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Sei Nazioni: torneo sostenibile,Fir prima ad essere certificata

Sei Nazioni: torneo sostenibile,Fir prima ad essere certificata

 ROMA, 23 FEB – Sabato con la partita Italia-Irlanda torna a Roma il Sei Nazioni, un evento sostenibile e certificato.

La federazione italiana rugby (Fir), prima federazione sportiva in Italia ad aver ottenuto questo riconoscimento, è infatti stata certificata con la Iso 20121 standard internazionale per la gestione sostenibile degli eventi.

La Fir si è impegnata ad attuare un sistema coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Un sistema finalizzato a perseguire nelle edizioni successive traguardi ambientali ed etico-sociali in un’ottica di miglioramento continuo. Altra tassello importante è quello relativo all’impronta ecologica, e cioè agire per ridurre gli impatti diretti e indiretti associati all’evento, con particolare attenzione agli approvvigionamenti, alla mobilità, ai rifiuti e alle emissioni di CO2. In tal senso vanno gli accordi siglati con Trenitalia per il trasporto ferroviario nazionale e quello con Atac Roma per la mobilità sostenibile locale. Con il claim “Scegli il futuro. Viaggia sostenibile” i giocatori della nazionale e il personale di Atac invitano la città a “fare come loro” e utilizzare i mezzi pubblici per raggiungere e tornare dallo stadio, contribuendo attivamente alla piena sostenibilità dell’evento Sei Nazioni.
    La Fir si impegna anche a promuovere nuove iniziative sociali e potenziare le attività di coinvolgimento per una migliore e più serena fruizione dell’evento. Contestualmente dare avvio, a iniziative di sensibilizzazione per incrementare la cultura della sostenibilità nei principali partner coinvolti nell’evento e nel movimento rugbistico.
    Ma per Italia-Irlanda verranno messe in campo tante altre iniziative come la collaborazione tra la Fir e l’Istituto dei ciechi Milano Onlus, con un volontario Fir che affiancherà un appassionato della Fondazione coinvolgendolo in un’esperienza completa che affianchi alla cronaca sportiva le emozioni in presa diretta dal prato dell’Olimpico, e il progetto europeo dedicato al recupero di adolescenti e giovani adulti con disagio psicologico che vivono in comunità residenziali attraverso lo Sport. Continua poi la collaborazione con Avis per sensibilizzare i tifosi sulla donazione del sangue.




Il caso di Fishball: quando l’amore finisce in dramma pubblico

Il caso di Fishball: quando l’amore finisce in dramma pubblico

Una vicenda molto intensa ha recentemente coinvolto la cantante e influencer Fishball ha catturato l’attenzione dei media e del pubblico, sollevando interrogativi sulla vulnerabilità delle figure pubbliche e sui pericoli nascosti delle relazioni personali nel mondo dell’intrattenimento. Fishball ha recentemente denunciato pubblicamente il comportamento del suo ex compagno, Jimmy, rivelando una serie di fatti sconvolgenti e il dramma personale che ha vissuto.

La storia ha avuto inizio con l’annuncio da parte di Fishball della sua gravidanza e della decisione di abortire, dopo essere stata abbandonata da Jimmy. La cantante ha usato i suoi canali social per esprimere il suo dolore e la sua delusione, raccontando che Jimmy, oltre a lasciarla nel momento più delicato della sua vita, avrebbe anche commesso atti disonesti nei suoi confronti, tra cui il furto di denaro. Il racconto di Fishball ha suscitato un’ondata di solidarietà da parte dei suoi follower e ha portato alla luce alcune realtà inquietanti sulla dinamica della loro relazione.

Questo dramma personale non è solo una questione di cuore spezzato, ma anche un esempio di come anche i personaggi pubblici e gli influencer possano essere vittime di inganni e manipolazioni da parte di persone meno conosciute. La vulnerabilità delle figure pubbliche, nonostante la loro apparente forza e notorietà, è spesso sottovalutata. La notorietà può attirare individui con intenzioni poco sincere che cercano di approfittare della visibilità o delle risorse del personaggio pubblico.

Le relazioni tra persone di diverso status sociale e di fama possono essere particolarmente complesse. I personaggi pubblici sono frequentemente esposti a rischi elevati, poiché la loro visibilità può attirare persone interessate non solo alla loro compagnia, ma anche ai benefici economici e sociali che essa può comportare. Nel caso di Fishball, la situazione è stata ulteriormente aggravata dalla natura pubblica della sua denuncia, che ha messo in luce non solo i problemi della sua relazione, ma anche le sfide legate alla gestione delle questioni personali sotto i riflettori.

La frequenza con cui personaggi pubblici vengono adescati da individui meno popolari è un fenomeno documentato, che riflette le complessità delle relazioni moderne in un contesto mediatico. La fama può fungere da attrattiva per persone con intenzioni poco genuine, che potrebbero vedere nella relazione un’opportunità per guadagnare visibilità o denaro. Questo scenario porta a una riflessione più ampia su come le dinamiche di potere e visibilità influenzino le interazioni personali e i comportamenti.

Il caso di Fishball mette in evidenza la necessità di maggiore consapevolezza e cautela nel gestire le relazioni personali, specialmente per chi vive sotto i riflettori. Le esperienze dolorose, come quella vissuta dall’influencer, servono da monito su quanto sia importante riconoscere e affrontare le potenziali manipolazioni e inganni che possono emergere in ambito personale e pubblico.

In conclusione, la vicenda di Fishball non solo racconta una storia di tradimento e dolore, ma solleva anche interrogativi cruciali su come la notorietà possa influenzare le relazioni personali e le vulnerabilità delle figure pubbliche. La lezione principale resta quella di mantenere un equilibrio tra la vita privata e pubblica, proteggendo la propria integrità e sicurezza anche in un mondo sempre più interconnesso e esposto.




“FAKE REPUTATION”: COME MANIPOLARE IL PIU’ PREZIOSO DEGLI ASSETS INTANGIBILI DI UN’ORGANIZZAZIONE

“FAKE REPUTATION”: COME MANIPOLARE IL PIÙ PREZIOSO DEGLI ASSETS INTANGIBILI DI UN ORGANIZZAZIONE

The english version of this arcticle follows below


Wikipedia: contenuti in vendita?

Tutto è iniziato in modo fin banale: con la pubblicazione di un articolo sul mio Blog nel quale stimolavo la riflessione e il dibattito sul clima a tratti tossico che a volte si respira sulla enciclopedia online Wikipedia, che fa capo alla Wikimedia Fondation, della quale peraltro sono socio e sostenitore. Atteggiamenti censori da parte degli Admin anziani di Wikipedia, forte corporativismo tra pari, rigidità di strutture di pensiero, auto-referenzialità, aggressività e dileggio verso i nuovi arrivati, fondamentalismo disfunzionale e marcata identificazione in specifici simboli, metodi e riti (dei quali alcuni utenti esperti di Wikipedia paiono fortemente imbevuti), e via discorrendo. Un atteggiamento francamente lontano dagli standard che dovrebbero regolare la vita e il lavoro su di una piattaforma aperta e plurale quale Wikipedia, un modus-operandi apparentemente più simile a quelli adottati da alcune associazioni mafiose, come conferma la densa letteratura scientifica su questi temi.

Nel tempo sono nati dei veri e propri comitati, blog e intere sezioni di siti, anche autorevoli – dei quali potete trovare una lista qui – nei quali vengono denunciati atteggiamenti eccessivamente autoritari e censori da parte di vari Admin specificatamente della sezione italiana di Wikipedia. Anni fa venne anche aperta – parallelamente alla sezione “Utenti problematici” – anche la sezione “Amministratori problematici”, abbandonata poi in fretta e furia dopo che le pochissime segnalazioni si tradussero – paradossalmente – in un repentino blocco delle utenze dei “segnalanti” da parte degli Admin stessi, che si sostenevano l’un l’altro, in linea con quanto poco sopra riportato circa gli atteggiamenti “consortili” all’interno della community.

Per fortuna questo modus-operandi è utilizzato solo da una minoranza degli attivisti Wikipediani. A fronte di un pugno di nerd che rischiano di apparire davvero scollegati dalla realtà, esiste una maggioranza di Admin ed editor che svolgono con competenza e passione – e pro bono, è bene ricordarlo! – il loro per nulla semplice compito di supervisori della community. Tuttavia, permangono ancora sacche di autoritarismo auto-referenziale, opachi interessi di parte e scarsa chiarezza e obiettività, come dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio dalle vicende che ho raccontato nell’articolo sopra linkato; tanto basta per stimolare una riflessione e dibatterne, specie tra addetti ai lavori.

Tanto è vero quanto ho scritto, che il mio articolo – inizialmente deriso aggressivamente da alcuni Admin di WIkipedia perchè pubblicato su un Blog e non su un giornale a tiratura nazionale – attirò, qualche mese dopo, l’attenzione della redazione della nota trasmissione d’inchiesta di RAI 3 Report, che confezionò un eccellente servizio d’indagine su questi temi, al quale ho attivamente collaborato insieme a diverse persone del mio team e a esperti di tecnologia e web come Luca Scandroglio, e dal quale emerse l’altra parte della storia: in sintesi, e riassumendo in poche parole un poderoso lavoro di approfondimento svolto con competenza dall’autore Emanuele Bellano, centinaia di milioni di euro accumulati sui conti correnti della Wiki Foundation; società controllate aperte in paradisi fiscali o a tassazione fortemente agevolata; stipendi a molti (troppi?) zeri per i dirigenti, insoliti per un’organizzazione no-profit; admin ed editor “in vendita” al miglior offerente per modificare (manipolare?) le schede sull’enciclopedia online, quasi mai dichiarando eventuali conflitti di interesse, e molto altro (chi volesse vedere il servizio, può trovarlo qui).

