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Come bloccano internet

Guerre di Rete - Come bloccano internet

Sappiamo perché i governi bloccano internet, totalmente o parzialmente (per spegnere il dissenso; impedire la sua organizzazione; ridurre l’accesso o la circolazione di informazioni sgradite, ecc); sappiamo che negli ultimi anni lo hanno fatto sempre più spesso (182 casi nel 2021 in 34 Paesi contro i 159 del 2020). Ma non sappiamo molto di come avvengano effettivamente tali blocchi. Eppure anche il come è importante, per un motivo molto semplice: “l’assenza di comprensione tecnica ha un impatto nella nostra capacità di combatterli”.

Una tassonomia dei blocchi internet

Così scrive un rapporto appena uscito dell’Ong Access Now che analizza le differenze tecniche dei vari tipi di blocchi della Rete tracciando una “tassonomia degli internet shutdown”.
Ma prima di tutto una definizione. Per internet shutdown si intende, scrive Access Now, “la sospensione intenzionale di internet o di comunicazioni elettroniche, al fine di rendere le stesse inaccessibili o di fatto inutilizzabili, per una popolazione specifica o in una località, spesso per esercitare controllo sul flusso di informazioni”. 

Non solo. Siccome cresce la pressione internazionale contro questa forma di “punizione collettiva” (e aggiungo io, siccome un blocco totale ha costi economici non indifferenti) i governi stanno ricorrendo sempre di più a forme mirate, geograficamente o a livello di servizio/app specifiche. Ad esempio, c’è una mobilitazione di piazza antigovernativa? Si sospende il traffico dati mobile della zona, e via dicendo. 

Ora il report identifica 8 tipi di shutdown, che vi riassumo qui di seguito (in un difficile equilibrismo tra tecnicismi, divulgazione e sintesi, dato che il report è dettagliato e rivolto a un pubblico tecnico):

1) Blocco fondamentale dell’infrastruttura

Quando l’interruzione nasce da un danneggiamento all’infrastruttura fisica. Esempio: quando nel 2015-2016 gli hacker di Sandworm (considerati legati all’intelligence russa) hanno provocato un blackout elettrico in Ucraina, hanno anche causato un’interruzione nelle reti di comunicazione. O quando nel 2018 è andato a fuoco un centro tecnico di Orange in Costa d’Avorio dei cavi sottomarini sono stati distrutti col risultato di rendere il servizio inaccessibile per settimane. Per Orange si trattò di sabotaggio.
Vantaggi per chi lo fa: efficace; offre plausible deniablity (negazione plausibile: è stato un incidente, non volevamo mica censurare nessuno!); ma può essere alla portata anche di attori non statali.
Come affrontarlo: comunicazioni satellitari, radio, altre infrastrutture.

2) Routing

La manipolazione del network routing. L’informazione sul routing è alterata in punti chiave dell’infrastruttura di rete, come ai gateways internazionali, per non far passare il traffico ad altre infrastrutture, determinando uno shutdown. Non funziona bene su sezioni localizzate del network, e di solito è implementata per nazioni intere o grandi aree geografiche.
Vantaggi: un modo semplice di chiudere la connettività internet internazionale per un Paese. Ma ha lo svantaggio che i cambiamenti nel routing devono propagarsi e ci vuole del tempo.
Come affrontarlo: comunicazioni satellitari, radio, altre infrastrutture.

3) Manipolazione del sistema dei nomi di dominio (DNS)

Si usa la manipolazione dei DNS (il sistema che regola la traduzione dei domini in indirizzi IP) e in particolare dei domain name servers di un Paese per dirigere il traffico verso domini specifici (ad esempio WhatsApp) via dai server dell’azienda e mandarlo invece a server sotto il controllo del governo o che nemmeno esistono, causando un blocco del servizio. Perché sia efficace serve il controllo (da parte del governo) o la collaborazione degli internet service providers (ISP). Inoltre alcuni meccanismi usati per implementare questo tipo di blocco sono facili da aggirare da parte degli utenti. In realtà questo tipo di manipolazione è molto complessa e con varie sfumature, per cui rimando al rapporto, che va molto in dettaglio.
Esempi: L’Iran anni addietro aveva bloccato Facebook Messenger in questo modo. Il Pakistan l’ha usata per bloccare alcuni social media durante le proteste del 2017. E la manipolazione dei DNS è stata usata per bloccare 25 siti in Catalogna in occasione del referendum del 2017 sull’indipendenza.
Vantaggi: facile da implementare contro social o piattaforme “hostate su un piccolo set di domini DNS”. 
Come affrontarla: a seconda della tipologia si possono usare server DNS non sotto il controllo delle autorità; e/o una VPN. Per proteggersi da attacchi di questo tipo può aiutare anche l’uso di una funzione DNS avanzata, nota come DNSSEC, “che aggiunge un livello di fiducia al DNS fornendo un servizio di autenticazione”.

