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Crash Reputation: il dietro le quinte dei casi più famosi

Crash Reputation: il dietro le quinte dei casi più famosi

Uscito a ottobre 2024, pubblicato da Engage Editore e scritto a sei mani da Luca Poma, Giorgia Grandoni e Alessio GarzinaCrash Reputation, che abbiamo avuto modo di leggere e recensire in questo articolo, è un libro che racconta il dietro le quinte di 50 casi famosi in cui la reputazione di aziende e personaggi di fama mondiale ha subìto un grave danno, o è comunque stata messa a rischio e solo grazie ad una sapiente gestione della crisi stessa, il disastro reputazionale è stato evitato, mitigato, risolto. Stiamo parlando di casi come quello della Costa Concordia, della Thyssenkrupp e di molti altri ugualmente conosciuti e con esiti talvolta molto differenti. Scopo del libro è spiegare come queste crisi reputazionali siano accadute, da dove siano scaturite, e le azioni sia giuste che sbagliate messe in campo per gestirle, oltre ai conseguenti risultati, positivi o negativi.

Crash Reputation: cosa c’è dietro a una crisi di reputazione

Il libro si divide in due parti ben distinte. La prima è di natura più analitica e affronta il tema della reputazione come concetto. Una lettura di tipo tecnico-universitario che vuole mettere in luce quali siano i concetti legati alla reputazione e come fa quest’ultima ad essere messa in crisi da azioni e reazioni sbagliate o comunque avventate degli addetti ai lavori. Grazie alla collaborazione di Alberto Pirni, autore di uno scritto interno al libro, si affronta la reputazione come un costrutto fatto da “autenticità, rispetto, riconoscenza, responsabilità, onore, affidabilità”. Se ci si pensa, è abbastanza immediato comprendere come tutte queste caratteristiche siano ormai inevitabilmente legate alla vita di chiunque voglia fare qualcosa in pubblico. Un’azienda che non persegua l’affidabilità ad esempio, anche (ma ovviamente non solo) dal punto di vista comunicativo, avrebbe certamente vita breve nel mondo attuale.

Gli autori affrontano quindi il concetto di reputazione, fondamentale in ogni campo, per chiarirne la struttura e far capire come questa possa crollare da un momento all’altro (Crash Reputation, appunto) per errori (anche banali), distrazioni e addirittura disinteresse. Eppure, le crisi reputazionali “appassionano il pubblico”. Ovvero, quando qualcosa va male, o sta per farlo, l’interesse pubblico su quella determinata vicenda aumenta a dismisura. Ciò tra l’altro, a causa dell’eco mediatico, contribuisce spesso a peggiorare le cose. Può però anche accadere l’esatto contrario se la crisi è gestita bene. Ma se “il corretto allineamento tra identità ed immagine” viene tradito, poi per riprendersi o addirittura guadagnarci bisogna saperci fare.

Crash Reputation, per spiegare le proprie tesi, utilizza anche elementi di crisis management e crisis communication, ovvero introduce concetti appartenenti ad una sfera molto tecnica che da una parte riguardano la gestione di una crisi in atto ed il modo di prevenirla, mentre dall’altra affronta il tema di come si dovrebbe comunicare prima e durante una crisi per far capire al pubblico ciò che si sta facendo per evitarla in un caso e risolverla nel caso sia già esplosa. Quando una crisi scoppia, se la gestione della stessa non va a buon fine, allora questa aumenta di intensità e la cosa può portare a conseguenze catastrofiche ed irrimediabili. D’altra parte, anche comunicare male può essere causa di una crisi aziendale. E tanto più se si continua a farlo durante la crisi stessa.

Nel volume, dal taglio piuttosto tecnico ma comunque decisamente piacevole da leggere, è spiegato poi cosa è e cosa non è una crisi. Ad esempio può essere utile sapere a chi è titolare di azienda che un’emergenza non è una crisi, rientra invece nella normale gestione di impresa. Una crisi da cui deriva un crash reputazionale, può invece essere strisciante (cioè esiste ma è latente da molto tempo, perché non gestita) o improvvisa. Può anche accadere che un’impresa, di qualsiasi tipo risulti vittima della crisi stessa (cioè non è stata scatenata da lei, ma subisce comunque un danno più o meno grande). Oppure può essere accidentale, o ancora prevedibile. La seconda parte del libro è invece dedicata all’analisi di cinquanta tra i casi più noti in cui un’azienda o un personaggio pubblico noto è andato incontro ad una crisi. Alcune volte la cosa è finita abbastanza male, in altre invece, alcune realtà, mettendo in campo le contromisure giuste, ci hanno addirittura guadagnato.

