Wall Street alza il prezzo dei brevetti
Una serie di recenti operazioni finanziarie ha alzato drasticamente il valore economico della proprietà intellettuale.
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Una serie di recenti operazioni finanziarie ha alzato drasticamente il valore economico della proprietà intellettuale.
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Cresce la propensione dei consumatori a ‘punire’ le imprese che non rispondono a questo nuovo sistema di attese
Un concetto di azienda ‘diversa’, che garantisce beni e servizi, prodotti e forniti al mercato nel rispetto dei vincoli etici e sociali che legano l’azienda al contesto economico in cui opera, e che mette al bando comportamenti illegali o distorti come l’utilizzo del lavoro infantile e forzato o le discriminazioni di ogni genere. E’ l’azienda che opera in Csr (Corporate Social Responsibility Corporate Social Responsibility), pratica definita già nel 2001 dal Libro Verde della Commissione europea e ripresa dal Testo unico sulla sicurezza del lavoro del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali italiano. In questi anni, la CSR si è fatta strada, in molti settori produttivi e di servizi. Ora la VI Rilevazione MopAmbiente-Risl condotta da GfK Eurisko, sulle opinioni degli italiani in materia di ambiente e energia, fa il punto sul tema della Social Responsibility, che risulta sempre più rilevante agli occhi dei consumatori e delle imprese.
Per gli italiani, il concetto di Csr è, innanzitutto, un concetto ‘green’ concetto ‘green’. Alla domanda “Cosa significa operare e produrre in maniera responsabile?”, infatti, il61% degli italiani, risponde “il rispetto dell’ambiente”. Dalla Rilevazione MopAmbiente emerge che anche il contributo allo sviluppo dei territori e delle comunità dove opera l’impresa, la trasparenza nella comunicazione, il contributo allo sviluppo economico del Paese sono però necessari, alla credibilità e all’efficacia di un progetto di sostenibilità di impresa. Si afferma, perciò, un modello di responsabilità multidimensionale, che non si esaurisce, cioè, in una singola priorità di azione.
La ricerca rivela che una larga maggioranza degli intervistati (70%) attribuisce grande rilevanza della responsabilità sociale di impresa, dicendosi anche favorevole al sostegno economico alla aziende che operano e producono in maniera socialmente responsabile. Una maggioranza ancora più vasta (88%) degli intervistati è favorevole all’ipotesi di interventi pubblici a sostegno della responsabilità sociale di impresa (a condizione che non richiedano più tasse); il 62% è disponibile a pagare personalmente di più per beni e servizi prodotti in maniera ‘responsabile’.
“Le aspettative dei consumatori sono dunque elevate – riassumono i ricercatori Mopambiente-Risl – ma è una sfida che per le imprese è importante cogliere: diverse ricerche, anche internazionali, rilevano in Italia (ma non solo) una crescente propensione dei consumatori a p crescente propensione dei consumatori a punire le i unire le imprese che non rispondono a questo nuovo mprese che non rispondono a questo nuovo sistema di sistema di attese”. Gli italiani confermano quindi grande interesse e coinvolgimento verso i temi ambientali ed esprimono una crescente consapevolezza della rilevanza del contributo individuale per l’innesco di processi virtuosi. Alla crescita di impegno e attenzione da parte dei consumatori corrisponde una crescita delle aspettative nei confronti delle istituzioni pubbliche e delle imprese: i consumatori chiedono di partecipare, scegliere ed essere informati e sempre più ‘puniscono’ le aziende che non rispondono adeguatamente al nuovo sistema di attese sulla sostenibilità.
Molto si è scritto su “Scientology”, organizzazione definita a volte setta, a volte “nuova religione”, a volte “gruppo per il miglioramento personale”, ma spesso descritta con toni esacerbati e un po’ apocalittici[1]: una copertina di Panorama titolava “Scientology Spa”, con foto in primo piano del più noto “testimonial” americano di Scientology, Tom Cruise, e con un minuzioso rendiconto giornalistico delle fonti di approvvigionamento di denaro di quello che è definito il più redditizio tra i nuovi movimenti religiosi – o presunti tali – dell’intero pianeta. Per contro, in più occasioni i portavoce di Scientology hanno contestato questa visione unilaterale del loro operato. Marco Natale, Direttore degli Affari Pubblici della Chiesa di Scientology di Milano, la più grande d’Italia, scriveva in risposta all’inchiesta su Panorama[2], in una email inviata a Rossitto[3]: “Vi è da parte nostra solo lo scotto, pagato negli anni passati, di un trattamento negativo che la stampa e i media hanno voluto riservarci, dipingendoci come una setta mangiasoldi che irretisce i suoi adepti lavandogli il cervello e mettendo in ampio risalto, sempre o quasi sempre, le voci critiche, talvolta violente, che da decenni trovano spazio e preponderanza nelle inchieste come questa. Ci vengono attribuite storie inverosimili e delittuose, intese sempre a dimostrare che la Chiesa di Scientology sia pericolosa, spietata nell’attaccare chi l’attacca, falsa e vile coi suoi stessi fedeli, i quali, plagiati, non si accorgono di quanto sta loro accadendo, mentre sono intenti a riversare fiumi del loro denaro all’interno dell’Istituto (…)”.
