Mancine

Il rapporto tra scienze del comportamento animale, strategie di comunicazione e CSR
di Luca Poma – pubblicato su Ferpi News
AZIENDE MANCINE.pdf