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Creare mondi virtuali per ridurre il dolore cronico. Questo nuovo e suggestivo scenario potrebbe rivoluzionare la medicina, sempre alla ricerca di cure aggiuntive e più efficaci di quelle tradizionali. Tanto che la Fda, la Food and Drug Administration, l’agenzia statunitense che regolamenta i farmaci, a maggio 2022 ha autorizzato il primo trattamento per il dolore basato sulla realtà virtuale (VR) contro la lombalgia. Una vera e propria “terapia della distrazione”, come l’ha definita Antonio Giordano, oncologo, direttore dell’istituto Sbarro di Filadelfia e professore all’Università di Siena.

Come funzionano i visori e la loro utilità in ambito medico

Gli aspetti positivi di questa terapia sono molteplici: il visore regolarizza la respirazione e favorisce sensazioni di benessere utili a tenere a bada ansia, paura e depressione, così da facilitare la riabilitazione dopo un ictus o altre patologie, a gestire le contrazioni del parto o lo stress causato da chemioterapia e terapie dolorose. Secondo lo studio SnowWorld, il primo di questo genere e risalente a fine anni Novanta, i benefici di questa terapia sono paragonabili a quelli che danno gli oppioidi per via endovenosa, portando così una diminuzione dell’attività neuronale nelle zone collegate al dolore. Per Giordano, la VR può essere considerata un ottimo alleato dei farmaci: “Certamente non la si può considerare un suo sostituto, ma sicuramente un elemento utile che funziona in sinergia con loro. Trovandoci nell’era della terapia personalizzata, bisogna individuare la cura giusta per la singola persona e in molti piani sono previsti regimi combinatoriali”.

I progetti in Italia: “the patient dream” a Roma e i trattamenti di bulimia a Verona

“L’utilizzo della VR permettere di ridurre i livelli di stress e rendere più “piacevole” il tempo trascorso all’interno della struttura ospedaliera. L’idea è quella di creare una sorta di sollievo dalla realtà, senza la necessità di ricorrere ad altre terapie o prescrizioni mediche”, afferma Giordano, che ormai da molti anni sostiene l’introduzione dei visori durante le infusioni anti-cancro. Nel 2015, una ricerca all’ospedale Giovanni Pascale di Napoli, coordinato da un team di medici tra cui lo stesso Giordano, ha dimostrato che durante la chemioterapia la realtà virtuale abbassa il rischio di nausea, reazioni avverse e quindi di discontinuità nelle sedute, da risultare persino superiori a quelli ottenuti con la musicoterapia.

Altre iniziative sono state realizzate in Lombardia, Puglia e Lazio, dove ha destato grande interesse, nel 2019, il progetto dell’ospedale Regina Elena di Roma ‘The patient dream’, che ha permesso a donne sotto chemioterapia di utilizzare i visori per estraniarsi dalla realtà e ridurre così angoscia e stress in corso di terapia.

“Alcuni istituti ospedalieri italiani stanno implementando la VR nei loro protocolli di cura”, afferma Giordano. I visori si sono rivelati importanti anche nelle cure odontoiatriche e per la diagnosi e il trattamento dei disturbi psichiatrici, soprattutto di tipo ansioso e nel comportamento alimentare. Bulimia e anoressia sono stati così affrontati fino all’emergenza pandemica nella clinica veronese Villa Santa Chiara.

Lo studio di Giordano: chi usa la VR è meno ansioso

Nel gennaio 2020 Antonio Giordano pubblicò uno studio sulla rivista scientifica ‘Journal of Cellular Physiology’, mostrando l’efficacia dell’utilizzo della realtà virtuale durante i trattamenti chemioterapici. A 94 donne sottoposte a chemioterapia sono stati effettuati dei test per misurare con precisione lo stress e l’umore prima e dopo il trattamento.

Durante la chemioterapia, queste sono state divise in tre gruppi: il primo ha indossato un visore di realtà virtuale, il secondo ha ascoltato della musica, mentre il terzo non ha ricevuto alcun trattamento di supporto. I risultati hanno mostrato che il gruppo che ha fruito della VR ha potuto beneficiare della terapia con un abbassamento sostanziale dei livelli di ansia, mentre nel gruppo di donne senza visore e musica come supporto l’ansia non è diminuita e l’umore in alcuni casi è peggiorato dopo la chemioterapia.

Giordano: “La risposta dei pazienti è positiva, ma c’è ancora molta strada da fare”

“Il nostro studio ha evidenziato l’innovatività di questa tecnologia e le sue potenziali applicazioni nell’ambito della riabilitazione oncologica e la telemedicina – afferma Giordano – Credo però che ci siaancora molto da fare”.Poi conclude: “Grande sfida sarà comprendere il processo biomolecolare o neurologico che comporta l’efficacia della VR”. Per il momento la risposta dei pazienti è positiva e in molti accettano di buon grado il trattamento: “Ovviamente è soggettiva come cosa, dipende dalla componente caratteriale del paziente e dal tipo di patologia che deve affrontare, ma tendenzialmente i pazienti oncologici sono sempre disponibili nello sperimentare nuove cure”. Una conferma che la cura sarà anche virtuale, ma i suoi effetti sono molto concreti.

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