L’amministrazione Biden vuole riformare la finanza verde
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Il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e altre autorità di regolazione sono al lavoro su un insieme di norme per aumentare il grado di comunicazione da parte delle aziende circa l’impatto ambientale delle loro attività. Le discussioni sono ancora in uno stato iniziale e non sono state rese pubbliche: ne ha scritto Bloomberg sulla base delle informazioni ricevute da alcune fonti.
FOCUS SUL “CARBON LEAKAGE”
Il lavoro dell’amministrazione Biden si starebbe concentrando sul cosiddetto fenomeno del carbon leakage (ovvero la delocalizzazione delle aziende in paesi che hanno regole meno restrittive sulle emissioni inquinanti) e sui criteri ESG (sigla che sta per Environmental, Social and Governance), utilizzati per la valutazione della sostenibilità ambientale, sociale e di governance di un investimento.
GLI OBIETTIVI
L’obiettivo di Washington – spiega Bloomberg – è sia favorire un aumento della domanda di asset dall’impatto climatico “positivo” da parte della finanza, sia evitare che le imprese si macchino di greenwashing attraverso un ecologismo “di facciata” costruito attraverso strategie di comunicazione ingannevoli.
I TIMORI DEGLI AMBIENTALISTI
Il timore degli ambientalisti è che, senza un efficace monitoraggio governativo, i settori industriali possano definire standard climatici “deboli”, che permettano alle aziende di proseguire con certe attività ad alta intensità di carbonio e di compensarle poi con pratiche di carbon offset poco incisive.
COSA FA LA SEC
La settimana scorsa la Securities and Exchange Commission (SEC), l’ente federale statunitense che si occupa di vigilare sulla borsa valori, ha detto che aprirà un appello per la presentazione di proposte per un eventuale cambiamento delle politiche sulla comunicazione dell’impatto climatico delle aziende. La SEC sta valutando la possibilità di istituire standard diversi a seconda del settore economico, tra le altre cose.
COSA FANNO LE BANCHE AMERICANE
Grandi banche americane come Citigroup e Goldman Sachs hanno annunciato l’impegno all’azzeramento delle emissioni nette, “pareggiando” cioè la quantità di gas serra generati con quelli che vengono rimossi o compensati in altro modo. Per raggiungere l’obiettivo dello zero netto, nota Bloomberg, sono però necessari “costosi cambiamenti strutturali”, visto che il focus dovrebbe essere innanzitutto sul taglio delle emissioni e solo successivamente sulle misure di compensazione delle quantità rimaste.
GLI OBIETTIVI CLIMATICI DI BIDEN
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden vuole che il paese raggiunga la neutralità carbonica entro il 2050. Per il prossimo 22 aprile il suo governo ha organizzato un vertice internazionale sul clima, durante il quale ci si aspetta che Biden annunci un obiettivo molto ambizioso per il taglio delle emissioni sul breve termine, al 2030, così da riportare l’America alla guida dell’azione climatica globale. Il predecessore di Biden, Donald Trump, si era ritirato dagli accordi di Parigi.
GLI STANDARD FINANZIARI E L’INFLUENZA INTERNAZIONALE
L’amministrazione Biden considera l’azione climatica anche una questione geopolitica, utile al rafforzamento dell’influenza internazionale degli Stati Uniti. Uno strumento utile allo scopo, oltre all’impegno per un taglio sostanzioso delle emissioni, è proprio la definizione di standard per la finanza e l’industria “verdi” che potrebbero venire adottati da altri paesi. Per Washington, l’occasione migliore per promuovere il suo eventuale set di regole – il carbon leakage è uno dei temi più caldi – è la COP26, la conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite che si terrà il prossimo novembre.
Amazon userà l’intelligenza artificiale per controllare i propri corrieri. Si inizia dagli USA.
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Amazon è ormai un colosso dell’ e-commerce, presente in tantissimi paesi di tutto il mondo e questa sua conquista, compiuta in pochissimi anni è stata fin da subito basata su un controllo maniacale di ogni aspetto, dalle spedizioni all’organizzazione dei magazzini fino alla gestione degli ordini e del servizio clienti.
Oggi compie un ulteriore passo avanti in nome dell’efficienza, ma sconfinando forse un po’ a sfavore del lato umano.
Già da qualche settimana negli USA ha installato delle telecamere di sorveglianza dotate di intelligenza artificiale ma solo adesso ha iniziato ad obbligare gli autisti ad accettare di essere letteralmente sorvegliati dall’AI. Pena? Il licenziamento.
