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GOOGLE PAGHERÀ 300 EDITORI EUROPEI PER I LORO CONTENUTI

GOOGLE PAGHERÀ 300 EDITORI EUROPEI PER I LORO CONTENUTI

Google ha stretto accordi con oltre 300 testate giornalistiche con sede nell’Unione Europea per pubblicare estratti dei loro articoli sul motore di ricerca. Inoltre, BigG ha annunciato il lancio a breve di uno strumento per facilitare la registrazione a questo nuovo programma anche ad altri editori. Lo ha annunciato Sulina Connal, Director, News and Publishing Partnerships di Google in due blog post.

Questa mossa risponde all’implementazione della Direttiva Europea sul Diritto d’Autore entrata in vigore tre anni fa nei vari Paesi del vecchio continente, che prevede l’obbligo per le piattaforme digitali di retribuire gli editori di notizie per la diffusione dei loro contenuti sulle piattaforme online (il decreto legislativo che recepisce questa direttiva Ue è stato approvato in Italia nell’autunno del 2021): “Mentre i paesi implementano questa nuova legge, avviamo negoziati con gli editori di notizie per poter mostrare alle persone i contenuti in base a queste norme. La direttiva fornisce due importanti principi guida. Da un lato, le persone e le piattaforme possono continuare a collegarsi e includere brevi estratti dei contenuti degli editori. Allo stesso tempo, la legge evidenzia nuovi diritti per i publisher quando vengono utilizzate anteprime estese del loro lavoro online”, sottolinea il blog post.

“Sebbene la legge nella maggior parte dei Paesi non definisca l’ambito dei contenuti protetti, abbiamo avviato trattative con centinaia di editori in diverse country tra cui Germania, Ungheria, Francia, Danimarca e Paesi Bassi in cui la norma è ora in vigore. Oggetto di queste trattative sono le anteprime estese delle notizie, che vanno oltre i semplici collegamenti e gli snippet. Ove possibile, queste offerte tengono conto dei lettori delle testate, della “natura giornalistica” delle pubblicazioni di stampa e dell’investimento editoriale”. Non si specifica quanto saranno pagati gli editori.

Un secondo comunicato annuncia una nuovo strumento che sarà disponibile tramite Search Consoleper permettere ai publisher di iscriversi a questo programma: agli editori verrà offerto un accordo Extended News Preview (ENP) con Google per i contenuti, si legge sul blog. Ciò includerà informazioni sull’offerta, come iscriversi e come fornire feedback.

Negli anni scorsi, si è svolto un acceso dibattito tra governi, società big tech e editori, che chiedevano una giusta remunerazione per i propri articoli. In risposta a queste polemiche, Mountain View aveva già avviato diverse iniziative per venire incontro ai publisher, tra cui il programma Google News Showcase, lanciato lo scorso anno, con uno stanziamento iniziale di un miliardo di dollari in tre anni. Showcase ha coinvolto oltre 750 testate in Europa, compresa l’Italia.




Eurovision, non solo musica: è boom di turisti stranieri. Che descrivono Torino come “warm, friendly, surprising, amazing”

Eurovision, non solo musica: è boom di turisti stranieri. Che descrivono Torino come "warm, friendly, surprising, amazing"

Eurovision Song Contest ha portato in città e nell’intero Piemonte entusiasmo e tante emozioni. Flash mob, concerti improvvisati ed esibizioni di artisti locali e internazionali seguiti da numerosi fan e turisti, hanno riempito le strade e le piazze, trasformando Torino in un palco a cielo aperto.

Eugenio in via di Gioia, Bandakadabra, Citi Zēni (Lettonia), Subwoolfer(Norvegia), The Rasmus (Finlandia) e il corpo di ballo della cantante spagnola Chanel Terrero Martínez, per citarne alcuni, sono tra gli artisti che hanno “usato” le strade di Torino per esibirsi e far divertire il pubblico. Le ricadute positive sul turismo in città sono confermate dalle elaborazioni dei primi dati forniti da un campione di strutture all’Osservatorio Turistico Regionale per il periodo dal 1° al 14 maggio a Torino: rispetto allo stesso periodo del 2019, i pernottamenti dall’inizio del mese hanno infatti registrato un incremento del 68%. Molti gli stranieri: oltre il 40% dei movimenti del periodo.