L’inchiesta di Report: ma c’è ben altro

Ma non tutto ciò di cui ho discusso con gli autori di Report è confluito nel servizio TV. Dopo la pubblicazione dell’articolo sul mio Blog, ricevetti infatti un’inquietante (ma preziosa) email da parte di un ex collaboratore del progetto Wikipedia, che vi copio qui di seguito:

(Ndr: avendo anonimizzato il campo del mittente, non sarà possibile rintracciarlo, e sarà quindi ragionevolmente al sicuro da qualunque ritorsione)

Il mittente (con il quale ho avviato una fitta conversazione durata alcune settimane), al fine di confermare la genuinità della Sua comunicazione e la bontà delle informazioni in suo possesso, allegava alla Sua email una lista esemplificativa di alcuni dei Admin di Wikipedia Italia, con il corrispondente nome e cognome nella vita reale, che potete consultare qui di seguito, sui quali ho effettuato una verifica a campione (il numero di telefono mobile, l’indirizzo di casa, la città di residenza e la professione esercitata non figurano nell’elenco, al fine di preservare la loro privacy). Verificare la totale genuinità della lista dei (presunti) Admin è stato impossibile, dal momento che i tentativi di presa di contatto con diversi dei soggetti in questione non ha dato alcun frutto ed anzi ha generato un pressoché immediato blocco della mia utenza sui loro canali Social, dimostrando una totale indisponibilità ad un trasparente confronto e approfondimento. Peraltro, il tema del deresponsabilizzante anonimato online, in un Paese come l’Italia dove gli utenti non sono certamente a rischio di persecuzioni per motivi ideologici, politici, etc. è ampiamente dibattuto in ambito accademico e professionale (periodici sono gli appelli, ad esempio, all’introduzione di un obbligo di certificazione dell’identità sui Social network, come mezzo per limitare i fenomeni di odio online e facilitare l’attribuzione di paternità di quanto si scrive). Il mittente della email ipotizza infatti che proprio la garanzia di totale anonimato possa essere una delle concause del clima tossico che, a volte, si respira nella community di Wikipedia.

ELENCO di alcuni ADMIN di Wikipedia Italia (città di residenza, numero di telefono Mobile e professione non vengono pubblicati qui per motivi di privacy):

ABISYS – RICCARDO BURDISSO
ADALHARD WAFFE – HANS
ALEACIDO – ALESSANDRO CARLA’
ALEXMAR983 – ALESSANDRO MARCHETTI
AMALIA MATILDE MINGARDO – AMALIA MATILDE MINGARDO
ASTIOK – MARCO POLI
AVGAS – MARCO IOPPI
BARBAKING – VALERIO IANNUCCI
BEATRICE – BEATRICE MARIA RAPACCINI
BLACKCAT – SERGIO D’AFFLITTO
BRAMFAB – FABIO BRAMBILLA
CARLOMORINO – CARLO MORINO
COOLJAZZ5 – GIUSEPPE PINO GIARRITTA
COTTON – ALESSIO GUIDETTI
CIVVI’ – CATRIN EVA VIMERCATI
FERDI2005 – FERDINANDO TRAVERSA
GAC – GUIDO ANDREA CERESA
GC85 – GIOVANNI CAMPA
GIANFRANCO – GIANFRANCO BUTTU
GOTH NESPRESSO – FILIPPO COLANTUONO
GREGOROVIUS – ENRICO GIULIANI
GUIDOMAC – GUIDO ENRICO MACCIONI
HORCRUX – LORENZO MARCONI
HYPERGIO – GIOVANNI GIOVANNETTI
IGNIS aka IGNISDELAVEGA – IGNAZIO LIGOTTI
ILARIO – ILARIO VALDELLI
JAQEN – NICCOLO’ CARANTI
KASPO – LUCA LANDUCCI
KS – CLAUDIO SANNA
LITTLEWHITES – DANIELE BIANCHINI
L736E – GERMANO GASPARINI
LAURENTIUS – LORENZO LOSA
LOMBRES – FABIO BASSANI
LORENZO LONGO – LORENZO LONGO
LUCA M – LUCA MARTINI
M7 – MARIO BENVENUTI
MANNIVU – MANUEL TASSI
MAPIVANPELT – CORINNE IANNUZZI
MARCOK – MARCO CHEMELLO
MERYNANCY – ANNUNZIATA MANISCALCO
MAU – MAURIZIO CODOGNO
MICKEY1983 – MICHELE MIGLIONICO
MOROBOSHI – PIER LUIGI ROCCO
NEMO BIS – FEDERICO LEVA
NICOLABEL – NICOLA BELLANTUONO
OMBRA – DAVIDE MICHIELIN
PAGINAZERO – GIANPAOLO GAMBA
PAMPUCO – FILIPPO
PIETRODN – PIETRO DE NICOLAO
PHYREXIAN – MATTEO TRIANI
PIERPAO – PIERPAOLO PADULA
PULCIAZZO – ALESSANDRO CORSARO
RUTHVEN – ALEXANDRE ALBORE
SANNITA – LUCA MARTINELLI
SCALVO98 – GIORGIO SCALVINI
SUPERCHILUM – FRANCISCO ARDINI
SUPERVIRTUAL – DENNIS RADAELLI
SYRIO – ANDREA MATTEVI
THREECHARLIE – ROBERTO CICILIATO
VALE93B – VALENTINO PICCINELLI
VALEPERT – VALERIO PERTICONE
VALERIO BOZZOLAN – VALERIO BOZZOLAN
WINDINO – ENNIO CASTLE
YIYI – DARIO CRESPI

Con mio grande sconcerto, la email in questione riferiva anche della morte per suicidio dell’ex Tesoriere di Wikipedia Italia, Alessio Guidetti (nickname “Cotton”), che si tolse la vita apparentemente senza motivo, attribuendone invece la responsabilità proprio al clima eccessivamente impositivo e arbitrario che caratterizzerebbe non poche interazioni all’interno della community, e alle pressioni che lo stesso avrebbe ricevuto proprio da alcuni Admin anziani, circostanze queste che mi hanno suggerito di procedere ad una sollecita comunicazione all’Autorità Giudiziaria, depositata già alcuni mesi fa, così da permettere agli inquirenti le più opportune valutazioni ai fini di un’eventuale riapertura dell’indagine per il suicidio del giovane.

Tuttavia, ai fini di questa analisi, ciò che più conta è quanto raccontato nel servizio di Report riguardo alla pratica di modifica – a pagamento – delle schede di Wikipedia, ben documentata anche da prove effettuate contattando agenzie di comunicazione e “professionisti” esperti in questo genere di manipolazioni.

Una pratica che deontologicamente ha del vergognoso, ma che pare essere solo la punta dell’iceberg di un enorme mercato – miliardario – di agenzie attive nella sistematica e spregiudicata alterazione del perimetro reputazionale di singoli, influencer, brand e intere aziende, interessate a migliorare il loro posizionamento nel percepito del mercato, o addirittura, come vedremo, ad affossare la reputazione altrui, concorrenti od oppositori che siano, utilizzando non certamente solo Wikipedia, ma – come vedremo – anche altri strumenti digitali.

Reputazione: cos’è e quanto rende

Com’è noto, la corporate reputation è un elemento strettamente connesso allo stato di salute delle organizzazioni e poggia su tre pilastri fondamentali: la qualità del prodotto, la capacità di ascolto e il grado di autenticità.

Il reputation management – ovvero l’articolato insieme di nozioni, regole  e tecniche che permettono a un’organizzazione di aumentare il proprio perimetro reputazionale, consolidare la propria licenza di operare e quindi accrescere la propria influenza sul mercato di riferimento, facilitando il raggiungimento dei propri scopi e della propria mission – è una disciplina che prende forma inizialmente nel settore delle aziende for profit, ma che in realtà riguarda oggi chiunque: politici, istituzioni, influencer, sportivi, marchi, e in generale qualunque organizzazione complessa.

Secondo un’indagine di Weber Shandwick dal titolo ‘The State of Corporate Reputation’, il 63% del valore di mercato di un’organizzazione è attribuibile alla reputazione: la letteratura oggi ci suggerisce quanto, senza ombra di dubbio, la reputazione abbia un impatto diretto sul valore di qualunque organizzazione, toccando un insieme di fattori come identità, immagine, notorietà e riconoscibilità, che influiscono sugli stakeholder e sul valore percepito dai cittadini.

Uno dei pilastri di maggiore interesse – tra i tre sopra elencati – è quello dell’autenticità, aspetto di fondamentale importanza che pare ancor oggi sottostimato da un numero di organizzazioni insospettabilmente alto su scala globale, e senza la quale è impossibile costruire fiducia e mantenere un adeguato grado di allineamento e coerenza tra identità dell’organizzazione e l’immagine comunicata all’esterno.

Il grado di autenticità e di coerenza dei comportamenti dell’organizzazione nel tempo, e la conseguente risposta alle attese formulate dai suoi stakeholder, determina la formazione della corporate reputation; l’assenza di autenticità può generare quindi un significativo rischio reputazionale e conseguenti potenziali crisi.

In particolare, la divaricazione tra identità e immagine e i rischi ad essa correlati sono stati ampiamente discussi dagli studiosi e specialisti di crisis e reputation management, disciplina alla quale anche il sottoscritto ha fornito, nel nostro Paese, un modesto contributo. Il concetto è stato inoltre rafforzato dall’analisi di diverse case history ampiamente richiamate in letteratura, come lo scandalo contabile di Enron, British Petroleum e il disastro ambientale della Deepwater Horizon, Facebook con lo scandalo Cambridge Analytica, e molti altri casi, che hanno ulteriormente dimostrato quanto la costruzione di una narrazione d’impresa inautentica, volta alla proiezione di un immagine non coerente con l’identità della stessa per cercare di distinguersi positivamente e di risultare attraenti agli occhi del pubblico, sia in grado di generare un rischio reputazionale negativo e produca danni tangibili.

