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“Misurare l’acqua”: un aspetto imprescindibile per garantire efficienza idrica nel mondo

Intervista a Arianna Arizzi di Maddalena SpA

Maddalena S.p.A. è una delle più importanti realtà internazionali nel settore degli strumenti di misura dell’acqua e dell’energia termica. Fondata nel 1919, l’Azienda ha costantemente evoluto la sua struttura e l’offerta di contatori per uso domestico e grosse utenze. Da sempre con lo sguardo volto all’innovazione, Maddalena S.p.A. offre una gamma completa di contatori smart (comunicanti), con orologeria meccanica ed elettronica, in conformità alle richieste della Direttiva Europea sull’efficienza energetica. Con una quota export superiore al 65%, Maddalena S.p.A. è una delle poche aziende europee di rilievo del settore, ancora indipendente e a conduzione familiare, e vede al momento la convivenza tra terza e quarta generazione in carica.  Ne parliamo con il CSR & Marketing manager Dott. sa Arianna Arizzi.

Qual è la Vostra missione?

“Rendere la misura dell’acqua la base imprescindibile per l’efficienza idrica del mondo”. E mi piace sottolineare che questa mission è pensata in perfetta armonia con l’Obiettivo 6 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Il principale mercato di riferimento è storicamente sempre stato quello dei contatori per acqua rivolti al settore Utility, ma negli ultimi anni, grazie alle spinte europee sull’efficienza energetica e ad una sempre maggiore consapevolezza da parte degli utilizzatori, è cresciuta molto la richiesta di strumenti di misura domestici, utili per estendere la gestione fino agli ultimi punti di prelievo. Maddalena S.p.A. ha quindi voluto allargare le proprie vedute anche al cosiddetto Submetering, sviluppando una gamma completa di strumenti dedicati a questo settore specifico, che ad oggi genera circa il 40% del fatturato, con un’importante crescita attesa per i prossimi anni.

La prima volta che si è posta attenzione alla sostenibilità, e perché…

La prima volta che abbiamo affrontato il tema della sostenibilità “chiamandolo per nome” era l’ottobre 2020: a pochi mesi dal mio ingresso in Azienda, infatti, intraprendevamo un nuovo e stimolante percorso orientato a fare luce sulle numerose azioni messe in atto nel corso degli anni a favore di dipendenti, ambiente e comunità, che già esistevano, ma non erano mai state comunicate sotto il nome di “azioni sostenibili”.

Il mio percorso personale e professionale mi aveva condotto infatti a conseguire con successo il titolo di CSR Manager, tra i primi in Friuli Venezia Giulia, grazie al corso di formazione CSR Manager Toolkit erogato da Unis&f e AnimaImpresa (Innovation, Industry 4.0, S3, social innovation), annoverato in seguito quale best practice da parte della Commissione Europea: un’occasione perfetta per poter osservare ed analizzare con i corretti strumenti una realtà aziendale che iniziavo a conoscere da vicino e che mi trasmetteva ogni giorno di più input che parlavano di Sostenibilità.

Mi sono trovata di fronte ad attività di formazione, welfare, sostegno alla comunità, di impegno verso i dipendenti… che posso descrivere come un magma non codificato di idee con però importanti ricadute in termini sociali. Oltre a ciò avevo la certezza di lavorare per un’Azienda con un solido sistema di Governance ed una forte attenzione all’integrazione dei processi, testimoniato dalla presenza di un Sistema di Gestione Integrato (parlo di Certificazioni 9001-14001-27001 e 45001 cui nel breve si è aggiunta anche SA8000 Social Accountability).

Se a questi aspetti aggiungiamo inoltre il recente ampliamento della sede produttiva e direzionale di Povoletto (UD) costruita in classe A4 e dotata di pannelli fotovoltaici in grado di coprire circa il 20% del fabbisogno energetico, non potevo che orientami a pensare secondo una logica ESG (Environmental, Social e Governance).

Un’attenta osservazione ed analisi di questi aspetti mi ha fatto comprendere che era giunto il momento di spostarci dal terreno della sostenibilità inconsapevole – o meglio di azioni consapevolmente messe in atto ma non comunicate secondo questa chiave di lettura – ad un ambiente ormai fertile per intraprendere un vero e proprio percorso orientato alla Responsabilità Sociale di Impresa di cui anche il CdA stava iniziando a comprendere il valore in termini strategici.

Cosa significa la parola “sostenibilità” per Maddalena, e come la declinate?

È vera cultura e crescita d’impresa: un concetto che fa parte del DNA dell’Azienda e orienta strategie, visioni e valori, ma era necessario esercitare un’operazione maieutica per evidenziare agli occhi di tutti gli Stakeholder, interni ed esterni, i punti di forza e di debolezza di questo percorso e per poter costruire un dialogo condiviso.

È stato un viaggio intenso, ma nel contempo in rapido sviluppo, che ha visto in primo luogo il riconoscimento e l’inserimento della mia figura con il ruolo di Manager della Sostenibilità all’interno dell’organigramma aziendale, seguito a stretto giro dall’ottenimento della Certificazione SA8000, di alcuni Rating ESG (uno dei quali ci ha visto tra le Top100 Aziende Sostenibili su Forbes nel 2021) e che culmina oggi con la pubblicazione del primo Bilancio di Sostenibilità.

Il Bilancio chiaramente non va considerato come punto di arrivo, bensì di partenza: un traguardo nel quale le azioni contano molto più delle parole e i progetti assumono sfaccettature che li vedono integrati con criteri ESG, Obiettivi dell’Agenda 2030 e perseguono i risultati emersi dall’analisi di materialità per tracciare i passi successivi.

Fare Sostenibilità per la nostra azienda significa soprattutto integrare nella strategia i temi materiali, mantenere coerenza tra valori e azioni e comunicare in maniera trasparente gli impatti che ci riguardano nei confronti di tutti gli Stakeholder.

Siamo davanti ad un cambiamento organizzativo che vede la sostenibilità sempre più presente in tutti i processi aziendali: in particolare, con l’obiettivo di contribuire ad un futuro dove l’acqua sia valorizzata e misurata con la precisione che da oltre cento anni contraddistingue l’operato di Maddalena.  

Ci racconta brevemente alcuni tra i progetti più salienti?

Approfitto di questa domanda per raccontare alcuni progetti che non potete leggere sul Bilancio di Sostenibilità perché molto recenti e dunque successivi al periodo rendicontato: si tratta di iniziative legate al welfare che nascono dall’occasione del Bando #Conciliamo, promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le politiche della famiglia.

