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L’Italia accelera nel mobility sharing, ma l’Europa va più veloce!

La crescita della Sharing Mobility in Italia post-pandemia

In Italia, il 2022 è stato caratterizzato da una crescita esplosiva nel settore della Sharing Mobility. Con un aumento del 38% rispetto all’anno precedente, il fatturato complessivo del settore in Italia ha superato i 178 milioni di euro. Un dato impressionante che riflette l’adozione crescente di servizi di mobilità condivisa da parte degli italiani (che stanno applicando comportamenti sostenibili anche ad altri settori, quali l’alimentazione, l’acquisto di abbigliamento, l’energia…). Ma cosa rende questa crescita così straordinaria?

  • Aumento dei Noleggi: il numero totale di noleggi nei servizi di condivisione dei veicoli è cresciuto del 41% rispetto al 2021, raggiungendo circa 49 milioni di viaggi. Questo supera di gran lunga i livelli pre-pandemici del 2019, con un aumento del 77%. Significa che sempre più persone stanno abbracciando la condivisione come una soluzione pratica e conveniente per i loro spostamenti.
  • Espansione dei Servizi: nel 2022, il numero di servizi di Sharing Mobility attivi nelle città italiane è aumentato da 190 a 211. Ciò significa che sempre più città stanno adottando queste soluzioni di mobilità sostenibile. Inoltre, il numero di veicoli a disposizione degli utenti è salito da 89.000 a 113.000, garantendo una maggiore accessibilità.
  • Settori in Crescita: non si tratta solo di biciclette condivise o monopattini; anche il carsharing station-based e il bikesharing free-floating hanno registrato una crescita significativa, con un aumento del fatturato stimato rispettivamente del +72% e +95%. Questo indica una diversificazione dei servizi offerti, che soddisfano le diverse esigenze di mobilità dei cittadini.
  • Leadership di Milano: Nel contesto europeo, Milano si è affermata come la terza città con la crescita più elevata nella micromobilità in condivisione nel 2023. Con 14,8 milioni di noleggi e 30.700 veicoli a disposizione degli utenti, Milano è diventata un punto di riferimento nel panorama europeo della Sharing Mobility. Tutto ciò va a favore di coloro che si trasferiscono a Milano da altre regioni d’Italia. Costoro non devono più preoccuparsi di possedere l’automobile di proprietà, in quanto la disponibilità di trasporti sostenibili facilita la loro mobilità. 

Il programma dell’Italia per favorire la decarbonizzazione dei trasporti

Un aspetto fondamentale della Sharing Mobility è la sua contribuzione alla decarbonizzazione dei trasporti. L’adozione di veicoli elettrici è un passo cruciale verso una mobilità più sostenibile. Secondo il Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility, l’Italia prevede di avere 6,6 milioni di veicoli elettrici e ibridi plug-in entro il 2030. Questa transizione comporterà una riduzione del tasso di motorizzazione privata, con 4,5 milioni di auto in meno entro il 2030. Questo passaggio rappresenta una pietra miliare nella lotta contro le emissioni di gas serra.

  • Impatto Ambientale Positivo: Con un aumento del 30% dell’offerta di trasporto pubblico e di Sharing Mobility, si prevede una riduzione di 18 milioni di tonnellate di gas serra. Questo rappresenta più della metà di quanto richiesto all’intero settore dei trasporti. È un contributo significativo alla lotta contro il cambiamento climatico e all’obiettivo di raggiungere emissioni zero.
  • Copertura delle Città: Tuttavia, vi è ancora una disparità tra le regioni italiane, con il 77% dei comuni nel nord che offre servizi di Sharing Mobility, rispetto al 50% al centro e al 48% nel sud e sulle isole. Ma c’è una buona notizia: nel corso di tre anni, il sud e le isole hanno recuperato il 15% di copertura, indicando una crescente adozione in tutto il paese.
  • Micromobilità a Emissioni Zero: La micromobilità a emissioni zero ha registrato una crescita significativa, con oltre 43 milioni di spostamenti registrati nel 2022. Questo settore comprende il bikesharing, lo scootersharing e il monopattino-sharing. Tutte queste opzioni stanno diventando sempre più popolari, contribuendo a ridurre l’inquinamento atmosferico nelle città.

