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Così Elon Musk risponde alle mille illazioni sul suo vertiginoso take over di 44 miliardi di dollari, per conquistare la piattaforma dell’uccellino.

In sostanza dice “ragazzi ora ci divertiremo”, ora accadrà di tutto.

Il prezzo per questo spettacolo lo ha pagato molto caro: circa tre volte la quotazione dei più ottimistici esperti. Siamo in piena recessione tecnologica, con una caduta di tutte le piattaforme principali, da facebook che sta precipitando , perdendo circa il 70 % del valore dall’inizio dell’Anno, a Google che è sotto del 25 % Ad Amazon che ha ceduto il 13 %. In questa congiuntura il miliardario sudafricano raccoglie una fortuna di 44 miliardi di cui la metà di tasca propria, e si prende twitter ad un prezzo fuori mercato. Perché?

Trump è convinto che la cosa gli aprirà la strada per una rivincita a Washington, a Mosca pensano che proprio perché costretto a prosciugare le sue finanze Musk sarà meno generoso con l’appoggio alla resistenza ucraina. Persino Salvini si congratula mettendo in conto uno spostamento del senso comune della piattaforma. In realtà il padrone di Tesla sembra avere altre idee in testa.

 La chiave è proprio la guerra in Ucraina. Musk con i suoi satelliti di Starlink ha privatizzato il conflitto, diventando il primo decisivo alleato di Zelensky, con la sua capacità di georeferenziare qualsiasi oggetto si muova sul terreno. Ora mira a comporre direttamente lo scontro armato. La sua proposta di pace che sembrava l’ennesima battuta, diciamo l’avanspettacolo della commedia che annuncia su Twitter. Invece la talpa sta scavando: il Cremlino è attento e per nulla dispiaciuto da quell’ipotesi che garantirebbe alla Russia Crimea e la contesa in Donbass. E lo stesso dipartimento di stato non ha certo snobbato la cosa, limitandosi ad un silenzio interessato.

Lo stesso sta accadendo in Cina, dove il gruppo Tesla ha grandi investimenti.

Da tutto questo si intuisce che la spesa per avere Twitter ha due veri obbiettivi. Il primo di carattere tecnologico: integrare una massa preziosa e sofisticata di dati, largamente legati al mondo del giornalismo, ai nuovi processi di automatizzazione della scrittura e del pensiero che Musk sta finanziando copiosamente. Come ha spiegato lui stesso, si tratta di arrivare rapidamente a un’intelligenza artificiale in grado di interpretare direttamente i nostri desideri e di comunicarli all’esterno. E il modo più sicuro per interpretare i desideri, ci spiega Shoshanna Zuboff nel suo saggio Il capitalismo della Sorveglianza (Luiss editore) è quello di suggerirli e condizionarli.

L’altro aspetto dell’operazione Twitter , whatever it takes, costi quel che costi, avrebbe detto il nostro ex presidente del consiglio Draghi, è aprire la strada ad un ruolo di reale potere istituzionale. Diciamo che Elon Musk non spende 44 miliardi per far giocare nuovamente Trump a fare il presidente, ma molto probabilmente intenderà direttamente scendere in campo e diventare un protagonista diretta della commedia, per rimanere alla sua metafora.

Non a caso Musk ha già costituito un partito trasversale che sta usando proprio per raccogliere le risorse per comprare Twitter. Nella nuova compagine azionaria che per altro ha deciso di ritirare il titolo dal mercato del Nasdaq , per non soffrire di regole e obblighi di trasparenza, ci sono forze geo politiche come il principe saudita Al Waleed , numero se banche d’affari europee, conglomerate giapponesi, e persino per l’Italia il gruppo Unipol che dovrebbe farci capire perché si è infilato in una combinazione così eccentrica.

Ora il nodo sarà capire come contenere e civilizzare questa forza che irrompe sulla scena. Il commissario al mercato interno europeo Breton ha subito dichiarato che l’uccellino di Twitter se vorrà volare dovrà farlo rispettando le norme europee. Ma , come al solito, nei processi digitali, cambiano le circostanze e la materia delle nome. Non si tratta di fronteggiare un monopolio, o un uso distorto della privacy, ma di contenere la capacità di riproduzione delle nostre volontà sulla base di una molteplicità di saperi e tecnologie, tutte dipendenti da un unico proprietario.

Una tale potenza non è circoscrivibile con norme che dovrebbero essere adeguate ogni sei mesi, ma tagliando all’origine la base del suo potere, ossia la privatizzazione di dati e algoritmi che sono entrambe risorse pubbliche . Su questo bisogna che la politica si adegui al nuovo conflitto di interessi galattico, pena organizzare qualche convegno fra qualche anno per capire perché siamo tutti sudditi di un’unica piattaforme.

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