Il Bando intende favorire la realizzazione di interventi per promuovere la conciliazione lavoro-famiglia e risolvere problemi comuni, così da impattare positivamente sulla qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori e, quindi, sulla produttività delle imprese.

I progetti realizzati al momento sono due: un centro estivo interaziendale e l’inserimento in azienda del maggiordomo aziendale, ma altre novità sono previste all’orizzonte già nel 2023.

Cerco di sintetizzare al massimo queste iniziative: quella del Centro Estivo Interaziendale è stata rivolta già a partire dalla scorsa estate a tutte le famiglie dei dipendenti che hanno al loro interno figli di età compresa tra i 3 e i 13 anni. I bambini coinvolti, oltre 30 in totale, hanno potuto accedere gratuitamente e in orario di ufficio a spazi loro dedicati all’interno del giardino aziendale di ICOP Società Benefit, una delle tre aziende partner del progetto, per godersi un’estate all’insegna del divertimento e in totale sicurezza. Mensa aziendale con prodotti freschi e a km0, nuove amicizie e giochi all’aria aperta, ma anche un’ora di compiti ogni giorno: questa la ricetta del successo, soddisfacente sia per gli adulti che per i più piccini. Le iscrizioni per l’estate 2023 sono già aperte ed in raddoppio rispetto allo scorso anno.

Il secondo progetto di conciliazione, avviato all’inizio di ottobre 2022, ha visto l’introduzione in azienda del Maggiordomo Aziendale, una figura adibita allo svolgimento di attività burocratiche o mansioni generiche di carattere privato. Lo scopo principale è quello di facilitare il mantenimento di un corretto equilibrio tra vita e lavoro assolvendo alle incombenze quotidiane dei dipendenti, altrimenti inconciliabili con l’orario di lavoro.

Quanto è emerso da una prima mappatura interna condotta a quattro mesi dall’avvio della sperimentazione, è che il gradimento dell’iniziativa è estremamente elevato: oltre il 90% dei dipendenti ha valutato la soddisfazione dell’iniziativa massima in una scala da 1 a 5. La disponibilità e la cordialità della figura scelta aumentano inoltre l’apprezzamento del servizio. Ovviamente la Maggiordomo si muove per le commissioni con uno sguardo rivolto all’ambiente: calendarizza gli appuntamenti per ottimizzare gli spostamenti ed è dotata di una citycar equipaggiata con nuova tecnologia mild hybrid a benzina che permette un abbattimento di consumi, e quindi di emissioni di CO2, in media, dal 20% al 30%.

Questi sono solo due dei numerosi progetti sostenibili che rientrano nell’ambito delle attività che Maddalena S.p.A. sta introducendo con lo scopo di migliorare il bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa dei propri dipendenti ed ampliando così la sua offerta di welfare. Per leggerne di altri, invece invito i più curiosi a scaricare il documento del Bilancio di Sostenibilità e scoprire quante iniziative vengono messe in atto ogni anno dalla nostra azienda.

Perché un bilancio integrato se siete una B2B?

Cito l’incipit della lettera agli Stakeholder a firma della nostra Vicepresidente Clara Maddalena che apre il primo Bilancio di Sostenibilità.

“Nei prossimi anni assisteremo ad un cambio epocale nell’ambito della rendicontazione di Sostenibilità.

Da gennaio 2024 (con report all’inizio del 2025) le imprese dell’Unione Europea già oggi soggette a presentare la Dichiarazione Non Finanziaria (ex D.Lgs 254/2016) saranno obbligate a rendere pubblici i dati sul loro impatto ambientale, sulle persone, sul pianeta e sui rischi di Sostenibilità a cui sono esposte. Seguite a ruota, a gennaio 2025, dalle grandi imprese e nel 2026 anche dalle PMI.

È di metà novembre ‘22 l’adozione in via definitiva da parte del Parlamento Europeo della direttiva sulla comunicazione societaria sulla Sostenibilità (CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive). Ciò dovrebbe gettare le basi per ragionare su standard di trasparenza sulla Sostenibilità a livello globale, per rafforzare l’economia sociale del mercato e ridurre il problema, sempre più diffuso, del greenwashing.

L’Unione Europea ha voluto imprimere forza all’argomento introducendo obblighi specifici per gli istituti finanziari: un orientamento potente per indirizzare i finanziamenti alle aziende più meritevoli, non solo dal punto di vista economico-finanziario, ma anche secondo i criteri ESG (ambientali, sociali e di governance).

Alla luce di tutto questo, sono ancora più convinta della direzione intrapresa verso la non facile strada per la redazione volontaria di questo primo Bilancio di Sostenibilità a partire dai dati degli anni 2020/21…”

Ovviamente, muoversi all’interno dell’ambito della sostenibilità non è stata né una scelta facile né affatto scontata, un percorso che una volta intrapreso non permette più di tornare indietro.

La scelta di giungere, dopo i passaggi già illustrati in precedenza alla stesura di un Bilancio di Sostenibilità è stata pressoché naturale. Questo documento ha permesso di dare spazio alle azioni, alle progettualità concrete, ai dati quantitativi, oltre che a includere un racconto puntuale dei numerosi passaggi che hanno visto portare in evidenza una vera e propria Strategia di Sostenibilità all’interno dell’Azienda.

L’appartenere ad un settore come quello del metering acqua e relazionarsi con Utility e Multi-Utility, sempre più chiamate a rispondere in termini di sostenibilità sul mercato internazionale, ha agevolato il processo.

In uno scenario globale dove l’acqua è, e sarà sempre di più, una risorsa scarsa e strategica, è indispensabile che tutti gli attori della filiera estesa dell’acqua adottino una visione strategica di insieme per accelerare la transizione verso modelli di gestione e consumo della risorsa più sostenibili. Obiettivo questo condiviso anche all’interno della Community Valore Acqua per l’Italia di The European House Ambrosetti di cui abbiamo scelto di essere parte attiva dal 2020, primi nel nostro ambito. 

Una gestione efficiente e sostenibile della risorsa idrica passa anche attraverso l’adozione del paradigma “Smart&Digital Water” che insiste sulla riduzione dei prelievi idrici, dei consumi e degli sprechi tramite innovazione ed efficientamento tecnologico e si concretizza tramite la digitalizzazione e l’integrazione degli asset infrastrutturali e produttivi della filiera estesa dell’acqua.

