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FERPI ha pubblicato il Codice Etico per la Reputazione: il commento del professor Luca Poma

FERPI ha introdotto un nuovo Codice di Autoregolamentazione per la Gestione Etica della Reputazione. Ne ha parlato con noi Luca Poma.

A luglio 2025 è stato presentato a Napoli, durante l’assemblea nazionale della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana (FERPI), il nuovo Codice di Autoregolamentazione per la Gestione Etica della Reputazione, con l’intento di promuovere un approccio fondato su trasparenza, integrità e responsabilità. Il documento, entrato a far parte del corpus normativo della Federazione, offre linee guida chiare e condivise per i professionisti della comunicazione e delle relazioni pubbliche, con l’obiettivo di contrastare le pratiche di manipolazione reputazionale.

Rassegna Business ha intervistato a tal proposito Luca Pomacoordinatore del gruppo di lavoro che ha redatto il nuovo Codice di Autoregolamentazione per la Gestione Etica della Reputazione, nonché professore di Reputation management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino e socio professionista della Federazione Relazioni Pubbliche Italiana.

Il nuovo Codice suggerisce regole chiare per contrastare pratiche professionali scorrette basate sulla manipolazione della reputazione, anche tramite strumenti digitali. In che modo può essere garantita l’effettiva applicazione di questi principi in un contesto professionale ancora poco regolamentato?

reputazione è uno dei maggiori vantaggi competitivi di cui un’organizzazione possa disporre perché orienta i comportamenti di acquisto del pubblico, quindi genera denaro, e come tutto ciò che è generatore di valore, diventa sempre più oggetto di attenzione, e in alcuni casi, purtroppo, di manipolazione: agenzie e aziende sempre più spregiudicate, così come liberi professionisti di dubbia integrità, forniscono servizi di vera e propria costruzione ad hoc della reputazione, come pure non esitano ad aggredire e distruggere la reputazione di realtà competitor o comunque sgradite ai propri assistiti. Per questo FERPI ha voluto darsi delle regole, impegnative per tutti i propri Soci, per garantire sul mercato integrità, trasparenza e responsabilità, realmente, non solo a parole: per chi non rispetterà le nuove norme si può arrivare fino all’espulsione dall’associazione di categoria.

Quali strumenti concreti suggerisce per proteggere il valore della reputazione in azienda e con gli stakeholder?

Innanzitutto – appunto – affidarsi solo a professionisti che abbiano preso degli impegni vincolanti sotto il profilo etico, e quindi non disponibili a pratiche scorrette pur di portare a casa risultati, perché quando parliamo di reputazione siamo su di un terreno sdrucciolevole, ci vuole pochissimo a distruggere valore, e brand anche molto validi possono venir trascinati nel pieno di una crisi da agenzie loro consulenti che ritengono – sbagliando – che il fine giustifichi qualunque mezzo e che pur di acquisire notorietà o surclassare in visibilità un competitor tutto sia lecito.

In secondo luogo, è necessario ritrovare il senso della parola ‘autenticità‘: i fatti ci dimostrano che l’implacabile tribunale dell’opinione pubblica è ad esempio propenso a perdonare chi sbaglia, se questi presenta delle scuse sincere e sentite, spiega perché quell’errore non verrà più commesso, e quali cambiamenti concreti ha fatto l’organizzazione per far si che ciò non accada mai più. Le organizzazioni sociali complesse come le aziende funzionano come le famiglie: vogliamo un partner che quando sbaglia è capace di spiegarci cosa è accaduto e chiedere scusa, o invece qualcuno che mente e si arrampica sugli specchi? E perché gli utenti, i cittadini, i clienti, dovrebbero dare fiducia a un’azienda che si comporta diversamente da come vorremmo si comportasse un nostro familiare o amico? E il grado di fiducia è centrale nel business: perché – è una regola vecchia come il mondo – non compro da chi non mi fido.

Il nuovo Codice FERPI nasce in un’epoca in cui la comunicazione digitale è dominata da algoritmi opachi e da rischio di disinformazione. Quali sono le principali sfide etiche che i comunicatori oggi devono affrontare e quali standard di integrità reputazionale ritiene imprescindibili per chi opera nel settore, inclusi coloro che collaborano con IA e tecnologie emergenti?

Diffusione ad arte di fake news, uso di bot e fake account, e operazioni informatiche di data forging o data deletion, permettono oggi a comunicatori spregiudicati di influenzare il pubblico, ma soprattutto di influenzare gli algoritmi che regolano i meccanismi di visibilità nelle varie piattaforme social e nei principali motori di ricerca, alterando in modo malizioso le informazioni relative all’organizzazione target, distruggendo valore, pregiudicando la business continuity, e, nei casi più gravi, portando al fallimento di un’azienda o alla rovina di un personaggio pubblico. Queste pratiche sono ben al di sotto di ciò che consideriamo accettabile come professionisti della comunicazione e delle relazioni pubbliche. In presenza di manipolazione, crolla la fiducia, che come abbiamo detto è un elemento fondamentale per garantire il buon funzionamento delle aziende e del sistema economico, ma anche più in generale di tutte le istituzioni democratiche. La mancanza di fiducia può arrivare a distruggere la coesione del tessuto sociale: è di tutta evidenza, allora, che la sfida è molto più ambiziosa che non solo ‘far le cose bene’ per tenere alta la reputazione di un brand.