Chi è venuto a Torino?

In occasione dell’evento, l’Osservatorio di Turismo Torino e Provincia ha somministrato un questionario qualitativo ai turisti in visita in città. Dagli oltre 750 questionari raccolti è emerso che i turisti che sono venuti a Torino per la prima volta sono il 56%; questi visitatori hanno viaggiato in coppia (30%) o con amici/colleghi (27%) utilizzando l’aereo (37%) e il treno (32%) per raggiungere la destinazione. Gli interessi sono principalmente focalizzati sulla musica (20%), sull’enogastronomia (16%) e sulle mostre (15%). La motivazione principale che li ha spinti a venire in città è l’evento Eurovision Song Contest (57%). A livello di provenienza ottimo è il riscontro da parte dei visitatori esteri che rappresentano il 49% in particolare da Gran Bretagna e Francia (12%), Spagna (9%) e Olanda (6%). Per ciò che concerne il soggiorno, la permanenza media si attesta su 3 notti o più (61%). La città è stata percepita in modo molto positivo: emergono aggettivi che la ritraggono come “bella, elegante” e dagli stranieri come “warm, friendly, surprising, amazing”. Da evidenziare altresì che oltre il 70% dei turisti ha visitato almeno un museo; emergono ai primi posti in particolare Museo Egizio, Musei Reali, Museo Nazionale del Cinema, Reggia di Venaria e Palazzo Madama. Per concludere, il livello di soddisfazione della vacanza torinese è stato decisamente molto buono, infatti l’88% ha dichiarato di aver avuto un’esperienza positiva e di voler ritornare una seconda volta (90%).

Social Programme Delegazioni – Press

Turismo Torino e Provincia ha realizzato il social programme delegazioni (da sabato 30 aprile a sabato 14 maggio per le 40 delegazioni dei 40 Paesi in gara, 20 esperienze a Torino e 6 in Piemonte, declinate nei temi eccellenza, verde, insolito, contemporaneo, multi senso, paesaggi) che ha visto l’adesione di oltre 1.100 persone di 37 delegazioni, di cui 12 che hanno scelto di scoprire anche il Piemonte. Ha ideato inoltre con il contributo della Camera di commercio di Torino il SOCIAL PROGRAMME PRESS (6 proposte dalle Associazioni di Categoria GIA/Federagit e Maestri del Gusto di Torino e provincia, 12 musei, 2 degustazioni, 6 escursioni in regione, 5 escursioni in provincia da sabato 7 a sabato 14 maggio) che ha registrato oltre 140 prenotazioni, tra cui si segnalano le visite presso le Residenze Reali e le esperienze enogastronomiche come Merenda Reale ed Extra Vermouth.

Canali Social

I canali social utilizzati dagli Enti coinvolti nella promozione dell’evento (Facebook, Twitter ed Instagram) hanno raggiunto un totale di oltre 2.400.000 persone.

Il sito turismotorino.org ha registrato più di 27 mila utenti (+ 135,96% rispetto allo stesso periodo anno precedente) e totalizzato più di 35 mila visite (+146,89% rispetto allo stesso periodo anno precedente). Ottimi i risultati della campagna digital PR, realizzata dall’ATL, con 7 creators nazionali presenti su tutti i social network con un forte seguito su TikTok l’Official Entertainment Partner di Eurovision Song Contest tra cui ad esempio Pietro Morello, già Ambasciatore della Città di Torino.  Le stories hanno totalizzato una media di visualizzazioni pari a 151.844, account raggiunti 145.126; i reel hanno totalizzato 751.739 visualizzazioni, 54.612 like, 790 commenti e 110 salvataggi. La campagna drive-to-event (attraverso SMS marketing, invio di messaggi a database profilato di Torino e provincia, Native Advertising, sui principali siti e magazine che consentono la geolocalizzazione degli utenti e DEM, invio di email a database di utenti profilato) ha registrato: 94.500 sms letti su 95.000 inviati19.000 dem lette su 200.000 recapitate e più di 750.000 visualizzazioni dei banner.