Il ruolo che Maddalena può giocare in questo contesto riguarda in particolare il concetto di efficienza della misura per il risparmio dell’acqua, che si poggia su alcuni temi fondamentali tra cui una corretta gestione del parco contatori acqua: si pensi che il parco contatori installato in Italia –20mln di pezzi – ha un’età media di oltre 20 anni e quando si parla di NRW (Non Revenue Water) va sempre fatta una distinzione tra perdite reali (condotte) e presunte (mancata contabilizzazione e sottostima vecchi contatori, etc.); poi, un’adeguata scelta del tipo di contatore in termini di tecnologia di misura, dimensionamento, classe di precisione e rispetto delle normative vigenti (metrologiche e sanitarie); infine, le nuove tecnologie per la trasmissione e condivisione dei dati che caratterizzano lo smart metering e che portano con sé innumerevoli vantaggi tra cui una riduzione dei costi, una migliore gestione della rete ed una maggiore consapevolezza del cliente finale in relazione ai propri consumi e dunque all’uso razionale delle risorse.

Alla luce di tutto ciò, una realtà come Maddalena non poteva che porsi come precursore anche del terreno della sostenibilità, anticipando di qualche anno gli obblighi normativi che presto toccheranno più da vicino il panorama imprenditoriale europeo e sperimentando la gestione dello strumento del Bilancio che oggi è stato redatto in conformità ai GRI standard ma che domani potrà anche essere certificato da terza parte.

Cosa vede spostando lo sguardo avanti di 5 anni?

Un’azienda che ha continuato a crescere e che ha sviluppato al suo interno un dipartimento di carattere trasversale che contribuisce ad alimentare i temi legati alla Sostenibilità: se dal punto di vista della Governance aziendale e del sociale sono già state gettate ottime basi sulle quali si è ovviamente continuato a lavorare, dal punto di vista ambientale, in particolar modo nell’ambito della ricerca e sviluppo di prodotto e di processo, non possiamo che aver continuato a studiare ed investire in questi 5 anni.

Vedo anche l’attenzione verso una filiera sempre più virtuosa, che renda i fornitori veri partner di co-design di prodotto e che analizzi queste collaborazioni in termini di maggiore sensibilità sui temi legati allo Sviluppo Sostenibile. Non so se potremo già parlare concretamente di un processo di Sustainable Supply Chain Management ma sicuramente avremo gettato le basi per lavorare in questa direzione.

Nel breve, il Regolamento Europeo sulla Tassonomia (Reg. UE 2020/852) prevedrà obblighi di disclosure per stabilire fatturato e costi derivanti da attività economiche sostenibili e per individuare queste ultime sulla base di criteri tecnici. Tra cinque anni credo e spero che il sistema sarà rodato tenendo conto dei progressi tecnologici e delle evoluzioni normative in atto.

Tra cinque anni mancherà davvero poco alla dead line propostaci dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Lavorando al tavolo della Community Valore Acqua per l’Italia di The European House Ambrosetti immagino che avremo contribuito concretamente alla strategia comune di medio termine (2022-25) che punta ad affermare l’Italia come un Paese sostenibile a partire dalla gestione efficiente, locale e circolare della risorsa acqua, rendendola asset competitivo e di sviluppo.

Contemporaneamente, sul piano personale, mi vedo cresciuta nel ruolo che mi piace chiamare di Ambasciatore della sostenibilità, e che ho già iniziato a costruire in questi anni, con un intento di contaminazione culturale che toccherà in modo trasversale diversi Stakeholder. Il fine ultimo sarà quello di favorire un’azione strutturata di sensibilizzazione, informazione ed educazione.

Mi piace pensare che continuerò a formarmi in modo sempre più approfondito su queste tematiche e contemporaneamente a intervenire all’interno di enti, scuole, università e aziende per condividere la mia esperienza e diffondere da un lato la cultura della misura dell’acqua e dall’altro un’esperienza concerta di sostenibilità che non prescinda mai dai concetti di coerenza e collaborazione concreta con i nostri pubblici.

AGGIORNAMENTO del 23/06/23 h 11:00: Notizie dai ghiacciai – Reson-Ice – Il ghiaccio che risuona dal Friuli Venezia Giulia

Reson-Ice – Il ghiaccio che risuona” è uno dei progetti vincitori della call Radio Utopia – Notizie dal mondo lanciata in occasione della XVIII Biennale Internazionale di Architettura di Venezia 2023.

La visionaria chiamata è volta a raccogliere notizie dal mondo sotto forma di contributi sonori e a metterli in scena, dall’1 al 5 agosto, all’interno del padiglione francese, quando il Ball Theatre si trasformerà in un teatro radiofonico, un palcoscenico concepito come un’antenna che riceve e trasmette e che si fa campo di sperimentazione, ricerca e dibattito. 

La risposta dal Friuli Venezia Giulia è il paesaggio sonoro “Reson-Ice”, un progetto che unisce arte, natura e musica e trasmette un messaggio intenso e coinvolgente. L’audio capta il dialogo tra due ghiacciai: il ghiacciaio italiano a quota più bassa, Montasio-Alpi Giulie, che si mantiene resiliente, e quello del Monte Bianco, un paesaggio culturale che si auspica possa preservare l’ambiente glaciale.

Questo progetto straordinario è stato ideato da due avvocati e musicisti udinesi: Pietro Tonchia e Paola Fattori, che insieme hanno ideato Reson-Ice per creare consapevolezza sulla fragilità del sistema idrico e spingere alla sua protezione. Ed è stato reso possibile grazie al contributo determinante di Daniela Piussi, guida montana, per la registrazione audio sul Montasio, e di Mingma Sherpa della valle del Makalu, per l’audio dal rifugio Requin, Vallée Blanche. A credere nel progetto anche Maddalena Spa, azienda friulana a vocazione internazionale, specializzata negli strumenti di misura dell’acqua, che ha fornito il suono e la precisione di un contatore per acqua volumetrico che evoca un simbolico conto alla rovescia e richiama l’urgenza di preservare questa risorsa preziosa. Inoltre, il progetto ha ricevuto il supporto di Federico Cazorzi, professore di idrologia dell’Università di Udine e membro del Comitato Glaciologico Italiano, Mariano Bulligan, violoncellista, Guido Candolini, guida alpina, ed Ekita, organizzazione di Udine fortemente orientata alla sostenibilità.