La mobility sharing in Italia rispetto al resto dell’Europa

AUMENTO MICROMOBILITY EUROPA
Milano +21%
Barcellona +44%
Berlino +306%

L’Italia presenta differenze notevoli rispetto ad altre nazioni europee in termini di mobility sharing. A Parigi, un referendum ha portato all’interdizione dei monopattini condivisi. Nel contempo, sia a Roma che a Madrid, è stata imposta una forte limitazione sul numero di fornitori e mezzi attraverso provvedimenti ufficiali. 

A dispetto di ciò, Berlino ha visto una crescita senza precedenti nel settore della micromobilità, segnando un aumento del 306% nell’arco di un anno e raggiungendo 1.700.000 noleggi dai 420.000 precedenti. La capitale tedesca domina in termini di crescita di viaggi, mentre Barcellona segue con un incremento del 44%.  

D’altra parte, Milano emerge come la terza metropoli europea in termini di crescita nel campo della micromobilità nel 2023, con un salto del 21% e circa 1 milione di noleggi in aprile. Questi numeri sottolineano come le metropoli europee abbiano adottato approcci e normative diverse nella gestione della micromobilità. 

Nonostante ciò, l’Italia sembra ancora indietreggiare rispetto ad altre nazioni europee in ambito di trasporto ecologico, mantenendo una forte inclinazione verso l’uso dell’automobile e avendo un servizio di trasporto pubblico limitato, particolarmente nelle regioni meridionali. Questa è la sintesi fornita dal terzo rapporto del progetto Osmm, che mette a confronto l’Italia con l’Europa, evidenziando l’urgenza di passare a forme di mobilità più rispettose dell’ambiente.

La cavalcata verso l’uniformazione della mobilità in Italia

La Sharing Mobility è diventata un elemento chiave nella trasformazione della mobilità urbana in Italia ed Europa. La crescita impressionante dei servizi di condivisione dei veicoli, insieme all’adozione crescente di veicoli elettrici, sta contribuendo a una mobilità più sostenibile e all’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra. Tuttavia, ci sono ancora sfide da affrontare, come garantire una copertura uniforme nelle città e mantenere l’offerta di veicoli al passo con la domanda crescente. La Sharing Mobility ha sicuramente dimostrato il suo valore, ma il settore continua a evolversi per soddisfare le esigenze in rapida mutazione dei cittadini.




Rating ESG: il Parlamento Ue discute il nuovo Regolamento

Rating ESG: il Parlamento Ue discute il nuovo Regolamento

ABruxelles si avvicina il momento per discutere della proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sulla trasparenza e sull’integrità delle attività di rating ambientale, sociale e di governance (ESG), messo recentemente a punto dalla Commissione europea.

Pur risultando centrale per agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo e delle Nazioni Unite, il mercato dei rating ESG è attualmente viziato da non conformità, elementi distorsivi e soprattutto rischio di greenwashing, con il risultato che la fiducia degli investitori può risultarne compromessa.

Un problema dimostrato anche da una recente ricerca finanziata dall’Europarlamento e presentata a Bruxelles nel giugno scorso, secondo la quale il 70% circa delle aziende che pubblicano bilanci di sostenibilità, convalidati da una Società di certificazione, confermano che il lavoro di quest’ultima si è basato solamente sull’analisi di documenti ed evidenze prodotte dall’azienda stessa, senza quindi venire sottoposti a una vera e propria verifica da parte dei Certificatori, mentre sono solo un quarto (25%) le organizzazioni che affermano di essersi sottoposte a uno specifico audit interno sulla rendicontazione dei criteri ESG.

Rating: indispensabili, ma il mercato è una giungla

In particolare, i rating ESG sono ormai indispensabili ovunque per partecipare a bandi, appalti e anche solo beauty contest, ma il mercato appare come una giungla, e nella maggior parte dei casi le cosiddette “certificazioni ESG” altro non sono che banali validazioni di auto-dichiarazioni delle aziende stesse, spesso risultanti dalla compilazione di “checklist online” – ovviamente a pagamento – sulle quali non viene effettuato poi alcun controllo di autenticità.

“Non esistendo un quadro normativo specifico a livello europeo per i rating ESG, gli Stati membri, attualmente, operano indipendentemente l’uno dall’altro, generando eccessiva eterogeneità, possibili conflitti e una protezione ineguale degli investitori nei diversi Stati membri”, ha dichiarato Luca Poma, Professore di Reputation Management all’Università LUMSA di Roma e all’Università della Repubblica di San Marino, che ha avuto modo di analizzare nel dettaglio la bozza di proposta che sta per approdare in Parlamento ed avanzare alle autorità preposte alcune osservazioni di merito.