Eurovision Village – Parco del Valentino

Con quasi 350 artisti coinvolti, Eurovision Village ha proposto oltre 55 ore di spettacolo in 8 intensissime giornate spaziando tra vari generi e coinvolgendo 20 delegazioni ufficiali di Eurovision Song Contest. Con una platea di artisti provenienti da 24 diverse nazioni, band che si sono formate o riunite per questa occasione, al Village del Valentino ha visto il passaggio di oltre 220mila persone

Un format del tutto inedito ha caratterizzato il palinsesto coinvolgendo la ricchissima comunità artistica del territorio in un grande evento di portata internazionale dando vita a un palco “glocale”, immerso nel parco del Valentino nel centro città che ha visto oltre 20 tra produzioni e collaborazioni inedite, unendo così realtà locali a grandi interpreti nazionali ed esteri. Proposte inedite, di alta qualità, che hanno permesso al vasto pubblico del Village di conoscere nuovi artisti e poter vedere star internazionali suonare con musicisti torinesi e non solo. Altri numeri: volontari coinvolti 24 al giorno per 8 giorni, totale 192; personale di produzione, tecnici di spettacolo e maestranze 80 persone. In totale oltre 150 persone.

Lonely Planet

La nuovissima guida Torino Pocket Lonely Planet dal 4 al 14 maggio è stata scaricata in free download da 25.000 utenti. “Torino regala Torino” è stato l’omaggio della Città di Torino a tutti i visitatori grazie alla collaborazione tra Città di Torino, Lonely Planet e Turismo Torino e Provincia. Oltre 30.000 visitatori hanno inoltre ricevuto materiale turistico promozionale della città, mappa e cartoline.

Media Centre Casa Italia

Oltre 300 i giornalisti nazionali e internazionali accreditati al Media Centre Casa Italia a Palazzo Madama; 25 gli artisti presenti agli appuntamenti giornalieri a lori loro dedicati; 45 le degustazioni guidate che hanno coinvolto 25 aziende piemontesi tra Consorzi vitivinicoli e turistici ed Enoteche regionali e 125 aziende torinesi coinvolte dalla Camera di commercio di Torino di cui 30 Maestri del Gusto di Torino  e  Provincia, 25 aziende vitivinicole Torino DOC, 10 Associazioni di categoria.

In totale sono state oltre 1.100 le degustazioni servite.




Bill Gates e Hyundai finanziano la start-up israeliana H2Pro, che punta a produrre H2 green a 1 euro/Kg prima del 2030

Bill Gates e Hyundai finanziano la start-up israeliana H2Pro, che punta a produrre H2 green a 1 euro/Kg prima del 2030

La start-up israeliana H2Pro ha raccolto 22 milioni di dollari da investitori privati, tra cui compare anche il tycoon americano Bill Gates, per sviluppare un innovativo sistema di elettrolisi in grado, stando alle dichiarazione della società, di produrre idrogeno verde ad un costo estremamente competitivo, pari a 1 dollaro al kg entro la seconda metà di questo decennio.

Secondo quanto riportato da Bloomberg, H2Pro ha ottenuto le risorse nell’ambito di un round di finanziamenti sottoscritto, oltre che dal fondatore di Microsoft, anche dal miliardario di Hong Kong Li Ka-shing, dal gruppo industriale giapponese Sumitomo Corp e da Hyundai Motor.

“Vediamo un reale mercato a livello globale per la nostra tecnologia” ha assicurato il CEO dell’azienda israeliana Talmon Marco, che ha aggiunto: “Quando abbiamo fondato la società nel 2019 era molto difficile anche solo avere colloqui con potenziali finanziatori, mentre ora tutti sono disponibili a investire nell’idrogeno”.