“I ghiacciai per creare consapevolezza sulla fragilità del sistema idrico e prendersene cura. Il suono di un contatore per l’acqua che evoca un conto alla rovescia e sottolinea l’urgenza e la necessità di proteggere questa risorsa scarsa e preziosa.” – affermano gli autori Pietro Tonchia, cultore di paesaggio sonoro, e Paola Fattori, appassionata di montagna – “Poi il ghiaccio sublima in musica creando un’esperienza sensoriale unica.”

L’apice è il violoncello di ghiaccio, scolpito dall’artista Tim Linhart sul ghiacciaio Presena. Lo strumento intona l’ultimo canto dei ghiacciai, eseguendo il tema leitmotiv di “N-Ice Cello Concerto” composto da Giovanni Sollima per il docufilm di Corrado Bungaro “Storia del violoncello di ghiaccio”, Wasabi filmakers, disponibile su Raiplay.
La musica del violoncello risuona attraverso il paesaggio glaciale, portando un messaggio di fragilità e speranza.

Reson-Ice è un’opera d’arte viva, vibrante, profonda che coinvolge il pubblico in un’esperienza emotiva e riflessiva.  Ed è solo l’inizio di un meraviglioso viaggio di esplorazione nel nostro territorio. Il progetto infatti darà vita anche ad un’opera d’arte che vedrà uniti il contatore per l’acqua e i suoni due ghiacciai, trasformandoli in elemento totemico itinerante. Attraverso la fusione di suono, natura e arte, si mira a sensibilizzare le persone sull’importanza di proteggere e preservare l’acqua, affrontando i cambiamenti climatici, promuovendo la sostenibilità ambientale e contribuendo al raggiungimento dell’Obiettivo 6 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.




Alessandra Demichelis su Instagram: “I poveri dovrebbero bruciare all’inferno”. Un’ulteriore dimostrazione che sui Social il silenzio dovrebbe tornare ad essere una possibile opzione

Alessandra Demichelis su Instagram: “I poveri dovrebbero bruciare all’inferno”. Un’ulteriore dimostrazione che sui Social il silenzio dovrebbe tornare ad essere una possibile opzione

“La presenza dei poveri…che schifo!” Difficile credere non si tratti del testo di una barzelletta di cattivo gusto, o una battuta irriverente tratta da uno spettacolo black humor di Ricky Gervais o Louis C.K.

Invece, sono le parole che Alessandra Demichelis, avvocata e “influencer”, ha scelto di utilizzare durante una diretta Instagram per insultare le persone meno abbienti, che, secondo il suo punto di vista, non appartengono a una casta ricca, privilegiata e – quindi – di per sé meritevole.

L’approccio comunicativo di De Michelis sui social ha sempre incluso l’ostentazione delle sue possibilità economiche, mostrando ai follower una vita immersa nel lusso, tra abiti firmati e calici di champagne. Su Instagram aprì, insieme all’avvocata Federica Cau, un profilo chiamato DC Legal Show in cui vengono elargiti consigli legali con un tocco “glamour”: alle nozioni di diritto sono abbinati gli scatti sexy con la toga.

Quasi subito iniziano ad arrivare le prime segnalazioni di colleghi sdegnati all’Ordine degli avvocati, che apre un procedimento disciplinare concluso con un richiamo al decoro. Le due colleghe, però, vengono licenziate dallo studio in cui lavorano.

Successivamente, Alessandra Demichelis viene invitata da Barbara D’Urso per la trasmissione Pomeriggio 5, con l’intento di difendere la sua scelta di mostrare un lato diverso della vita di un avvocato sui Social. La risonanza mediatica cresce, e la produzione di Pechino Express decide di contattare Demichelis, che accetta di partecipare alla decima edizione del programma attualmente in onda su Sky in coppia con la collega Lara Picardi.

Alessandra Demichelis sembra intenzionata a seguire la regola – del tutto desueta – del “bene o male, purché se ne parli”. In effetti, il suo profilo conta più di 16.000 follower e decine di articoli vengono pubblicati con il suo nome in bella evidenza. Il problema è che “socialmente siamo quello che si dice di noi”, come afferma Sebastiano Paolo Lampignano nel suo Web Reputation Manifest.

E il binomio comunicazione + Social è quanto mai sdrucciolevole, specie per chi come la Demichelis pare completamente a digiuno delle più elementari regole di reputation management.

Secondo un’indagine di Weber Shandwick dal titolo ‘The State of Corporate Reputation’il 63% del valore di mercato di un’organizzazione è attribuibile alla reputazione: la letteratura oggi ci suggerisce quanto, senza ombra di dubbio, la reputazione abbia un impatto diretto sul valore di qualunque entità, toccando un insieme di fattori come identità, immagine, notorietà e riconoscibilità, che influiscono sugli stakeholder e sul valore percepito dai cittadini. E questo vale non solo per un’azienda, ma anche per un politico, uno sportivo, o una influencer come la Demichelis.

Una cattiva gestione della propria reputazione online può portare alla perdita di contatto e di sintonia con i propri pubblici, e scatenare shitstorm da cui è molto difficile uscire.

Prova ne sia che l’ultimo episodio in ordine di tempo di “esternazioni” della avvocata benestante e glamour è stato in grado di accendere un vero e proprio scandalo mediatico: l’avvocata e un suo amico, noto imprenditore legato al mondo del vino Franco Morando, hanno condiviso con i follower il proprio pensiero sulle classi meno abbienti, non certo lusinghiero, mentre commentavano una serata trascorsa insieme.

I poveri – afferma Demichelis –  dovrebbero bruciare all’inferno”. Per commentare il locale che ha ospitato la festa, dove c’erano, dice Morando, “escort” e “poveri”.

“La cosa mi ha esaltato” continua l’imprenditore, “che cosa ti ha esaltato? La presenza dei poveri..che schifo!” risponde lei. Morando racconta quindi che il giorno prima qualcuno gli ha rigato la sua Porsche Gts da 580 cavalli ed è qui che Demichelis inizia il suo discorso contro i poveri che, afferma, “dovrebbero bruciare all’inferno”.

“Di per sé possono anche esistere, tutti possono essere meno abbienti” replica l’amico, mentre lei insiste “Non sto capendo perché sta salvaguardando i poveri” e sulla riga all’auto gli chiede: “Secondo te l’ha fatta un ricco o un povero?”, “Te l’ha fatta un povero!”.