4) Filtraggio (Filtering)

Usa particolari apparecchiature (filtering appliances), adottate anche a livello corporate, per bloccare l’accesso a specifiche piattaforme, come Facebook, Twitter ecc. È un meccanismo usato spesso da Cina, Iran, Arabia Saudita. In genere tali apparecchiature sono già messe in piedi per filtrare siti criminali e poi sono estese ad altri.
Sono implementate a livello di backbone, dorsali internet (se il governo controlla le infrastrutture telco in un Paese), o a livello di ogni singolo ISP del Paese (e in tal caso il filtraggio non sarà omogeneo).
Esempi: il Brasile ha bloccato Whatsapp in questo modo nel 2015.
Vantaggi: nasce come tecnologia con vari scopi commerciali; ha effetto immediato; può essere molto granulare, anche sulla base della localizzazione degli utenti. Quando l’utente prova a collegarsi a un sito bloccato, può vedere un avviso che dice che è bloccato ma anche un messaggio di errore.
Come affrontarlo: si possono usare VPN per aggirarlo (se non sono a loro volta bloccate)

5) Ispezione profonda dei pacchetti (Deep packet inspection o DPI)

Si tratta ancora di device di filtraggio in grado anche di valutare i contenuti del traffico e anche qua possono essere implementati a livello di backbone o da ogni singolo ISP. Sono strumenti che possono essere usati in un’ottica di sorveglianza ma anche di censura. Il Paese che forse più l’ha usata in questa maniera è la Cina.
Esempi: come segnalato dall’osservatorio anti-censura OONI (che ha collaborato al report di Access Now), Cuba ha usato questa tecnologia per bloccare Skype. L’Iran l’ha usata nel 2018 per bloccare Instagram.
Vantaggi: è una tecnologia potente con vari utilizzi, da quelli commerciali alla censura e sorveglianza. Anche questa può essere molto granulare.
Come affrontarla: con alcuni meccanismi per nascondere la comunicazione in un protocollo (obfuscation proxies).

6) Attacco attraverso un’infrastruttura non autorizzata (rogue)

Avviene quando l’attaccante introduce un meccanismo (in genere temporaneo) nell’infrastruttura o in un segmento di rete, così da clonare l’infrastruttura legittima a cui si connetterà l’utente. Che in quel modo, senza accorgersene, affida le comunicazioni all’operatore del nodo illegittimo. In genere si utilizza su reti cellulari e WI-Fi.
Esempi: nel 2016 durante una protesta in North Dakota i partecipanti hanno riferito di chiamate disconnesse e altri problemi al segnale mobile.
Vantaggi: permette di identificare i partecipanti a una protesta o a una attività in un certo luogo.
Come gestirlo: Bisogna smettere di usare il sistema di comunicazione intercettato dai nodi non autorizzati. 

7) Attacco di negazione del servizio – Denial of Service (DoS)

I suoi autori usano attacchi di negazione distribuita del servizio o DDoS (Distributed Denial of Service) e altri attacchi DoS (Denial of Service) per prendere di mira le comunicazioni di una piattaforma specifica, o anche le comunicazioni internet di un intero Paese, come accadde nel 2016 quando il gruppo dietro la botnet Mirai attaccò le telco e infrastrutture della Liberia (collegata a internet solo da un cavo sottomarino). L’offerta criminale di questi servizi, che possono essere acquistati da altri, è ampia e ben organizzata.
Esempi: i DDoS che si sono visti in Ucraina.
Vantaggi: plausible deniability (non sono stato io ma questo gruppo di scappati di casa); ma d’altro canto si tratta di uno strumento che possono usare anche attori non-statali; gli utenti non possono fare nulla per aggirare o risolvere il problema, se non lo risolve il fornitore del servizio sotto attacco.
Come mitigarli: la mitigazione va fatta prima usando dei servizi di protezioni dai DoS.