La tecnologia di H2Pro è simile a quelle utilizzata dagli elettrolizzatori alcalini tradizionali, ma consentirebbe di ridurre drasticamente il consumo di energia elettrica, sostituendola in parte (nel processo di accoppiamento degli atomi di ossigeno per creare le molecole di questo gas ‘di risulta’) con calore termico. Questa innovazione, secondo la società, consentirebbe di abbattere drasticamente il costo di produzione dell’H2 green, portandolo attorno a 1 dollaro a Kg già nella seconda metà di questo decennio. Un target di prezzo che, con gli elettrolizzatori tradizionali, non sarà raggiungibile prima del 2050 secondo le previsione di BloombergNEF.

La sfida, molto ambiziosa, di H2Pro è però quella di ‘scalare’ su dimensioni maggiori il suo prototipo, che attualmente è in grado di produrre, in ambiente di laboratorio, appena 100 grammi di idrogeno al giorno. I fondi raccolti con questo giro di finanziamenti serviranno proprio a realizzare un modello più grande, capace di generare 1 kg di idrogeno al girono, e a sviluppare in un secondo momento elettrolizzatori di dimensione commerciale.

Un percorso ancora lungo, considerando che gli elettrolizzatori tradizionali prodotti dai principali player del settore come ITM Power, NEL Hydrogen, Siemens Energy, Thyssenkrupp e Haldor Topsoe, impiegati in progetti pilota, sono in grado di produrre migliaia di chilogrammi di H2 green al girono, e che le previsioni per i progetti in fase di studio in questo periodo sono di incrementare di molto tale capacità.




I treni persi dell’indipendenza energetica italiana

I treni persi dell’indipendenza energetica italiana

Quando nel novembre 1987 le cittadine e i cittadini italiani votarono su tre quesiti riguardanti il programma di sviluppo della fissione nucleare nel nostro Paese, noi due frequentavamo il quarto anno del liceo e non avevamo ancora compiuto 18 anni. L’esito del referendum portò alla chiusura delle centrali nucleari esistenti, anche se i quesiti non lo implicavano necessariamente. Una decisione così rilevante, sicuramente influenzata da quanto successo l’anno precedente a Černobyl’, avrebbe avuto effetti duraturi e significativi sulle strategie di approvvigionamento energetico del nostro Paese.

Erano anni in cui i consumi energetici ancora aumentavano costantemente (+14% tra il 1981 e il 1991) in particolare quelli di elettricità (+37% tra il 1981 e il 1991). Erano anni in cui la politica energetica era pianificata e imperniata su due enti nazionali, quello degli idrocarburi (Eni) e quello dell’energia elettrica (Enel). Enti ancora molto lontani dall’orizzonte della privatizzazione. 

Nell’agosto 1988, a soli nove mesi dal referendum sul nucleare, il governo presieduto da Ciriaco De Mita approvò il nuovo Piano energetico nazionale (Pen) che ad esempio proponeva di aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili del 44% entro il 2000. Per attuare concretamente il Pen nel gennaio 1991 vennero poi approvate la legge 9 dedicata alla ricerca e sfruttamento degli idrocarburi e la legge 10 dedicata alla promozione dell’efficienza energetica e allo sviluppo delle rinnovabili. Dovevano essere le due gambe dell’autonomia energetica, ma l’andatura negli anni successivi risultò parecchio claudicante.

La legge 10 del 1991 conteneva alcune importanti misure innovative: l’obbligo di nomina di un energy manager per gli attori del settore industriale e terziario con consumi superiori a determinate soglie; la certificazione energetica per tutti gli appartamenti o gli edifici venduti o affittati; limiti al consumo energetico dei nuovi edifici; l’obbligo all’integrazione di impianti rinnovabili in edifici pubblici; la contabilizzazione del calore e la termoregolazione in tutti gli edifici; e, ciò che più conta, finanziamenti a fondo perduto tra il 20 e il 40% dell’investimento necessario per l’efficientamento. Solo alcune di queste norme ebbero effettiva applicazione, per responsabilità di una classe dirigente che solo un anno dopo venne travolta dalle inchieste di “Mani pulite”.