L’imprenditore cerca di spiegare che dietro al danneggiamento della Porsche potrebbe esserci “la gelosia” che “non ha limiti”. Il surreale dialogo si sposta poi in generale su Torino con giudizi (di lui) molto critici sulla città: “è una città povera” – dice – “è imbarazzante! Svegliatevi! Se volete mangiare e bere meglio fate 70 chilometri e siete a Milano, spendete 4 euro in più a bicchiere e vivrete meglio”.

Carico di classismo, disprezzo, stereotipi e falsità, il turpiloquio che i due hanno messo in scena è costato all’imprenditore Morando un’ondata di proteste da parte dell’imprenditoria e della ristorazione torinese, culminato con la decisione da parte di alcuni di boicottare completamente tutti i prodotti della casa vinicola Montalbera, come è stato ribadito da Giancarlo Banchieri, presidente di Conferscenti che si è fatto portavoce della protesta:

“Il mondo della ristorazione è in rivolta e come associazione riteniamo opportuno dare voce alla categoria. Una categoria che con fatica esce da anni difficili e che con sacrificio sta riportando la città alla sua vivacità e alla sua vocazione naturale, quella enogastronomica. Non possiamo accettare questa denigrazione verso professionisti preparati, attenti e appassionati, capaci di promuovere del buon nome di Torino, sia a livello nazionale che internazionale. Certe esternazioni vanno condannate duramente e rispedite al mittente. Le scuse non bastano, l’offesa personale e professionale inferta ai ristoratori lascia una profonda amarezza e una ferita insanabile”.

In seguito alla presa di posizione di numerosi esercenti che si sono definiti denigrati ed offesi, incoraggiando altre persone anon acquistare mai più i prodotti vinicoli di Franco Morando, quest’ultimo ha cercato di rettificare – invero in modo abbastanza ridicolo – dicendo che l’accusa contro i poveri era definita solo ai “poveri di spirito”, e ha provato a scusarsi, ma la cosa, ovviamente,non è bastata a placare gli animi.

Il tentativo di arginare la protesta con delle scuse di circostanza, generiche e poco convinte, è stato promosso anche dalla Demichelis: dopo essere stata travolta dalle critiche, ha provato a rimediare con un video in cui spiega che “i poveri non sono mica solo quelli con problemi economici, io intendevo quelli morali” (sic!), affermazione che però non trova nessun riscontro nella forma e nei contenuti di ciò che è stato detto da lei e dall’amico durante la diretta.

Demichelis, quindi, non riesce mai, nemmeno per un attimo, a fare un passo indietro: avrebbe potuto dichiarare, per esempio, di sentirsi dispiaciuta e di essere consapevole di aver offeso la sensibilità altrui, ma decide invece di non prendersi nessuna responsabilità, puntando invece il dito contro chi si è permesso di accendere la polemica: “Voi che cosa avreste detto alle 2 di notte, presi dalla rabbia per un graffio alla macchina? È una reazione normale”.

Di “normale”, invece, nelle sue parole, a nostro avviso non c’è proprio nulla. Solo l’ennesima dimostrazione di quanto sui Social, come in tantissime altre occasioni della vita concreta, sarebbe il caso di tornare a considerare il silenzio come una possibile opzione; l’unica valida, peraltro, quando non si hanno cose intelligenti da dire.




Samara Tramontana e il bullismo online. Strategie di attacco e difesa della reputazione tra influencer

Samara Tramontana e il bullismo online. Strategie di attacco e difesa della reputazione tra influencer

Samara Tramontana ha recentemente denunciato i un inquietante episodio nel suo podcast, di aver subito atti di bullismo dal vivo. Tramontana ha raccontato di essere stata regolarmente chiamata “puxxana” e “trxxa” da un gruppo di ragazze, semplicemente per il fatto di essere una creator sui social media. Il fatto – già di per se grave – evidenzia una realtà dolorosa e crescente: la reputazione di una persona può essere compromessa non solo attraverso azioni compromettenti sui social media, ma anche per il gusto di danneggiare l’immagine di qualcun altro, sia online che nella vita reale.

Il bullismo e le aggressioni verbali nei confronti degli influencer non sono fenomeni nuovi, ma l’esperienza di Samara Tramontana racconta dei potenziali impatti emotivi devastanti, soprattutto laddove anche quando la vittima non ha compiuto azioni censurabili o oggetto di polemica. L’immagine pubblica di un influencer può essere facilmente minata da commenti e comportamenti maliziosi, alimentando una narrativa negativa che può danneggiare profondamente la loro reputazione e il loro benessere personale.
Nel contesto dei social media, la reputazione di un influencer è spesso costruita attraverso la curata presentazione di sé e dei propri contenuti. Tuttavia, questa immagine può essere minata da attacchi esterni, gratuiti e privi di fondamento. L’aspetto preoccupante è che la reputazione di una persona può essere compromessa anche senza che quest’ultima compia azioni compromettenti, semplicemente attraverso il desiderio di danneggiare e screditare. Gli attacchi personali e le calunnie possono essere diffusi rapidamente e amplificati attraverso la condivisione sui social media, aggravando l’impatto negativo.

Con l’ausilio di alcuni studenti di psicologia, attivi sui social media e attenti a questo fenomeno, mi sono permesso di redigere un piccolo elenco di consigli da dare a chi si dovesse sentire vittima di questo tipo di attacchi:
Costruire una Rete di Supporto: Avere un supporto solido da parte di amici, familiari e colleghi può aiutare a contrastare l’impatto emotivo degli attacchi. Il supporto di persone fidate è fondamentale per mantenere la propria resilienza e affrontare le critiche.
Gestire le Critiche in Modo Costruttivo: È importante rispondere alle critiche in modo professionale e costruttivo, evitando reazioni impulsive che potrebbero peggiorare la situazione. Avere una strategia per affrontare le critiche e i commenti negativi può aiutare a mantenere un’immagine positiva.
Utilizzare Strumenti di Moderazione: I social media offrono strumenti di moderazione e segnalazione che possono aiutare a gestire i commenti e i contenuti offensivi. Utilizzare questi strumenti può aiutare a ridurre la visibilità degli attacchi e a mantenere un ambiente online più sicuro.
Educare e Sensibilizzare: Promuovere la consapevolezza riguardo al bullismo e agli attacchi online è cruciale. Campagne di sensibilizzazione possono aiutare a educare il pubblico sull’impatto delle parole e dei comportamenti dannosi e a incoraggiare un uso più rispettoso delle piattaforme sociali.
Ricorrere a Supporto Legale: In casi gravi di diffamazione e bullismo, può essere utile consultare un legale per esplorare le opzioni di protezione e risarcimento. Le leggi contro la diffamazione e il bullismo possono offrire strumenti per tutelare la propria reputazione.

