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Sostenibilità, scatta l’allarme sulla rendicontazione esg

ESG E BILANCI: SOLO UN'AZIENDA SU 4 SI SOTTOPONE A VERIFICHE

Le imprese europee corrono il rischio di essere percepite dai cittadini come poco trasparenti rispetto al loro reale impegno in tema di sostenibilità. Sono ben 7 su 10 (70%) le aziende del Vecchio Continente che pubblicano bilanci di sostenibilità approvati unicamente sulla base di documenti ed evidenze autoprodotti, senza alcuna verifica da parte di un professionista esterno circa la genuinità e veridicità delle informazioni contenute nei report. Mentre sono solo un quarto (25%) le organizzazioni che affermano di essersi sottoposte a uno specifico audit interno sulla rendicontazione dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance). 

Criticità di questo tipo si incrociano con i dati rilevati dall’analisi svolta sulla percezione della cittadinanza europea, in cui emerge, come ovvia conseguenza, che il grado di fiducia nelle dichiarazioni di sostenibilità prodotte dalle aziende risulta tra il basso (44,5%) e il bassissimo (19,5%) e che una parte significativa dei cittadini europei ritiene che le aziende utilizzino il tema della sostenibilità solo per motivi pubblicitari e di marketing (45,5%). 

Sono questi alcuni dei principali dati sul tema della rendicontazione dei criteri ESG nei bilanci aziendali che emergono dalla ricerca “Rating ESG delle imprese, asserzioni etiche aziendali e percezione dei cittadini riguardo alle scelte green delle aziende”, condotta su due diversi campioni, uno di 100 aziende, di vari settori e dimensioni, e un secondo di 500 cittadini rappresentativi di tutte le età, condizioni sociali, promossa dall’On. Tiziana Beghin, eurodeputata (gruppo Non Iscritti) e presentata nel corso di un talk a Bruxelles presso la sede del Parlamento Europeo, anche al fine di elaborare e presentare raccomandazioni utili al legislatore per migliorare le normative in questo settore di enorme importanza e attualità. 

 L’indagine è stata realizzata da un team di ricerca al 100% italiano e in larga parte femminile: sono donne, infatti, 4 ricercatrici del gruppo su 5, coordinate dalla Dott.ssa Giorgia Grandoni. 

“Scopo del progetto di ricerca – ha dichiarato Luca Poma, Professore di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, referente scientifico dell’indagine – è quello di fotografare lo stato dell’arte sul tema della rendicontazione non finanziaria ed ESG nei bilanci delle aziende europee, al fine di intercettare punti di forza e di debolezza delle prassi attualmente messe in campo e favorire, nel contempo, un miglioramento della qualità informativa di questa forma di rendicontazione, riflettendo anche sulla percezione che i cittadini hanno delle scelte green compiute dalle aziende. 

Il lavoro si innesta, infatti – conclude Poma – nello sforzo sostenuto dall’Unione Europea di promuovere una cultura della sostenibilità non solo tra cittadine e cittadini comunitari ma anche all’interno delle PMI e dei grandi gruppi aziendali”.

 “Lo scenario competitivo mondiale è caratterizzato dalla circolazione sempre più libera di persone, beni e capitali, filiere di fornitura lunghe e frammentate su scala globale e uno spazio geografico degli scambi e degli investimenti sempre più ampio, con una crescente esposizione ai rischi”,

 ha dichiarato l’On. Beghin. 

“Cresce quindi la domanda di informazioni credibili e affidabili sulla reputazione delle imprese, non solo limitate al profilo generale e organizzativo, ai prodotti o servizi e ai relativi prezzi, ma anche a quelli che possono essere i rischi di impatti avversi futuri sull’impresa e i suoi stakeholder e a un’ampia gamma di aspetti di natura non finanziaria (governance, diritti umani e condizioni di lavoro, sicurezza, ambiente ed etica di business), denominati sempre più frequentemente “rischi ESG” – Environmental, Social, Governance. È quindi di assoluta attualità per noi legislatori – ha concluso l’eurodeputata – comprendere come poter rendere più trasparente questo tipo di rendicontazione, garantendo rating appropriati e non fuorvianti agli occhi dei cittadini dello spazio comune europeo”.