8) Throttling (limitazione)

È l’atto di limitare volutamente, senza bloccare del tutto, il flusso di dati attraverso una rete di comunicazione. Così sembra che il servizio o la piattaforma in questione siano disponibili, ma  di fatto sono inutilizzabili. Ci sono vari meccanismi tecnici per farlo, e la comunicazione può essere limitata sulla base del protocollo, origine, destinazione ecc. È difficile distinguere se la causa sia voluta o dovuta ad altro.
Esempi: l’Iran col traffico HTTPS prima delle elezioni.
Vantaggi: plausible deniability; permette alcuni usi essenziali: spinge utenti via dai canali cifrati.
Come affrontarlo: se il throttling riguarda solo siti e servizi basati su uno specifico protocollo, si possono usare sistemi come VPN ecc. Altrimenti se tutto il traffico è limitato, è più difficile aggirarlo.

Il report, dopo aver classificato le diverse tipologie di shutdown, prosegue ad analizzare l’impatto di questi blocchi: quante persone hanno riguardato? Hanno impedito attività economiche? Servizi di emergenza? L’accesso a informazione indipendente? Comunicazioni interpersonali? Era facile migrare a una piattaforma equivalente? E quanto le persone si affidavano alla tecnologia/piattaforma bloccata? E infine, come si possono individuare e attribuire le diverse cause all’origine di questi blocchi?
Nella riconfigurazione di internet che sta avvenendo in questi ultimi tempi (o che alcuni vorrebbero far avvenire) anche le questioni tecniche assumono una forte connotazione di attualità politica. Non che ne siano mai state prive




La “Boiler Summer Cup”: quando il bullismo diventa virale, e l’importante ruolo degli Influencer

La "Boiler Summer Cup": quando il bullismo diventa virale, e l'importante ruolo degli Influencer

TikTok è stato recentemente teatro di una controversia che ha suscitato indignazione e preoccupazione tra molti utenti e creators. La “Boiler Summer Cup”, una challenge vergognosa e offensiva, ha iniziato a spopolare sulla piattaforma. L’obiettivo di questa sfida era semplice quanto crudele: i partecipanti dovevano cercare di rimorchiare la ragazza più grassa in discoteca per poi ridicolizzare l’esperienza sui social media. Questa tendenza ha rapidamente attirato l’attenzione, suscitando la condanna da parte di numerosi creator e figure pubbliche, preoccupate per il messaggio degradante e disumanizzante che trasmetteva.

La “Boiler Summer Cup” non è solo un esempio di bullismo e body shaming, ma rappresenta anche una triste dimostrazione di come i social media possano amplificare comportamenti tossici e degradanti. Rendendo le donne oggetti di scherno e umiliazione pubblica, questa sfida non solo perpetua stereotipi dannosi, ma contribuisce a creare un ambiente online ostile e pericoloso per coloro che ne sono vittime. È un promemoria inquietante di come il potere delle piattaforme digitali possa essere usato in modo distruttivo, specialmente quando viene alimentato dalla ricerca di visibilità e approvazione da parte di un pubblico altrettanto irresponsabile.

In questo contesto, il ruolo degli influencer e dei creator digitali diventa fondamentale. Con la loro enorme portata e capacità di influenzare le opinioni e i comportamenti, hanno una responsabilità morale significativa nel combattere fenomeni come la “Boiler Summer Cup”. Contestare pubblicamente queste sfide, sensibilizzare il pubblico sui loro effetti negativi e promuovere un uso consapevole e rispettoso delle piattaforme social è un dovere che non può essere ignorato. Quando un influencer prende una posizione netta contro il bullismo e la discriminazione, non solo invia un messaggio chiaro ai propri follower, ma contribuisce anche a creare una cultura online più sana e rispettosa.