In conclusione, la vicenda di Samara Tramontana dimostra che, nel mondo degli influencer, la reputazione può essere fragile e vulnerabile agli attacchi gratuiti e maliziosi. Proteggere la propria immagine e affrontare il bullismo richiede una combinazione di supporto personale, gestione strategica delle critiche e utilizzo consapevole delle risorse disponibili. È essenziale creare un ambiente di rispetto e sensibilità, sia online che nella vita reale, per garantire che tutti possano lavorare e interagire senza timore di essere danneggiati da attacchi ingiustificati.




Aurora Baruto: la spia nei video e le teorie del complotto

Aurora Baruto: la spia nei video e le teorie del complotto

Aurora Baruto ha catturato l’attenzione dei suoi follower non solo per i suoi contenuti, ma anche per un dettaglio inaspettato apparso nei suoi video: una “spia”, ben visibile alle sue spalle. Questo elemento, che inizialmente potrebbe sembrare insignificante, ha scatenato un’ondata di speculazioni tra gli utenti sui social media. Molti hanno ipotizzato che la spia potesse indicare che qualcuno stesse osservando l’influencer, mentre altri hanno visto nella presenza dell’oggetto una possibile mossa strategica per aumentare l’engagement.

Le teorie complottiste e le speculazioni sui social media non sono una novità, specialmente quando si tratta di figure pubbliche come gli influencer. Questi fenomeni si manifestano in diverse forme e per vari motivi, alimentati dalla curiosità e dall’immaginazione degli utenti.

Nel caso di Aurora Baruto, le speculazioni sul significato della spia riflettono una tendenza comune nei social media: il desiderio di scoprire segreti nascosti e di interpretare ogni dettaglio come parte di una narrazione più ampia. Gli influencer, con la loro costante esposizione pubblica e la necessità di mantenere l’interesse del loro pubblico, possono trovarsi al centro di teorie complottiste che vanno ben oltre la realtà.

La presenza di elementi come una spia nei video può facilmente diventare il catalizzatore per tali teorie. In alcuni casi, gli influencer stessi possono giocare con questi dettagli per generare buzz e mantenere alta l’attenzione sui loro canali. La visibilità e il coinvolgimento sono fondamentali nel mondo dei social media, e ogni elemento che può stimolare la curiosità e il dibattito tra i follower è potenzialmente sfruttabile per incrementare l’engagement.

Nonostante la speculazione e le teorie complottiste possano sembrare esagerate, è importante riconoscere che fanno parte di una cultura mediatica in cui il confine tra realtà e finzione è sempre più sfumato. Per gli influencer, gestire questo tipo di attenzione richiede una certa dose di abilità e consapevolezza. Se da un lato le teorie complottiste possono generare traffico e discussione, dall’altro possono anche alimentare malintesi e distrarre dall’autenticità del contenuto.

Inoltre, il ricorso alle teorie complottiste può anche avere effetti collaterali. La diffusione di tali speculazioni può portare a una percezione distorta della realtà, creando aspettative irrealistiche o un’eccessiva curiosità invadente. Per questo motivo, è cruciale per gli influencer mantenere una comunicazione chiara e gestire con attenzione i dettagli che potrebbero innescare teorie e speculazioni.

In conclusione, la vicenda di Aurora Baruto e la presenza della spia nei suoi video evidenziano come le teorie complottiste siano una parte integrante del panorama dei social media. Sebbene possano essere utilizzate strategicamente per aumentare l’engagement, è fondamentale per gli influencer gestire tali dinamiche con attenzione, evitando che la curiosità e le speculazioni oscurino il valore autentico del loro lavoro e il rapporto genuino con il pubblico.

Ovviamente, aggiungo, il fatto che questa “spy story” con conseguente hype, si sia sviluppata proprio nei giorni dell’annuncio di Aurora dell’imminente uscita del suo libro, è una pura coincidenza. Ovviamente.




Leadership femminile. Dalla politica alle imprese, il mondo fa ancora fatica ad accettare le donne al vertice

Leadership femminile. Dalla politica alle imprese, il mondo fa ancora fatica ad accettare le donne al vertice

Cementata e impermeabile, la strada per la leadership è sempre stata lastricata da soli uomini. Apparso davvero immodificabile per decenni, il nostro è un sistema, economico e sociale, che ha previsto una struttura in cui il genere maschile è generalmente privilegiato. Da qualche anno pare che le problematiche legate alla gender equality siano arrivate al centro del dibattito e alcune dinamiche sembrano virare in una direzione diversa. Ma possiamo davvero ritenerci soddisfatti di quanto fatto finora? La realtà sta veramente cambiando?

In Italia, negli ultimi tempi, abbiamo assistito a eventi che hanno acceso il dibattito sull’uguaglianza di genere. Il risultato delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 ha dato la possibilità alla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, di essere eletta Presidente del Consiglio. Prima donna incaricata per il ruolo dopo trenta uomini. Nel mese di febbraio si sono svolte le primarie per decretare la nuova leadership del Partito Democratico. Con il 53,75% delle preferenze, Elly Schlein è stata eletta nuova Segretaria di quello che, stando ai sondaggi sulle intenzioni di voto pubblicati da Index Research il 3 marzo, continua ad essere il principale partito di opposizione. In questo momento, quindi, la scena politica italiana è “dominata” da due donne: completamente diverse per approccio, stile comunicativo e ideologia, con politiche diametralmente opposte e visioni che vogliono orientarsi verso ambienti e persone collocate in fazioni contrarie. Senza soffermarsi sull’analisi politica, e su quanto forse sia più facile affermarsi se non si ritengono di primaria importanza le misure per l’uguaglianza di genere (per quanto riguarda Meloni), è evidente quanto la notizia di entrambe le investiture vada accolta con sentimento positivo, se si considera la prospettiva in cui per decenni solo gli uomini hanno occupato i ruoli di protagonisti nello scenario politico italiano.