“Questo strumento legislativo vuole garantire, attraverso dichiarazioni ESG credibili, autentiche e rilasciate da enti e agenzie autorizzate, una standardizzazione di questo genere di certificazioni, garantendo un approccio omogeneo tra gli Stati membri e una maggiore trasparenza e protezione degli investitori”.




Asserzioni etiche e di sostenibilità delle aziende e “fake ESG”: la ricerca presentata al Senato della Repubblica

Asserzioni etiche e di sostenibilità delle aziende e “fake ESG”: la ricerca presentata al Senato della Repubblica

Si è svolto nell’Aula Convegni del Senato della Repubblica (se in diretta streaming sulla webtv del Senato), l’evento di presentazione della ricerca, in vista della prossima approvazione del Regolamento UE sui provider ESG.

All’evento, organizzato e introdotto dalla Sen. Dolores Bevilacqua, vicepresidente della IV Commissione (Politiche Europee) del Senato, ha ricevuto i saluti del Presidente di Commissione Sen. Giulio Terzi di Sant’Agata e dell’On. Tiziana Beghin, l’eurodeputata che ha commissionato la ricerca.

La Dott.ssa Giorgia Grandoni (Reputation Management Srl), che ha coordinato la ricerca e il Prof. Luca Poma (cattedra di Reputation Management all’Università LUMSA di Roma), referente scientifico della medesima, ne hanno presentato e commentato gli higlights.

Per concludere, una tavola rotonda con interventi del Prof Stefano Zambon (UniFerrara e OIBR – Organismo Italiano di Business Reporting), Filippo Nani (Presidente nazionale FERPI), Barbara Cimmino (Yamamay) e Roberto Scrivo (Engineering Spa).

Moderatore dell’evento, il giornalista Luca Yuri Toselli


Il video integrale dell’evento:


Il testo integrale della ricerca, in lingua italiana, è disponibile a questo link

La ricerca è anche disponibile in lingua inglese a quest link

Si possono anche consultare le slides usate per presentare i dati salienti della ricerca




Tesi di laurea: Blockchain, Big Data e Algoritmi: come possono contribuire a una solida reputazione aziendale

Corso di Laurea in Comunicazione e Digital Media

Anno Accademico 2022/2023

Introduzione

Al giorno d’oggi, la blockchain è spesso associata alle diverse criptovalute, come ad esempio i bitcoin, che hanno guadagnato sempre più popolarità negli ultimi anni. Tuttavia, la blockchain va oltre questo ambito. Essa rappresenta un database che registra informazioni, principalmente transazioni commerciali come la vendita di bitcoin.

Questa tesi si propone di analizzare come un adeguato sistema basato sulla blockchain possa essere il punto di svolta per la costruzione di una solida reputazione aziendale. Inoltre, considerando l’importanza dei Big Data, ogni impresa è chiamata a prestare particolare attenzione a tali dati, che non devono né possono essere soggetti a smarrimento, corruzione o manomissione.

Il concetto di Big Data si riferisce a un’enorme quantità di dati e informazioni detenuti da aziende e enti pubblici o privati. L’utilizzo di tali informazioni è costantemente oggetto di attenzione, poiché una gestione inadeguata può violare importanti leggi sulla privacy e provocare gravi danni alla reputazione aziendale.

Si intende dimostrare l’esistenza di una stretta connessione tra Big Data e blockchain, e come questa connessione, unita a una gestione corretta di entrambi, possa generare un alto livello di fiducia e approvazione da parte dei consumatori. Tuttavia, non mancano gli abusi di questi strumenti, che spesso portano a comportamenti eticamente discutibili da parte di alcune società. Pertanto, sarà analizzato come molte aziende di grande rilievo abbiano utilizzato in modo improprio la blockchain e i Big Data per operazioni di greenwashing.

L’obiettivo principale di questa tesi è dimostrare come tali comportamenti possano essere limitati mediante adeguati sistemi di gestione dei dati e soggetti alle regolamentazioni proprie della blockchain, la quale ha il potenziale di creare nuovi sistemi di rendicontazione integrata più sicuri.

