1

Crisis Management: come salvare la reputazione di un brand

Crisis Management: come salvare la reputazione di un brand

Se hai avuto un danno alla reputazione della tua azienda e devi rimediare, ecco che ti arriva in aiuto il crisis management! Queste indicano delle strategie fondamentali per superare al meglio un momento di crisi, ma anche evitarle con alcune semplici mosse.

Le organizzazioni contemporanee sono caratterizzate da una maggiore orizzontalità. Al contrario di quelle novecentesche che vedevano all’apice della piramide il leader, al secondo gradino il Consiglio di Amministrazione, e poi tutta la scala degli impiegati. Oggi un brand è supportato da una maggiore diffusione del lavoro in team che rompe gli schemi piramidali.

Se nella fabbrica gran parte delle decisioni erano relegate al direttore, oggi il peso è alleggerito da impiegati esperti. Ognuno di essi concorre a gestire il bene e il male all’interno dell’azienda. Questo implica anche che tutti hanno il compito di sviluppare anche delle soft skills per gestire le tensioni e generare relazioni positive. E’ importante pensare che una crisi aziendale non può averla solo un grande marchio che fattura milioni, ma anche un e-commerce o qualsiasi piccola azienda.

Non solo, può avere bisogno di una strategia di crisis management anche una persona singola che fa si sé un marchio, come ad esempio un cantante, o un personaggio famoso. Spero certamente che chiunque legga l’articolo non debba mai mettere in atto queste tecniche, ma è meglio essere preparati, come si dirà più avanti nell’articolo.

Il primo obiettivo della gestione positiva della crisi è mantenere la cosiddetta reputazione aziendale, ovvero l’insieme di tutte le aspettative e opinioni che clienti, dipendenti, fornitori e investitori hanno di un brand. Il concetto di reputazione è dinamico e stratificato, questo si sviluppa a partire da alcuni comportamenti che l’organizzazione fa nel tempo. Scopri in questo nostro articolo come raccontare al meglio il tuo brand. Perché è importante mantenere una buona reputazione? Potrebbe sembrare una domanda scontata, ma questa è fondamentale per due aspetti:

  1. la reputazione ti permette di ridurre l’incertezza verso gli stakeholders, ovvero investitori e pubblici. Ad esempio si è più propensi a parlare bene di un’azienda che dura negli anni e ha avuto pochi scandali durante la sua vita. Questo ridurrà anche i tempi di decisione se qualcuno vorrà investire sul vostro marchio.
  2. una buona reputazione ti permette di partire da una posizione di vantaggio sui concorrenti. A dirlo è il professor Gianluca Comin, docente del corso in Strategie di comunicazione e tecniche pubblicitarie alla Luiss Guido Carli di Roma, nel suo libro “Tu puoi cambiare il mondo. La reputazione personale: promuovere il talento, condividere il valore“.

Per rendere più chiaro il concetto di reputazione immagina un cono rovesciato. Abbiamo alla base tutti quei comportamenti che: da un lato compongono la narrazione dell’azienda e dall’altro lato ne innescano la fiducia. I comportamenti creano l’immagine. Questa può variare a seconda del punto di vista da cui ci si pone. Se vista dal lato dell’azienda ci si attende un’immagine positiva dopo aver diffuso la propria comunicazione. Questa però può essere uguale o discordante se vista dal lato dai pubblici. Infine tutto confluisce sulla punta del nostro cono che è la reputazione, ovvero il risultato di tutti gli sforzi dell’azienda e tutte le percezioni dei pubblici.

Un calo di reputazione può portare ad un momento di crisi. Questa non accade spesso, è infatti un qualcosa di insolito e gli elementi caratteristici sono eccezionalità e visibilità. Un esempio di crisi nel mondo dello spettacolo può essere quello che è accaduto durante una conferenza stampa di Sanremo 2020. In quell’occasione Amadeus definì la valletta come “capace di stare un passo indietro a un grande uomo”. Immediatamente sui social si sono scatenati commenti sulla presunta frase maschilista. Questo è stato un piccolo momento di crisi scatenato da un errore di comunicazione, ovvero un errore umano. Esistono però diversi tipi di crisi.