Per fare un esempio, il decreto che avrebbe dovuto regolare i limiti al consumo energetico dei nuovi edifici fu approvato nel luglio 2005: era previsto entro 180 giorni, ce ne vollero più di 5.000. Con l’ulteriore beffa per cui solo 23 giorni dopo il decreto venne superato da un nuovo provvedimento che recepiva la prima direttiva europea in materia (Epbd – Energy performance of buildings directive): il decreto legislativo 192 del 2005. Sembra incredibile, sì: non ditelo a noi.

Ma mentre efficienza e rinnovabili finivano per essere completamente dimenticate, l’altra gamba in compenso viaggiava veloce. Tra completamento della metanizzazione della rete gas e nuove esplorazioni erano gli anni del boom della produzione domestica di metano che nel 1994 arrivò a coprire il 40% dei consumi nazionali. Nelle intenzioni, doveva probabilmente essere l’inizio della corsa all’indipendenza energetica e invece divenne la premessa dell’incapacità delle nostre classi dirigenti di pensare un’alternativa percorribile, date le condizioni. Rapidamente la produzione nazionale di gas superò il picco e oggi è solo pari a un quinto del massimo raggiunto. Non per colpa dell’opposizione di qualcuno, ma semplicemente per scarsità della risorsa. 

La scelta di campo a favore dei fossili dei primi anni 90 visse un altro decisivo momento. Nel passaggio finale di approvazione della legge 10, infatti, una sapiente manina inserì accanto alle rinnovabili le cosiddette fonti assimilate. Per “fonti assimilate” si intende la cogenerazione (cioè la produzione combinata di elettricità e calore) o il recupero del calore di scarto dei cicli di produzione industriali. Le fonti assimilate sicuramente sono esempi di un modo efficiente di usare l’energia (lato produzione) che meritavano di essere stimolate. Ma mettendole sullo stesso piano delle rinnovabili si è chiusa la porta a un possibile sviluppo di queste ultime che sarebbe arrivato solo dopo oltre 15 anni, sempre grazie allo stimolo di una direttiva europea. La delibera del Comitato interministeriale dei prezzi che doveva definire gli incentivi alle rinnovabili (la cosiddetta Cip 6/92) di fatto andò a finanziare per oltre l’80% la grossa cogenerazione industriale: per un’ironia tragica, soprattutto dell’industria fossile, come ad esempio le raffinerie del gruppo Saras dei Moratti o di Api Energie.

Che fosse per insipienza, malafede o semplicemente per una cieca fiducia nel fossile, il governo dell’energia negli anni 90 fu la seconda grande occasione persa (la prima furono le crisi energetiche degli anni 70). Del resto nel 1992 inaugurammo  la stagione dei governi tecnici, in una situazione in cui la politica era invece debole, debolissima. Sin dai primi anni 90 le decisioni strategiche furono demandate a tecnocrati che dimostrarono concretamente la mancanza di una visione politica di medio periodo, che necessariamente include la sicurezza di approvvigionamento energetico, così come la politica industriale. Quello che contava era far tornare i conti a breve.

Ma non è finita lì. Una terza occasione importante per migliorare la nostra dipendenza energetica si materializzò nei primi anni 2000 quando, come già ricordato, l’Unione europea obbligò il nostro Paese a promuovere efficienza energetica e le fonti di energia rinnovabili attraverso un nutrito pacchetto di direttive in materia. In effetti dagli anni 2005-2006 assistiamo a una diminuzione dei consumi energetici complessivi, a un calo delle importazioni, a un rapido aumento della produzione da fonti rinnovabili e della loro quota sul totale dei consumi. In questo quadro la dipendenza energetica passa dall’86% del 2006 fino al 76% del 2014. Una corsa impetuosa alimentata tra gli altri dal vertiginoso aumento degli impianti fotovoltaici. Una corsa forse sregolata, che avrebbe avuto bisogno di briglie migliori, che consentissero di creare un settore con risultati meno eclatanti ma più stabili nel tempo. Gli investimenti fatti o programmati per realizzare un’industria nazionale capace di coprire l’intera filiera di produzione dei moduli e la relativa componentistica non ebbero tempo di stabilizzarsi e un intero settore fu ucciso nella culla. Con il paradosso che il nostro Paese ha investito tanto quando il fotovoltaico costava troppo, contribuendo come pochi altri a renderlo conveniente a livello globale, per poi rinunciare ad approfittarne. E che oggi siamo quasi interamente dipendenti dalle importazioni della tecnologia, anche se qualcosa, forse, sta cambiando.

