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Teoria dell’entropia applicata alle Relazioni Pubbliche

Una correlazione con le RP

La teoria dei segnali – che in parte è alla base della teoria dell’informazione – studia appunto le proprietà matematiche e statistiche dei segnali intesi come variazioni per un certo tempo dello stato fisico di un sistema o di una particolare grandezza fisica, com’è ad esempio una variazione dei parametri di campo elettromagnetico per i segnali radio. Talivariazioni consentono di rappresentare e trasmettere messaggi, in altre parole di trasferire informazione a distanza. In natura abbiamo diversi tipi di segnali, ma sono tutti accomunati dall’essere in larga misura “casuali”, mentre la teoria dei segnali ne studia la rappresentazione in modo da poterli poi manipolare in modo artificiale, ad uso e consumo dell’uomo, trattandoli anche matematicamente.

Dal momento che il sistema oggetto d’attenzione può essere il più disparato, inclusa ad esempio una mappa evoluta degli stakeholders o uno schema di previsione di scenari di crisi, mi chiedo perché non applicare questo tipo di teorie anche al campo della comunicazione convenzionale e non convenzionale e alle relazioni pubbliche: tanto più sarà alta la quantità d’incertezza associata ad una serie di eventi, tanto più sarà importante rimuovere l’incertezza ad essi associata, ottenendo le informazioni necessarie a predire o meno la realizzazione dell’evento stesso. Cos’è una strategia di RP se non la successione di una serie di azioni, in applicazione a un ben preciso progetto, il cui esito è incerto, in quanto correlato alle “reazioni” degli altri stakeholder coinvolti?

La possibile ambiguità sussistente tra “incertezza” e “informazione” non deve stupire, perchè esse sono due facce della stessa medaglia: senza incertezza non c’è informazione che valga qualcosa, perchè quanta più incertezza c’è nel segnale, tanto più “informativo” è rivelare qual è la reale tendenza del segnale stesso.

Gli studi antesignani sul concetto di entropia applicato alla teoria dell’informazione sono a firma di Claude Shannon: il suo primo lavoro su questo tema si trova nell’articolo dal titolo A Mathematical Theory of Communication, pubblicato nel lontano 1948. Com’è noto, l’entropia è originariamente un concetto proprio della teoria termodinamica: il termine tedesco Entropie deriva dal greco “dentro”, “cambiamento”, “rivolgimento”: indica quindi “dove va a finire” l’energia fornita a un certo sistema, con riguardo al legame tra movimento interno al corpo ed energia interna o calore. Se per esempio si brucia un pezzo di carbone, la sua energia si conserva e si converte in energia contenuta nell’anidride carbonica, nell’anidride solforosa e negli altri residui di combustione, oltre che in forma di calore. Per quanto – come ci conferma la fisica – non si sia persa energia nel processo di trasformazione, sappiamo bene che non possiamo invertire automaticamente il processo di combustione e “ricreare” dagli scarti il pezzo di carbone originale. La spiegazione a questa apparente contraddizione si trova nel secondo principio della termodinamica, che in termini discorsivi possiamo illustrare così: “ogni volta che una certa quantità di energia viene convertita da uno stato ad un altro, si ha una penalizzazione, che consiste nella degradazione di una parte dell’energia stessa in forma di calore, e questa parte in particolare non sarà più utilizzabile per produrre nuovo lavoro”.

Tuttavia questi concetti, oltre che in ambito termodinamico, sono stati mutuati anche dalla teoria dell’informazione, che misura la quantità di “incertezza” presente in un impulso o in un segnale, ed è esattamente l’accezione che stiamo prendendo in esame in questo breve saggio. L’entropia così intesa può essere descritta come il “minimo livello di complessità” di una certa variabile o di uno scenario: in poche parole, potremmo dire che l’entropia è “la misura del caos” (banalizzando, più entropia è uguale a più caos).