Le reazioni alla “Boiler Summer Cup” da parte di alcuni creator sono state incoraggianti. Molti hanno utilizzato i loro canali per denunciare la sfida, esprimendo solidarietà alle vittime e invitando i loro follower a riflettere sulle conseguenze delle loro azioni online. Questa forma di attivismo digitale è cruciale per contrastare la diffusione di contenuti dannosi e per educare le nuove generazioni sull’importanza del rispetto e della dignità umana. Inoltre, la condanna pubblica di queste sfide può contribuire a disincentivare altri utenti dal partecipare a fenomeni simili in futuro, sapendo di poter incorrere nella disapprovazione della comunità.

Tuttavia, il lavoro di sensibilizzazione non dovrebbe fermarsi qui. È necessario che le piattaforme social come TikTok implementino politiche più rigorose per prevenire la diffusione di contenuti offensivi e per proteggere gli utenti vulnerabili. La collaborazione tra influencer, utenti e piattaforme è essenziale per creare uno spazio digitale sicuro e inclusivo per tutti.

“Boiler Summer Cup” è un triste esempio di come i social media possano essere usati per perpetuare comportamenti dannosi e discriminatori. Ma è anche un’opportunità per riflettere sull’importanza del ruolo degli influencer nella promozione di valori positivi e nel contrasto alle dinamiche di bullismo e umiliazione online. Solo attraverso una condanna chiara e un’azione collettiva possiamo sperare di costruire una comunità digitale più rispettosa e consapevole.




Agrovoltaico: che cos’è e quali sono i suoi vantaggi

Agrovoltaico: che cos'è e quali sono i suoi vantaggi

L’agrovoltaico rientra fra le soluzioni maggiormente innovative che sono state sperimentate negli ultimi anni nel settore agricolo, al fine di renderlo più sostenibile.

Che cos’è l’agrovoltaico?

L’agrovoltaico predilige l’implementazione di tecniche all’avanguardia, volte a sfruttare appieno i terreni agricoli tramite il ricorso a energie rinnovabili. Principio cardine dell’agrovoltaico è che la produzione agricola non venga compromessa.

Agrovoltaico: la situazione in Italia

Nonostante dei passi in avanti conseguiti negli ultimi tempi, il divario tra l’Italia e le potenze dell’Unione Europea, come Germania e Francia, risulta abbastanza evidente, visto che questa pratica all’estero sia già ampiamente in uso da qualche tempo. Nel nostro Paese, invece, l’agrovoltaico risulta ancora in via di sviluppo.

Che cos’è un impianto agrovoltaico?

In un impianto agrovoltaico, la presenza dei pannelli solari appare imprescindibile. per la produzione di energia rinnovabile. Tramite un impianto agrovoltaico, quindi, per produrre energia elettrica pulita, si cerca di sfruttare al meglio la luce solare. Al tempo stesso, l’ombreggiamento, garantito dai pannelli solari, consente agli agricoltori di migliorare la loro resa in termini di produttività. Inoltre, un impianto agrovoltaico viene apprezzato, perché riduce lo stress termico per quanto riguarda le coltivazioni.

Come funziona l’agrovoltaico?

In riferimento al funzionamento dell’agrovoltaico, occorre sottolineare come i pannelli fotovoltaici vadano necessariamente collocati all’incirca a 5 metri da terra, affinché la loro rotazione attorno a due o a più assi ortogonali avvenga senza intoppi. Ogni pannello, noto come tracker, riesce a sostenere sino a 32 pannelli fotovoltaici: questi ultimi assicurano il necessario ombreggiamento di una porzione tra i 15% e il 27% dell’intera area agricola sottostante. La regolazione di quest’ultima risulta strettamente correlata alle esigenze dei coltivatori. Un’apposita unità elettronica gestisce il movimento dei panelli, controllandone l’orientamento verso la luce solare. Agendo in questo modo, si impedisce che si facciano ombra fra di loro. Così, grazie agli impianti agrovoltaici, i coltivatori sono in grado di ottenere una produzione superiore al 30% rispetto ai tradizionali impianti fotovoltaici.

Quali sono i vantaggi dell’agrovoltaico?