Ciò che è importante ricordare, però, è come parte del nostro Paese ha accolto questi risultati. Centinaia di insulti, commenti sessisti e fotomontaggi sono stati riservati a Elly Schlein. Come Vivarelli Colonna, Sindaco di Grosseto, che ha scritto: “Per 2 euro che volevate, Belen?” riferendosi alla nuova Segreteria Dem e ai due euro che il Pd ha chiesto a coloro che si sono recati ai gazebo per votare. “Rana dalla bocca larga, scrofa”. Sono le parole che un docente dell’Università di Siena ha utilizzato nei confronti della leader di Fratelli d’Italia. E ancora: “Ma fai la casalinga per piacere”, il commento su Facebook che il segretario del Pd di Andria, Giovanni Vurchio, ha lasciato sulla bacheca Facebook di Giorgia Meloni. Sui quotidiani si è potuto assistere ad episodi simili, come la vignetta sul Fatto Quotidiano in cui si immagina un Titanic – quello citato dalla Meloni a proposito dell’Europa – come teatro di un accoppiamento sessuale nel quale Macron viene rappresentato in una versione sessuale dominante sulla leader di FdI. Questi sono solo degli esempi. In televisione, sui giornali, alla radio e sui social, i commenti si sono spesso concentrati sul genere: la critica, che quasi sempre degenera in insulto, è indirizzata al loro essere donna e non all’azione politica. Il problema, ovviamente, non è circoscritto nei nostri confini, lo stesso accadde oltremare nel 2020 con l’elezione di Kamala Harris per la carica di Vicepresidente negli Stati Uniti. E tanti altri episodi potremmo trovare in Italia e in giro per il mondo.

La problematica non è solo legata ai media e alle voci che commentano le leadership femminili. Nei fatti, le donne che occupano posizione di vertice in politica sono poche. Se ci concentriamo sull’Europa, i Paesi che hanno una donna come capo del governo in totale sono solo 6 su 31 (il 19,3%). Oppure, è già stato dimostrato quanto la leadership femminile in politica riesca spesso a concretizzarsi in esempi di ottimo operato sia in maggioranza che all’opposizione, come evidenziato dall’analisi del Professor Luca Poma.

È così difficile provare a lavorare per un mondo che non rimanga sorpreso e consideri “normale” l’elezione di una donna nei ruoli al vertice delle istituzioni? Perché sembra appartenere al sogno utopistico lo sviluppo di un futuro in cui nessuno si soffermi sul genere per l’analisi di una persona con impegno politico? Come possiamo intervenire in modo incisivo per invertire la rotta?

Nelle parole della scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, contenute nel libro Dovremmo essere tutti femministi, edito da Fourth Estate, si trova un’analisi capace di generare spunti di riflessione interessanti e possibili risposte a questi interrogativi.

Il genere, per come funziona oggi, è una grave ingiustizia. Vorrei che tutti cominciassimo a sognare e a progettare un mondo diverso. Un mondo più giusto. Fatto di uomini e donne più felici e più fedeli a se stessi. Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli. Facciamo un grave torto ai maschi educandoli come li educhiamo: soggioghiamo la loro umanità. Diamo della virilità una definizione molto ristretta, che diventa una gabbia piccola e rigida dentro cui rinchiudiamo gli uomini.

Il problema del genere è che prescrive come dovremmo essere invece di riconoscere come siamo. Immaginate quanto saremmo più felici, quanto ci sentiremmo più liberi di essere chi siamo veramente, senza il peso delle aspettative legate al genere. I maschi e le femmine sono indiscutibilmente diversi sul piano biologico, ma la socializzazione accentua le differenze e poi si avvia un processo che si auto-rafforza.

«Perché la parola “femminista”? Perché non dici semplicemente che credi nei diritti umani». Perché non sarebbe onesto. Il femminismo ovviamente è legato al tema dei diritti umani, ma scegliere di usare un’espressione vaga vuol dire negare la specificità del problema. Per centinaia di anni il mondo ha diviso gli esseri umani in due categorie, per poi escludere e opprimere uno dei due gruppi. Quindi è giusto che la soluzione al problema riconosca questo fatto. La cultura non fa le persone. Sono le persone che fanno la cultura. Se è vero che la piena umanità delle donne non fa parte della nostra cultura, allora possiamo e dobbiamo far sì che lo diventi. Tutti noi, donne e uomini, dobbiamo fare meglio”.

Dalla politica al mondo delle imprese: le donne al vertice sono ancora poche

Uno studio presentato dall’associazione European Women on Boards, il Gender Diversity Index (GDI), riportato su milionaire, ha come obiettivo il monitoraggio della rappresentanza di genere nelle più grandi aziende europee. Ciò che è emerso dall’edizione del 2021 è la bassissima presenza di donne nei CdA in Europa, la percentuale è ferma al 35%. Meno di un’azienda su 10 (il 7%) è guidata da donne Ceo. In Italia la percentuale è ancora più bassa: 3%, quattro punti in meno rispetto alla media.

Lo studio ha analizzato 668 società quotate di 19 Paesi europei. L’Unione Europea ha fissato un obiettivo per il 2025, con il 40% di donne in posizione di vertice. Considerando una scala da 0 a 1, in cui 1 rappresenta il 50% nei ruoli dirigenziali, il traguardo è ancora lontano: il GDI 2021 è allo 0,59 (solo in lieve crescita dallo 0,53 del 2019). Nel 2021 c’è stato un aumento di appena l’1% rispetto al 2020 nella presenza femminile nei Consigli di amministrazione. Una presenza ancora più ridotta nelle posizioni di vertice, che gli uomini occupano per l’81%, e tra i Ceo: su 668 aziende solo 50 sono guidate da donne, appena 8 in più rispetto al 2020.

La Presidente European Women on Boards, Hedwige Nuyens, ha commentato quanto emerso dall’analisi: “Visto che le donne rappresentano la maggioranza degli studenti universitari, è stupefacente vedere che poi solo il 7% delle aziende in Europa sia guidato da una donna. Deve esserci un cambiamento perché non possiamo permetterci di non impiegare una parte così importante dei nostri talenti. Il progresso è lento anche in alcuni Paesi noti per essere generalmente “gender equal”, come quelli nordici. Anche lì il potere economico è concentrato in una cerchia ristretta che spesso esclude le donne”.