Ma cos’è in definitiva la reputazione? È solo “parlar bene”? No, nel XXI secolo poter contare su una buona reputazione significa poter guadagnare (molti) più soldi. Il Reputation Institute stima che, in media, una variazione di 1 punto nell’indice reputazionale di un’organizzazione – misurato dal loro indice RepTrak® – vale circa il 2,6% del valore di mercato dell’organizzazione. L’Istituto ha anche creato un portafoglio composto dalle 10 società più quotate ogni anno dal punto di vista reputazionale: i risultati nel periodo di tempo considerato (10 anni) dimostrano che un investimento di $ 1.000 distribuito equamente tra le azioni delle prime 10 società per buona reputazione, sarebbe valso, 10 anni dopo, $ 3.025, con un rendimento migliore del 50% rispetto all’indice Dow Jones ($ 2.053), all’indice Russell 3000 ($ 2.030) e all’indice S&P 500 ($ 2.010), sovraperformando quindi rispetto alle medie di mercato.

Questa dissertazione di carattere accademico è a mio avviso essenziale per inquadrare meglio l’entità dei fattori – e del denaro – in gioco: solo comprendendo appieno il peso della reputazione nell’orientamento dei comportamenti di acquisto dei cittadini e nella costruzione di valore per le aziende è possibile intuire il perché di tutta questa attenzione rivolta, da agenzie di comunicazione e specialisti, nel tentare di manipolarla, migliorando la propria, oppure – incredibile, ma vero – affossando quella dei concorrenti.

Reputazione in vendita: la distorsione del mercato e il ruolo potenziale della FERPI

Una recente inchiesta della Media Foundation Qurium, ripresa e ampliata in Italia da Lorenzo Bagnoli per conto di Investigative Reporting Projecy Italy, denuncia ciò che era già assai noto tra gli addetti ai lavori, ovvero che esistono vere e proprie “lavanderie reputazionali”, agenzie e organizzazioni che hanno come scopo precipuo la sistematica alterazione del perimetro reputazionale di marchi e di personaggi, con tecniche le più varie: applicazione esasperata e forzate delle norme sul diritto all’oblio; comunicazioni dal sapore vagamente intimidatorio indirizzate alle redazioni giornalistiche finalizzate a ottenere la rimozione di articoli poco lusinghieri pubblicati in passato sui clienti di queste agenzie; pubblicazione di articoli positivi a raffica – basati sul nulla, costruiti a tavolino – con l’intento di far scalare quelli negativi nelle ultime pagine di Google; backlink selvaggio (tra i fattori che Google tiene in considerazione per decidere la posizione di un link tra i risultati di ricerca c’è il backlink, ovvero quante volte quel link sia stato incluso in altri siti web, e quindi per manipolare i risultati di ricerca si possono creare backlink di un certo articolo lusinghiero su centinaia di siti web “fake”, attivati solo per questo genere di “servizi”).

Tra i Clienti di queste agenzie, nella migliore delle ipotesi risultano aziende che hanno subito e patito precedenti campagne di “black PR” e che desiderano quindi – a volte legittimamente – riposizionare la propria immagine; ma, nella peggiore, troviamo anche società interessate a spingere forsennatamente sulle vendite a qualunque costo, o uomini dello spettacolo accusati di molestie sessuali, professionisti coinvolti in frodi finanziarie internazionali, o peggio ancora banchieri condannati per riciclaggio, corruttori e trafficanti di droga: l’inchiesta che ho richiamato fa coraggiosamente diversi nomi e cognomi, sia dei clienti, italiani e stranieri, ma anche delle agenzie di RP e comunicazione pronte a imbastire e gestire progetti di questo tipo, con una spregiudicatezza degna a mio avviso dell’attenzione di un Magistrato.

In questo, Bagnoli fa confusione, in tutta buona fede, scrivendo – riferendosi a questi professionisti del malaffare digitale – di “reputation manager”: quella dello specialista in gestione della reputazione in realtà è tutta un’altra professione, estremamente più articolata, della quale parlo diffusamente in uno dei miei ultimi lavori, e che ha a che fare con la capacità di individuare, circoscrivere e valorizzare l’identità di un’organizzazione, mediante procedure complesse che riguardano – e molto – anche le dinamiche nella vita reale, delle quali Google è solo, in secondo luogo, un riflesso: “appaio perché sono”, quindi, e non “appaio punto e basta”. La differenza tra un vero reputation manager e le agenzie di “gestione della reputazione” attive in rete, che volgono il loro sguardo e concentrano la propria attività di consulenza solo sul posizionamento del marchio o della persona nelle prime pagine di Google, è la stessa che intercorre tra un architetto che progetta un palazzo o l’ingegnere che lo costruisce, da un lato, e l’imbianchino che, terminati i lavori, lo decora, dall’altro. Importante l’immagine (rectius, il posizionamento sui motori di ricerca), per carità, ma il mondo della reputazione per fortuna non finisce certo lì.

La domanda, a mo’ di stimolo, sorge spontanea, ed è da rivolgere a Filippo Nani, neo-eletto presidente della FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, che riunisce i più autorevoli professionisti e comunicatori della penisola, ed egualmente a Davide Arduini, presidente di UNA – Aziende della Comunicazione Unite (ex Assorel), che riunisce invece le agenzie di comunicazione strutturate: a quando una pubblica riflessione su queste malepratiche consulenziali, che alterano e “dopano” il mercato della reputazione nel nostro Paese, falsando anche la percezione che i cittadini hanno di marchi e persone influenti? Al di la di vaghe dichiarazioni di principio nei Codici etici delle associazioni di categoria, non si va, e – vista la pervasività del fenomeno – forse è ora di fare qualcosa di più incisivo.

Concludo riportando un dialogo – sinceramente preoccupante per ciò che potenzialmente implica – che ho personalmente avuto, pochi mesi fa, con un esperto di “digital-reputation”, professionista al quale sono legato da un rapporto di spontanea simpatia, e chairman di una nota agenzia di consulenza, solo per caso non citata dall’inchiesta di Qurium:

Io: “C’è un giornalista di una sciatteria disarmante che perseguita letteralmente un mio assistito, pubblicando periodicamente articoli davvero diffamatori sul suo conto, costruiti a tavolino e basati sul nulla, volgari e gratuitamente offensivi. Forse è pagato dalla concorrenza, diversamente non si spiega. Al di la di una denuncia per diffamazione, avete qualche idea su come gestire la cosa? Se hai suggerimenti, ci rifletto volentieri…”

Chairman: “Se mi mandi i dati capiamo chi è, e magari chi c’è dietro. Poi se vuoi possiamo intervenire in modo anche diretto”

Io: “Diretto in che senso?”

Chairman: “Nel senso di rovinargli la reputazione, così qualunque cosa dica o scriva di li in avanti non avrà più senso né peso”

Io: “E come fareste…?”

Chairman: “Semplice. Abbiamo la possibilità di depositare tramite nostra tecnologia, in remoto, un dossier di fotografie pedo-pornografiche sul suo PC, poi il giorno dopo sappiamo come fare per avvisare la Polizia, che, in buona fede, a quel punto interverrà sollecitamente sequestrandogli il PC e denunciandolo d’ufficio, magari anche arrestandolo. Duecentomila euro, con garanzia soddisfatti o rimborsati, e il gioco e fatto”.

Pedopornografia “su ordinazione”, al fine di distruggere la reputazione di un giornalista (in questo caso) ma, perché no, di un concorrente, o di un influencer, o di un politico, o del presidente di un’azienda, e via discorrendo.

Ovviamente non ho dato seguito alla proposta, ma mi chiedo: chi sarà il prossimo?


AGGIORNAMENTO DEL 27/02/2023 h 14:49: quanto mai sconcertante, è l’email che ho ricevuto da parte di Wikimedia Italia, inviata a seguito della pubblicazione di questo articolo, il cui testo vi riporto qui di seguito…

Caro Luca Poma, questo è un richiamo formale a nome del direttivo di Wikimedia Italia. Il tuo articolo del 24 febbraio 2023 pubblica nomi di utenti di Wikipedia associati ai loro nomi reali e questo è inaccettabile e in conflitto con il codice universale di condotta di Wikimedia a cui aderisce anche Wikimedia Italia. Ti chiediamo l’immediata rimozione dei nomi, di procedere con delle scuse formali e di confermarci il tuo rispetto della missione e dei codici di condotta di Wikimedia Italia. Nei progetti Wikimedia è possibile contribuire utilizzando un nome di fantasia; non è richiesto associare il nome utente al proprio nome reale ed è facoltà dei singoli utenti decidere se e quando farlo.  Hai pubblicato nel tuo articolo, senza autorizzazione delle persone coinvolte, l’elenco di nomi utenti associati ai nomi reali. Inoltre dall’articolo si evince l’intenzionalità esplicitamente lesiva di questa azione. Questo comportamento è inaccettabile come spiegato nel codice universale di condotta di Wikimedia, dove è definito doxing. Il nome rientra esplicitamente tra le informazioni personali degli utenti che non possono essere condivise (“Disclosure of personal data (Doxing): sharing other contributors’ private information, such as name, place of employment, physical or email address without their explicit consent either on the Wikimedia projects or elsewhere, or sharing information concerning their Wikimedia activity outside the projects”). Ti richiamiamo su questo comportamento inaccettabile e sul fatto che – in ogni caso e anche quando si esprimono critiche – la partecipazione ai progetti Wikimedia e l’adesione a Wikimedia Italia richiede da parte di tutti un atteggiamento rispettoso e  civile. Ti chiediamo quindi l’immediata rimozione dei nomi, di procedere con delle scuse formali e di confermarci il tuo rispetto della missione e dei codici di condotta di Wikimedia Italia. Con “immediata rimozione dei nomi” si intende che deve essere fatta al più presto possibile ed entro massimo 24 ore. Cordiali saluti, Iolanda Pensa a nome del direttivo di Wikimedia Italia