Pochi tra i colleghi – forse nessuno in Italia – hanno tuttavia avuto la possibilità di osservare e studiare il movimento “dall’interno”, occasione che ho avuto a cavallo della metà degli anni ’90, quando ho frequentato la Chiesa di Scientology per circa un quinquennio, seguendo con interesse un percorso di formazione e miglioramento, segnatamente sui temi della comunicazione in pubblico e one-to-one, tecniche sulle quali il fondatore Lafayette Ronald Hubbard era un maestro. Leader carismatico in grado di alimentare un vero e proprio culto della personalità già quand’era in vita, secondo i gossip amante delle auto sportive, delle belle donne e delle dimore di lusso, Hubbard riorganizzò una serie di conoscenze in larga parte già note, razionalizzandole e rendendole agevolmente fruibili anche all’uomo della strada: codici utili – se applicati correttamente – per migliorare vari aspetti della propria personalità, guidando l’adepto in un percorso per certi versi di tipo psicoanalitico alla ricerca dei momenti di turbamento del passato, per riprendere familiarità con essi, rimuovendo i “blocchi psicologici” e trasformando un individuo frustrato e parzialmente inibito – quindi “inefficiente” verso se stesso e nei confronti del gruppo di appartenenza, secondo quell’approccio pragmatico tipico dell’iper-semplicismo americano – in un individuo nuovamente capace di sognare, osare, e superare con successo i propri limiti[4]. Obiettivo di per se di valore, a volte raggiunto a volte no, come testimonia l’elevato turn-over sia degli adepti che dei membri dello staff interno. Ma le critiche negli ultimi anni si concentrano non tanto sul fine quanto sui mezzi utilizzati per raggiungerlo, nonchè sul “prezzo da pagare” – in termini economici, ma anche di assoluta uniformità al pensiero dominante dell’organizzazione – per riuscire ad essere un “buon Scientologo”. Dal canto mio, mi allontanai prendendo nettamente le distanze da quel gruppo dopo lo “scandalo” suscitato internamente – con mia viva sorpresa – dalla circolazione di un mio short-form di taglio giornalistico dal titolo “Saggio non antagonista sulla Chiesa di Scientology: una religione contemporanea vista dall’interno”, nel quale illustravo una serie di riflessioni critiche sui metodi di gestione del gruppo. Poi presi ulteriormente le distanze pubblicando una “Lettera aperta alla Chiesa di Scientology” facilmente reperibile on-line, e pubblicata anche sul sito della nota esperta di nuovi movimenti religiosi Prof. Raffaella Di Marzio. L’inesistenza di acredine da parte mia verso l’organizzazione, della quale – nonostante il mio fermo dissenso – non mi sento e non mi sono mai sentito un “nemico”, mi ha permesso e mi permette tutt’ora un approccio lucido e non viziato da preconcetti al tema “Scientology” e a tutte le implicazioni che una campagna permanente di proselitismo ha per la cittadinanza ma anche per noi addetti ai lavori del settore comunicazione.