Le informazioni raccolte dall’AI riguardano un po’ tutti gli aspetti della guida, dalla velocità alle miglia percorse, le accelerazioni, le frenate gli stop rispettati, l’utilizzo della cintura, la distanza mantenuta dal veicolo che precede. Anche le immagini del guidatore, per verificarne l’identità, e stili di guida potenzialmente pericolosi perché imprudenti o distratti verranno collezionati dalle camere.
Il sistema, inoltre è in grado di dare feedback al guidatore in tempo reale, consigliando eventualmente di fare una sosta quando rileva particolare stanchezza.
Al momento la notizia non è stata presa bene da tutti i lavoratori, alcuni dei quali dichiarano un’eccessiva invasione della privacy.
Amazon non sembra però voler fare marcia indietro e difficilmente lo farà, vedremo come proseguirà la vicenda e soprattutto come andrà in Italia.
Coca-Cola presenta l’innovativo packaging KeelClip™
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Coca-Cola introduce sul mercato italiano la tecnologia KeelClip™, un innovativo sistema di imballaggio, in carta FSC proveniente da filiera responsabile e 100% riciclabile, che permette di eliminare completamente l’involucro in plastica dalle confezioni multiple di lattine. Questa tecnologia rappresenta un ulteriore passo verso confezioni sempre più sostenibili e consentirà di ridurre del 50% le emissioni di CO2 su queste confezioni e risparmiare 450 tonnellate di plasticaall’anno(1) .
Il lancio di KeelClip™ in Italia è frutto di un piano industriale da 9 milioni di euro negli stabilimenti di Nogara (VR) e Marcianise (CE) che conferma l’impegno di Coca-Cola per l’ambiente e la centralità del Paese nell’attrarre investimenti strategici. Già oggi tutti i packaging in plastica, vetro e alluminio utilizzati sono riciclabili al 100% e in parte già in materiale riciclato: con questo ulteriore investimento, l’azienda si concentra anche sul cosiddetto packaging secondario, quello non a diretto contatto con il prodotto.
“La sostenibilità è un valore cardine delle nostre scelte aziendali e del modo in cui facciamo impresa” ha dichiarato Manuel Biella, Direttore Supply Chain di Coca-Cola HBC Italia “L’introduzione di KeelClip™, che si aggiunge ai numerosi progetti di innovazione e sostenibilità con investimenti di oltre 100 milioni di euro negli ultimi 10 anni, è un ulteriore passo verso la riduzione dell’impatto delle nostre confezioni per un’economia sempre più circolare”.
KeelClip™ è una delle soluzioni più tecnologicamente avanzate nella gestione delle confezioni multiple: si tratta di un sistema costituito da una parte superiore in carta che si aggancia alle lattine e una centrale che stabilizza la confezione. L’innovativo packaging è presente sulle confezioni delle lattine da 330ml, 150 ml e 500ml regular di Coca-Cola Original Taste, Coca-Cola Zero Zuccheri, Fanta Original e Sprite.
Questa innovazione si inserisce all’interno della strategia di sostenibilità di lungo periodo di Coca-Cola, chiamata World Without Waste, che – tra i vari impegni – comprende l’utilizzo crescente di plastica riciclata nelle confezioni e la riduzione della materia prima negli imballaggi in vetro, alluminio e plastica per un’economia sempre più circolare.
Nasce la Rete dei Comuni Sostenibili: Settimo Torinese insieme alle grandi città per promuovere la sostenibilità ambientale
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Punta tutto sulla sostenibilità ambientale la sindaca di Settimo Torinese, Elena Piastra. Oggi, giovedì 14 gennaio, la prima cittadina sarà infatti al tavolo dei relatori che entreranno a far parte della Rete dei Comuni Sostenibili, un progetto portato avanti da Ali (Autonomie Locali Italiane) insieme all’Associazione Città del Bio e alla società di servizi Leganet che si pone come traguardo il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’Onu.
Insieme a lei ci saranno i rappresentanti della principali città italiane, come Firenze, Bologna e Reggio Calabria.
“Una parte fondamentale del mio lavoro – fa sapere Elena Piastra – è confrontarmi con altri sindaci ed esperti. È un confronto importante perché serve a imparare, a capire come altre città stiano affrontando problematiche e sfide simili alle nostre e a costruire reti e ponti per portare nuove opportunità per Settimo. È per questo che onorata di partecipare a due eventi di grande rilievo questa settimana“.
Poi continua: “I Comuni possono dare un contributo importante al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’ONU e questa nuova rete li aiuterà a pianificare e impostare progetti, a intercettare risorse e finanziamenti, a misurare – tramite 150 indicatori – l’efficacia delle realizzazioni in tema di politiche della sostenibilità, dalla mobilità alle aree verdi, dall’inclusione alla parità di genere, dalla qualità di aria e acqua agli strumenti partecipativi, dall’economia circolare alla digitalizzazione”.