In risposta, ho fatto presente all’Associazione dalla quale dipende il sostegno all’enciclopedia online Wikipedia che la pubblicazione dei nominativi (presunti nominativi, peraltro) di alcuni Admin di Wikipedia Italia su questo articolo è quanto mai legittima, ed è da intendersi quale frutto di attività giornalistica (“Creatori di Futuro”, il magazine che state leggendo, è una rivista iscritta alla sezione stampa del Tribunale di Torino al n° 43-04/10/19), tutelata dalle regole deontologiche dell’Ordine di appartenenza del sottoscritto (iscrizione OdG n° 115321). L’elenco è stato trasmesso alla mia attenzione da fonte ritenuta affidabile e credibile, copia della email in questione è stata peraltro pubblicata all’interno dell’articolo (l’originale è a eventuale disposizione della Magistratura, custodita in archivio elettronico). Come ho illustrato nell’articolo, la pubblicazione dei nomi e cognomi (presunti) di alcuni contributori, che non rientrano nei dati considerati “sensibili” dalla Legge italiana ed europea, avviene nell’ambito di una più generale – e legittima – riflessione pubblica riguardante le dinamiche di comportamento all’interno della community “Wikipedia”, e più in generale sul rapporto tra diritto all’anonimato e diritto alla tutela da comportamenti aggressivi, minacciosi e posti in essere da alcuni contributori esperti con lo scopo di incutere timore e costringere altri ad agire o a desistere da un’azione con lo stimolo della paura, documentata a più riprese – anche prima della mia inchiesta – da fonti terze ritenute affidabili, parte delle quali sono richiamate nel mio primo articolo su Wikipedia pubblicato in data 20/01/2021, che ha stimolato la successiva inchiesta di Report (RAI3). Per questi e altri motivi, la richiesta dell’Associazione Wikimedia Italia – a mio avviso intimidatoria e fuori luogo nella sostanza e nella forma – è da considerarsi irricevibile. La richiesta è avanzata da persone che evidentemente vivono in una “bolla autoreferenziale”, dove non vige la legge italiana, ma solo i regolamenti di Wikipedia, e che ritengono possibile – e anzi opportuno – tentare di censurare il lavoro di un giornalista, minacciandolo velatamente di ritorsioni, pur di tutelare i propri membri. In definitiva, un comportamento più vicino a quello di una “setta religiosa”, che non a quello di una piattaforma aperta, inclusiva e plurale. To be continued…

AGGIORNAMENTO DEL 05/04/2023 h 13:40: un lettore mi segnala questa pagina Facebook, creata da alcuni Admin di Wikipedia Italia, scrivendomi: “Ecco una pagina che dimostra in modo inconfutabile alcune dinamiche “settarie” dell’organizzazione. Foto del profilo della pagina: Giordano Bruno. La copertina in spagnolo recita: “Questo é il nostro territorio Wikipediano in rivolta, qui comanda l’Admin e il popolo obbedisce”. Al suo interno, dozzine di post da cui emerge un profondo senso di “nonnismo”, ermetismo e violenza verbale praticata all’interno di Wikipedia Italia. Invasati e autoreferenziali: non conosco altri aggettivi per definirli.” In effetti frasi come “La Cricca ricorda: fatti non foste a viver come sysop, ma per seguir la Cricca e portarle assoluta obbedienza” oppure “La Cricca ricorda: blocco è quando admin decide” testimoniano un certo grado di arrogante auto-referenzialità di alcuni editor, e a poco basta la scusa dell’ironia e della provocazione per giustificare contenuti tendenzialmente violenti come quelli riportati in quei post Facebook, a conferma quanto meno di un errata percezione del proprio delicato ruolo di “contributori anziani”. To be continued…

AGGIORNAMENTO del 22/06/23 h 16:34: come preannunciato, Wikimedia Italia ha provveduto a formalizzare la radiazione del sottoscritto dall’elenco soci dell’organizzazione (ero socio sostenitore). La decisione si è perfezionata in occasione di un’assemblea dei soci a tratti surreale, alla quale mi sono connesso in remoto per sollecitare la discussione, ma inutilmente: con un atteggiamento omertoso, non si è inizialmente neppure voluto fare il mio nome, trattando la questione come “già decisa”, una “varia ed eventuale” tra un punto e l’altro dell’ordine del giorno, e senza stimolare alcun dibattito né sull’atto di radiazione di per se, né – cosa ben più importante – sugli interrogativi sollevati dalle mie inchieste e dai servizi di Report. La lettera di radiazione è a firma del Presidente di Wikimedia Italia Maria Iolanda Isabella Pensa, e contiene tra l’altro un riferimento ad un mio errore di digitazione nell’articolo (Wikimedia Foundation, che è l’articolazione internazionale, in luogo di Wikimedia Italia, che ne è il capitolo italiano) che era già stato corretto da lungo tempo e della quale correzione la stessa presidente Pensa era stata notiziata nella chat dell’Assemblea (ma evidentemente per qualcuno è più appagante polemizzare, piuttosto che affrontare problemi seri), oltre a una personale valutazione (della Presidente? Del direttivo tutto?) circa il fatto che il sottoscritto sarebbe impegnato a “combattere i progetti Wikipedia, invece che contribuire a migliorarli”), trascurando il fatto che i peggiori nemici di Wikipedia sono invece loro, le persone citate nei miei articoli e nell’inchiesta di RAI 3. In realtà, per i soci di Wikimedia e per gli editor e admin di Wikipedia “nulla è accaduto”, e qualunque cosa sia accaduta va comunque possibilmente silenziata e comunque dimenticata il più rapidamente possibile. Come le famose 3 scimmie…

AGGIORNAMENTO DEL 01/09/2023 h 12:29: la “mannaia” della “setta” di Wikipedia è calata di nuovo su tutti noi. L’utente @Exaequo, che da anni contribuiva al progetto Wikipedia e che aveva centinaia di interventi di editing portati a buon fine su molte diverse schede, è stato bloccato “a vita” (neanche in Scientology sono così categorici, normalmente solo le peggiori dittature che condannano alla reclusione a vita…in questo caso digitale) in quanto reo di aver dialogato con me nell’ambito dell’inchiesta che ho raccontato in questo articolo e nel precedente, nonchè – è facile dedurlo – per aver commesso il “crimine” di essersi vivacemente scontrato con alcuni admin anziani membri della “setta”. In realtà l’accusa formalmente appare diversa, forse per lavare le coscienze: dietro Exaequo, secondo gli admin di Wikipedia, ci sarei io, nientemeno. Accusa tanto ridicola quando infondata: Exequo è un mio collega, con il quale collaboro da anni, che si è a più riprese loggato sulla nota enciclopedia online dallo stesso PC dell’ufficio dal quale, in due occasioni, mi sono loggato io. Ma a nulla serve inviare a Wikipedia il documento d’identità del reale titolare dell’account: nella loro bolla virtuale, fortemente asimmetrica rispetto alla vita reale, la sentenza è già emessa, dura, giusta, e soprattutto irrevocabile e inappellabile. Chi avesse dubbi circa il comportamento settario di non pochi Admin anziani di Wikipedia – prima caratteristica delle sette: “o sei dentro e rispetti le regole, o sei fuori, e nessun dissenso critico è ammesso”… – può divertirsi a giocare a “cerca le differenze” consultando checklist come questa: io ho rilevato significative analogie nei punti (1), (2), (5), (7), (12), (13), (15), (19) e (22). To be continued…

Breve bibliografia:

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  • Yue, T., Beraite, R., & Chaudhri, V. (2020). Reputation Crisis? Facebook Meets Cambridge Analytica.

“FAKE REPUTATION”:
HOW TO MANIPULATE THE MOST VALUABLE INTANGIBLE ASSET
OF AN ORGANIZATION

Wikipedia: contents for sale?

It all started so trivially, with the publication of a detailed article on my Blog in which I stimulated both reflection and debate on the sometimes toxic climate regarding the online encyclopedia Wikipedia, headed by the Wikimedia Fondation, of which, besides, I am member and supporter. Censorious attitudes on the part of Wikipedia’s senior Admins, strong corporatism among peers, rigidity of thought structures, self-referentiality, aggression and mockery toward newcomers, dysfunctional fundamentalism and strong identification in specific symbols, methods and rituals (of which some experienced Wikipedia users seem heavily imbued), and so on. An attitude that is frankly far from the standards that should govern life and work on an open and plural platform such as Wikipedia, a modusoperandi in fact more similar to those adopted by some mafia associations, as confirmed by the extensive scientific literature on these issues.

Over time, real committees, blogs and entire sections of websites (even influential ones) have sprung up – you can find a list here – in which overly authoritarian and censorious attitudes of various Admins specifically of the Italian section of Wikipedia are denounced. Years ago – along with the “problematic Users” section – a “problematic Admins“ section was also opened. It was then abandoned in a hurry after the very few reports paradoxically resulted in a sudden blocking of the reporting users by the Admins themselves, who supported each other, in line with what was just above written about such “syndicated” attitudes.

Thankfully, this modus-operandi is used only by a minority of Wikipedian activists. Despite a handful of nerds who risk appearing disconnected from reality, there is a majority of Admins and editors who carry out with competence and passion – and pro bono, it should be remembered! – their by no means simple task as overseers of the community. However, pockets of referential authoritarianism, opaque partisan interests and lack of clarity and objectivity still remain, as demonstrated beyond any reasonable doubt by the events I recounted in the article linked above. This is enough to stimulate reflection and debate, especially among insiders.