Il Testo integrale della Tesi (38 pagine, in lingua italiana, formato .doc) è disponibile a questo link




Gli influencer dilagano, a seguirli sono 27 milioni di italiani adulti

Gli influencer dilagano, a seguirli sono 27 milioni di italiani adulti

Oltre 27 milioni di italiani adulti (18-74 anni) seguono almeno un influencer o i canali social di un brand editoriale (+17% rispetto al 2021), il dato corrisponde al 71% degli utenti attivi sui social network a conferma dell’importanza sempre più rilevante di queste figure nella vita quotidiana delle persone e del ruolo fondamentale che questi ultimi assumono nei processi d’acquisto.

Inoltre, il 57% degli italiani, sul campione analizzato della popolazione tra i 18 e i 54 anni, segue tutti i giorni un macro influencer o i canali social di un brand editoriale (+20 punti percentuali in due anni), l’8% una volta a settimana e soltanto il 5% ha dichiarato raramente.

La categoria “macro influencer” include persone e brand editoriali con almeno 100mila follower riconosciuti come autorevoli dalle proprie community in sei campi specifici: lifestyle, beauty, fashion, entertainment, food e wellness.
Questi sono alcuni dei dati emersi dalla nuova ricerca “Italiani & Influencer” realizzata da BVA Doxa in collaborazione con Mondadori Media e Buzzoole, con l’obiettivo di indagare a fondo le opinioni degli italiani nei confronti di una categoria sempre più presente nella quotidianità delle persone e fortemente impattante dal punto di vista dei processi di acquisto e dei consumi. 

Ma chi sono i primi 5 macro-influencer per notorietà in Italia?

Ma chi sono i primi 5 macro-influencer per notorietà in Italia? In testa alla classifica rimane Chiara Ferragni (citata dall’86% del campione), seguita da Giallozafferano (72%) e Benedetta Rossi (72%). Al quarto posto c’è ClioMakeUp (62%) e al quinto Aurora Ramazzotti (60%). Molto interessante, e in discontinuità con altri media, è il dato relativo alle tematiche più seguite sui social: al primo posto, infatti, la ricerca rileva il food a pari merito con l’entertainment, con il 58%. Non stupisce, quindi, che tra i Top Five ci siano due food media brand. Anche nell’indagine di quest’anno si riconferma l’importanza degli influencer come veri e propri tutor nei processi di acquisto: il 46% degli intervistati ha fatto almeno un acquisto suggerito da un influencer e l’83% ne tiene in considerazione i consigli. Esaminando le intenzioni di acquisto nei singoli ambiti, al primo posto delle preferenze degli italiani si collocano i profili di Giallozafferano (83%) in ambito food&beverage, Mypersonaltrainer (81%) nell’area wellness e ClioMakeUp (88%) nel mondo beauty.
Andrea Santagata, Amministratore Delegato di Mondadori Media commenta: “I social oggi sono sempre più il punto di riferimento degli italiani sui loro principali interessi e passioni con volumi tipici della TV a cui si aggiunge la capacità di ingaggiare le audience”.
Per la prima volta in assoluto nello scenario italiano è emerso, in aggiunta, che ci sono oltre 3 milioni di italiani che seguono almeno un virtual influencer, in particolare dal target Gen Z e Millennials. Nello specifico: il 28% è composto dalla fascia d’età 18-24 anni, il 34% dalla fascia 25-34, il 24% dalla fascia 35-44 e infine il 14% dalla fascia 45-54. Chi conosce e segue i virtual influencer lo fa in modo costante ogni giorno (come se fossero influencer reali). Il 57% degli intervistati, infatti, li segue ogni giorno, il 28% ogni 2-3 giorni, il 7% più o meno una volta a settimana, il 4% ogni 10-15 giorni e soltanto il 5% non ha una frequenza abituale. “La presenza degli influencer nella quotidianità delle persone – aggiunge Gianluca Perrelli, CEO di Buzzoole – è oramai consolidata. In questi ultimi anni, infatti, abbiamo assistito alla loro evoluzione, grazie anche alla loro capacità di creare sempre più empatia ed affinità con le proprie community, stabilendo un rapporto fiduciario con le persone. Dall’analisi, inoltre, sono emerse due tendenze interessanti. La prima è la straordinaria crescita di TikTok con il 25%, confermandosi un canale sempre più strategico. L’altra è quella dei virtual influencer, i quali stanno ricoprendo un ruolo sempre più rilevante al pari degli influencer reali, oltre a raggiungere maggiormente il target Gen Z e Millenials.