Molteplici sono i vantaggi offerti dall’agrovoltaico. In primo luogo, l’ottimizzazione dell’utilizzo dei terreni. Poi, vale la pena soffermarsi sulla creazione di zone d’ombra, deputate a proteggere al meglio le colture, a fronte di condizioni climatiche impervie. L’innovazione delle tecniche agricole si rivela foriera di maggiore ecosostenibilità, tematica oggi più che mai attuale. Meritevoli di nota anche l’ottimizzazione delle ricorse, la diminuzione dei consumi e dei costi energetici, il recupero delle acque meteoriche.

Lo scotto

Tutti aspetti che insieme comportano un miglioramento generale del livello competitivo delle realtà protagoniste nel settore agricolo. Lo scotto più evidente da pagare in tutto questo sono i costi iniziali in rapporto alla progettazione e al montaggio dei pannelli. Gli operatori agricoli poi devono negoziare con quelli elettrici e talvolta le lungaggini burocratiche prendono il sopravvento.




Esg, l’università di Oxford e Snam provano a misurare il benessere in azienda

Esg, l’università di Oxford e Snam provano a misurare il benessere in azienda

La misurazione delle emissioni di CO2 sono ormai inserite a pieno titolo nei bilanci delle grandi aziende quotate. È sempre più facile quindi confrontare le informazioni green comunicate dalle imprese. Più difficile invece trovare dati per la “S” di sociale. A fornire degli standard ci prova ora l’università di Oxford che, insieme all’italiana Snam, ha promosso il Wordl Wellbeing Movement: una coalizione che ha tra i suoi obiettivi la creazione di «uno standard semplice e universalmente accolto per misurare il benessere come indicatore Esg chiave per l’impatto sociale».

All’iniziativa, oltre a Oxford e Snam (attraverso la sua fondazione), partecipano aziende come Cisco, S&P Global, Hsbc, Indeed, BT, Unilever Walls. Fra gli italiani c’è la Fondazione Sviluppo e Crescita Crt.

«Il progetto è partito due anni fa e c’è la volontà e l’impegno di portarlo avanti – spiega Sofia Maroudia, responsabile Esg del gruppo Snam –. Aumentare il benessere nelle aziende non è solo giusto ma anche conveniente. Ci sono tanti studi che dimostrano l’impatto positivo sui risultati delle imprese quando il wellbeing è presente. Con questa iniziativa vogliamo trovare degli standard di misurazione comuni».

Il benessere in azienda secondo Oxford e Mit

In occasione della presentazione in Gran Bretagna del World Wellbeing Movement, sono stati presentati anche i dati di uno studio delle università di Oxford e del Mit, che ha coinvolto 23 milioni di persone in cerca di lavoro in Usa, Uk e Canada: sono stati utilizzati i dati della piattaforma globale Indeed.

Ne è emerso che se in un’azienda il punteggio del benessere è superiore alla media, aumenta del 14,2% la probabilità che chi cerca lavoro si candidi per le posizioni disponibili.

Standard comuni

Per individuare uno standard comune che misuri il benessere in azienda e anche nei posti pubblici, sono stati analizzati poi otto indici e tre standard Esg internazionali: è emerso che soltanto cinque indici e uno standard fanno riferimento al benessere dei dipendenti. Inoltre, gli indici riportano i risultati delle indagini sul clima in azienda; survey che non contengono parametri standardizzati.

Da qui l’idea di proporre una serie di domande, uguali per tutte le aziende, da inserire nelle survey sul clima aziendale. Ecco alcuni esempi:

  • 1) Quanto è soddisfatto del suo lavoro?
  • 2) Il mio ruolo e i miei compiti mi sono chiari
  • 3) Il mio manager mi sostiene
  • 4) Ho autonomia nel mio ruolo
  • 5) Mi sento stressato al lavoro per la maggior parte del tempo
  • 6) Mi è chiaro come il mio lavoro si inserisce nello scopo dell’azienda
  • 7) Sono pagato equamente per il mio lavoro
  • 8) Sento di poter gestire bene il mio equilibrio vita-lavoro con il lavoro che svolgo



Jova Beach Party 2022, il “greenwashing concert” dell’anno

Jova Beach Party 2022, il “greenwashing concert” dell’anno

Il Jova Beach Party del 2019 fu al centro di polemiche e contenziosi per avere scelto luoghi preziosi, ricchi di avifauna anche rara, come il fratino.

