Con il ritorno in ufficio e l’auspicato rilancio dell’economia dopo la lunga crisi causata dal Covid-19, si sarebbe temuto il contrario. Parliamo dell’aumento dei licenziamenti nel mondo del lavoro, anche in virtù dello sblocco che, in ultima istanza, ha riguardato le piccole e medie imprese. E invece, come abbiamo visto parlando di Yolo Economy, non sono poche le persone che decidono di mollare tutto e darsi una chance come liberi professionisti.
In tutto questo, qualcosa a cui si pensa raramente – e a cui le stesse aziende dovrebbero invece prestare attenzione – è il purpose personale. Parola inglese, purpose, che tradotta alla lettera vuol dire “scopo” e che, accostata all’aggettivo “personale”, identifica chi si è e chi si vuole essere nel mondo, e non tanto – o non solo – il proprio lavoro o la propria professionalità. Domande come “Chi vorresti diventare da grande?” o “Come vorresti che fosse la tua vita?” non sono infatti da porre e da porsi solo quando si è giovani, ma dovrebbero guidare ogni momento della propria esistenza. Ancor di più in un periodo delicato come quello che stiamo vivendo, contrassegnato da una costante incertezza.
Non basta quindi puntare su una versione di se stessi accuratamente progettata per il personal branding sui social e per convincere il mondo esterno di essere content creator, giornalisti, imprenditori, influencer, startupper e così via. Il purpose è lo scopo che guida la storia personale di ognuno di noi e che dovrebbe stare alla base di qualsiasi scelta e percorso intendiamo intraprendere. Un po’ come la vision di un’azienda, ma andando molto più in profondità. Se poi il purpose coincide con l’headline su LinkedIn o su Instagram, ben venga. Ma questo deve avvenire solo in seguito.
Perché cercare il contesto giusto
Il fotografo keniano Boniface Mwangi, durante un Ted Talk intitolato The day I stood alone, ha fatto notare come siano due i giorni più “potenti” nella nostra vita: quello in cui nasciamo e quello in cui scopriamo perché siamo nati. E il purpose è legato a questo: avere uno scopo personale, o anche più di uno, porta a uscire dalla propria zona di comfort, a superare i propri limiti e a cercare il contesto giusto in cui poter raggiungere il proprio obiettivo. E, di conseguenza, ad abbandonare quelle realtà che non permettono di essere ciò che si vuole e cercarne di nuove, come dipendenti o come freelance.
Un concetto, quello di purpose personale, su cui dovrebbe puntare anche chi si occupa di hr in questo momento. Se la pandemia ha sconvolto tutti, mettendo in discussione certezze consolidate, è anche vero che questo cambiamento riguarda le persone da un punto di vista molto più profondo e può portarle a compiere scelte inaspettate.
Come individuare il proprio purpose
Come individuare il proprio scopo personale? Partendo dalle domande giuste. Non tanto “Cosa vuoi fare nella vita?”, quanto “Quali sono le cose che ti fanno davvero stare bene?”. E per rispondere a questa domanda bisogna liberarsi dalla propria routine e da quello che gli altri si aspettano da noi. Il consiglio è di rispondere in maniera istintiva e poi aggiustare il tiro.
Facciamo un esempio: se una cosa che fa stare bene è aiutare i bambini in maniera concreta, ma questo non è centrale nel proprio lavoro né tantomeno nella propria giornata, riconoscerlo è comunque già un buon punto di partenza. Rispondere a questa domanda, poi, potrebbe portarci a stilare un elenco di cose su cui riflettere e da far maturare dentro di noi. Una lista da riguardare successivamente e capire se quelle cose ci rendono sempre felici.
Un’altra domanda, successiva alla prima, potrebbe essere: “Se potessi scegliere adesso il mio lavoro e i miei impegni, sceglierei ciò che faccio attualmente?”. Il consiglio è di rispondere solo dopo aver pensato alle cose che si ama fare e aver già immaginato un proprio scopo personale. Alla luce di questo, quali impegni attuali aumentereste? Quali ridurreste? E cosa, invece, dovreste eliminare per darvi la possibilità di raggiungere il vostro scopo? E su quali nuove attività puntereste?
Queste domande non sono affatto banali: spesso riduciamo le cose che ci piace fare ai cosiddetti “tempi morti” o “ore buche”, finendo così per non farle perché la giornata si conclude, oppure perché siamo sopraffatti dalla stanchezza e dagli impegni familiari. E ciò genera molta frustrazione. Ragionare per aumentare la parte di giornata dedicata alle cose piacevoli è un ottimo modo per venire incontro al proprio purpose.
In questa ricerca si può chiedere anche il supporto altrui. Si può provare a chiedere alle persone di cui ci si fida, una volta individuato il proprio scopo: “Secondo voi lo sto mettendo in atto o mi sto prendendo in giro?”. Anche perché quello che è interessante analizzare è come gli altri percepiscono non tanto le vostre attività, ma come le portate avanti. E anche il perché.
Infine, un’altra domanda che però potrebbe lasciare spiazzati è chiedersi la mattina: “Oggi perché mi sto alzando dal letto?”. Se da un lato può far entrare in crisi, dall’altro la risposta può dare una forte motivazione. Anche se si lavora in un supermercato o come revisore dei conti. Nel primo caso una risposta potrebbe essere: “Per regalare un sorriso alle persone che vengono a fare la spesa”. Nel secondo: “Per cercare di aiutare aziende in crisi e, magari, fare felici le loro famiglie”. Certo, non è sempre detto sia così, ma ci si prova.
Storie di purpose personale
Infine, qualche esempio di purpose personale tratto da una conversazione su Reddit: “Il mio purpose personale è aggiungere valore al mondo quando ho l’opportunità di farlo. Crescere come un emarginato mi ha portato a essere una persona che non si preoccupa molto di ciò che pensano gli altri. Penso che la mia capacità di farmi avanti, quando tutti gli altri hanno paura di farlo a causa del potenziale rifiuto, sia uno dei doni più grandi che possa fare agli altri”.
E ancora: “Il mio scopo nella vita è non smettere mai di imparare e di cercare e impegnarmi sempre in opportunità che mi portino a raggiungere questo scopo”. Ora non resta che trovare il proprio scopo personale che ci aiuti a superare anche i momenti più difficili e, qualora sia necessario, ci faccia fare quel salto in più.