Ma esattamente cosa possiamo dedurre dall’analisi di questi cinquanta casi? Leggendoli tutti e schematizzandoli anche solo mentalmente, si capisce subito che alcuni tratti sono comuni a tutte le crisi, pur con specificità uniche ogni volta. Dalla Costa Concordia al ponte Morandi di Genova e alla pandemia, quando le persone non hanno capito, si sono opposte o hanno parzialmente e magari temporaneamente tolto la fiducia ai protagonisti dei vari casi, le motivazioni sono più o meno state sempre le stesse, vediamo quali sono:

Comunicazione sbagliata: le crisi sono esplose e quasi sempre si sono anche trascinate per diverso tempo a causa di una comunicazione sbagliata. Chi doveva spiegare insomma, non lo ha fatto, o lo ha fatto male. Questo ha causato equivoci, incomprensioni, sfiducia e anche in un certo senso rifiuto all’ascolto anche a crisi inoltrata. Ciò ha fatto sì che quest’ultima si prolungasse oltre modo. L’effetto collaterale sembra essere quello di creare due mondi completamente separati: uno in cui c’è chi è dentro la crisi reputazionale che cerca, a volte inutilmente o quasi di rialzarsi e l’altro in cui chi dovrebbe ascoltare per voler capire cosa è accaduto e perché, ignora tali spiegazioni perché ritenute tardive. Oltre un certo limite di tempo insomma, le cose diventano molto più complicate da gestire.

Assenza di tempestività: la comunicazione sbagliata fa infatti spesso il paio con l’assenza di tempestività nel reagire. Farlo male, o troppo tardi, può, anzi, quasi sicuramente è, foriero di cattive notizie. In questo senso è accaduto in diversi casi analizzati dal libro, che l’assenza di tempestività si sia generata anche da comportamenti sbagliati. Ovvero i responsabili si sono mossi bene, ma troppo tardi e questo perché all’inizio si sono mossi male. Ma che significa esattamente? Secondo gli autori, in diversi casi esaminati ci sono stati comportamenti errati, come ad esempio sottovalutare alcuni rischi, o negare le proprie responsabilità sperando che la tempesta passasse, o in altri casi ancora dichiarazioni arroganti di personaggi coinvolti, che non hanno fatto altro che allontanare i consumatori, o comunque l’opinione pubblica in generale. Ciò ovviamente ha acuito e prolungato la crisi reputazionale, che solo grazie al tempo, all’investimento di molti soldi e a cambi netti di strategia, è rientrata, a volte del tutto, a volte no.

Mancanza di un team per gestire le crisi. In alcuni casi specifici, di comportamenti come quelli sopra descritti non ve n’è traccia, però sussistono dei meri errori tecnici molto importanti. Uno di questi è sicuramente la mancanza di un team preparato a gestire le crisi reputazionali. Persone con competenze in tal senso possono certamente prevedere il verificarsi di tali crisi orientando le azioni dell’impresa, ma quando queste persone non ci sono, possono prendere piede errori anche banali che però conducono, o possono condurre, a conseguenze catastrofiche. Il consiglio sembra quindi essere quello di prepararsi prima, assumendo un team giusto che sia in grado di prevenire e anche nel qual caso si verifichino, gestire le crisi di reputazione in maniera sapiente, al punto di riuscire anche a guadagnarci in visibilità e, appunto, in reputazione. Non tutti i mali vengono per nuocere insomma, se li si sa affrontare nella maniera giusta.

Crash Reputation: a chi è dedicato?

Chi dovrebbe leggere Crash Reputation? Chi potrebbe trarre vantaggio dalla lettura di questo volume? Diciamo subito che il libro è scritto molto bene, in maniera scorrevole e di facile comprensione. Solo a tratti è presente qualche termine tecnico che da parte dei non addetti ai lavori potrebbe richiedere un approfondimento, ma a parte questo è sicuramente un libro alla portata di tutti. Quindi per chi segue molto l’attualità e vuole saperne di più su casi noti praticamente a tutti, Crash Reputation è certamente un’ottima lettura, in grado di istruire sul perché certe dinamiche si siano verificate e sul come si sarebbe dovuto agire per non farle accadere. Aiuta quindi ad avere un’opinione molto più informata.

E’ però anche un libro molto utile ai comunicatori di professione (giornalisti compresi), visto che uno dei suoi tratti distintivi è appunto l’analisi della comunicazione, perlopiù aziendale ma non solo. Crash Reputation è anche e senza alcun dubbio un libro per gli imprenditori, ovvero per chi ha un’impresa e vuole evitare certi errori che potrebbero certamente essergli fatali, a meno che sia un vero e proprio colosso. E’ un libro da cui si può imparare molto in tal senso insomma. Da ultimo ma non per questo meno importante, anche chi fa marketing dovrebbe dare una seria occhiata a Crash Reputation. In esso sono infatti contenuti concetti molto specifici, in grado di spiegare sia le dinamiche di errori gravissimi, sia come alcune aziende siano riuscite sapientemente a trarre profitto da un’ottima strategia comunicativa e appunto di marketing.

Chi sono gli autori

Crash Reputation è scritto da tre autori. Luca Poma è professore di Reputation Management all’università Lumsa di Roma ed all’Università della Repubblica di San Marino, ha pubblicato circa 200 scritti sul tema della reputazione ed è stato anche consigliere del ministro degli esteri sotto i governi Berlusconi IV e Monti. Giorgia Grandoni è una consulente per una start-up che si occupa di Reputation Management (da cui prende il nome) ed è docente in Gestione della reputazione alla Lumsa di Roma. Alessio Garzina è un social media manager che ha collaborato con diversi quotidiani nazionali e si occupa di comunicazione per varie associazioni. Il libro contiene anche un articolo di Alberto Pirni, docente di Filosofia morale alla scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e la prefazione dell’avvocato Nicola Menardo.