1

La rissa di Vittoria Lazzari e i rischi della condivisione di contenuti violenti

La rissa di Vittoria Lazzari e i rischi della condivisione di contenuti violenti

Un altro caso – drammatico – ha visto protagonista Vittoria Lazzari. L’influencer, nota per il suo seguito su Instagram, è stata coinvolta in una rissa con una ragazza, il tutto ripreso e trasmesso in diretta sulla sua pagina. L’incidente, avvenuto durante una diretta, ha sollevato preoccupazioni significative riguardo alla divulgazione di contenuti violenti e poco educativi, soprattutto considerando che gran parte del pubblico degli influencer è composto da giovani, facilmente impressionabili.

L’incidente, in cui Vittoria è stata picchiata e ripresa in diretta, ha messo in luce un problema sempre più rilevante nel panorama dei social media: l’esibizione di comportamenti violenti o controversi per attirare attenzione e generare engagement. La diretta Instagram, che inizialmente sembrava un’opportunità per interagire con i follower, è rapidamente degenerata in una situazione di violenza che ha sollevato interrogativi sull’appropriato utilizzo di queste piattaforme.

La diffusione di contenuti violenti e provocatori non è una novità nel mondo degli influencer. Tuttavia, il problema diventa particolarmente serio quando tali contenuti sono seguiti da un pubblico giovane e impressionabile. I social media, pur essendo uno strumento potente per la comunicazione e l’intrattenimento, hanno anche la capacità di amplificare comportamenti negativi e influenzare il comportamento dei giovani utenti. La visione di risse, comportamenti violenti e situazioni provocatorie può normalizzare tali comportamenti e contribuire a una cultura di insensibilità e aggressività.

È essenziale che gli influencer, in quanto figure pubbliche e modelli di ruolo, esercitino una responsabilità maggiore nella scelta dei contenuti che decidono di condividere. La trasmissione di episodi di violenza non solo può avere conseguenze legali e reputazionali per l’influencer stesso, ma può anche avere un impatto dannoso sul benessere e sul comportamento dei loro follower. La presenza di contenuti violenti sui social media può amplificare sentimenti di insicurezza e influenzare negativamente la percezione di ciò che è accettabile nel comportamento sociale.

Per prevenire la diffusione di contenuti poco educativi e violenti, è fondamentale adottare una serie di misure preventive. Gli influencer devono essere consapevoli dell’influenza che esercitano e considerare attentamente il tipo di contenuti che promuovono. Le piattaforme – non ci stancheremo mai di dirlo – hanno un ruolo cruciale nella moderazione dei contenuti, se necessario nella censura di certi contenuti, per garantire che le norme comunitarie siano rispettate. Politiche più rigorose e l’implementazione di strumenti di monitoraggio possono aiutare a prevenire la pubblicazione di contenuti dannosi.

Inoltre, è essenziale educare il pubblico, in particolare i giovani utenti, sui rischi associati alla visualizzazione e alla condivisione di contenuti violenti. Programmi di sensibilizzazione e campagne educative possono aiutare a promuovere un utilizzo più responsabile e consapevole delle piattaforme sociali.

La trasmissione in diretta di una rissa evidenzia le sfide e le responsabilità che gli influencer affrontano nel mondo dei social media. Mentre la ricerca di visibilità e engagement può spingere a condividere contenuti controversi, è fondamentale mantenere un equilibrio tra intrattenimento e responsabilità. Promuovere comportamenti positivi e educativi è cruciale per garantire che le piattaforme sociali rimangano uno spazio sicuro e costruttivo per tutti gli utenti, specialmente per i più giovani.




LA BUONA REPUTAZIONE ACCELLERATORE DI BUSINESS, A TIRANA L’ITALIA CHE CRESCE

LA BUONA REPUTAZIONE ACCELLERATORE DI BUSINESS, A TIRANA L’ITALIA CHE CRESCE

Secondo una recente indagine di Weber Shandwick dal titolo ‘The State of Corporate Reputation’, il 63% del valore di mercato di un’azienda è attribuibile alla reputazione, e la reputazione si costruisce – anche – mediante una comunicazione efficace: costruire buona reputazione può quindi dare un tangibile contributo al rafforzamento delle relazioni bilaterali tra due Paesi strettamente e proficuamente legati quali sono l’Italia e l’Albania.