Vennero tagliati alberi per fare posto alle aree destinate al concerto e i fenicotteri rosa vennero disorientati perché in fuga dai decibel sprigionati dal concerto di Jovanotti a Lido degli Estensi.

Il fenicottero rosa è molto esigente, più fragile di quanto i numeri raggiunti dalle sue colonie lascino pensare. Una leggerezza non da poco: il territorio del parco del Delta del Po è il loro sito principale qui, e gli studi passano da questi accorgimenti. Il silenzio totale dell’Ente parco aveva deluso molto. Già a Roma, avevano costretto il cantante a cambiare location perché in prossimità del sito sensibile di Torre Flavia di Ladispoli.

In tutto ciò il Jova Beach Party 2019 si era svolto in zona situata nell’unico punto della costa regionale che non è in erosione. Una zona completamente priva di stabilimenti balneari e qualsivoglia costruzioni, antiche dune con vegetazione pregiata (tra cui rare orchidee) ed un ampio terreno sabbioso che, secondo i biologi, si potrebbe destinare a rinaturalizzazione. Una specifica zona in cui nidificano i Fratini, piccoli uccelli che nel periodo estivo sono molto numerosi con i piccoli nati da poco ancora non perfettamente in grado di volare. Ma abbiamo anche i nostri gabbiani già provati dalla stagione balneare, il gabbiano Nordico, quello Zafferano. Il gabbiano Corallino e quello Rosa, non dobbiamo dimenticare l’enorme valore che hanno queste specie animali e che rendono unici nel mondo i nostri territori”.

Dopo il duro attacco degli ambientalisti e delle associazioni animalista, Jovanotti ha definito l’ambientalismo «più inquinato della fogna di Nuova Delhi, pieno di cialtroneria e narcisismo”.

VERGOGNOSO È STATO IL SILENZIO DEL WWF, che ha collaborato e sostenuto l’evento.

Anche quest’anno vi sarà il Jova Beach Party, ma quest’anno in nome “dell’ambiente”: un “green concert”. Talmente “green” che proprio per volere del suo ideatore di lasciare “l’ambiente meglio di come lo si è trovato” , la nuova edizione del Jova beach party ha un ambizioso progetto ambientale che prende vita in parallelo. Si chiama Ri-Party-Amo, ha già raccolto 3 milioni di euro di donazioni e si fonda su tre capisaldi: la pulizia delle spiagge, progetti di ricostruzione naturale e attività di educazione, sia nelle università sia nelle scuole, che coinvolgeranno le generazioni più giovani.

“E’ il più grande progetto di recupero e ripristino di aree ecologiche problematiche mai fatto in Italia nella storia – ha detto il cantante davanti alla platea di studenti dell’Università Bicocca di Milano – l’idea che una cosa del genere sia resa possibile dalla cosa più effimera che c’è, un concerto, una festona in spiaggia, mi fa piacere e non per meriti specifici perché il mio unico merito è quello di emozionare la gente con un mio concerto. Tutto il resto fa parte della mia responsabilità di cittadino”.
Il progetto, nato dalla collaborazione con una istituzione finanziaria come Intesa Sanpaolo e una in campo ambientale come il WWF Italia, sta raccogliendo milioni di euro che saranno utilizzati per pulire 20 milioni di metri quadri spiagge, laghi, fiumi e fondali; per realizzare sei macro azioni di ripristino degli habitat; organizzare otto incontri nelle università italiane e numerosi workshop nelle scuole capaci di coinvolgere un totale di 100.000 studenti.
Talmente “green” che riduce al minimo l’impatto ambientale a partire dall’assenza di bottigliette di plastica, distribuendo l’acqua in “ecologissime” lattine di alluminio e bicchieri di carta completamente compostabili.

Talmente “green” che a Marina di Ravenna più di 65 metri lineari di piante di tamerici, alte oltre quattro metri, compreso un grande albero al termine del filare, presenti da almeno qualche decennio tra il bagno Ulisse e la zona della sede dell’Associazione Nazionale dei Marinai d’Italia, sono stati rasi al suolo per l’evento di Jovanotti.