L’algoritmo di vetro
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Ho sentito forte e chiara la reazione all’allontanamento della dr. Gebru: ha seminato dubbi e ha portato alcuni nella nostra comunità a mettere in dubbio il loro posto in Google. Voglio dire quanto mi dispiace per questo e accetto la responsabilità di impegnarmi per ripristinare la tua fiducia [a pie’ di pagina il testo completo*].
Èil passaggio centrale di una lettera di Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, che dichiara senza infingimenti il proprio imbarazzo e anche l’esplicita contrarietà per quanto è accaduto con il licenziamento di Timnit Gebru, che fino a qualche giorno fa era la responsabile della sezione Etica di Mountain View. Come abbiamo spiegato in un precedente articolo, la Gebru, insieme a un gruppo di ricercatori, fra cui anche dipendenti di Google, aveva analizzato i sistemi semantici adottati dal principale motore di ricerca del mondo rilevando aspetti sia di discriminazione razziale sia di un’alterazione nelle valutazioni e nel conseguente linguaggio che era proposto per i bot o i risponditori automatici.
Una macchia che colpiva al cuore il gruppo nato con il motto don’t be evil, non essere cattivo.
Soprattutto stupiva la reazione disciplinare che colpiva la Gebru, estromettendola in malo modo, con l’immediata cancellazione del suo account aziendale.
Dopo 48 ore di riflessione entra in campo il gran capo Pichai, peraltro un massimo esperto di intelligenza artificiale, che non poteva certo ignorare un conflitto che coinvolgeva proprio il settore di sua provenienza. Pichai nella sua lettera dopo aver dichiarato il suo rincrescimento, ed è la prima volta che appare così evidente un’autocritica pubblica su un tema fondante della mission di Google, quale appunto la trasparenza dei sistemi di intelligenza artificiale, il CEO continua senza risparmiarsi e scrive:
Dobbiamo assumerci la responsabilità del fatto che una dirigente di spicco nera, donna con immenso talento abbia lasciato Google. Ci rincresce. Questa perdita ha avuto un effetto a catena su alcune delle nostre comunità meno rappresentate, che hanno visto sé stesse e alcune delle loro esperienze riflesse in quella della Dr. Gebru. È stato anche molto sentito perché la Dr. Gebru è un’esperta in un’area importante dell’etica dell’IA su cui dobbiamo continuare a fare progressi – progressi che dipendono dalla nostra capacità di porci domande impegnative.
Sundar Pichai
Assomiglia molto a una resa senza condizioni. Il vertice di Google fa intendere che, rispetto a precedenti accuse, soprattutto da parte di enti pubblici o direttamente da partner di autorità statali, che non hanno lasciato strascico sulla reputazione del gigante tecnologico, questa volta il segno è profondo e visibile. Si è tradotto in un calo brusco anche in borsa. Il punto che mette in rilievo la dichiarazione di Pichai riguarda quel sottile filo che ancora lega Google con miliardi di utenti, basato sullo scambio fra efficienza e identità, ma garantito, questo è il valore che rischia di dissolversi con il caso Gebru, su un’immagine ancora robusta di autonomia, libertà e soprattutto di buona fede accreditato da parte delle community digitali alla società fondata da Larry Oage e Sergey Brin. Si tratta del principale capitale immateriale della Silicon Valley: quell’aura di sostanziale irrilevanza del potere di controllo sui dati e soprattutto di quegli automatismi neurali che, mediante proprio i dispositivi automatici, orientano le nostre azioni.
Questo specchio che riflette le nostre speranze più che la realtà era gia stato infranto da Cambridge Analytica, che aveva irrimediabilmente sbriciolato la credibilità di Facebook e aperto un varco nella credibilità dell’uso dei big data da parte dei sistemi profilanti, come appunto Amazon o lo stesso Google. Ma nonostante la gravità del caso di Cambridge Analytica, dove le inchieste negli USA o in UK avevano palesemente mostrato la manipolazione del consenso elettorale che quel sistema ha potuto esercitare impunemente, lo scandalo aveva manomesso la credibilità dei Data base e dei sistemi surrettizi di profilazione, prevalentemente usati ai fini commerciali.