Se n’è discusso in un evento di alto profilo, organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Tirana, presso l’Università Cattolica della Signora del Buon Consiglio di Tirana.

Aristotele scriveva, due millenni orsono, che la buona opinione che gli altri hanno di noi “è il più grande dei beni esteriori, ma esso – per non essere solo apparente – deve accompagnarsi alla virtù, poiché l’opinione che conta non si limita alle apparenze, ma include la natura stessa dell’uomo”.  Ad affermarlo Luca Poma, uno dei relatori e  docente di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino

Oggi, nell’epoca di Instagram e di Tiktok, questa affermazione è quanto mai di attualità, e pare anche essersi realizzata l’illuminante profezia di Warren Buffet, “guru” della finanza USA, quando disse “Reputazione: 20 anni per costruirla, 5 minuti per distruggerla”.

“Si consolida la consapevolezza – scientificamente documentata, aggiunge Poma– che la reputazione sia il più importante asset immateriale per qualunque organizzazione (aziendale e industriale, ma anche politica, istituzionale, no profit) e che costruirla – e tutelarla dalle frequenti “crisi” che la coinvolgono – sia qualcosa di ben più complesso e articolato che non solo “dotarsi un buon ufficio stampa”.

In base alle più recenti ricerche, oltre il 60% del valore di qualunque organizzazione è attribuibile alla reputazione; la buona reputazione, quindi, equivale a denaro, e può agire come “acceleratore di business” tra due paesi già strettamente e virtuosamente interconnessi, quali sono l’Italia e l’Albania.

Inoltre, è da tempo scientificamente dimostrato che le aziende che maturano migliori utili siano infatti proprio quelle che hanno inserito preoccupazioni di carattere etico nel proprio business a livello strategico, circostanza questa che ha colpito l’immaginario anche dei gestori dei grandi fondi di investimento, fino a spingere l’amministratore delegato del più importante al mondo di essi, Blackrock, a ribadire ripetutamente, nelle sue lettere di fine anno, l’importanza dell’inserimento di preoccupazioni etiche nel business, e non già non per ragioni solamente “morali”, bensì perché le aziende con questo tipo di “sensibilità” sarebbero le più resilienti, le più floride, e quindi le più interessanti per gli investitori.

Per questi motivi, l’Ambasciata d’Italia in Albania, in collaborazione con alcuni tra i più noti accademici italiani esperti in reputation management, e alla presenza di alte cariche del mondo istituzionale e imprenditoriale albanese e di una qualificata rappresentanza dei vertici di aziende italiane, ha organizzato, su questi temi di straordinaria attualità, un convegno di approfondimento presso l’Università della Signora del Buon Consiglio di Tirana, durante il quale si è analizzato lo stato dell’arte sul tema della reputazione e della gestione delle crisi reputazionali, e le più innovative buone prassi in materia, ascoltando anche numerosi casi pratici di studio, emblematici della tendenza per piccole e grandi aziende a costruire “buona reputazione” per far espandere e affermare il proprio business.

“La narrazione ‘green’ delle aziende per costruire reputazione, tra finzione e realtà” è  stato uno dei temi trattati da Massimiliano Corsano, Comandante Nuclei Operativi Ecologici dell’Arma dei Carabinieri.

Al dibattito, suddiviso in diversi talk hanno partecipato anche il Prof. Giovanni Lagioia, Avvocato e Preside della Facoltà scienze economiche politiche e sociali della UCNSBC; il Dott. Alessandro D’Oria, CEO di Intesa San Paolo Bank Albania, la Dott. sa Barbara Cimmino, socia fondatrice ed Head of CSR & Innovation gruppo Inticom/Yamamay; il Dott. Paolo Rossi, Socio fondatore di Promos SB e Promos Albania, il  Dott. Andrea Carson, architetto e Italian Design Ambassador Tirana 2023.