Imprese, Beghin (M5S): “Fiducia cittadini su sostenibilità bassa, implementare pratiche reporting”

Imprese, Beghin (M5S): "Fiducia cittadini su sostenibilità bassa, implementare pratiche reporting"

“Lo scenario competitivo mondiale è caratterizzato sempre di più dalla circolazione di persone, beni e capitali, filiere di fornitura globali e conseguentemente da un’ampia esposizione ai rischi. C’è dunque una crescente richiesta di informazioni affidabili sulla reputazione delle imprese, inclusi i rischi ESG (Ambiente, Sociale, Governance). Per questo motivo ho voluto promuovere un progetto di ricerca per indagare sul tema, coinvolgendo un team di ricercatrici e ricercatori italiani: scopo del progetto era valutare proprio le attuali pratiche di reporting non finanziario ed ESG delle aziende, nonché promuovere una migliore qualità delle informazioni in quest’ambito e analizzare la percezione dei cittadini sulle scelte sostenibili delle aziende”, così in una nota Tiziana Beghin, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, a margine dell’evento di presentazione dello studio. 

“La ricerca ha rivelato che il 70% delle aziende con bilanci di sostenibilità convalidati ha basato le valutazioni solo su documenti prodotti internamente, senza alcun audit da parte di esperti esterni, generando di conseguenza criticità formali e sostanziali. Inoltre, la percezione dei cittadini riguardo alle dichiarazioni di sostenibilità è scarsa, con un basso livello di fiducia e la convinzione che le aziende utilizzino la sostenibilità per fini pubblicitari e di marketing. I dati emersi dalla ricerca sono preoccupanti, sia perché l’assenza di norme stringenti sull’attribuzione dei rating ESG e la conseguente facilità con la quale vengono rilasciati rischia di svilire l’impegno delle tante aziende davvero virtuose, sia perché evidenziano una crescente crisi di sfiducia da parte dei cittadini europei. Serve un serio confronto sulle migliori pratiche nel campo del reporting non finanziario e della percezione pubblica, condividendo raccomandazioni per migliorare questi aspetti cruciali per le aziende nell’Unione europea”, ha concluso Beghin.




Rendicontazione ESG: imprese europee poco trasparenti?

Rendicontazione ESG: imprese europee poco trasparenti?

È stata pubblicata una ricerca italiana, intitolata “Rating ESG delle imprese, asserzioni etiche aziendali e percezione dei cittadini riguardo alle scelte green delle aziende”, che racconta approcci, metodi e standard utilizzati dalle aziende europee nell’attività di rendicontazione dei criteri ESG. La ricerca indaga su due diversi campioni, uno di 100 aziende, di vari settori e dimensioni, e un secondo di 500 cittadini rappresentativi di tutte le età, condizioni sociali, promossa dall’On. Tiziana Beghin, eurodeputata (gruppo Non Iscritti) e presentata nel corso di un talk a Bruxelles presso la sede del Parlamento Europeo, anche al fine di elaborare e presentare raccomandazioni utili al legislatore per migliorare le normative in questo settore di enorme importanza e attualità.

Le imprese europee corrono il rischio di essere percepite dai cittadini come poco trasparenti rispetto al loro reale impegno in tema di sostenibilità. Sono ben 7 su 10 (70%) le aziende del Vecchio Continente che pubblicano bilanci di sostenibilità approvati unicamente sulla base di documenti ed evidenze autoprodotti, senza alcuna verifica da parte di un professionista esterno circa la genuinità e veridicità delle informazioni contenute nei report. Mentre sono solo un quarto (25%) le organizzazioni che affermano di essersi sottoposte a uno specifico audit interno sulla rendicontazione dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance).

Rendicontazione ESG: scende molto il grado di fiducia da parte dei cittadini

Criticità di questo tipo si incrociano con i dati rilevati dall’analisi svolta sulla percezione della cittadinanza europea sulla rendicontazione ESG delle imprese, in cui emerge, come ovvia conseguenza, che il grado di fiducia nelle dichiarazioni di sostenibilità prodotte dalle aziende risulta tra il basso (44,5%) e il bassissimo (19,5%) e che una parte significativa dei cittadini europei ritiene che le aziende utilizzino il tema della sostenibilità solo per motivi pubblicitari e di marketing (45,5%).

L’indagine sulla rendicontazione ESG delle imprese europee è stata realizzata da un team di ricerca al 100% italiano e in larga parte femminile: sono donne, infatti, 4 ricercatrici del gruppo su 5, coordinate dalla Dott.ssa Giorgia Grandoni.