To such an extent that my article (initially mocked by some Admins because it was published on a Blog and not on a newspaper with national circulation) attracted, a few months later, the attention of the editorial staff of Report – the well-known TV program on air on RAI 3 – which produced an excellent investigative report on these issues, on which I actively collaborated along with several people from my team as well as technology and web experts like Luca Scandroglio. Thanks to this report, the other side of the story came out: in short, and summarizing in a nutshell a massive in-depth work expertly done by its author Emanuele Bellano, hundreds of millions of euros accumulated in Wiki Foundation’s bank accounts; subsidiaries opened in tax havens or at heavily subsidized taxation; salaries with many (too many?) zeros for the executives; admins and editors “for sale” to the highest bidder to edit (manipulate?) the entries on Wiki, almost never declaring any conflicts of interest, and much more (those who would like to see the report can find it here).

Report’s investigation: but there’s much more than that

Not everything I discussed with the Authors of Report merged into the TV program. Indeed, after the article was published on my Blog, I received a disturbing email from a former contributor to the Wikipedia project, which I copy below:

Dear Luca Poma, first of all, let me introduce myself, I am a former contributor to the Italian version of Wikipedia.

I am writing to you because I read with great interest the Exaequo affair on Wikipedia and on your blog as well. I was horrified by the treatment received by Exaequo, especially considering that this unfair treatment was given to Exaequo only for daring to challenge one of the most well-known administrators, Ignisdelavegalfgntig.

In my years in Wikipedia, I have unfortunately had the opportunity to read all kinds of things, especially about users who were literally harassed or targeted by senior admins, sometimes on the basis of simple personal dislike, until they left the Project.

Senior admins routinely promote to new administrators users who do not argue, do not challenge their harassment, and do not have personal opinions.

There are more than 100 administrators in the Italian Wikipedia, but few seniors “run” the encyclopedia, the others are straw people elected as new ones from time to time who perform mere technical maintenance, to give an idea of “renewal”.

Of course, these “free elections” are public and the result is always or almost always a plebiscite: if any simple user dares to oppose them, they end up being “special observed ones” and targeted by the senior admins.

I myself, after a period of cooperation, was forced to leave: first the admins tried to force me to apologize and admit that I was in the wrong, which I did not do, then they began to demonize every single word and action I carried out, assuming bad faith, casting veiled insinuations and insults on the basis of personal details I had naively revealed while chatting (thank goodness I never revealed my true identity to any of them), and then sabotaging and spoiling the entries I had written, and still many other nefarious things.

So I realized that the pastime I had started as a nerdy kid increasingly resembled a “cult” where the “gurus” who could not be contradicted were precisely the “administrators” who had power of life, death and miracle over both users and entries.

These senior admins, who leave the real “dirty job” of maintaining the entries to young people with lots of free time, create a sect-like atmosphere and perform a real psychological subjugation of those who dissent, implementing barbaric inquisitorial procedures, hiding behind the anonymity of a nickname often even against women and children.

(…)

Indeed, I learned that a few years ago a young administrator of the Italian Wikipedia named Cotton, from Chiesanuova (a town in Veneto, editor’s note) after disregarding the “community expectations” and receiving a barrage of merciless and anonymous criticism and being removed from office, tragically took his own life.

A user who tries to point out to the administrators to show more sensitivity to prevent similar situations from happening again receives this treatment: https://wikipedia.org/wiki/discussioni_utente.Giacomo_Seics#Commento_rimosso.

(Editor’s note, the sender of the email refers to the “easy blocking” attitude by senior Admins, for indefinite time or even forever, for violating Wikipedia rules that could be treated less drastically).

Personally, I find it hallucinating that people hiding in anonymity can run one of the leading information websites this way, brutalizing kids and implementing a form of plagiarism as well as ferocious stalking of dissenters.

I have therefore compiled an unfortunately incomplete list of the names of administrators and non-administrators, that most recur in the Italian Wikipedia that I am aware of, which I enclose, hoping to be helpful.

Best regards, with esteem

P.S. please do not disclose this email publicly, I fear retaliation

(Editor’s note: having anonymized the sender’s field, they will not be tracked down, and will therefore be reasonably safe from any retaliation)

The sender, in order to confirm the genuineness of their communication and the goodness of the information in their possession, enclosed a sample list of some of the Admins of Wikipedia Italia, with the corresponding first and last name in real life, which you can consult below. For many Admins the list included their mobile phone number, home address, city of residence and profession, but I removed this information to preserve their privacy. Moreover, the issue of de-responsibilizing online anonymity, in a country like Italy where users are certainly not at risk of persecution for ideological, political, or other reasons, is widely debated in academic and professional circles (there are regular calls, for example, for the introduction of mandatory identity certification on social networks, as a means of limiting online hate phenomena and facilitating the attribution of authorship of what is written). Indeed, the email sender speculates that the very guarantee of total anonymity may be one of the contributing factor of the toxic climate that, at times, you can find within the Wikipedia community.

LIST of some Wikipedia Italy ADMINs (city of residence, mobile phone number and profession are not published here for privacy reasons):

  • ABISYS – RICCARDO BURDISSO
  • ADALHARD WAFFE – HANS
  • ALEACIDO – ALESSANDRO CARLÀ
  • ALEXMAR983 – ALESSANDRO MARCHETTI
  • AMALIA MATILDE MINGARDO – AMALIA MATILDE MINGARDO
  • ASTIOK – MARCO POLI
  • AVGAS – MARCO IOPPI
  • BARBAKING – VALERIO IANNUCCI
  • BEATRICE – BEATRICE MARIA RAPACCINI
  • BLACKCAT – SERGIO D’AFFLITTO
  • BRAMFAB – FABIO BRAMBILLA
  • CARLOMORINO – CARLO MORINO
  • COOLJAZZ5 – GIUSEPPE PINO GIARRITTA
  • COTTON – ALESSIO GUIDETTI
  • CIVVI’ – CATRIN EVA VIMERCATI
  • FERDI2005 – FERDINANDO TRAVERSA
  • GAC – Guido Andrea Ceresa
  • GC85 – GIOVANNI CAMPA
  • GIANFRANCO – GIANFRANCO BUTTU
  • GOTH NESPRESSO – FILIPPO COLANTUONO
  • GREGOROVIUS – ENRICO GIULIANI
  • GUIDOMAC – GUIDO ENRICO MACCIONI
  • HORCRUX – LORENZO MARCONI
  • HYPERGIO – GIOVANNI GIOVANNETTI
  • IGNISDELAVEGA – IGNAZIO LIGOTTI
  • ILARIO – ILARIO VALDELLI
  • JAQEN – NICCOLO’ CARANTI
  • KASPO – LUCA LANDUCCI
  • KS – CLAUDIO SANNA
  • LITTLEWHITES – DANIELE BIANCHINI
  • L736E – GERMANO GASPARINI
  • LAURENTIUS – LORENZO LOSA
  • LOMBRES – FABIO BASSANI
  • LORENZO LONGO – LORENZO LONGO
  • LUCA M – LUCA MARTINI
  • M7 – MARIO BENVENUTI
  • MANNIVU – MANUEL TASSI
  • MAPIVANPELT – CORINNE IANNUZZI
  • MARCOK – MARCO CHEMELLO
  • MERYNANCY – ANNUNZIATA MANISCALCO
  • MAU – MAURIZIO CODOGNO
  • MICKEY1983 – MICHELE MIGLIONICO
  • MOROBOSHI – PIER LUIGI ROCCO
  • NEMO BIS – FEDERICO LEVA
  • NICOLABEL – NICOLA BELLANTUONO
  • OMBRA – DAVIDE MICHIELIN
  • PAGINAZERO – GIANPAOLO GAMBA
  • PAMPUCO – FILIPPO
  • PIETRODN – PIETRO DE NICOLAO
  • PHYREXIAN – MATTEO TRIANI
  • PIERPAO – PIERPAOLO PADULA
  • PULCIAZZO – ALESSANDRO CORSARO
  • RUTHVEN – ALEXANDRE ALBORE
  • SANNITA – LUCA MARTINELLI
  • SCALVO98 – GIORGIO SCALVINI
  • SUPERCHILUM – FRANCISCO ARDINI
  • SUPERVIRTUAL – DENNIS RADAELLI
  • SYRIO – ANDREA MATTEVI
  • THREECHARLIE – ROBERTO CICILIATO
  • VALE93B – VALENTINO PICCINELLI
  • VALEPERT – VALERIO PERTICONE
  • VALERIO BOZZOLAN – VALERIO BOZZOLAN
  • WINDINO – ENNIO CASTLE
  • YIYI – DARIO CRESPI

To my dismay, the email at issue also reported on the death by suicide of the former Treasurer of Wikipedia Italia, Alessio Guidetti (nickname “Cotton”), who took his own life apparently for no reason, and instead attributed the responsibility precisely to the excessively harsh and arbitrary climate typical of the interactions within the community, and to the pressures that he would have received precisely from some senior Admins, circumstances that suggested to me to proceed to a prompt communication to the Judicial Authority, already filed some months ago, so as to allow the investigators the most appropriate evaluations for the purpose of a possible reopening of the investigation for the suicide of the young man.

However, for the purposes of this analysis, the most important thing is what was aired in the TV show Report about the practice of editing – for a fee – Wikipedia entries, which was also well documented by tests carried out by contacting media agencies and experienced “professionals” in this kind of manipulation.

A practice that is deontologically shameful, but which seems to be only the tip of the iceberg of a huge market – billions of dollars – of systematic and unscrupulous alteration of the reputation of individuals, influencers, brands and entire companies, interested in improving their positioning in the market perception, or also, as we shall see, in drowning out the others’ perception, no matter if they are competitors or opponents.

Reputation: nature and revenues

As is well known, corporate reputation is an element closely related to the health of organizations and rests on three basic pillars: product quality, listening skills and the degree of authenticity.