Questa volta la denuncia della professoressa Gebru, personaggio scientificamente al di sopra di ogni sospetto, colpisce al cuore l’intero sistema valoriale su cui un apparato di intelligenza artificiale, basato esclusivamente sulla fiducia che l’invisibile sia moralmente inattacabile, è radicato la fondatezza dell’attività di Google. Al centro della contesa non sono comportamenti disinvolti o furbeschi, o apertamente truffaldini dei gestori del sistema commerciale, fiscale o commerciale di Google, ma la struttura dei suoi algoritmi. È proprio il determinismo di quella sequenza numerica, la sua affermata neutralità e inevitabilità che diventa materia di una contestazione che prelude ad una contrattazione. Bisogna cambiare l’intelaiatura di quel sistema di intelligenza artificiale, afferma di fatto la Gebru, perché, come in ogni sistema esponenziale, anche negli automatismi intelligenti un errore o una manomissione per quanto minima nella matrice del sistema produce poi nei suoi funzionamenti seriali conseguenze ingovernabili e non arginabili.
È questa la base concettuale di quella metafora che fino ad oggi era considerata pura teoria, annoverata fra le cose auspicabili ma impossibili: la negoziazione dell’algoritmo.
L’accusa lanciata contro Google dai ricercatori coordinati dalla Gebru mostra come il re sia nudo: l’algoritmo che guida e orienta le relazioni fra noi e il motore di ricerca non è la massima ottimizzazione di un calcolo oggettivo, ma semmai, come sosteneva lo stesso Alan Turing in uno storico articolo del 1936, intitolato Sui numeri calcolabili ,con un’applicazione al problema della decisione, è sbagliata la speranza che tutti i calcoli siano possibili e siano unici. Se questo mondo torna ad essere parte della relatività generale, allora ogni dispositivo, esattamente come previsto perfino da sentenze del sistema giudiziario amministrativo italiano, deve poter essere trasparente e accessibile per ogni singolo utente. Si potrebbe aprire così una nuova fase di questa storia dell’innovazione, dove ogni algoritmo, così come ogni notizia o ogni affermazione in rete, è solo l’inizio di una relazione che si prolunga all’infinito in un gioco di rimbalzi, correzioni, adattamenti e negoziati.
Le Smart cities non sono più l’ambito di applicazione dei cataloghi delle corporation tecnologiche ma comunità che potranno contrattare i sistemi di gestione e organizzazione dei servizi pubblici, senza doverne perdere il controllo, come oggi accade. Lo stesso potrebbe proporsi per i giornalisti o i medici, che potrebbero ritrovare uno spazio di nuova centralità del proprio sapere e delle proprie esperienze nella riformattazione dei sistemi automatici che oggi stanno ridisegnando le professioni nelle redazioni e negli ospedali.
Certo siamo all’inizio, ma solo fino a qualche giorno fa Google pensava di dover rendere conto a qualche authority anti trust , per il suo gigantismo, o a qualche ufficio fiscale per la sua elusione nel pagare le tasse. Oggi Picchiai si è accorto che la sassata di Davide ha colpito la fronte Golia e non si può più far finta di nulla. Sopratutto cadono anche gli alibi per chi si è nascosto dietro l’invincibilità dei samurai digitali. Siamo a un tornante in cui ritorna fondamentale la responsabilità dei sistemi pubblici e delle comunità sociali che vorranno ritrovare la via della propria autonomia e salvaguardare l’ambizione del proprio sviluppo tecnologico. Da oggi è più facile.
Subject: Committing to our work on racial equity and AI ethics
Hi everyone,
I’ve heard the reaction to Dr. Gebru’s departure loud and clear: it seeded doubts and led some in our community to question their place at Google. I want to say how sorry I am for that, and I accept the responsibility of working to restore your trust.
First – we need to assess the circumstances that led up to Dr. Gebru’s departure, examining where we could have improved and led a more respectful process. We will begin a review of what happened to identify all the points where we can learn — considering everything from de-escalation strategies to new processes we can put in place. Jeff and I have spoken and are fully committed to doing this. One of the best aspects of Google’s engineering culture is our sincere desire to understand where things go wrong and how we can improve.
Second – we need to accept responsibility for the fact that a prominent Black, female leader with immense talent left Google unhappily. This loss has had a ripple effect through some of our least represented communities, who saw themselves and some of their experiences reflected in Dr. Gebru’s. It was also keenly felt because Dr. Gebru is an expert in an important area of AI Ethics that we must continue to make progress on — progress that depends on our ability to ask ourselves challenging questions.
It’s incredibly important to me that our Black, women, and underrepresented Googlers know that we value you and you do belong at Google. And the burden of pushing us to do better should not fall on your shoulders. We started a conversation together earlier this year when we announced a broad set of racial equity commitments to take a fresh look at all of our systems from hiring and leveling, to promotion and retention, and to address the need for leadership accountability across all of these steps. The events of the last week are a painful but important reminder of the progress we still need to make.
This is a top priority for me and Google leads, and I want to recommit to translating the energy that we’ve seen this year into real change as we move forward into 2021 and beyond.