Dal focus sull’Italia emerge che nel nostro Paese il GDI è di poco superiore alla media europea, 0,62, con una leggera crescita rispetto al 2020, al 6° posto nella classifica generale, davanti a Danimarca, Belgio, Olanda. Le migliori aziende italiane (su 33 analizzate) per Gender Diversity Index sono Unicredit, al 28° posto nella classifica generale, Reply, Fineco Bank e A2A.

L’Italia ha la più alta percentuale di donne nei Comitati di CdA/Consigli di Sorveglianza (47%), ma ha poche donne a capo dei CdA (15%) e nei livelli esecutivi (17%), pochissime e in calo (dal 4 al 3%) alla guida delle aziende. Siamo in fondo alla classifica per numero di Ceo, con Germania e Svizzera.

Il dato è preoccupante e dimostra che siamo molto lontani dalla parità e che c’è ancora tanto lavoro da fare per cambiare la cultura aziendale. È necessario accelerare, promuovere lo sviluppo della leadership inclusiva e creare una pipeline di talenti femminili.

Paola Mascaro, Presidente di Valore D.

Un altro aspetto negativo è mostrato dal tipo di carica che una donna occupa nei ruoli di vertice nelle imprese italiane. Rispetto al 2020 solamente le posizioni di CFO (30% contro 29%) e Chief Marketing Officer (22% contro 16%) sono in crescita ma restano comunque inferiori a quelle globali, rispettivamente (36%) e (23%). Funzioni come l’amministratore delegato, ad esempio, oltre ad essere dirette da un minor numero di donne rispetto al 2020 (18% contro il 23%) e inferiori rispetto a paesi come Germania (27%) e USA (28%), corrispondono solo alla metà della percentuale globale (36%).

Argomento importante da evidenziare è la differenza tra i salari degli uomini e quelli delle donne. Se si osservano i dati proposti da pagellapolitica, possiamo notare come nella paga oraria lorda (il cosiddetto gender pay gap) in Italia la differenza tra le retribuzioni di uomini e donne è tra le più ridotte dell’Unione europea. Secondo Eurostat, nel 2020 la paga oraria lorda delle donne era del 4,3 per cento più bassa di quella degli uomini, il quarto valore più basso tra i 25 Paesi membri dell’Ue per cui sono disponibili dati (mancano Grecia e Irlanda). Al primo posto c’era il Lussemburgo, dove la differenza era di appena 0,7 punti percentuali, e all’ultimo la Lettonia, con una differenza del 22,3 per cento.

La situazione però cambia notevolmente se si analizza il cosiddetto gender overall earnings gap, un parametro più esaustivo che considera non solo la differenza tra le paghe orarie, ma anche il tasso di occupazione femminile nei vari Paesi europei e il numero di ore lavorate da uomini e donne. Con l’unione di questi tre fattori, nel 2018 (ultimo anno per cui sono disponibili dati) l’Italia era il terzo Paese con le differenze più marcate tra gli stipendi di uomini e donne, pari al 43 per cento. Solo Austria (44,2 per cento) e Paesi Bassi (43,7 per cento) avevano due percentuali più alte di quella italiana. All’ultimo posto della classifica c’era invece il Portogallo, con il 20,4 per cento (il valore più basso dell’Ue).

Eppure, se si focalizza l’analisi sull’operato, si può notare che le imprese che affidano la guida ad una donna riescono ad ottenere dei risultati migliori. Uno studio del Peterson Institute for international economics di Washintgon, riguardante 21.980 imprese in 91 Paesi, segnala la grande capacità delle donne a generare utile quando sono alla guida di un’azienda. Secondo i ricercatori americani, infatti, le imprese dove almeno il 30 per cento del board è femminile conquistano un incremento del 6% della quota di utile netto.

Il 2023 potrebbe rappresentare l’anno della svolta, con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che prevede interventi mirati per le donne per un totale 3,1 miliardi di euro circa. La promessa è di riuscire a generare un aumento dell’occupazione femminile del 4% entro il 2026.

Pinkwashing. Il falso impegno per l’uguaglianza di genere

Il neologismo pinkwashing nacque come una critica per indicare campagne pubblicitarie e azioni di marketing che si ponevano in prima linea nella lotta del cancro al seno, proponendo i cosiddetti prodotti contrassegnati dal fiocchetto rosa. Così come il greenwashing, ovvero adottare una strategia di comunicazione volta a costruire un’immagine ingannevolmente positiva dal punto di vista della tutela ambientale o sociale, anche il pinkwashing punta a far diminuire l’attenzione sugli eventuali difetti del prodotto, seducendo l’acquirente con prodotti contrassegnati dal simbolo della lotta al tumore al seno o proponendo, più in generale, articoli che sensibilizzino i potenziali utenti sul tema dell’emancipazione femminile. Da un recente articolo si evince che le imprese aderenti alla Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro sono state al centro di un’indagine portata avanti da 4.Manager nel 2020 e nel 2021 e rivela che in materia di parità di genere il tema più caldo affrontato dalle imprese è la genitorialità seguito dalla formazione continua, dalla parità nei ruoli apicali e dalla parità salariale. Emerge che le imprese oggi sono più propense a comunicare le azioni intraprese sulla parità di genere, ma questo avanzare della comunicazione, non è sempre sostenuto dallo sviluppo di progetti reali. Il 27,3% delle imprese oggetto d’analisi, infatti, comunica un’attenzione di facciata. Tutto ciò ha un grave impatto sulla reputazione di un’impresa, che – di conseguenza – ne subirà gli effetti anche in termini di fatturato e benessere economico.

Il falso impegno per l’uguaglianza di genere non è circoscritto solo al mondo del lavoro e delle imprese. La politica, per esempio, continua troppo spesso ad essere ostacolo per l’intervento sul gender gap. Nel nostro Paese, ma anche in Europa e nel mondo, rimane in più di un’occasione assente la volontà di applicare misure che possano modificare realmente un sistema che il più delle volte ancora non prevede l’uguaglianza di genere. Il pinkswashing, in questo caso, si sviluppa con l’ideazione di interventi che non influiscono realmente sul problema ma che invece sono utili al personaggio, al partito o all’organizzazione per apparire sensibili alle problematiche legate al genere. Sicuramente è possibile individuare una delle cause nella presenza in maggioranza degli uomini nello scenario politico italiano e globale, ma ciò accade anche quando nelle posizioni di vertice delle istituzioni c’è una leadership femminile. Essere donna non coincide sempre con la voglia di lavorare per l’ideazione di politiche attive in grado di cambiare il sistema dal punto di vista economico e culturale.