Invece lo stop agli incentivi (più che comprensibile) e i provvedimenti retroattivi (meno comprensibili, visto che minano alla base la fiducia di tutto un settore e più in generale la credibilità dello stato) hanno causato un brusco stop che dal 2014 si è poi protratto per lunghi anni. Solo recentemente il settore torna ad affacciarsi, con iniziative che oggi includono anche impianti di accumulo, la terza gamba dell’indipendenza insieme a efficienza e rinnovabili.

Grazie a tutti i treni persi, oggi siamo quindi ancora in una situazione di dipendenza estrema da due combustibili fossili (petrolio e gas costituiscono il 70% dei nostri consumi e sono quasi tutti importati) con fatture energetiche di 40 miliardi di euro annui (prima dei recenti aumenti) che vanno ad alimentare regimi come quello russo e quello saudita. Ma se oggi siamo in questa situazione è per via di scelte precise, di strategie perseguite a lungo nel tempo, di colpevoli omissioni. 

Un problema non può essere risolto con la stessa mentalità di chi lo ha creato e chissà che le tragiche circostanze di questi giorni non ci diano la possibilità di cambiare, finalmente, il nostro futuro. Con il non secondario risultato che potremmo anche risolvere la crisi climatica e dare prospettive sensate di vita e di lavoro alle giovani generazioni.

Gianluca Ruggieri è ricercatore all’Università dell’Insubria, attivista energetico e socio fondatore di Retenergie e di ènostra. Autore con Fabio Monforti di “Civiltà solare” e con Massimo Acanfora di “Che cos’è la transizione ecologica”.




Un edificio Nearly zero energy per la nuova sede Ferrero

Un edificio Nearly zero energy per la nuova sede Ferrero

Il progetto Nearly Zero Eergy è firmato dall’architetto Frigerio

(Rinnovabili.it) – Manca ormai poco al completamento della nuova sede della multinazionale Ferrero costruita per essere nZEB Nearly Zero Energy Building.

Il progetto vincitore del concorso indetto nel 2017 porta la firma del team Frigerio Design Group, che ha sviluppato un edificio capace di ospitare al meglio i futuri 200 dipendenti di Alba.

Il Ferrero Technical Center è stata definita la manifattura 4.0. Qui la componente naturale e quella umana convivono in un polo innovativo dove la tecnologia “c’è ma non si vede”.

La fabbrica di domani

credits: Frigerio Design Group

Così come l’hanno descritto i suoi creatori, il nuovo Centro Nearly Zero Energy è concepito per non “urlare” al mondo la sua presenza. L’idea è quella di contrapporre l’immagine caotica della fabbrica tradizionale, ad un’architettura semplice e lineare dove gli impianti e le soluzioni tecnologiche sono integrate nella facciata o nel mezzanino tecnico.

Componenti nZEB

credits: Frigerio Design Group

Le aperture della facciata soprannominate “brachie”, catturano la luce naturale diffusa, schermando invece i raggi solari diretti. I pannelli microforati e fonoassorbenti dell’involucro assicurano la massima qualità acustica interna riducendo al minimo l’inquinamento.

Sei aree verdi, i “giardini volanti”, si aprono nell’edificio per assicurare il massimo beneficio bioclimatico, acustico ed estetico, assicurando inoltre agli occupanti, uno spazio di relax sempre a portata di mano.

Le emissioni di anidride carbonica sono ridotte al minimo. I materiali sono prefabbricati ed assemblati prevalentemente a secco, mentre il volume compatto facilità a riduzione dei consumi.

Tutti i contributi di progettazione passiva sono massimizzati, dalla luce naturale, alla circolazione dell’aria, riducendo significativamente l’utilizzo di risorse esterno.

Un impianto fotovoltaico sul tetto produce inoltre energia pulita pari a 300 kW.

l progetto dovrebbe essere ultimato entro aprile 2022.