A proposito di “Reputazione digitale 2.0”, ha parlato invece l’ Avv. Fabio Romito, Docente di diritto internazionale all’UCNSBC, il Dott. Massimo De Donno, CEO della rete d’imprese GenioNet, il Dott. Oselito Duro, Country manager Albania di WebHelp, Altin Prenga, imprenditore titolare dell’agriturismo Mrizi i Zanave

Un confronto serrato, che si è  concentrato su alcuni valori fondamentali per le imprese: la qualità del prodotto, la coerenza dell’impresa, l’ autenticità della sua comunicazione e del suo customer service; la capacità di mantenere la parola data, il rispetto per le persone e la capacità di chiedere scusa in caso di errore: valori ‘antichi’, che però sono i migliori ingredienti per costruire una buona reputazione nel mondo digitale e iperconnesso di oggi.  La ‘relatività’ del prodotto ‘mediatico’ e in parte la sua intangibilità, possono infatti -allo stesso tempo – semplificare e complicare la distribuzione e la vendita. Ecco perché oggi la reputazione diventa centrale più  che mai.

“La reputazione di un’azienda è un elemento di immenso valore e l’imprenditore dovrebbe occuparsi di curare questo aspetto partendo dal tema della sostenibilità. Ma non della sostenibilità ambientale, importantissima, per carità, ma di quella della vita dei propri collaboratori. Un Imprenditore che mette al centro il capitale umano e si adopera perché i propri collaboratori possano realizzare i propri obiettivi di vita, sta costruendo una squadra di persone disposte a difendere in ogni situazione la reputazione dell’azienda.” A dichiararlo Massimo De Donno Ceo di Genio Net, rete di formazione con oltre 36 sedi in tutta Italia ma presente anche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Svizzera e Spagna.

“Questi collaboratori – aggiunge –  si adopereranno perché ogni cliente diventi un fan sfegatato dell’azienda ed è così che secondo me si lavora sulla reputazione e sulla sostenibilità.
Il tema ambientale deve partire dall’educazione. Dal mio punto di vista finché i temi ambientali sono utilizzati semplicemente per far pubblicità all’azienda, e continuiamo a vivere nel paradigma dell’usa e getta in ogni ambito della nostra vita, ogni campagna di responsabilità sociale ambientalista resta una goccia nell’oceano.”




Reputation management: la Scuola Sant’Anna ha partecipato alla giornata studio sul tema organizzata a Tirana dall’Ambasciata d’Italia in Albania

Reputation management: la Scuola Sant’Anna ha partecipato alla giornata studio sul tema organizzata a Tirana dall’Ambasciata d’Italia in Albania

La Scuola Superiore Sant’Anna, rappresentata da Alberto Pirni, docente di Filosofia morale presso l’Istituto DIRPOLIS (Diritto, Politica, Sviluppo), ha partecipato alla giornata studio “La buona reputazione come acceleratore di business nelle relazioni bilaterali Italia/Albania”, organizzata dall’Ambasciata d’Italia in Albania presso l’Università della Signora del Buon Consiglio di Tirana.

L’evento ha previsto la partecipazione dei più noti accademici italiani esperti in reputation management e la presenza di alte cariche del mondo istituzionale e imprenditoriale albanese, oltre a una qualificata rappresentanza dei vertici di note aziende italiane. Il convegno ha rappresentato un approfondimento per analizzare lo stato dell’arte sul tema della reputazione e della gestione delle crisi reputazionali. In questa prospettiva si sono discusse le più innovative buone prassi in materia, a partire da casi pratici di studio, considerati emblematici della tendenza per piccole e grandi aziende a costruire “buona reputazione” per far espandere e affermare il proprio business. In questo quadro, si inserisce l’introduzione storica sul concetto di reputazione di Alberto Pirni, dal titolo “La reputazione come riconoscimento individuale e di gruppo: storia e prospettive”.