E’ di tutta evidenza il rapporto concettuale tra l’entropia termodinamica e l’entropia dell’informazione. Per meglio comprendere il concetto di entropia applicata alla teoria dell’informazione, consideriamo per semplificare un sistema fisico in date condizioni di temperatura, pressione e volume, e stabiliamone il valore dell’entropia, ovvero il grado di “disordine” relativo e quindi l’ammontare delle informazioni a noi disponibili. Supponiamo ora – lasciando invariati gli altri parametri fisici – di abbassare la temperatura del sistema: osserveremo che la sua entropia diminuisce, poiché con il diminuire della temperatura si rallenta il movimento delle molecole, e quindi – come diretta conseguenza – il grado di “ordine” del sistema aumenta.

Si tratta di un ordine statico, che corrisponde alla mancanza di movimento e di lavoro all’interno del sistema stesso: diminuendo l’entropia, diminuisce il caos, quindi aumenta l’ordine, e aumentando l’ordine invariabilmente aumenterà la quantità di informazioni disponibili sul sistema, perché esso risulterà “leggibile” con più facilità e ci trasmetterà maggiori certezze rispetto ad un sistema con un’entropia superiore, ovvero con un livello di caos maggiore e quindi con un più alto numero di variabili ipotizzabili. Per proseguire con il nostro esempio, ad una temperatura prossima allo zero assoluto, tutte le molecole saranno quasi ferme: l’entropia tenderà al minimo, l’ordine sarà il massimo possibile, e con esso si avrà la massima certezza d’informazione. Al contrario, alte temperature aumentano la “frenesia” all’interno del sistema, moltiplicano il numero di variabili possibili, e fanno quindi crescere esponenzialmente l’incertezza relativa dell’informazione, facendo tendere il sistema verso uno stato virtuale di “informazione zero”. Per un comunicatore, infatti, un numero di variabili eccessive rende di difficile interpretazione uno scenario: troppe informazioni da decrittare in pochissimo tempo sono eguali a nessuna informazione.

L’interesse primario del lavoro di Shannon fu che egli riuscì ad elaborare una serie articolata di logaritmi matematici per misurare l’entropia – e quindi la quantità d’informazione, ed anche il livello di auto-informazione media – di ogni possibile scenario considerato, ma soprattutto riuscì a dimostrare tali algoritmi facendone quindi un preciso standard di riferimento.

Come avevo già ricordato nel mio breve saggio del 2008 La Teoria dei Giochi: dalla strategia militare alle relazioni pubbliche, l’applicazioni di questo genere di paradigmi teorici possono rivelarsi a mio avviso di estremo interesse anche per noi comunicatori e relatori pubblici, qualora si desideri passare da un approccio meramente empirico ed “esperienziale” alla professione ad un approccio che preveda la possibilità, con l’aiuto dei matematici, di anticipare con più accuratezza scenari futuri, cosi come nella teoria dell’informazione si mira a prevedere l’esito di scambi di informazioni provenienti da sorgenti nuove e mai prima considerate, dette “senza memoria”, oppure anche da sorgenti “con memoria”, che presentano ragionevolmente una minore entropia in quanto i messaggi emessi dipendono in una certa misura da quelli emessi precedentemente, il che li rende appunto più prevedibili.

Questo genere di riflessioni sono state già fatte proprie dalle scienze sociali, guarda caso nell’ambito dell’economia applicata alla responsabilità sociale d’impresa: Nicholas Georgescu-Roegen, applicando il secondo principio della termodinamica all’economia, e in particolare all’economia della produzione, ha elaborato una teoria economica che mette in discussione i “fondamentali” della decrescita: ogni processo produttivo, consumando risorse in modo irreversibile incrementa l’entropia sul Pianeta; ovvero, tanta più energia si trasforma in uno stato “indisponibile”, tanta più energia sarà sottratta alle generazioni future, tanta più entropia (disordine proporzionale) sarà riversata sull’ambiente che ci circonda, perchè senza responsabilità non può esistere sviluppo sostenibile.