Tipi di crisi

I momenti di crisi vengono divisi in base a quanto viene considerata responsabile l’azienda, il sociologo Gianluca Comin le divide in 3 tipi:

1. Crisi di cui l’azienda è vittima. Genera solidarietà da parte di altre aziende e pubblici, come un disastro naturale. Dipende da elementi che vanno al di là della sfera di controllo, ad esempio gli uragani, terremoti, ecc.

2. Crisi accidentali. Hanno un basso rischio di danno alla reputazione perché l’organizzazione aveva la minima possibilità di prevenzione. Solitamente è derivata da un errore umano o un guasto meccanico. Questo tipo non diventa una crisi se non provoca danni ingenti ai clienti o all’azienda. 

3. Crisi prevedibili. Sono derivati da comportamenti scorretti dell’organizzazione solitamente per interessi finanziari. In questo caso ci sono persone che sono a conoscenza di questo comportamento ma non si organizzano per gestire l’eventuale impatto pubblico. Si divide in:

  • Sabotaggio è un’azione di una persona esterna o interna all’organizzazione, che agisce per danneggiare l’azienda. Un esempio eclatante fu quando nel 1982 alcuni slot dell’antinfiammatorio Tachipirina, fu contaminato da un veleno. Questo causò 7 morti per avvelenamento e il ritiro di circa 31 milioni di confezioni. Nonostante il mandante dell’atto fu un ex dipendente come gesto di ripicca verso l’azienda, i rappresentanti assicurarono un’informazione tempestiva e accurata che gli permise di non perdere troppa reputazione. Inoltre per rassicurare i cliente fecero un rebranding del prodotto così da non associare il farmaco all’evento.
  • Degenerazione di un problema trascurato o sottovalutato. Un esempio di questo tipo di crisi è quello che è accaduto alla Toyota nel 2010, quando ritirarono dal mercato oltre un milione di auto negli Stati Uniti per un difetto di fabbrica. Il problema era già noto dalla casa automobilistica giapponese ma tacquero per 10 anni fino a quando non si ritennero responsabili di 4 morti e più di 900 feriti.

Riduci le probabilità che un commento negativo si trasformi in una crisi

I momenti di crisi possono essere innescati anche per un’errata risposta ad un commento negativo. È infatti fondamentale assicurarsi di non peggiorare la situazione mentre si cerca di risolverla.

  1. Niente panico. Vedere una recensione negativa può essere spiacevole, ma non è la fine del mondo. Valuta la portata reale di questa situazione: si tratta di un vero errore o è il risultato della frustrazione momentanea di un utente?
  2. Non farti prendere dalla rabbia. I nostri cervelli reagiscono d’istinto quando la nostra integrità o le nostre competenze professionali vengono messe in discussione. Considerando il clima di ostilità presente nella maggior parte delle discussioni online, uno strumento potente è la serenità. Un atteggiamento tranquillo può aiutare anche i tuoi collaboratori. Non si può gestire efficacemente un commento negativo quando ci sentiamo sopraffatti, quindi è importante trovare un modo sano per rilassarsi. Se anche dopo un grande respiro ti risulta difficile controllare le emozioni, lascia che qualcun altro risponda per primo. E ricorda che la gentilezza è sempre un’arma a tuo favore!
  3. Non “affrontarlo lunedì” o ancora peggio non pensare che la crisi si risolva da sola. Gianluca Comin nel suo manuale, “Comunicazione integrata e reputation management“, afferma quanto sia importante la velocità di risposta. Il sociologo parla di quanto sia fondamentale una comunicazione nelle prime 24 ore per non lasciare che altri facciano la propria narrazione dell’evento. Infine, per quanto siano gravi le minacce alla reputazione, è fondamentale che le comunicazioni siano trasparenti e coerenti. 