Reputation management – i.e.: the articulated ensemble of notions, rules and techniques that enable an organization to increase its reputational perimeter, consolidate its license to operate and thus increase its influence in its target market, facilitating the achievement of its goals and mission – is a field that initially took shape in the for-profit business sector, but actually affects everyone nowadays: politicians, institutions, influencers, sportsmen, brands, and generally any complex organization.

According to a Weber Shandwick survey titled ‘The State of Corporate Reputation’, 63 percent of an organization’s market value can be attributed to reputation: literature today amply suggests how reputation has a direct impact on the value of any organization, affecting a range of factors such as identity, image, notoriety and recognition, which influence stakeholders and the value perceived by citizens.

One of the cornerstones of greatest interest – among the three listed above – is that of authenticity, an aspect of fundamental importance that still seems to be underestimated by an unsuspectedly high number of organizations on a global scale, and without which it is impossible to build trust and maintain an adequate degree of alignment and consistency between the organization’s identity and the image displayed outside.

The degree of authenticity and consistency of the organization’s behaviors over time, and the consequent response to the expectations of its stakeholders, determines the formation of corporate reputation; the lack of authenticity can therefore cause a significant reputational risk and consequent potential crises.

The gap between identity and image and the related risks have been widely discussed by scholars and specialists in crisis and reputation management, a discipline to which the undersigned has also made a modest contribution in our country. The concept has also been reinforced by the analysis of several case histories that have been widely referred to in literature, such as the Enron accounting scandal, British Petroleum, the Deepwater Horizon environmental disaster, Facebook with the Cambridge Analytica scandal, and many other cases, which have further demonstrated how the construction of an inauthentic corporate narrative, aimed at projecting an image inconsistent with its identity in an attempt to stand out positively and be attractive in the eyes of all stakeholders, produces tangible damage and is capable of generating negative reputational risk.

Improper, reckless, inconsistent, and unauthentic use of corporate communication and marketing; construction of a narrative that is in several ways inauthentic; overpromise, i.e., the temptation to systematically promise more than the organization is structured to give (or wishes to give): reputational risk increases when conditions occur for which this correspondence between commitments “on paper” and performance is not properly aligned.

In the end, what is reputation? Is it just “talking positively”? No, in the 21st century if you can rely on a good reputation then you can make (a lot) more money. The Reputation Institute estimates that, on average, a 1-point change in an organization’s reputational index – as measured by their RepTrak® index – is worth about 2.6 percent of the organization’s market value. The Institute also created a portfolio of the top 10 reputational companies each year: the results over the time period taken into consideration (10 years) show that an investment of $ 1,000 distributed equally among the stocks of the top 10 companies for good reputation would be worth, 10 years later, $ 3,025, yielding 50 percent better than the Dow Jones Index ($ 2,053), the Russell 3000 Index ($ 2,030) and the S&P 500 Index ($ 2,010), thus outperforming market averages.

This academic dissertation is, in my opinion, fundamental to better frame the magnitude of the factors – and money – at stake: only by fully understanding the weight of reputation in orienting people’s buying behavior and building value for companies you can guess the reason behind all the attention paid, by communications agencies and specialists, in attempting to manipulate it, either improving their own reputation, or burying that of competitors.

Reputation for sale: the distortion of the market and the role of FERPI

A recent survey by the Media Foundation Qurium, picked up and extended in Italy by Lorenzo Bagnoli on behalf of Investigative Reporting Projecy Italy, denounces what was already well known among insiders, namely that there are real “reputational laundries”, agencies and organizations whose main purpose is the systematic alteration of the reputational perimeter of brands and personalities, with the most varied techniques: exasperated and forced application of the rules on the right to be forgotten; communications with a vaguely intimidating feel addressed to newsrooms aimed at obtaining the removal of unflattering articles published in the past about these agencies’ clients; publication of positive articles in a flurry – based on nothing, manufactured – with the intent of making the negative ones climb in the last pages of Google; wild backlinking (the backlink is one of the factors that Google takes into account in deciding the position of a link in the search results, i.e., how many times that link has been included in other websites, and thus, in order to manipulate search results, you can create backlinks of a certain flattering article on hundreds of “fake” websites, activated only for this kind of “services”)

Among the Clients of these agencies, at best we find companies that suffered and endured previous “black PR” campaigns and therefore wish – sometimes legitimately – to reposition their image; but, at worst, we also find show businessmen accused of sexual harassment, professionals involved in international financial fraud, or even worse, bankers convicted of money laundering, bribery and drug trafficking: the investigation I have recalled bravely names several names and surnames, both of the clients, Italian and foreign, but also of the PR and communications agencies ready to set up and manage such projects.

In this matter, Bagnoli makes some confusion, in good faith, by writing – referring to these digital malfeasance professionals – about “reputation managers”: that of the reputation management specialist is actually a different and extremely more articulate profession, which I have talked about at length in one of my latest works, and which regards the ability to identify, circumscribe and enhance the identity of an organization, through complex procedures that relate a lot to dynamics in real life, of which Google is only, secondarily, a reflection: “I appear because I am”, therefore, and not “I appear plain and simple”. The difference between “reputation management” agencies active online, which turn their gaze and focus their consulting activities only on the positioning of the brand or person on the first pages of Google, and a real reputation manager, is the same as between an architect who designs a building or the engineer who builds it, on the one hand, and the painter who, once the works have been completed, decorates it, on the other. Image (rectius, search engine ranking) is important, for goodness sake, but the world of reputation fortunately certainly does not end there.

The question, as an incentive, arises spontaneously, and needs to be addressed to Filippo Nani, newly elected president of FERPI – Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, which brings together the most authoritative professionals and communicators in the peninsula, and also to Davide Arduini, president of UNA – Aziende della Comunicazione Unite (formerly Assorel), which brings together structured communication agencies: when will there be a public reflection on these consulting malpractices, which alter and “dope” the reputation market in our country, also distorting citizens’ perception of brands and influential people? You can see nothing more than vague statements of principle in the trade associations’ Codes of Ethics and – given the pervasiveness of the phenomenon – perhaps it is time to do something more incisive.

I will conclude by reporting a dialogue – really creepy because of what it potentially implies – that I personally had a few months ago with a “digital-reputation” expert, a professional to whom I am bound by a relationship of spontaneous sympathy, and chairman of a well-known consulting agency, only by chance not mentioned in Qurium’s survey:

Me: “There is a journalist of disarming sloppiness who literally harasses a client of mine, periodically publishing truly defamatory articles about them, fabricated out of thin air and based on nothing, vulgar and gratuitously offensive. Perhaps they are paid by their competitors, this can’t be explained otherwise. Beside a libel suit, do you have any ideas on how to handle this? If you have suggestions, I will gladly think about it…”

Chairman: “If you send me the details we can understand who they are, and maybe who are behind them. Then if you want we can intervene in a direct way as well”.

Me: “What do you mean by direct?”

Chairman: “I mean ruining their reputation, so whatever they say or write from there on, it will have no meaning nor importance”

Me: “And how would you…?”

Chairman: “Simple. We have the possibility of remotely depositing a dossier of child pornographic photographs on their PC, then the next day we know how to notify the Police, which, in good faith, will then promptly intervene by seizing their PC and denouncing them ex officio, maybe even arresting them. Two hundred thousand euros, with a money-back guarantee, and that’s it”.

Child pornography “on demand”, in order to destroy the reputation of a journalist (in this case) but, why not, of a competitor, an influencer, a politician, or the president of a company, and so on.

Of course, I did not follow up on the proposal, but I wonder: who will be next?


UPDATE of February 22, 2023, 6.51 p.m.: only now do I find the time to update readers on an interesting news related to this article, branded as “irrelevant” by several senior Wikipedia  Admins because it was published on a Blog and not on a national mass-media. Except that the ‘irrelevant’ article attracted the attention of the editorial staff of Report, the well-known investigative program on air on RAI 3, which deemed the topic extremely interesting and made a good report on it, in which I actively collaborated: hundreds of millions of euros accumulated on the Wiki Foundation’s bank accounts, subsidiaries opened in tax havens, salaries with many (too many) zeros for the executives, Admins and editors “for sale” to the highest bidder in order to manipulate the entries on Wiki, and so on. An in-depth work not to be missed, which unveils many issues related to the online information giant, and that – if you are interested – you can watch here: report by Emanuele Bellano for Report, January 16.

UPDATE of February 27, 2023, 2:49 p.m.: the email I got from Wikimedia Italia Association after the publication of this article is really bewildering. I report below the text:

Dear Luca Poma, this is a formal warning on behalf of the Wikimedia Italia board.

Your article of February 24, 2023 publishes names of Wikipedia users associated with their real names and this is unacceptable and in conflict with the Wikimedia Universal Code of Conduct to which Wikimedia Italia also adheres. We ask you to immediately remove the names, proceed with a formal apology, and confirm your compliance with Wikimedia Italia’s mission and codes of conduct. In Wikimedia projects you can contribute using a fictitious name; you are not required to associate your username with your real name and it is up to individual users to decide if and when to do so. You published in your article, without permission from the persons involved, the list of user names associated with their real names. Furthermore, it is clear from the article that this action is explicitly and deliberately injurious. This behavior is unacceptable as explained in the Wikimedia Universal Code of Conduct, where it is called doxing. Name is explicitly among the personal information of users that cannot be shared (“Disclosure of personal data (Doxing): sharing other contributors’ private information, such as name, place of employment, physical or email address without their explicit consent either on the Wikimedia projects or elsewhere, or sharing information concerning their Wikimedia activity outside the projects”). We reproach you for this unacceptable behavior and for the fact that – in any case and even when expressing criticism – participation in Wikimedia projects and membership in Wikimedia Italia requires from everyone a respectful and civil attitude. We therefore ask that you immediately remove the names, proceed with a formal apology, and confirm your respect for Wikimedia Italia’s mission and codes of conduct. By “immediate removal of the names” we mean that it should be done as soon as possible and within a maximum of 24 hours. Best regards.