Queste teorie potrebbero anche rivelarsi utili nel Crisis management, per la previsione di futuri scenari di crisi. Potrei ridefinire lo stato di crisi come“un repentino aumento del grado di entropia in un dato sistema”, sfruttando poi gli algoritmi matematici di Shannon per tentare di prevedere lo sviluppo del grado di caos all’interno dell’area in crisi.

La correlazione tra Crisis è CSR è a mio avviso di tutta evidenza, come ho già sostenuto in altri miei lavori: in quest’ottica, il Crisis management altro non è se non la tecnica di ridurre progressivamente e sistematicamente il livello di entropia sulla mappa degli stakeholder di un azienda, e la crisis communication l’applicazione della teoria dei segnali e della teoria dell’informazione al problema rappresentato dalla crisi, al fine di prevederne l’evoluzione e possibilmente risolverlo, a tutto beneficio degli stakeholder coinvolti nella crisi e più in generale di tutti gli stakeholder dell’azienda, ed anche degli stakeholder degli stekaholder, essendo l’azienda parte integrante di una rete neurale complessa che non può che giovarsi di un livello di entropia basso e della conseguente maggiore accessibilità alle informazioni disponibili, che spetterà poi ai relatori pubblici “lavorare”.

A margine, è simpatico riportare una curiosa nota storica: Shannon interrogò Von Neumann sull’entropia, e i due ebbero per quanto ci è noto un unico scambio di opinioni tra loro. Come ricordò Shannon, “la mia più grande preoccupazione era come chiamarla, come definire questa teoria. Pensavo a qualcosa come ‘teoria dell’incertezza’. Ma quando ne parlai a Von Neumann, lui mi disse che avrei dovuto chiamarla ‘teoria dell’entropia’, per due motivi: primo perchè la mia ‘funzione di incertezza’ era già nota in meccanica statica con quel nome, e secondo perché nessuno sapeva con certezza cosa significasse ‘entropia’, e quindi in una qualunque discussione mi sarei sempre trovato in vantaggio” (!).

Sarebbe ora interessante ridefinire questa teoria nelle sue varie possibili applicazioni al Crisis management ed alla Crisis Communication, in stretta correlazione con la CSR e le relazioni pubbliche. Dopo aver riflettuto sul paradigma dell’entropia termodinamica e dell’entropia dell’informazione, possiamo ora tentare di ipotizzare un paradigma dell’“entropia della comunicazione”, tailored-made sulla nostra professione?


Breve bibliografia

• Bonazzi R., Catena R., Collina S., Formica L., Munna A., Tesini D., Telecomunicazioni per l’ingegneria gestionale. Codifica di sorgente. Mezzi di trasmissione e collegamenti – Pitagora Editrice, 2004, ISBN 88-371-1561-X

• Chen X., Brent F., McKinnon B., Seker A., A Theory of Uncheatable Program Plagiarism Detection and Its Practical Implementation – 2002-05-05.

• Clausius R., Abhandlungen über die mechanische Wärmetheorie, 1864

• Cover T. M., J. A. Thomas, Elements of Information Theory – Wiley, 1991

• De Beauregard O., Irreversibilità, entropia, informazione: il secondo principio della scienza del tempo – Di Renzo Editore, 1994

• Fano R. M., Transmission of information; a statistical theory of communications. – M.I.T. Press, 1961

• Poma L., La Teoria dei Giochi: dalla strategia militare alle relazioni pubbliche, Ferpi News, 2008

• Poma L., Reti Neurali complesse: nuovi strumenti per la CSR – Ferpi News, 2009;

• Shannon C. E., A Mathematical Theory of Communication – Bell system Technical Journal, vol 27, lug e ott 1948

• Tribus M., McIrvine E.C., Energy and information – Scientific American, n. 224 (1971), pp. 178–184

• Wikipedia, enciclopedia libera, Entropia e teoria dell’informazione

• Wise M., Improved Detection Of Similarities in Computer Program And Other Texts – 1996