Tra gli altri partecipanti: Luca Yuri Toselli, coordinatore, Ruggero Valentini, Presidente della Fondazione Nostra Signora del Buon Consiglio, Bruno Giardina, Rettore dell’Università Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio, l’Ambasciatore d’Italia in Albania Fabrizio BucciEvis Kushi, Ministra dell’Istruzione e Delina Ibrahimaj, Ministra dell’Economia e Finanze, della Repubblica di Albania, Luca Poma, docente di Reputation Management presso l’Università LUMSA e il Colonnello Massimiliano Corsano, Comandante Nuclei Operativi Ecologici dell’Arma dei Carabinieri.

In copertina: da sinistra, Luca Yuri Toselli, Alberto Pirni, Fabrizio Bucci (Fonte: profilo Facebook Ambasciata d’Italia a Tirana)




La sfida tra Vittoria Lazzari e Habeii, tra viralità e manipolazione

La sfida tra Vittoria Lazzari e Habeii, tra viralità e manipolazione

Terremoto nel mondo degli influencer, scosso da un acceso confronto tra la creator Vittoria Lazzari e il suo ex, noto come Habeii. Il conflitto, seguito con grande interesse dai fan e dalle piattaforme di gossip, ha sollevato importanti interrogativi sull’autenticità delle relazioni tra i creator e sul ruolo delle paparazzate nella loro strategia di visibilità.

Secondo diverse fonti, la disputa tra Vittoria e Habeii non si sarebbe limitata alle consuete frecciatine social, ma avrebbe coinvolto amici comuni, che avrebbero orchestrato una serie di paparazzate appositamente dirette a Webboh, una delle più note pagine di gossip che monitora costantemente le vicende degli influencer italiani. Queste paparazzate, seppur apparentemente spontanee, sarebbero state pensate per massimizzare la viralità dei contenuti e aumentare la visibilità di entrambe le parti coinvolte.

Inevitabile la domanda: si tratta di un tentativo di visibilità da parte degli amici, o piuttosto di una manipolazione delle persone vicine ai protagonisti, mirata a sfruttare la situazione per incrementare la propria esposizione mediatica?

La linea tra realtà e strategia si fa sempre più sottile nel mondo degli influencer. Per alcuni, il ricorso a questi espedienti è una tattica legittima, un modo per mantenere alta l’attenzione del pubblico in un ambiente competitivo dove la visibilità è la moneta più preziosa. Per altri, invece, si tratta di una manipolazione evidente, che sfrutta le relazioni personali per generare engagement e costruire narrazioni che spesso poco hanno a che fare con la verità.

Il coinvolgimento di Webboh, una piattaforma seguitissima tra i giovani, ha amplificato ulteriormente il dibattito. Pagina di riferimento per chi vuole essere aggiornato su ciò che accade nel mondo degli influencer, Webboh è diventata il veicolo attraverso il quale le vicende di Vittoria Lazzari e Habeii sono state diffuse e discusse. La sua influenza è tale che apparire su questa piattaforma può fare la differenza tra l’anonimato e la notorietà.

Ma la questione va oltre la semplice ricerca di visibilità. Coinvolgere amici e persone vicine in queste dinamiche può avere conseguenze più profonde, minando la fiducia e l’autenticità delle relazioni personali. In un ambiente dove ogni gesto può essere interpretato come una mossa strategica, diventa difficile distinguere tra ciò che è reale e ciò che è costruito a tavolino.

L’elefante nella stanza, quando si parla di influencer (giovani, giovanissimi e non) è una verità scomoda per alcuni: la manipolazione non riguarda solo i contenuti, ma può estendersi alle relazioni e alle persone, ridotte a pedine in un gioco più grande. Se da un lato il pubblico si appassiona a queste storie, dall’altro deve fare i conti con il fatto che spesso ciò che vede non è altro che una versione abilmente confezionata della realtà.