Dichiarazioni

“Scopo del progetto di ricerca”, ha dichiarato Luca Poma, Professore di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, referente scientifico dell’indagine, “è quello di fotografare lo stato dell’arte sul tema della rendicontazione non finanziaria ed ESG nei bilanci delle aziende europee, al fine di intercettare punti di forza e di debolezza delle prassi attualmente messe in campo e favorire, nel contempo, un miglioramento della qualità informativa di questa forma di rendicontazione, riflettendo anche sulla percezione che i cittadini hanno delle scelte green compiute dalle aziende. Il lavoro si innesta, infatti nello sforzo sostenuto dall’Unione Europea di promuovere una cultura della sostenibilità non solo tra cittadine e cittadini comunitari ma anche all’interno delle PMI e dei grandi gruppi aziendali”.

“Lo scenario competitivo mondiale è caratterizzato dalla circolazione sempre più libera di persone, beni e capitali, filiere di fornitura lunghe e frammentate su scala globale e uno spazio geografico degli scambi e degli investimenti sempre più ampio, con una crescente esposizione ai rischi”, ha dichiarato l’On. Tiziana Beghin“Cresce quindi la domanda di informazioni credibili e affidabili sulla reputazione delle imprese, non solo limitate al profilo generale e organizzativo, ai prodotti o servizi e ai relativi prezzi, ma anche a quelli che possono essere i rischi di impatti avversi futuri sull’impresa e i suoi stakeholder e a un’ampia gamma di aspetti di natura non finanziaria (governance, diritti umani e condizioni di lavoro, sicurezza, ambiente ed etica di business), denominati sempre più frequentemente “rischi ESG” – Environmental, Social, Governance. È quindi di assoluta attualità per noi legislatori comprendere come poter rendere più trasparente questo tipo di rendicontazione, garantendo rating appropriati e non fuorvianti agli occhi dei cittadini dello spazio comune europeo”.




Rendicontazione Esg nei bilanci di sostenibilità: manca ancora trasparenza

Rendicontazione Esg nei bilanci di sostenibilità: manca ancora trasparenza

Le imprese europee corrono il rischio di essere percepite dai cittadini come poco trasparenti rispetto al loro reale impegno in tema di Sostenibilità: è quanto emerge da una recente ricerca finanziata dal Parlamento europeo.

La ricerca, dal titolo Rating Esg delle imprese, asserzioni etiche aziendali e percezione dei cittadini riguardo alle scelte green delle aziende, è stata realizzata tramite la somministrazione di una survey e ha visto il coinvolgimento di un campione composto da 100 aziende.

L’85 percento delle aziende rispondenti ha dichiarato che il tema della Sostenibilità è guidato dal Consiglio di Amministrazione; nel 39% dei casi il tema è formalmente assegnato a un Consigliere delegato.

Inoltre, circa il 70% ha dichiarato che l’azienda di appartenenza è concretamente attenta e attiva nei confronti del tema in questione; questa attenzione è di recente applicazione, dal momento che poco meno del 50% del campione ha dichiarato di essersi attivato concretamente solo negli ultimi tre anni.

Report di Sostenibilità: le aziende devono fare molto di più

Se questi dati sembrano testimoniare un incremento di attenzione verso il mondo Esg, in realtà non è oro tutto quello che luccica: il 70% delle aziende rispondenti ha ammesso che i propri bilanci di Sostenibilità sono approvati sulla base di documenti ed evidenze autoprodotti, senza alcuna verifica da parte di un professionista esterno e indipendente circa la genuinità e veridicità delle informazioni contenute nei report.

Inoltre, solo un quarto delle aziende coinvolte nell’indagine si è sottoposta a un audit interno focalizzato sulla rendicontazione dei criteri Esg.

Oltre ai punti di forza e a quelli di debolezza delle prassi utilizzate dal campione nel processo di rendicontazione, la ricerca ha voluto indagare la percezione della cittadinanza europea nei confronti dell’operato di queste aziende: il grado di fiducia, da parte dei cittadini, posto nei confronti delle dichiarazioni di Sostenibilità prodotte dalle aziende risulta tra il basso (44,5%) e il bassissimo (19,5%). I

n più, una parte significativa dei cittadini europei ritiene che le aziende utilizzino il tema della Sostenibilità solo per motivi pubblicitari e di marketing (45,5%). Questa seconda parte della ricerca è stata condotta coinvolgendo 500 cittadini rappresentativi di tutte le età e condizioni sociali all’interno dell’Unione europea.

Le pressioni e i rischi dettati dallo scenario competitivo mondiale, a cui si aggiunge la complessità crescente dei processi di approvvigionamento, produzione e distribuzione, hanno sottolineato l’importanza della reputazione aziendale, anche in relazione al rispetto nei confronti dell’ambiente, dei diritti umani e della sicurezza dei lavoratori, dei principi etici nella conduzione del business.

