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Bruxelles, non solo sede del Parlamento Europeo ma anche città simbolo dell’attività di lobbyng. Tutti corrono a mettere la firma sul Registro e…Appena pochi giorni dopo la proposta d legge, presentata da un gruppo di europarlamentari del Pdl, per annullare gli effetti della riforma Bersani sulla liberazione parziale della vendita di medicinali, l’Associazione delle parafarmacie e l’Organizzazione dei Liberi farmacisti si sono iscritti al “Registro dei rappresentanti di interessi”. Il Registro, istituito a giugno dalla Commissione europea, ha lo scopo di far emergere “le attività svolte al fine di influenzare l’elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee”. Ma la questione non riguarda solo le lobbies farmaceutiche. Perché sette leggi nazionali su 10 sono legate alla Ue e ogni anno vengono negoziati almeno 100 miliardi di euro fra programmi e finanziamenti; e la metà delle norme europee diventano leggi nazionale con punte dell’80% per energia, clima e ambiente. È per questo che negli ultimi anni sono state sempre di più le imprese, associazioni e professionisti che cercano di far valere le loro ragioni nella capitale europea. Quello che per la politica italiana è il bar Ciampini a Roma, nei pressi di Montecitorio, a Bruxelles si chiama place du Luxembourg. È qui che i lobbisti si danno appuntamento con eurocrati e deputati, affollano locali della stupenda piazza a ridosso delle istituzioni Ue. Il 23 giugno 2008. È diventato operativo online il registro pubblico delle lobby, voluto dal commissario agli Affari amministrativi, audit e lotta antifrode, Siim Kallas. Gli iscritti devono fornire anche indicazioni sui soldi gestiti e attenersi a un codice di condotta. Chi opera scorrettamente verrà sanzionato. Chi opera scorrettamente verrà sanzionato. In caso di violazioni gravi è infatti prevista la sospensione o la radiazione dal registro. Il commissario Kallas conta sull’adesione dei lobbisti di mestiere, interessati per primi a un riconoscimento che ne certifichi la serietà. Convinto che la <<moral sausion>> farà il resto. Su 667 iscritti al 31 dicembre 2008, oltre 50 rappresentano interessi italiani o sono nostri connazionali, senza contare l’infinito numero di rappresentanti degli enti locali ed amministrativi. Ma chi sono questi italiani ufficialmente accreditati a Bruxelles? Dal Registro spiccano i nomi di Gianpaolo Russo, Edson; Roberto Zangrandi, Enel; Alberto Mazzola, Ferrovie tanto per citare alcuni nomi. Ma a questi si aggiungono rappresentanti di settori molti interessi alle decisioni di Bruxelles come: Roberto Longo, Aper (produttori di energia rinnovabili); Giuseppe Ambrosi, Assolatte e Claudio Benedetti, di Federchimica. Molte sono anche le prestigiose assenze. Manca all’appello Confindustria, le centrali cooperative e gli agricoltori. Nutrito è il numero delle Ong e delle istituzioni culturali come: l’Università Jean Monner, rappresentata da Alessandro Carluccio, il Cesi (Centro Einstein di Studi Internazionali), con Roberto Palea. Numerosi sono anche i liberi professionisti come Leonardo Piccinetti, Dario Caccamisi o Marco Filippini. Altri invece sono lobbysti veri e propri come Hal 9000 con Mattia Crosetto, Kew Consulting rappresentata da Andrea Mangone e Marcello Missaglia e associati. Le donne sono rappresentate da Paola De Cesati, del Consorzio cooperative sociali; Loredana Sasso, Efnr, che raccoglie i collegi degli infermieri d’Europa e Paola Lancellotti, dell’Emec, che rappresenta gli interessi delle industrie di equipaggiamento marittimo a Bruxelles. I numeri delle “lobby made in UE” sono sempre più imponenti. Stando all’indagine preliminare svolta 3 anni fa, alcune Ong ricevano finanziamenti dalla Commissione ma si descrivano come <<gruppo di lobby>> presso la stessa. Sono anche emersi grossi conflitti di interessi tra chi fa consulenza ad alcune aziende e poi, in una seconda veste, redige rapporti d’indirizzo tecnico per le istituzioni Ue sugli stessi temi. Negli anni 70 Bruxelles ospitava poco più di 400 organizzazioni. Oggi la Commissione europea calcola che siano attivi circa 15 mila lobbisti e 2.600gruppi di interesse hanno una sede permanente nella capitale europea, con un giro d’affari fra i 60 e i 90 milioni di euro all’anno. A questi si aggiungono circa 5 mila lobbisti al Parlamento europeo (che, dal 1996, ha un suo registro), 170 uffici diplomatici di tutti i paesi del mondo, 200 rappresentanze regionali e una cinquantina di centri studi. Cifra comunque inferiore rispetto al paese principe del lobbying, Stati Uniti. Nel 2005, i lobbisti registrati a Washington erano 34.750. ma il rapporto a Bruxelles è quasi di 1 a 1, se si calcola che gli eurodeputati sono 732 e i funzionari della Commissione circa 22 mila. Mentre nella capitale Usa l’amministrazione ne conta almeno 270 mila. Oltre all’Italia, se si vuole incentivare i propri interessi, bisogna guardare sempre di più a Bruxelles. Confrontarsi con un contesto europeo, dove il numero dei deputati italiani è eseguo, con un’alta dispersione nelle commissioni parlamentari, un’altra percentuale di ricambio e una forte frammentazione delle forte rappresentate. Al lobbista sono richiesti competenze e assets strategici capaci di incidere e guidare orientamenti e decisioni. Il “lobbista” europeo si trova a dover decifrare il contesto complicato, lontano dall’Italia e con una cultura diversa del sistema; a dimostrare capacità di ricercare fonti affidabili di informazioni, di creare consenso, di dialogare con i policy maker e di accedere ai media, definendo azioni di lobby che interpretino le istanze degli interessi italiani che rappresentano in Europa.

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