Iolanda Pensa on behalf of the board of Wikimedia Italia

In response, I pointed out to the Wikipedia Italia Association on which the online encyclopedia Wikipedia depends that the publication of the names (alleged names, by the way) of some Wikipedia Italia Admins on this article is as legitimate as ever, and is to be understood as the result of journalistic activity (“Creatori di Futuro”, the magazine you are reading, is a magazine registered at the press section of the Turin Court of Law, No. 43-04/10/19), protected by the deontological rules of the Order to which the undersigned belongs (registration OdG No. 115321). The list was forwarded to my attention by a source deemed reliable and trustworthy, a copy of such email was moreover published within the article (the original is eventually available to the Judiciary, kept in electronic archives). As I showed in the article, the publication of the (alleged) names and surnames of some contributors, which do not fall within the data considered “sensitive” by the Italian and European Law, takes place within the framework of a more general – and legitimate – public reflection concerning the dynamics of behavior within the “Wikipedia” community, and more generally on the relationship between the right to anonymity and the right to protection from aggressive and threatening behaviors adopted by some experienced contributors with the purpose of instilling fear and forcing others to act or desist from an action in fear, documented on several occasions – even before my inquiry – by third-party sources deemed reliable, some of which are recalled in my first article on Wikipedia published on January 20, 2021, which stimulated the subsequent investigation by the TV program Report (aired on RAI3). For these and other reasons, the Wikimedia Italia’s request – in my opinion intimidating and misplaced in both substance and form – must be considered inadmissible. People who evidently live in a “self-referential bubble”, where Italian law does not apply but only Wikipedia’s regulations do, and who deem it possible and indeed appropriate to attempt to censor the work of a journalist, veiledly threatening him with retaliation in order to protect their members. Ultimately, a behavior that is much closer to that of a “religious sect” than to that of an open, inclusive and plural platform.

To be continued…

UPDATE of April 4, 2023, 1.40 p.m.: A reader informed me about this Facebook page, created by some Wikipedia Italy ADMINs, and wrote to me: “Here is a page that irrefutably shows some of the ‘sectarian’ dynamics of the organization. Profile photo of the page: Giordano Bruno. The cover in Spanish reads ‘This is our Wikipedian territory in revolt, here the Admin commands and the people obey’. Inside this page you can find dozens of posts where you can see a deep sense of ‘hazing’, obscurity and verbal violence practiced within Wikipedia Italy. Invasive and self-referential, there are no other adjectives to describe them”. Indeed, phrases like “The Clique remind you: you were not made to live like sysops, but to follow the Clique and bring them absolute obedience” or “The Clique remind you: blocking comes when admin decides” testify to a certain degree of arrogant self-referentiality of some editors, and the excuse of irony and provocation is not enough to justify some content that tends to be violent like that reported in those Facebook posts, confirming at least a misperception of their delicate role as “senior contributors”. To be continued…

UPDATE of June 22, 2023, 4.34 p.m.: As previously announced, Wikimedia Italy has formalized the disbarment of the undersigned from the organization’s membership list (I was a supporting member). The decision was finalized at a somehow surreal members’ meeting, to which I remotely logged in to elicit discussion, to no avail: with an omertous attitude, they initially did not even want to mention my name, treating the matter as “already decided”, a “miscellaneous and eventual” in between agenda items and without stimulating any debate either on the act of disbarment per se, or – more importantly – on the questions raised by my investigations and Report’s TV program. The letter of disbarment is signed by the President of Wikimedia Italia, Maria Iolanda Isabella Pensa, and contains, among other things, a reference to a typing error of mine in the article (Wikimedia Foundation, which is the international structure, instead of Wikimedia Italia, which is its Italian section) that had already been corrected long ago and President Pensa herself had been notified about this correction in the Assembly chat (however, it is clear that someone deems quarrelling more satisfying than addressing serious problems), as well as a personal assessment (of the President? Of the whole board?) about the fact that the undersigned would be busy “fighting Wikipedia projects, instead of helping improve them”), overlooking that Wikipedia’s worst enemies are instead them, the people mentioned in my articles and in the RAI 3 investigation. In reality, for Wikimedia members and Wikipedia operators “nothing happened” and whatever happened should anyway be possibly silenced and otherwise forgotten as quickly as possible. Like the famous “three monkeys”…

Selected bibliography:

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In futuro batteremo le macchine intelligenti con il pensiero ibrido ma non saremo più homo sapiens

In futuro batteremo le macchine intelligenti con il pensiero ibrido ma non saremo più homo sapiens

L’intelligenza artificiale incomincia a far paura. L’avvento di ChatGPT e delle altre piattaforme di AI generativa ha fatto capire anche ai più scettici che a rischio non sono solo i lavori ripetitivi (come è stato raccontato per anni) ma anche quelli creativi e altamente professionali. Già adesso gli algoritmi sono in grado di sostituire un designer, un giornalista, un programmatore, un avvocato o un medico. E siamo solo all’inizio di una rivoluzione che secondo gli esperti è probabilmente la più importante della storia.

Tra quelli che annunciano l’inizio di una nuova era c’è anche Ray Kurzweiluno dei più importanti scienziati e futurologi del mondo, noto per l’accuratezza delle sue previsioni. Ha previsto lo sviluppo della realtà virtuale, la diffusione delle tecnologie senza fili, l’espansione delle rete e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

In un Ted del 2014, visto da oltre 22 milioni di persone, ha pronosticato  perfettamente quanto sta avvenendo in questi mesi ovvero l’avvento di una AI capace di comprendere perfettamente il linguaggio umano grazie all’addestramento basato sulle informazioni online, contenute su Wikipedia e sulle altre fonti disponibili.

In quell’occasione Kurzweil ha esposto una previsione ancora più dirompente: la nascita del pensiero ibrido, che a suo avviso rappresenta l’unica possibilità dell’uomo per poter continuare a competere con le macchine.

Un altro trend tecnologico esponenziale  – ha spiegato il noto futurologo – è il rimpicciolimento della tecnologia. A metà degli anni ’30 avremo dei nanobot capaci di entrare nel nostro cervello attraverso i capillari e questo ci consentirà di collegare la nostra corteccia cerebrale biologica ad una neurocorteccia sintetica posizionata sul cloud che fungerà da estensione della nostra.

Oggi – ha proseguito lo scienziato – abbiamo un computer nel nostro cellulare ma se necessitiamo di maggiore potenza di calcolo per pochi secondi possiamo utilizzare quella del cloud. Lo stesso principio si applicherà a livello cerebrale.

Se dobbiamo risolvere un problema importante in poco tempo e abbiamo pochi secondi a disposizione, i 300 milioni di moduli della nostra neurocorteccia potrebbero non essere in grado di trovare una soluzione, in questo caso possiamo farci aiutare da 1 miliardo di moduli aggiuntivi che sono a disposizione nel cloud semplicemente connettendoci con il pensiero.

In questo modo i nostri pensieri saranno un ibrido tra il pensiero biologico e non biologico e la parte non biologica sarà soggetta alle legge del ritorno accelerato ovvero crescerà in modo esponenziale.

Per Kurzweil il pensiero ibrido consentirà all’uomo ci continuare ad essere competitivo nei confronti dell’intelligenza artificiale e di non essere soppiantato da essa.

Per capire cosa ci aspetta lo scienziato americano ci riporta indietro nel tempo di 200 milioni di anni ovvero all’ultima volta in cui la neurocorteccia dell’uomo è aumentata di dimensione grazie allo sviluppo della corteccia frontale. Questo evento ha prodotto non solo un cambiamento fisico (una fronte ampia che ci differenzia da quella inclinata degli altri primati) ma anche e soprattutto intellettivo. L’espansione della corteccia ha consentito lo sviluppo del linguaggio, dell’arte, della scienza e della tecnologia. Nessun’altra specie lo ha fatto.

Quindi in un futuro non troppo lontano (poche decine d’anni) l’uomo avrà nuovamente la possibilità dopo 200 anni di espandere nuovamente la neurocorteccia, solo che questa volta non sarà limitata da una struttura chiusa (la scatola cranica) ma potrà espandersi senza limiti

E’ evidente che la fusione tra la capacità cognitiva dell’uomo e la potenza computazionale delle macchine rappresenterà un superamento stesso della specie homo sapiens per come la conosciamo ora, l’ingresso in una nuova era che stravolgerebbe la civiltà attuale con conseguenze di non poco conto sul piano etico e sociale.

Chi controllerà la corteccia sintetica del cloud? L’accesso al cloud sarà uguale per tutti o sarà differenziato in base alle condizioni economiche? Queste sono solamente due tra le tante domande che si possono porre e alcune possibili risposte alimentano scenari distopici inquietanti.

Kurzweil notoriamente è un transumanista e dunque non si spaventa di fronte alla trasformazione dell’essere umano attraverso l’uso della tecnologia. Questa filosofia anche se ancora poco nota al grande pubblico è in realtà molto diffusa tra gli scienziati. Pensare che il timore di un possibile futuro distopico possa fermare l’avvento del pensiero ibrido sarebbe da ingenui. Anche perché non bisogna dimenticare che rimane una questione di fondo sottovalutata e ancora senza risposta: che fine farà l’uomo con l’avvento di una intelligenza artificiale sempre più potente e capace di sostituirlo praticamente in ogni attività lavorativa?