Secondo Luca Poma, professore di Reputation management all’Università Lumsa di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, nonché referente scientifico dell’indagine, “questo lavoro si innesta, nello sforzo sostenuto dall’Unione europea di promuovere una cultura della Sostenibilità non solo tra cittadine e cittadini comunitari ma anche all’interno delle Pmi e dei grandi gruppi aziendali“.




SOSTENIBILITÀ: ALLARME SULLA RENDICONTAZIONE ESG DELLE AZIENDE EUROPEE

ESG E BILANCI: SOLO UN'AZIENDA SU 4 SI SOTTOPONE A VERIFICHE

Le imprese europee corrono il rischio di essere percepite dai cittadini come poco trasparenti rispetto al loro reale impegno in tema di sostenibilità. Sono ben 7 su 10 (70%) le aziende del Vecchio Continente che pubblicano bilanci di sostenibilità approvati unicamente sulla base di documenti ed evidenze autoprodotti, senza alcuna verifica da parte di un professionista esterno circa la genuinità e veridicità delle informazioni contenute nei report. Mentre sono solo un quarto (25%) le organizzazioni che affermano di essersi sottoposte a uno specifico audit interno sulla rendicontazione dei criteri ESG (Environmental, Social, Governance).Criticità di questo tipo si incrociano con i dati rilevati dall’analisi svolta sulla percezione della cittadinanza europea, in cui emerge, come ovvia conseguenza, che il grado di fiducia nelle dichiarazioni di sostenibilità prodotte dalle aziende risulta tra il basso (44,5%) e il bassissimo (19,5%) e che una parte significativa dei cittadini europei ritiene che le aziende utilizzino il tema della sostenibilità solo per motivi pubblicitari e di marketing (45,5%). Sono questi alcuni dei principali dati sul tema della rendicontazione dei criteri ESG nei bilanci aziendali che emergono dalla ricerca “Rating ESG delle imprese, asserzioni etiche aziendali e percezione dei cittadini riguardo alle scelte green delle aziende”, condotta su due diversi campioni, uno di 100 aziende, di vari settori e dimensioni, e un secondo di 500 cittadini rappresentativi di tutte le età, condizioni sociali, promossa dall’On. Tiziana Beghin, eurodeputata (gruppo Non Iscritti) e presentata nel corso di un talk a Bruxelles presso la sede del Parlamento Europeo, anche al fine di elaborare e presentare raccomandazioni utili al legislatore per migliorare le normative in questo settore di enorme importanza e attualità.
L’indagine è stata realizzata da un team di ricerca al 100% italiano e in larga parte femminile: sono donne, infatti, 4 ricercatrici del gruppo su 5, coordinate dalla Dott.ssa Giorgia Grandoni. “Scopo del progetto di ricerca – ha dichiarato Luca Poma, Professore di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, referente scientifico dell’indagine – è quello di fotografare lo stato dell’arte sul tema della rendicontazione non finanziaria ed ESG nei bilanci delle aziende europee, al fine di intercettare punti di forza e di debolezza delle prassi attualmente messe in campo e favorire, nel contempo, un miglioramento della qualità informativa di questa forma di rendicontazione, riflettendo anche sulla percezione che i cittadini hanno delle scelte green compiute dalle aziende. Il lavoro si innesta, infatti – conclude Poma – nello sforzo sostenuto dall’Unione Europea di promuovere una cultura della sostenibilità non solo tra cittadine e cittadini comunitari ma anche all’interno delle PMI e dei grandi gruppi aziendali”.
“Lo scenario competitivo mondiale è caratterizzato dalla circolazione sempre più libera di persone, beni e capitali, filiere di fornitura lunghe e frammentate su scala globale e uno spazio geografico degli scambi e degli investimenti sempre più ampio, con una crescente esposizione ai rischi”, ha dichiarato l’On. Beghin. “Cresce quindi la domanda di informazioni credibili e affidabili sulla reputazione delle imprese, non solo limitate al profilo generale e organizzativo, ai prodotti o servizi e ai relativi prezzi, ma anche a quelli che possono essere i rischi di impatti avversi futuri sull’impresa e i suoi stakeholder e a un’ampia gamma di aspetti di natura non finanziaria (governance, diritti umani e condizioni di lavoro, sicurezza, ambiente ed etica di business), denominati sempre più frequentemente “rischi ESG” – Environmental, Social, Governance. È quindi di assoluta attualità per noi legislatori – ha concluso l’eurodeputata – comprendere come poter rendere più trasparente questo tipo di rendicontazione, garantendo rating appropriati e non fuorvianti agli occhi dei cittadini dello spazio comune europeo”.