(*) giornalista e consulente in responsabilità sociale d’impresa e comunicazione di crisi, ha ideato «Giù le Mani dai Bambini®», la più visibile campagna di farmacovigilanza per l’età pediatrica in Europa, e ne è tuttora il portavoce. Socio Professionista FERPI e socio del Club Comunicazione d’Impresa dell’Unione Industriali, è stato docente e relatore a cento convegni e seminari, ha scritto un centinaio tra articoli e saggi, ed ha rilasciato negli ultimi cinque anni più di 250 interviste a TV e carta stampata. Ha collaborato alla definizione delle strategie di comunicazione della Marcia Mondiale per la Pace, un’iniziativa per la nonviolenza che si è articolata in 98 nazioni del mondo.




La classifica delle 50 aziende più "sostenibili"

Quali sono le aziende migliori in termini di responsabilità sociale di impresa?Interbrand presenta la classifica dei 50 Best Global
Interbrand ha stilato la classifica Best Global Green Brands, dedicata alla responsabilità sociale d’impresa per premiare i migliori marchi “sostenibili”. Interbrand, l’agenzia che si occupa di fornire dati sul valore economico finanziario di alcuni brand, combina la percezione dei consumatori con le effettive performance dell’azienda, sulla base di dati pubblicamente disponibili, nell’ambito della sostenibilità ambientale.
Al primo posto si classifica Toyota, seguita da 3M e Siemens. Toyota, prima in classifica, registra un alto punteggio soprattutto sulla percezione dei consumatori, dovuta principalmente alla Prius, veicolo ibrido per antonomasia nell’immaginario comune.
Le analisi mostrano come i migliori brand sono quelli che hanno saputo differenziarsi impegnandosi in attività ritenute rilevanti dai consumatori e, allo stesso tempo, hanno migliorato le strategie di sostenibilità ambientale in diversi processi aziendali, talora misurandone la performance e rendendola di pubblico dominio.
“Le iniziative “green” possono sembrare le più facili da pubblicizzare, ma allo stesso tempo posso rivelarsi promesse difficili da mantenere” afferma Jez Frampton, Global Chief Executive Officer di Interbrand. “Crediamo che i brand più forti in ambito di sostenibilità ambientale siano quelli che sanno gestire in modo equilibrato la percezione ed effettiva performance, consolidando le relazioni con i propri clienti grazie ad azioni credibili.”
“Poiché la sostenibilità in generale, e quella ambientale nello specifico, rappresenta una componente di rischio ineludibile in qualsiasi settore. Un brand in grado di affrontare correttamente questo versante del proprio agire e del proprio comunicare è un brand che ha maggiori prospettive di generare valore economico”, dichiara Manfredi Ricca, Managing Director dell’ufficio italiano di Interbrand.
La ricerca, condotta nei primi dieci mercati mondiali, ha evidenziato quanto il concetto di sostenibilità influenzi il processo d’acquisto e ha analizzato il grado di conoscenza generale dei consumatori delle azioni di responsabilità sociale di impresa intraprese dai brand.
L’automotive, ossia la branca del disegno industriale che si occupa della progettazione di veicoli, e l’elettronica di consumo guidano questa classifica, non solo grazie all’abilità nello sviluppo di programmi di sostenibilità all’interno delle proprie organizzazioni, ma anche per la loro capacità di comunicare all’esterno il proprio impegno.
Alcuni dei marchi più conosciuti come Coca-Cola e McDonald’s, data l’elevata visibilità, godono di una percezione da parte dei consumatori migliore delle reali performance in termini di sostenibilità.
In definitiva, l’indagine sottolinea che il divario tra percezione e prestazioni è un rischio significativo per il marchio che deve essere sempre all’altezza delle aspettative dei consumatori.
http://www.interbrand.com/en/best-global-brands/Best-Global-Green-Brands/2011-Report/BestGlobalGreenBrandsTable-2011.aspx




