Secondo uno studio di Reputation Science, molti professionisti hanno sfruttato l’onda mediatica per tornaconto personale. E questo ha creato solo confusione tra i cittadini
La sovraesposizione mediatica dei virologi non ha aiutato a fare chiarezza sul Coronavirus. Anzi, secondo uno studio del Reputation Science, la società italiana di analisi e gestione della reputazione, ha contribuito ad alimentare l’infodemia – cioè la messa in circolo di una quantità eccessiva di informazioni poco chiare che contribuisce alla confusione. A dimostrarlo è una loro analisi sulle dichiarazioni di virologi, medici ed esperti che hanno avuto visibilità sul web dal 1° febbraio al 20 novembre 2020 in materia di Covid-19.
Secondo l’indagine condotta sugli ultimi dieci mesi – quelli dell’emergenza Covid-19 in Italia- solo sul web gli utenti sono entrati ogni «giorno in contatto con oltre 230 contenuti generati dagli esperti di virologia, per un totale di oltre 70.000 contenuti». Ogni dichiarazione, infatti, ha generato in media 586 contenuti online. Questo mix di voci – spesso «incoerenti» tra loro – ha creato principalmente incertezza, poiché, come si legge nel report, «le indicazioni sulla gravità della pandemia e sulle misure di contenimento sono state fortemente contrastanti tra i diversi esperti».
Chi è intervenuto e quando
Stando al report, alcuni virologi hanno scelto di parlare pubblicamente nei momenti in cui il trend dei contagi era in aumento – è il caso, ad esempio, di Roberto Burioni – mentre altri hanno concentrato i propri interventi nei giorni in cui si registravano contagi minori, come nel caso di Alberto Zangrillo. Gli altri 10 esperti hanno mantenuto tempistiche di intervento pressoché costanti. I nomi dei virologi ed esperti presi in considerazione sono 12:
- Fabrizio Pregliasco
- Walter Ricciardi
- Massimo Galli
- Franco Locatelli
- Roberto Burioni
- Antonella Viola
- Andrea Crisanti
- Ilaria Capua
- Giorgio Palù
- Maria Rita Gismondo
- Alberto Zangrillo
- Matteo Bassetti
L’indice di allerta e l’indice di coerenza
A questo dato è collegato anche “l’indice di allerta”, attraverso cui viene valutata l’opinione media dell’esperto in merito alle soluzioni per contenere la pandemia secondo una scala che parte da –5 (misure di contenimento minime) a +5 (misure di contenimento massime). Accanto al numero sull’allerta, gli autori del report hanno inserito anche l’indice di coerenza, cioè la coerenza delle dichiarazioni pubbliche di ciascun esperto nel corso del periodo (in una scala da 1 a 10).
«Dalle analisi emerge in modo molto chiaro come il flusso di comunicazione innescato dagli esperti sia stato eccessivo e incoerente», ha dichiarato Auro Palomba, Presidente della società. «Purtroppo, stiamo assistendo a molti singoli professionisti che stanno utilizzato la ribalta mediatica per promozione personale e ad un gruppo di esperti che sta progressivamente perdendo la propria capacità di svolgere un ruolo di guida».