Eppure ad aprile di quest’anno Maurizio Salvadori, amministratore delegato di Trident Music la società che produce e organizza il Jova Beach Party, aveva dichiarato: “Sgradevole strumentalizzazione. Il Jova Beach Party è realizzato solo in aree esistenti, già meta costante di un grande numero di persone e con la presenza di strutture per bagnanti e turisti. Non modifica le aree ma anzi le valorizza. Il Jova Beach Party viene realizzato solo in aree meta del turismo di massa”.
Eppure il taglio di alberi è una modificazione del territorio non di poco conto.
Per queste critiche, Jovanotti ha risposto deridendo gli ambientalisti.

“Non comprendiamo come Jovanotti, che ha voluto dimostrare più volte la sua sensibilità per i temi dell’ambiente, insista nel voler portare migliaia di persone, veicoli, frastuoni, logistica, in luoghi naturali. I grandi concerti vanno fatti negli stadi proprio nel rispetto degli animali e dell’ambiente” – disse il Presidente dell’OIPA Massimo Comparotto, sottolineando che, anche se antropizzati, i litorali restano il rifugio notturno dell’avifauna e, in vista di possibili concerti, l’ecosistema dei luoghi ne potrebbe risentire, soprattutto nel periodo di nidificazione che per molte specie si protrae fino alla fine dell’estate.

Inoltre in una recente intervista a Il Fatto Quotidiano, Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, da sempre vegetariano ha dichiarato: “Sono toscano, da bambino mi piacevano (le fiorentine). Ma da anni ho smesso di mangiarle per un motivo sentimentale. Ho un rifiuto quasi pregiudiziale nei confronti degli allevamenti intensivi: per me sono inaccettabili. Gli animali li conosciamo, sanno essere affettuosi, interagiscono con noi. Ma non sono un militante, sono un viandante che cerca nella propria vita di cambiare le proprie idee in base alle esperienze che fa”. Un concetto che Jovanotti ci tiene a chiarire bene: “Sono uno sperimentatore. Non faccio parte di alcuna categoria, se mi sento stretto mi viene voglia di ribellarmi. Per me il cibo è come la vita: si prende tutto e si sceglie il meglio, senza fare proselitismi. Il cibo è libertà”.

Belle parole, anche se ambigue: “non sono miltante”, o meglio avrebbe dovuto dire: “ho deciso di non esserlo più per convenienza”. Nel 2016 fu tra i firmatari sostenitore del SI’ al referendum popolare per fermare le trivelle nei nostri mari… Per non parlare del suo impegno esclusivamente “occidentale” per l’Africa. Oggi vuole fare il vegetariano senza impegno, contro gli allevamenti intensivi ma “senza fare proseliti”.

L’altro volto “green” del Jova Beach Party 2022 infatti è infatti un allevamento intensivo: Fileni spa.

“Abbiamo scelto di essere partner food del Jova Beach Party – spiega Roberta Fileni, AD e Vicepresidente Fileni – perché apprezziamo e condividiamo il grande impegno nel coniugare la buona musica con il rispetto per l’ambiente. Un rispetto che ci unisce profondamente e che noi di Fileni perseguiamo anche attraverso la certificazione B Corp che, primi al mondo nel settore delle carni, abbiamo ottenuto a riprova del nostro impegno a difesa del futuro. Se per molti, essere sostenibili è una scelta tra le tante, per noi è l’unica scelta possibile. Ogni giorno ci ispiriamo al principio del “siamo parte, non siamo tutto”, come recita il nostro Manifesto di Sostenibilità.”

A parlare cosi’ è un allevamento intensivo, che insieme agli altri allevamenti intensivi è tra i responsabili maggiori dell’attuale crisi ecologica, climatica e idrica. Il Gruppo Fileni è retail sponsor del Jova Beach Party 2022, definito da loro stessi come “l’evento che coniuga musica, ecologia e sostenibilità come valori portanti e protagonisti di questa estate”. Forse si continua a definire “green” perché Fileni è un’azienda leader nel mercato delle “carni biologiche”.

Detto questo forse dovremmo chiamarlo il “greenwashing concert” dell’anno.