Vuoi lavorare dopo la laurea? Scegli l'ambito della green economy

Il settore della green economy è un ambito in crescita costante, e si prevedono entro il 2020 110 mila nuove assunzioni. Energy manager, sustainibility manager, ovvero specialisti sulle tematiche delle energie rinnovabili, Energy auditor specializzato in certificazione di bilanci degli impianti energetici saranno solo alcune tra le professioni più richieste dalle aziende da qui al 2020.
Il lavoro dopo la laurea è la preoccupazione maggiore di tutti coloro che si accingono ad iscriversi ad un corso universitario. Se non volete che questo sia un vostro problema in futuro, sappiate che ci sono al giorno d’oggi dei settori in forte espansione che nei prossimi anni cercheranno tantissimi giovani professionisti. Uno su tutti è l’innovativo ambito della green economy: entro il 2020 infatti, sono previste 110 mila assunzioni nel campo delle energie rinnnovabili, che porteranno ad un ammontare degli stipendi pari a 2,6 miliardi di euro all’anno.
Althesys infatti all’interno dello studio “Green employment e sviluppo delle rinnovabili”, ha rilevato che già negli ultimi due anni l’ambito delle rinnovabili è stato l’unico settore in Italia ad aver mostrato una crescita con un raddoppiamento del proprio giro d’affari, arrivato a circa 13 miliardi di euro complessivi, valore che equivale all’1,07% del Pil.
Secondo Althesys, nell’ambito dei microsettori della green economy, quello che registrerà il maggior numero di professionisti impiegati sarà il fotovoltaico (41.612 addetti), seguito dell’eolico (28.259) e dalle biomasse (26.214); quello darà la caccia a meno professionisti sarà il geotermico, all’interno del quale saranno aperte le porte a poco più di 800 figure.
Ad ogni modo una nota positiva si è registrata nell’ultimo anno un po’ in tutti i settori: infatti in Italia si è avuta una crescita degli occupati dello 0,8% rispetto all’agosto 2010, anche se sono aumentati i rapporti precari. La disocuppazione tra luglio e agosto 2011 è diminuita dell’1,8%, anche se comunque bisogna sottolineare che per coloro i quali si trovano nello status di disoccupato si tratta di una situazione che si protrae da più di 12 mesi.
Avete preso in considerazione dei percorsi universitari nell’ambito delle rinnovabili?
 




Le eco shoppers certificate Fairtrade

Borse in cotone ecologiche ed equosolidali già presenti nella grande distribuzione


La prima in Italia è stata Lidl, nel 2009, con le borse per la spesa in cotone certificato Fairtrade. Più recentemente ancheNordiconad ha adottato la stessa soluzione, fornendo ai propri supermercati le riutilizzabili e anticipando così la normativa che ha messo fuori legge dal primo gennaio (anche se con proroga in Italia, fino ad esaurimento scorte) le storiche borse di plastica.
A seguire Baule Volante, distributore di prodotti biologici e, dello scorso autunno, la notizia di Ikea. Negli spazi Take AwayBistrot e Bottega Svedese della grande catena da settembre i clienti possono scegliere di acquistare le shoppers con il marchio Fairtrade. Anche nella provincia di Belluno, in Veneto, il Consorzio deputato alla gestione dei rifiuti ha proposto ai cittadini gli stessi prodotti per incentivare il riutilizzo dei materiali a ridotto impatto ambientale.
Scegliere nel rispetto dell’ambiente e dei produttori del Sud del Mondo è possibile e lo dimostrano alcune insegne della grande distribuzione europea che da anni distribuiscono le borse in cotone certificato Fairtrade come Cadburys, Marks & Spencer, Sainsbury’s, Tesco.
Il cotone certificato Fairtrade proviene da Agrocel, organizzazione di produttori indiani che attraverso il prezzo stabile garantito e riconosciuto dal sistema e il Fairtrade premium riesce a investire nello sviluppo dell’impresa e in servizi sociali e sanitari per la comunità. I successivi passaggi nella lavorazione sono monitorati attraverso un sistema di accreditamento delle aziende trasformatrici che devono dimostrare di adeguarsi alle norme internazionali sul diritto del lavoro e di non utilizzare sostanze tossiche o che minacciano la salute dei lavoratori.
 




