Armani Bamboo Bar, brand al sicuro dopo l’omicidio. Ma non faccia come Armando Testa
Armani Bamboo Bar, serve un cambio di management
Come impatterà sul buon nome dell’Armani Bamboo Bar l’omicidio di Senago? Cosa prevarrà nell’immaginario collettivo, curiosità o terrore? Certo, pensare al fatto che, fino a una decina di giorni fa, era un assassino a preparare i cocktail dietro il bancone del bar al settimo piano dell’Hotel Armani di Milano suscita emozioni particolari.
Ma per quanto orribile, non sarà questa vicenda di cronaca nera a sporcare il marchio di Armani e del prestigioso bar di via Manzoni. A svelarlo ad Affaritaliani.it è Luca Poma, professore di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, oltre che specialista in digital strategy e crisis communication. “Il brand Armani è coinvolto pari a zero in questa vicenda, ma qualcosa deve cambiare”, sentenzia Poma. “Dunque, non avrà un rebound negativo di per sé, così come il brand dell’Armani Bamboo Bar”, continua.
“In sintesi, il rebound negativo sarà indiretto. In questo mondo molto polarizzato, quando un’azienda viene colpita da questo tipo di tragedia, i critici leoni da tastiera si scatenano. Dunque, le recensioni negative non arrivano tanto per quello che è accaduto (cioè l’omicidio), ma perché il caso di sangue ha acceso il faro su una serie di non conformità”, dice Poma.
“A mio parere, se l’Armani Bamboo Bar non avesse avuto problematiche interne tra prodotti e servizi, il rebound negativo sarebbe stato inesistente. Sarebbe nato invece un forte “effetto solidarietà” verso il marchio, cosa già lievemente palesatasi come si può vedere dalle recensioni dei clienti su internet”.
Ma come deve comportarsi, dunque, Armani per fronteggiare questa crisi? “Il brand deve cogliere l’opportunità e fare tesoro delle critiche ricevute. Ma è palese il fatto che all’interno dell’Armani Bamboo Bar serve un processo di change management. Qualcosa lì dentro deve cambiare. Che cosa? Semplice. Deve cambiare esattamente quello che mettono in evidenza i clienti nelle loro recensioni”, risponde il professore di Reputation management.
“Spero, anzi”, continua Poma, “che Armani non si comporti come Armando Testa. L’agenzia pubblicitaria, infatti, ha liquidato con leggerezza e disprezzo le critiche del popolo del web sulla propria campagna pubblicitaria realizzata per il ministero del Turismo. Una mossa, questa, che un marchio non dovrebbe mai fare. Infatti, i pilastri per costruire una buona reputazione aziendale sono tre: la qualità del prodotto, l’autenticità e l’ascolto dell’audience”, spiega Poma.
“Quello che manca, per ora, alla comunicazione di Armani è quella di ringraziare i clienti che mettono in evidenza le problematiche, cercando di modificare il prima possibile ciò che viene percepito come inadeguato”.