Ray Kurzweil

GLI APPROFFONDIMENTI


RAY KURZWEIL 
è un inventore, futurista e scrittore americano noto per le sue previsioni sulle tecnologie emergenti e sull’evoluzione dell’intelligenza artificiale. Kurzweil è stato descritto come un visionario e un leader nel campo della tecnologia e ha scritto molti libri che affrontano la relazione tra tecnologia e società, la vita e la morte, e la spiritualità e la scienza. Tra i più noti, Come creare una mente e La singolarità è vicina

I NANOBOT anche noti come nanorobot o nanomachine, sono piccoli dispositivi meccanici o elettronici a scala nanometrica (che è di circa un miliardesimo di metro) progettati per eseguire una varietà di compiti specifici. Possono essere utilizzati in molte applicazioni, come la medicina (per esempio, per identificare e trattare le malattie a livello cellulare), la produzione (per costruire prodotti a livello nanoscopico), e l’ambiente (per pulire le fonti di inquinamento). Sono ancora in una fase di sviluppo iniziale e la maggior parte della ricerca su di essi è attualmente concentrata sulla comprensione delle proprietà fondamentali dei materiali a scala nanometrica e sullo sviluppo di tecnologie in grado di costruire e controllare i nanobot in modo affidabile.

IL CLOUD COMPUTING è un modello di elaborazione dei dati in cui risorse di elaborazione, come server, storage, memoria e applicazioni software, sono fornite ai clienti tramite Internet dai provider di servizi cloud. In pratica, significa che anziché eseguire i software o archiviare i dati sul computer locale, questi elementi vengono memorizzati e gestiti da un’entità esterna su server remoti, accessibili tramite la rete. I servizi cloud possono essere utilizzati da individui o aziende per archiviare file, eseguire applicazioni e software, gestire la posta elettronica e altro ancora, senza dover investire in costosi hardware e software. 

LA NEUROCORTECCIA è una parte del cervello che svolge un ruolo importante in molte funzioni cerebrali superiori, come la percezione sensoriale, la cognizione e la coscienza. Si trova nella parte esterna del cervello e è composta da sei lamine orizzontali di tessuto nervoso. La neurocorteccia è considerata una delle parti più recenti e evolute del cervello umano e gioca un ruolo cruciale nella capacità dell’uomo di comprendere e rispondere al mondo che lo circonda.

IL TRANSUMANESIMO è un movimento filosofico e culturale che sostiene la trasformazione dell’essere umano attraverso l’uso della tecnologia. Il transumanesimo mira a migliorare l’uomo sfruttando le opportunità offerte dalle tecnologie avanzate, come la biotecnologia, l’intelligenza artificiale e la nanotecnologia, per raggiungere uno stato di post-umanità. 




Il francescano padre della robo-etica: “Il metaverso? Siamo fatti per le esperienze incarnate”

Il francescano padre della robo-etica: “Il metaverso? Siamo fatti per le esperienze incarnate”

La tecnologia si evolve in modo esponenziale, la capacità di calcolo punta al quantico, l’interfaccia visiva è sempre più verosimile. Si definiscono nuove vite promesse dal metaverso, mentre si consolida l’influenza dei social media sull’immaginario collettivo. Ma è l’intelligenza artificiale che incombe su linee guida e visioni dei mercati planetari. Potrà avere anche una sua etica? Guidata da chi e come?

Sicuramente l’angolatura di visuale filosofica e teologica del padre della robo-etica Paolo Benanti, francescano del Terzo Ordine Regolare e docente alla Pontificia Università Gregoriana, può aiutarci a capire il significato etico e antropologico della transizione digitale. 

Affiancare l’etica alla tecnologia. Rendere il valore morale assimilabile alle logiche digitali. Da dove si comincia per raggiungere quale obiettivo?

Il primo passo è accettare la necessità di un’etica all’interno del mondo tecnologico. Possiamo pensare che ogni strumento sia neutrale e l’unica cosa nel quale risiede la scelta etica sia il manicum, cioè quella parte dello strumento che è connessa alla mano: un modo latino per dire che l’unica questione etica è nel suo utilizzo, nel suo utilizzatore. La storia recente, però, ci ha insegnato che non è così. Usciamo da una pandemia in cui abbiamo preso il vaccino nell’ordine stabilito da un portale web, cioè da un algoritmo informatico che, in base a un suo criterio, ha detto chi andava prima e chi andava dopo. Allora l’algor-etica altro non è che il tentativo di vivere questa tecnologizzazione della società in modo non passivo ma attivo, definendo i valori fondanti della società.

Creare un linguaggio universale? È concepibile un progetto così imponente?

L’unico lato universale che perseguiamo è la libertà, quella facoltà umana che consente di scegliere tra tante azioni le diverse possibilità. Mediare tra il bene e il male e magari definire utilizzi leciti o illeciti della tecnologia è diventato impellente. Una tecnologia di per sé è stupida – la bomba atomica ha già rischiato di cancellarci dalla faccia della terra -, allora come creare una chiave universale? Questo desiderio di una macchina che non sia ingiusta, che non faccia discriminazioni, è già presente. Renderlo possibile e attuabile non è più un discorso di universalità, ma di tecnicalità: come tradurre questi principi in ricette che mandano avanti le macchine? Ecco la sfida dell’algor-etica su come renderla computabile per le macchine.

ChatGPT consente alle persone e alle macchine di parlarsi e interagire realmente. Può essere il punto di partenza?

Queste nuove frontiere dell’intelligenza artificiale sono in grado di generare prodotti sintetici, cioè molto simili a quello naturale, senza esserlo. Il diamante sintetico sarebbe indistinguibile da quello naturale se non fosse per due caratteristiche: non ha difetti al suo interno e per legge ha inciso al laser un numero di serie. Tuttavia vale quanto un diamante reale ed è in grado di ingannarci. La domanda è: abbiamo il diritto a essere avvisati che chi interagisce con noi è una macchina e non un essere umano? Soprattutto i più fragili possono essere soggiogati da questi nuovi sistemi che non si stancano mai e sono sempre più invasivi. Se poi si va nella sfera politica per convincerci o nella funzione di governo per controllarci, ecco che entriamo nei peggiori incubi distopici della fantascienza. Lo strumento è potentissimo e per questo serve un’etica per renderlo compatibile con la vita che vogliamo vivere.

Dialogo umani-macchine: spesso dimentichiamo che la base di partenza è solo una serie di numeri.

Le macchine non hanno una coscienza, auto-consapevolezza. Quando l’intelligenza artificiale di Google Deep Mind, con il suo prodigio AlphaGo, ha sconfitto il campione del mondo di Go, non era neanche cosciente di giocare una partita, ma eseguiva calcoli in una maniera così complessa e continuata da sembrare vivente. La macchina è semplicemente un’illusione, un riflesso di quella nostalgia di avere altri esseri intelligenti oltre alla specie umana. 

Social Dilemma, il docufilm prodotto da Netflix, è esplicito: pochissimi al mondo detengono il potere assoluto di controllo anche e soprattutto attraverso i social media.

Ricordate lo sbarco sulla Luna nel 1968? Era frutto dello sforzo della massima potenza mondiale. Oggi andiamo nello spazio grazie a una startup privata, la SpaceX di Elon Musk. I prodigi della rete, le grandi aziende, i motori di ricerca non sono più frutto di impegni governativi, ma espressione di gruppi di potere. Lo stato è controllabile attraverso quel meccanismo fragile e delicato, che però funziona, chiamato democrazia. Le imprese, invece, hanno un’unica grande legge: portare profitto alla fine del ciclo finanziario. Di per sé non è un male, ma a volte il profitto può non essere compatibile con il bene comune. Allora la sfida è non perdere nulla dei grandi vantaggi che queste tecnologie danno al genere umano e nello stesso tempo rimanere all’interno di strade ben definite, con tanto di guardrail che – mi si passi la metafora – ci aiutino a non uscire dalla carreggiata.

Quale autorità può controllare i controllori del nostro immaginario collettivo? E come?

Ci sono varie strade. Quella statunitense dice che il mercato si autoregola e vince il più forte e il migliore. Quella cinese prevede uno stato accentratore che ritiene di sapere qual è il bene di ciascuno e ne dispone con regole precise. Quella europea ha scelto la via della protezione del consumatore, della regolamentazione, della governance. La nostra è forse la più lenta, perché richiede la formazione di una coscienza comune orientata al bene condiviso. È però in grado di mediare i vantaggi del mercato, riaffermando che nessuno deve essere sopra la legge. Non so se ci riusciremo, ma sono fiducioso sul fatto che questo sforzo culturale e di regolamentazione possa garantirci quantomeno un modello di intelligenza artificiale e di robotica molto diverso rispetto alle altre nazioni.

Ammesso che il metaverso possa diventare il luogo dove vivere nuove vite, sarà più facile stabilire e rispettare regole?

La prima volta che, in una caverna, un membro della nostra specie ha preso in mano una clava, l’ha usata per aprire più noci di cocco o più teste dei nemici? Entrambe, probabilmente. Affermare che la tecnologia non può avere un uso negativo è voler ignorare la storia del genere umano. Metaverso non è esattamente quello che sogna Zuckerberg con Meta, ma una disposizione dei dati che produciamo in una maniera che simula la realtà in 3D con possibili sviluppi e tanti utilizzi. Ma può essere trasformata facilmente in un’arma molto potente. Il futuro è ambiguo e promettente nello stesso tempo. Non penso tuttavia che si possa parlare di esistenze digitali perché siamo fatti per vivere esperienze incarnate, non per vivere come copie. Fatemi fare un po’ il filosofo: Platone nella Repubblica ci dice che la vera conoscenza, e quindi la felicità dell’uomo, accade non quando si guarda l’ombra proiettata sulla caverna, ma quando ci si gira, si esce e si vede la realtà. Ecco, il metaverso rischia di essere una grande proiezione della realtà sul fondo della caverna. Ormai sappiamo bene che tutti i sistemi che ci hanno voluto inchiodare in fondo alla caverna hanno prodotto sofferenze e non ci hanno reso felici.