Non è sugli aspetti dottrinali che voglio concentrare la mia e vostra attenzione, bensì sulle strategie di relazioni pubbliche e comunicazione di un gruppo che ad esse destina una parte significativa del proprio budget miliardario (in dollari). Scientology è una case-history di assoluto interesse, che ci permette di evidenziare sommariamente perlomeno sedici diverse ed evidenti criticità:
L’organizzazione “Chiesa di Scientology”, con le sue luci e le sue ombre, è una galassia affascinante, per il tentativo – riuscito a meno lo dicano gli esperti di nuovi movimenti religiosi – di “occidentalizzare” e rendere tecnicamente applicabili nella vita di tutti i giorni saperi antichi e molto complessi come ad esempio i Veda Indiani. Ma soprattutto è a mio avviso un’interessante case-history sotto il profilo delle relazioni pubbliche e della comunicazione: come sia stato possibile per Scientology sopravvivere per decenni con una tale frammentaria e inadeguata applicazione dei più elementari principi propri della nostra professione, è e rimane un mistero, anche se forse le performance di espansione negli ultimi 10 anni – che non paiono particolarmente incoraggianti rispetto al passato – scontano proprio questi obiettivi deficit. Certamente il top-management della chiesa sta inanellando una serie infinita di “occasione sprecate”, stretto come appare nella morsa del dubbio tra aprirsi realmente verso l’esterno in un’ottica di reale trasparenza 2.0, sintonizzandosi sulle nuove sensibilità degli utenti del ventunesimo secolo e agevolando così l’espansione, oppure continuare a chiudersi a riccio, vittima della paura di essere messo in discussione pubblicamente.
Il classico gatto che si morde la coda, e nel contempo un dilemma per il quale Scientology – con le ingenti risorse di cui dispone – pare non aver ancora individuato una soluzione.
AGGIORNAMENTO: successivamente alla pubblicazione di questa analisi e di altre mie prese di posizione critiche sull’associazione Chiesa di Scientology (sicuramente una mera coincidenza temporale…) sono stato fatto oggetto di una vera e propria campagna d’odio online, accanita e sistematica, organizzata a cura di alcuni nick protetti da anonimato, che ho successivamente denunciato alla Magistratura e alla Polizia Postale, la quale ha svolto articolate indagini, ricostruendo il disegno criminoso ma non riuscendo purtroppo ad individuare gli IP dei responsabili, i quali si connettevano da reti wifi non protette da password, di ignari cittadini. Chiunque desideri maggiori informazioni a riguardo, ed accedere a documenti inerenti questo dossier, può contattarmi direttamente via email
[1] http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ragnatela-scientology/2110364
[2] http://www.fainotizia.it/2008/03/06/panorama-scientology-italia-spa?inchiesta=5006501
[3] Antonio Rossitto, giornalista di Panorama, tra gli autori dell’inchiesta sopracitata
[4] per una migliore comprensione della dottrina dell’organizzazione, è possibile consultare i numerosi siti web ufficiali on-line oppure acquistare il libro “Che cos’è Scientology”
[5] per i non addetti ai lavori, un’adeguata definizione sintetica di stakeholder e della teoria della stakeholder value è quella pubblicata su http://it.wikipedia.org/wiki/Stakeholder
[6] International Association of Scientologist (IAS), l’associazione che riunisce tutti gli sceintologist praticanti in ogni parte del mondo
[7] www.scientology.org
[8] una breve news sulla vicenda è pubblicata all’indirizzo internet http://notizie.virgilio.it/notizie/s…,30441364.html
[9] si veda ad esempio quello – a mio avviso bellissimo sotto il profilo creativo – presente sulla homepage di www.scientology.it alla data di pubblicazione di questo articolo, e quelli ad esso correlati, come quello dal titolo “In che modo aiutiamo”
[10] definizione tratta dai paper di studio sulla Chiesa di Scientology pubblicati sulla biblioteca di analisi critica “Allarme Scientology” (http://xenu.com-it.net/)
[11] dipendono in massima parte per il proprio sostentamento dai budget dell’Associazione Internazionale degli Scientologist (IAS), i funzionari che si occupano della raccolta fondi per queste organizzazioni sono dipendenti della Chiesa di Scientology, spesso i numeri di telefono e gli indirizzi delle organizzazioni sociali e della chiesa locale coincidono, godono di ridottissima autonomia strategica al di fuori delle direttive emanate dalla Chiesa centrale, ed applicano interamente le policy della chiesa per il proprio funzionamento.
Guerre Stellari dipinte di verde
Brutto boomerang per Volkswagen: una bella idea per un bellissimo spot non basta a vendere più auto, se l’armadio aziendale ha dentro qualche scheletro pennellato di verde. E così il bambino che vestito da Darth Vader gioca in cortile con la nuova Passat di papà, è diventato lo spunto per Greenpeace per organizzare una colossale e intelligente – è proprio il caso di dirlo – campagna di contro-informazione, in corso in questi giorni.