Dunque quando ci si trova di fronte davanti ad un momento di crisi ci sono varie emozioni da dover gestire come rabbia e rifiuto. Di seguito segnaliamo quelle che secondo Gianluca Comin sono le 5 fasi di una crisi:

  1. Sorpresa
  2. Rabbia
  3. Rifiuto
  4. Consapevolezza
  5. Ricostruzione della reputazione

Gli ultimi due punti sono le fasi di risposta efficace. E’ fondamentale assumersi le proprie responsabilità e avere un atteggiamento emopatico. Questo significa cogliere le emozioni altrui, e calibrare di conseguenza le comunicazioni per ridurre al massimo eventuali danni e paure, chiedendo scusa se necessario

Come formare i propri dipendenti al crisis management

Ogni dipendente rappresenta il tuo marchio e ha un ruolo da svolgere nella prevenzione e nella gestione delle crisi. Avere uno staff ben preparato è la chiave per evitare crisi, è quello che insegna anche Luca Poma, professore in Reputation Management presso Università LUMSA di Roma, nei suoi corsi di studio. Ogni dipendente dovrebbe avere un certo livello di istruzione in materia di crisis management per:

  1. Individuare i problemi prima che si verifichino. Le tecniche di gestione della crisi prevedono anche una strategia di pre-crisi. Questa include il monitoraggio di quello che dicono gli stakeholder online e offline. Dunque è importante il controllo di commenti negativi sotto un post sui social, ma anche essere spinti da una nota narcisistica e cercare la propria azienda su Google, magari accanto alla parola “recensioni”. Se il vostro marchio sarà abbastanza conosciuto troverete tra i primi link qualche sito con la vostra menzione, e lì potrete trovare i semi che in futuro potrebbero innescare la vostra crisi. Ma anche in questo caso: niente panico. Tenete sempre a mente che in rete oppure offline chiunque potrà avere oggi un commento negativo sul tuo marchio e domani uno positivo. Nel caso in cui le recensioni negative aumentassero è bene che il capo dell’azienda sia informato. Infatti chi svolge un ruolo importante ha la visione quasi totale delle dinamiche e potrà individuare il livello di pericolosità dei commenti. Quindi fai attenzione se gestisci il team, e non lo sei corri a dirlo al tuo superiore! Questo può impedire di allarmare inutilmente tutta l’azienda o di non sottovalutare un problema che può diventare una crisi in piena regola.
  2. Preparare un team con competenze diverse prima che si verifichi una crisi: avvocati, tecnici informatici, comunicatori – anche esterni, come un’agenzia di comunicazione – e tutte le persone che potrebbero servire per un crisis management. Ma anche luoghi secondari dove svolgere il proprio lavoro in caso di evento naturale catastrofico, come un’allagamento dell’edificio. Anche un sito web alternativo potrebbe essere fondamentale in caso di attacco hacker (Intranet). Infine è importante identificare un portavoce ufficiale in caso di crisi avanzata in cui occorrerà rispondere alle richieste mediatiche.
  3. Allena i tuoi dipendenti ad essere critici sull’azienda. Tutti i dipendenti sono rappresentanti del marchio e posso funzionare anche come campanelli di allarme per l’arrivo di una crisi. E’ importante monitorare costantemente il grado di soddisfazione dell’azienda e di come viene percepita. Questo può essere fatto tramite la compilazione anonima di un form di gradimento, che impedirà ai dipendenti di essere riconosciuti nel caso facessero una recezione negativa.

Eppure il rischio reputazionale è sempre dietro l’angolo: un incidente sul lavoro, fughe di notizie, partnership negative etc. possono spesso danneggiare la fama dell’azienda. L’importante però è non averne paura, ma fare un buon crisis management con nervi saldi e strategia. Si può definire solida un’organizzazione se le persone che riconoscono l’importanza degli sforzi di gestione delle crisi e comprendono i loro ruoli durante periodi critici. Questo permetterà di prevenire un maggior numero di eventi negativi e ridurre significativamente la durata di una situazione di crisi rispetto a coloro che non sono preparati. Investire tempo nell’educazione dei dipendenti in questo ambito si rivelerà un investimento prezioso che darà buoni frutti.