Terra verso la bancarotta

Arriva l’Overshoot Day. Dal 27 settembre il bilancio tra risorse rinnovabili e consumi entra in rosso. Occorrerà cominciare a utilizzare fonti che non si ricaricano, creando forti squilibri ambientali.
Il 27 settembre il pianeta entra in rosso. E’ l’Earth Overshoot Day. Non siamo ancora al default ecologico, ma la minaccia di bancarotta è concreta e costerebbe più del tracollo della Grecia. Abbiamo consumato tutte le risorse rinnovabili che la Terra ha a disposizione e per andare avanti dobbiamo indebitarci, cioè utilizzare ricchezza che non ci appartiene.
Dobbiamo tagliare le foreste che servono a rallentare la corsa del caos climatico, rubare altri pesci a un mare che si impoverisce anno dopo anno, prelevare acqua dalle vene fossili che non si ricaricano, usare energia fossile turbando l’equilibrio dell’atmosfera, azzerare prati per darli in pasto al cemento.
Continuando così, con una popolazione che sta per sfondare il muro dei 7 miliardi e i consumi pro capite globali in continua crescita, entro la metà del secolo il nostro debito supererà il 100 per cento del Pil ambientale: per portare i conti in pareggio dovremmo avere a disposizione un secondo pianeta. Il calcolo viene dal Global Footprint Network, la rete che calcola la biocapacità globale e la confronta con l’impronta ecologica, cioè con la quantità di risorse e di servizi richiesta dalla specie umana.
“Oggi estraiamo e utilizziamo circa 60 miliardi di tonnellate di materie prime l’anno: è il 50% in più rispetto a 30 anni fa”, osserva Gianfranco Bologna, direttore scientifico del Wwf. “E’ come se mettessimo in circolazione ogni anno 40 miliardi di automobili che per essere parcheggiate richiederebbero uno spazio delle dimensioni di Italia e Austria messe insieme. Ogni essere umano utilizza in media oltre 8 tonnellate di risorse naturali l’anno, 22 chili al giorno. Se si includono i materiali di estrazione inutilizzati, il conto sale a 40 chili pro capite al giorno”.
Se due fattori pesano in negativo (aumento della popolazione e aumento dei consumi pro capite) ce n’è uno che gioca un ruolo positivo: il miglioramento della tecnologia che permette di fare di più con meno. Ma finora questa voce non è stata in grado di bilanciare la pressione congiunta della crescita demografica e dei consumi.
“Spingere sul miglioramento tecnologico è necessario e in particolare l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili giocheranno un ruolo fondamentale”, aggiunge Roberto Brambilla, della Rete Lilliput. “Ma non possiamo pensare di vincere questa partita senza intervenire anche sugli stili di vita. Prendere l’autobus al posto della macchina una o due volte in più a settimana, ridurre il consumo della carne, sostituire lo spostamento materiale con lo spostamento di informazioni sul web sono tutti modi per migliorare la nostra vita alleggerendone l’impatto ambientale”.
“Se la limitazione delle risorse si rafforza ancora, sarà come  tentare di risalire su una scala mobile che scende”, conclude Mathis Wackernagel, lo studioso che costituisce il punto di riferimento obbligato per gli studi sull’impronta ecologica.  “Dobbiamo approfittare di questa crisi profonda dell’economia per ricostruirla in modo più sano e duraturo. Un recupero di lungo termine avrà successo solo se avviene contemporaneamente a una sistematica riduzione della nostra dipendenza da risorse che sono limitate. Cambiare rotta è possibile, ma è un percorso che dobbiamo cominciare subito”.