Lo scontro tra Vittoria Lazzari e Habeii, amplificato dalle paparazzate e dalle piattaforme di gossip come Webboh, ci ricorda quanto sia facile cadere nella trappola della manipolazione mediatica. Nel mondo degli influencer, la ricerca di visibilità può spingere a comportamenti discutibili, mettendo in discussione l’autenticità delle relazioni umane e il confine tra verità e finzione.




Elisa Angius e Gabriel Rennis: conflitto social e frecciatine online

Elisa Angius e Gabriel Rennis: conflitto social e frecciatine online

Le recenti cronache – e gossip – social ci hanno proposto un nuovo episodio di tensione tra celebrità digitali. Elisa Angius, nota influencer, ha pubblicamente attaccato il suo ex, Gabriel Rennis, dopo che una storia su Instagram di quest’ultimo l’ha portata a sentirsi presa in giro. Sebbene Gabriel abbia negato che il messaggio fosse rivolto a lei, sostenendo che Elisa avesse colto l’occasione per sentirsi coinvolta, la vicenda ha aperto una riflessione più ampia su quanto spesso ci sentiamo colpiti da frecciatine o opinioni espresse sui social media e sul ruolo dei social nel gestire conflitti personali.

Nell’era dei social media, è comune sentirsi presi di mira da commenti vaghi o post criptici che sembrano indirizzati proprio a noi. Questa tendenza è alimentata dalla natura pubblica e spesso ambigua delle comunicazioni sui social, dove ogni parola può essere interpretata in mille modi diversi. È facile, in particolare quando si è reduci da una relazione o si sta attraversando un momento di vulnerabilità emotiva, attribuire alle parole degli altri un significato personale che potrebbe non esserci. In casi come quello di Elisa Angius, il sentirsi presi in causa può derivare non solo dalle parole stesse, ma dalle proprie insicurezze e debolezze, che rendono difficile interpretare i messaggi in modo obiettivo.

Il conflitto tra Elisa e Gabriel mette in luce quanto i social media possano amplificare queste sensazioni, trasformando un commento innocuo in una fonte di tensione e conflitto. La natura stessa dei social, dove ogni gesto o parola può essere osservata e giudicata da un vasto pubblico, contribuisce a rendere ogni interazione più carica di significato. Tuttavia, questo modo di gestire i conflitti solleva anche importanti interrogativi sulla maturità emotiva di chi si affida ai social per risolvere o esacerbare le proprie dispute personali.

Discutere di questioni personali tramite social media può infatti essere considerato un comportamento immaturo e poco costruttivo. I social, per loro natura, non offrono il contesto necessario per un dialogo autentico e profondo. Le parole scritte, prive del tono di voce e del linguaggio corporeo, possono facilmente essere fraintese o percepite in modo più aggressivo di quanto inteso. La scelta di affrontare conflitti personali online piuttosto che di persona può denotare una difficoltà nel gestire le proprie emozioni e nell’affrontare situazioni difficili faccia a faccia.

Questa dinamica è particolarmente rilevante tra i giovani e gli influencer, che spesso si sentono obbligati a condividere ogni aspetto della propria vita – anche i più intimi o controversi – con i follower. Tuttavia, questa esposizione costante può portare a una mancanza di confini tra vita privata e pubblica, complicando ulteriormente la gestione dei rapporti personali. Il caso di Elisa e Gabriel ci ricorda l’importanza di separare i conflitti privati dalla sfera pubblica e di trovare il coraggio di affrontare le proprie difficoltà relazionali direttamente, piuttosto che attraverso lo schermo di uno smartphone.

Il caso Elisa Angius e Gabriel Rennis, insomma, ci offre uno spunto di riflessione sulle dinamiche delle relazioni nell’era digitale. Mentre è facile sentirsi presi in causa da frecciatine online, è importante riconoscere quando le nostre insicurezze stanno influenzando la nostra percezione. Allo stesso tempo, è fondamentale ricordare che i social media non sono il luogo ideale per risolvere i conflitti personali. Tornare a un dialogo più autentico, lontano dai riflettori virtuali, può essere la chiave per costruire relazioni più sane e mature.