I cacciatori di baleniere hanno messo in campo un’astuta iniziativa di comunicazione transnazionale basata proprio sullo spunto creativo dello spot Passat, ma reinterpretandolo: nella versione di Greenpeace, il piccolo Darth Vader marchiato Volkswagen se la deve vedere con numerosi bambini suoi coetanei, tutti rigorosamente con addosso il costume dei “buoni” di guerre stellari, mentre una enorme “Morte Nera” con logo del produttore tedesco tenta di distruggere il giardino, inquinandolo dall’alto degli spazi siderali. Lo spot, viralizzato su innumerevoli pagine di social network da parte di altrettanti “fans”, è stato accompagnato da enormi manifesti a tema esposti nelle più grandi città europee, che invitano a visitare il sito promuovendo l’omonima campagna.
Ma è qualcosa di più di un’azzeccata comunicazione: è una vera e propria azione di stakeholder engagement, dal momento che ogni utente del web viene coinvolto nel diventare un Maestro Jedi, “addestrando” nuovi paladini della libertà ecologica allo scopo di spingere la casa automobilistica a tornare sui propri passi ed intraprendere una concreta strategia di sostenibilità (a titolo di esempio, ecco la mia pagina ).
Il messaggio è tanto chiaro quanto familiare alle orecchie di chiunque abbia visto almeno una puntata della trilogia stellare: “Unisciti all’Alleanza ribelle: salva Volkswagen dal lato oscuro della Forza…”.
Nel merito dell’iniziativa di sensibilizzazione, Volkswagen è accusata di non fare abbastanza per promuovere l’efficienza energetica delle automobili che progetta e produce. In un documentato “decalogo” di rivendicazioni, che esordisce con un “Noi percepiamo del bene: Volkswagen può cambiare”, alla casa automobilistica tedesca viene contestato di tenere intenzionalmente troppo alti i prezzi dei propri modelli equipaggiati con motori a basso impatto ambientale, riducendone quindi di fatto il numero effettivo fra le auto vendute. L’accusa inoltre – questa assai grave, con riguardo alla maturata sensibilità degli utenti – è di partecipare consapevolmente ad azioni di lobby, delle quale Greenpeace ha le prove, organizzate per ritardare l’entrata in vigore di normative Europee più stringenti circa il consumo di carburanti, con conseguente permanenza sul mercato di motori più “vecchi” e inquinanti, che allontanano le nazioni europee dall’obiettivo – ormai stranoto – di ridurre del 20% (30% è la soglia-obiettivo di Greenpeace) nel 2020 le emissioni rispetto ai livelli del 1990.
Neanche a dirlo, la campagna si rivela essere un successone: in pochi giorni, il tam-tam virale della promo del sito ha letteralmente invaso il web, portando il numero di adesioni all’ “Alleanza ribelle” a 207.000 sostenitori in tutta Europa, mentre le visualizzazioni del video di Greenpeace sforano quota 2.000.000, facendone il video più rapidamente viralizzato degli ultimi anni.
Problema nel problema – ma tutta pubblicità per l’iniziativa! – la Lucas Entertainment, che detiene i diritti sulle immagini e citazioni di Star Wars, debitamente remunerate da Volkswagen per lo spot Passat, con un gesto tanto discutibile quanto prevedibile, ha chiesto ed ottenuto la censura di Youtube, facendo in men che non si dica sparire dalla piattaforma di condivisione il gettonatissimo video.
Ma diritti d’autore o meno – a proposito: quando una norma che classifichi certi capolavori della cinematografia “patrimonio dell’umanità”, permettendone lo sfruttamento non commerciale e consentendo di veicolarne le immagini senza dover pagare tributi e balzelli? – il successo di Greenpeace è stato fulmineo e travolgente: di fronte al numero impressionanti di cittadini e automobilisti coinvolti, Volkswagen ha aperto un tavolo di confronto, e pare voler rivedere la propria politica sui motori ad alta efficienza energetica, mentre anche altre case automobilistiche europee di prima grandezza hanno contatto Greenpeace mettendo le mani avanti ed aprendo i propri dossier con spirito di condivisione.
Bravi i cacciatori di balene: la percezione passa da “estremisti” a stakeholder qualificato e dialogante, in grado di cogliere cosa c’è di buono, indicare cosa si può migliorare, ed invitare un’influente multinazionale a un cambiamento in positivo.
Chi vivrà vedrà: intanto l’”Alleanza” vigila. Sul web e fuori.
Trascrizione della breve relazione tenuta a braccio da Luca Poma al convegno FERPI “Dalla stretta di mano al click: comunicare in modo autentico”.
Comunicare in modo autentico.pdf